Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: karman    16/12/2012    10 recensioni
Isabella è un'insegnante con un passato doloroso, indecisoni e tormenti per il futuro. Fuggita dal suo paese per ricominciare si troverà ad affrontare la nascita di una nuova amicizia e di un nuovo semtimento per un suo collega, Edward, professore estremamente gentile e premuroso. Ma anche la vita di Edward non è stata tutta rose e fiori e i due troveranno nella loro amicizia il sostegno per andare avanti, per veder sorgere una "nuova alba" e vedere la loro amicizia tramutata irrimediabilmente in amore. Anche se alcuni eventi sul loro cammino impediranno di poter vivere da subito una storia felice, il loro amore dimostrerà l'indissolubilità di un legame nato per farli stare insieme.
Tratto dalla storia:"Ero pronta per ricominciare.
Ma lo ero veramente?
In realtà forse stavo solo scappando, dal mio Paese, dal mio lavoro, dalla mia storia.
Ma ne avevo bisogno.
Sentivo la necessità di resettare tutto e ripartire."
..........
"L’incontro terminò, la preside ci congedò e accadde quello che avrebbe modificato la mia permanenza in quella scuola: il professor Cullen si alzò e si avvicinò rivolgendomi un lieve saluto e un sorriso da far incantare gli angeli. "
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 48

“Noi…”

 

Non sapevo bene perché mi fossi allontanata così di corsa dall’appartamento di Edward, ma qualcosa mi diceva che la mia confessione lo aveva comunque lasciato spiazzato, nel bene o nel male: vuoi perché dopo tanto tempo passato a reprimere i miei sentimenti glieli avevo serviti su un piatto d’argento, vuoi perché in una frazione di secondo gli avevo anche fatto capire che forse non avrebbe funzionato.

In poche parole lo avevo amato e lasciato tutto in dieci secondi: in realtà era così che mi sentivo, spaventata, insicura, indecisa e ora che gli avevo confessato di amarlo e lui mi aveva lasciato uscire da casa sua senza darmi nemmeno l’idea di volermi rispondere, lo ero ancora di più. In realtà ci sarebbero potuti essere almeno mille motivi per i quali non avesse sentito la necessità di fermarmi, ma nella mia mente non ne veniva fuori nemmeno uno. Anzi uno sì: ero importante per lui, tanto da inseguirmi ovunque pur di riuscire a spiegarsi, ma non tanto da poter pensare di ricambiare un sentimento così forte come l’amore, non per il momento almeno. E chi avrebbe potuto biasimarlo in fondo.

Ci misi ben poco a formulare questi pensieri e mi ritrovai di fronte alla mia porta. La mano sulla maniglia mi tremava come se fossi stata presa dal terrore e cercai di tranquillizzare il mio respiro prima di iperventilare e trovarmi svenuta sulla soglia di casa. Riuscii ad entrare e a chiudermi la porta alle spalle prima di lasciar scivolare contro di essa la schiena ed accasciarmi su me stessa. In quel momento non riuscii proprio a trattenere le lacrime e senza sapere nemmeno bene il perché iniziai  a singhiozzare nel buio del mio appartamento. Ormai accadeva veramente troppo spesso. Dopo qualche minuto in quella posizione mi ridestai e mi alzai cercando la mia camera e distendendomi sul letto. Forse tutto quello che avevo passato mi stava rafforzando perché, nonostante non perdessi occasione di piangere come una fontana, riuscivo a trattenere il mio stato emotivo ed evitare di sentirmi male. Era già da un po’ che non svenivo e visto lo stato in cui mi trovavo era un grande traguardo per me.

Mi distesi sul letto e guardando il soffitto iniziai a pensare a cosa stesse facendo Edward in quel momento: il cuore accelerò i suoi battiti al solo suo pensiero e mi voltai automaticamente verso il comodino per prendere un sonnifero, conscia del fatto che dopo le rivelazioni di quella sera non sarebbe stato facile dormire. Quando però ormai la mia mano era già sul flacone mi sembrò di sentire nuovamente il piano suonare: la mia melodia. Non potei esserne certa perché il ronzio nella mia mente non mi aveva abbandonato un solo istante dal momento in cui avevo lasciato suo appartamento. Ma reale o no il lieve suono che percepivano le mie orecchie mi convinse a indugiare e a pensare.

Edward aveva scritto una melodia per me, l’aveva eseguita e forse la stava suonando ancora: ma perché aveva fatto tutto questo? Forse mi amava? E allora perché mi aveva permesso di uscire dalla sua porta?

Stupida, perché eri scappata come una codarda senza aspettare!

Presi un respiro profondo e cercai di convincermi che ce la dovevo fare: lasciai il flacone lì dove lo avevo preso, mi avvolsi nelle coperte e cercai di addormentarmi cullata in lontananza dalla mia ninna nanna.

Fu una notte terribile.

Incubi su incubi avevano affollato la mia mente.

Mi ero ritrovata sveglia praticamente ogni mezz’ora con i pensieri più angoscianti. Avevo sognato James, Jacob, Leah e alla fine anche Edward, che mi guardava con disgusto dopo che gli avevo confessato di amarlo.

Quando la luce del mattino entrò fioca dai vetri della mia finestra mi resi conto della reale difficoltà che avrei avuto a fare a meno dei miei farmaci almeno nell’immediato futuro. Senza pensarci su mi alzai molto affaticata nel corpo oltre che nella mente e mi recai in bagno per la mia “dose” giornaliera: perché era proprio di questo che si trattava. Ero come una drogata, avevo bisogno di quei farmaci per poter condurre una vita apparentemente normale dal punto di vista emotivo, ma mi stavano lentamente distruggendo dal punto di vista fisico, togliendomi le forze e anche la capacità di giudizio, a parer mio.

Come avrei fatto a smettere? Non risposi a quella domanda, mi guardai semplicemente allo specchio notando le profonde occhiaie che marcavano il mio viso. Non mi preoccupai di coprirle più di tanto, anche perché già da qualche giorno colleghi e studenti si erano accorti che il mio stato fisico non era dei migliori, ma non so se per diplomazia o per menefreghismo avevano cercato di ignorarlo. In fondo avevano fatto la stessa cosa con Edward prima che arrivassi io, lo avevano etichettato come una persona seria e scorbutica e nessuno si era prodigato nel tentativo di scoprire se era veramente così e cosa lo aveva portato ad esserlo. E poi il fatto che la mia presenza negli ultimi giorni non contemplasse anche quella del professore di musica aveva fatto intuire a molti più di quanto avrei voluto far trapelare.

Mi vestii e mi preparai ad uscire certa del fatto che un’altra giornata mi stava aspettando e che avrei potuto tranquillamente incontrare Ed quel giorno e non avrei proprio saputo come reagire, se ignorarlo o avvicinarmi. In fondo gli avevo detto che avevo paura, ma mi sentivo così stupida per essere scappata.

Uscii molto timorosa dalla mia porta e mi affrettai a raggiungere lo stabile delle aule guardandomi intorno con circospezione.

Di Edward nessuna traccia. Non so perché, ma in fondo desideravo vederlo per capire come aveva reagito alla mia confessione. Invece non solo non lo incontrai per tutto il giorno, ma correvano voci dagli studenti che si fosse preso un giorno di malattia e la porta chiusa della sua aula mi confermò la veridicità delle supposizioni. Dentro di me non potei fare a meno di pensare se veramente non si sentisse bene o se fosse una scusa per evitare di potermi vedere. In entrambi i casi ero preoccupata. Meditai anche di andare a bussare alla sua porta, ma non me la sentivo ancora, anche perché non avrei proprio saputo cosa dirgli per risultare una persona normale e non una psicopatica che si fa avanti e poi scappa da ogni situazione.

Lasciai passare così la giornata tra i pensieri più negativi e mi resi conto che non ero stata mentalmente presente nemmeno alla riunione mensile tra professori che la preside tenne sul termine del secondo trimestre e gli aggiornamenti per le varie materie. Più di una volta mi ritrovai dall’ultima fila nella quale mi ero sistemata, a fissare la porta dell’aula nella speranza di poterlo vedere entrare con quel suo splendido sorriso. Ma non avvenne e le due ore passate là dentro furono le più lunghe degli ultimi tempi, anche a causa delle continue occhiate di alcuni colleghi che avevano probabilmente notato il mio umore degli ultimi tempi e l’assenza del professor Cullen.

La mia speranza di passare il più possibile inosservata svanì quando al termine dell’incontro la voce della Stanley mi bloccò pochi secondi prima che potessi fuggire ed evitare così banali spiegazioni:

« Ciao Bella come stai? È da un po’ che non ti si vede in giro, sei stata molto impegnata?» non so perché, ma il tono e il sorriso con cui disse queste parole mi sapevano più di pettegolezzo che di reale interesse per i miei impegni. Ingoiai a vuoto e cercai di risponderle con un tono più normale possibile:

« Sì Jessica, mi sono resa conto dal mio ritorno di aver tralasciato molti impegni e così mi tocca passare tempo chiusa in casa a lavorare» cercai di raccogliere frettolosamente le mie cose per mettere fine prima possibile a quell’imbarazzante conversazione.

« In realtà è da un po’ che non ti vedo insieme al professor Cullen e anche lui è spesso assente…»

Sapevo dove voleva arrivare, ma non le diedi la soddisfazione di far trapelare nulla.

« Molto probabilmente avrà anche lui i suoi impegni che si saranno sicuramente accumulati dalle settimane passate in America. Non sono io che devo controllare tutti i suoi movimenti» quell’ultima affermazione non era stata proprio molto felice perché avevo dato adito di essere stata disturbata un po’ troppo dalle sue illazioni. Non le permisi comunque di proseguire oltre, terminai di raccogliere le mie cose e mi recai nel mio appartamento.

Erano ormai le 19 quando mi ritrovai a fissare da dietro il vetro della mia finestra in camera da letto il paesaggio del campus avvolto ormai dall’oscurità. Guardai gli alberi mossi da un forte vento che aveva iniziato a tirare già nel tardo pomeriggio e aveva reso l’aria ancora più gelida. C’erano serie possibilità che fosse nevicato di nuovo.

Improvvisamente mossa da non so quale volontà decisi di provare a recarmi in piscina. Non sapevo se sarei riuscita a fare il mio solito allenamento, ma ci volevo provare se non altro per fuggire da quell’appartamento e provare a me stessa che non stavo cadendo in una depressione senza fondo. Aprii il cassetto che conteneva le chiavi e alla vista di queste e del bracciale una lieve fitta mi costrinse a prendere fiato. In quel mobile erano contenuti due oggetti che più di qualsiasi altra cosa mi ricordavano il mio amore per lui e  mi sottolineavano sempre la sua assenza dalla mia vita, causata dalle mie stupide paure: a maggior ragione ora che avevamo parlato e che credendo senza dubbio che non ci fosse più alcune legame tra lui e il suo passato, lo avevo allontanato nuovamente senza reale motivo.

Cercai di scacciare i miei pensieri; mi preparai , presi tutto l’occorrente e mi apprestai ad attraversare il cortile battuto dal vento. Non potei fare a meno di soffermarmi per un attimo sulle sue finestre. Le luci erano spente e ciò stava a significare che stava veramente male e probabilmente era a letto, o era fuori magari a Londra nel suo appartamento: sarebbe stata poi una così cattiva idea la mio ritorno andare a vedere se era in casa e come stava? Al massimo avrei racimolato un “vattene” e me lo sarei anche meritato. Ma lo avrei poi sopportato??? Mi voltai  e proseguii per la mia strada, arrivai allo stabile, aprii con le mie chiavi e richiusi la porta alle spalle desiderosa di lasciar fuori molti dei miei problemi.

In realtà non fu proprio così. Rimasi dentro alla piscina quasi un’ora, ma più di una volta mi ritrovai ferma a bordo vasca a pensare a tutto e niente. Il fiato non mi aiutava di sicuro e così visto il fallimento del mio primo tentativo di riprendere possesso della mia vita, mi cambiai e mi apprestai a rientrare nel mio alloggio.

In quei momenti più che mai avevo sentito la sua mancanza: anche nei giorni in cui non ci eravamo visti a causa delle mie stupide supposizioni su lui e Leah, sentivo comunque la sua presenza accanto a me denotata dal fatto che spesso e volentieri ci incrociavamo nei corridoi o me lo ritrovavo in giro per i  cortili. Invece in quella lunga giornata non solo non lo avevo visto, ma sapevo con certezza che non sarebbe stato in giro da nessuna parte. Era incredibile la sua assenza attirava ancora di più la mia attenzione della sua presenza.

Feci questi pensieri mentre chiudevo le porte dello stabile, quando improvvisamente una voce mi fece trasalire e lanciare quasi un grido di terrore:

« Dimmi perché».

Nel giro di pochi secondi dal buio la figura di Edward comparve di fronte a me: la paura che potesse essere qualche malintenzionato fu subito sostituita dal battere forsennato del mio cuore ogni volta che lui mi era di fronte:

« Dio Edward mi hai spaventato a morte, che ci fai qui, pensavo non stessi bene?»

« Non era mia intenzione spaventarti lo sai ma devo sapere» finalmente lo potei vedere alla fioca luce dei lampioni. Il volto serio, i capelli spettinati dal vento e quegli occhi di un verde scuro, quasi a voler mettere il luce il più profondo dei suoi tormenti.

Conscia del fatto che lo stupore per la sua vista mi avesse fatto dimenticare la sua domanda chiesi a cosa si riferiva:

« Cosa scusa?» cercai di dire con il tono più normale possibile, ma consapevole che di fronte a lui il mio già precario autocontrollo vacillava ancora di più.

« Di cosa hai  paura?» mi stava chiedendo di chiarire un’affermazione fatta la sera prima come se fosse accaduta dieci minuti prima o come se fosse stata il suo chiodo fisso tutta la giornata e non avesse fatto altro che macinarci sopra.

« Ed io…» non riuscii proprio a rispondergli. Sapevo cosa voleva, ma la sua freddezza nel chiedermelo e il fatto che gli ci fosse voluto un giorno intero per elaborare ciò che gli avevo detto, mi fece capire che era arrabbiato. Non sapevo esattamente per cosa, ci sarebbero potuti essere mille motivi e tutti validi per odiarmi.

« Dimmi solo di cosa hai paura» il tono fermo. Che non avrebbe ammesso repliche: il mio fiato sempre più corto, la mente in confusione che cercava in pochi secondi di elaborare una risposta soddisfacente senza farmi crollare. Cercai di distogliere lo sguardo da quei suoi occhi che non mi aiutavano a ragionare e presi nuovamente fiato, ma nulla uscì dalla mia bocca.

Passarono interminabili minuti in cui si poteva sentire solo il vento, il battito forsennato del mio cuore e il mio respiro velocizzato. Sentivo che Edward mi stava guardando, e lo sentivo più vicino, ma non ebbi mai il coraggio di fissarlo a mia volta, poi quando sentii di nuovo la sua voce, questa volta implorante non riuscii più a trattenermi:

« Bella...»

Presi fiato e con la voce rotta dai singhiozzi buttai fuori tutto quello che di tormentato poteva esserci nel mio cuore:

« Ho paura di perderti, ho paura che tu ti possa stancare di una persona instabile e stupida come me che scappa da tutti i problemi prima ancora di affrontarli, ho paura che quello che sono ti possa allontanare, ho paura che ciò che provo diventi affidamento e perda il senso più profondo dell’amore, ho paura di trovare in te la mia ancora e di vederla sparire quando ti accorgerai come sono, ho p…..»

Non riuscii a dire più nulla perché improvvisamente con un passo Edward fu su di me, i suoi occhi lucidi e carichi di quello che poteva sembrare rabbia mista a desiderio: la sua mano sinistra si appoggiò salda alla mia schiena e mi attirò al suo corpo, mentre la sua mano destra in un attimo fu fra i miei capelli, sulla mia nuca, nell’intento di avvicinare il mio volto al suo: intento che non gli sembrò più facile di così visto la risposta che il mio corpo diede a quel tocco.

E in un attimo le sue labbra si fiondarono sulle mie, intense, disperate, ansiose, come se quel momento fosse fugace e come se sentisse la necessitò di darmi tutto prima di vedermi fuggire. Ma io non riuscii a fuggire, non lo avrei mai fatto: una scarica mi attraversò completamente, rimasi per un attimo sconvolta, ma poi mi beai di quel contatto come se fosse un’oasi nel deserto. Non riuscii nemmeno a ricambiare la stretta tanto il mio corpo era ormai ridotto ad una bambola di pezza nelle sue mani.

Edward continuò a stringermi con un intensità tale da trasmettermi il proprio calore attraverso gli abiti e le sue labbra sulle mie furono qualcosa di unico: non era il semplice tocco di qualcuno che voleva ricambiare un bacio. Era fame, brama e desiderio. Mi stava trasmettendo con le labbra la stessa cosa che gli avevo visto negli occhi un attimo prima che mi stringesse a sé.

Non ci misi molto a capire quale fosse la nostra necessità: le nostre labbra si dischiusero approfondendo il bacio come se quello fosse l’ultimo desiderio di un condannato a morte. E finalmente per la prima volta fummo vicini come avevo sempre sperato, ma non gli avevo mai permesso. Lo sentii divorarmi le labbra mentre la sua testa si inclinava da un lato e dall’altro per approfondire ogni volta il contatto e le sue mani stringere sempre di più come se potessi scomparire da un momento all’altro. Ma non sarei voluta essere in nessun altro posto tranne lì tra le sue braccia, sulle sue labbra, in mezzo al respiro affannoso e ai gemiti dati dal desidero di stringersi ancora e ancora, senza che quel momento potesse finire mai.

Nostro malgrado fummo costretti ad interrompere per riprendere fiato, ma le sue mani non mollarono la presa nemmeno per un attimo e i suoi occhi mi trafissero l’anima facendomi perdere anche il più piccolo barlume di lucidità che avevo fino a quel momento cercato di mantenere. Il mio corpo non era riuscito a reagire a quel tocco se non perdendosi al delirio dei sensi che le sue mani mi trasmettevano: ma quegli occhi profondi e quelle mani calde non riuscirono comunque a prepararmi alle parole che seguirono quel bacio così intenso e che mi portarono  a ringraziare per la prima volta veramente di aver deciso di trasferirmi lì

« Dio Bella …..io ti amo».

 

 

Ero di fronte all’uomo più bello che avessi mai visto e che dopo un bacio appassionato aveva appena detto di amarmi. Cominciai a deglutire cercando di riprendere consapevolezza del mio corpo, cosa molto difficile visto che ancora le sue mani mi stringevano e questo mi destabilizzava non poco. Ero quasi certa di quello che avevo sentito, ma il mio cervello rifiutava di crederci. Il cuore batteva come non mai e non riuscii ad allontanarmi da lui che intanto continuava a guardarmi.

« Edward….» non riuscii a dire niente altro: mi guardò negli occhi e appoggiò la sua fronte alla mia. Sentivo il suo alito caldo e seppur fossero già capitati momenti simili ora sembrava tutto diverso.

« Bella ti prego dì qualcosa, io non posso più sopportare questa tua indifferenza»

« E’ vero quello che mi hai appena detto?» ecco domanda più stupida non potevo fare!

Lo vidi sorridere leggermente: « Cosa esattamente?»

« Che tu….» ma non riuscii a dire altro. Chiusi gli occhi quasi con i timore che aprendoli potesse essere tutto un sogno. Sentii due dita sollevarmi il mento e i suoi occhi trafiggermi l’anima:

« Certo che è vero… io ti amo, penso di non aver mai amato nessuno così tanto in vita mia», abbassai lo sguardo e appoggiai la fronte al suo torace. Ero stata veramente una stupida: avevo voluto aspettare e mi ero tormentata e lui mi amava. Mi aveva lanciato centinaia di messaggi che rispecchiavano i suoi sentimenti per me e io come una cieca non avevo voluto vedere o ancora peggio non avevo voluto crederci, e così avevo rischiato di perdere e rovinare tutto. E invece lui mi voleva ancora con sé. Non riuscii a trattenere le lacrime, e quando si accorse dei miei singhiozzi lasciò la presa sulla mia schiena e mi prese il volto con entrambe le mani  portandolo ad un soffio dal suo.

« Perché stai piangendo?» lo sguardo serio, preoccupato.

« Perché ho paura che sia solo un bel sogno e non voglio svegliarmi» vidi questa volta un sorriso meno forzato aprirsi sul suo volto e raggiungere anche gli occhi. Mi asciugò le lacrime con i pollici sorridendomi e guardandomi con quel suo modo unico: « Non devi piangere amore mio…..mai più. Questo non è un sogno se tu vorrai e non dovrai assolutamente avere paura. Io ho troppo bisogno di te per lasciarti andare così facilmente».

Non potei trattenere un sorriso a mia volta, ma le lacrime continuavano a scendere. Però questa volta per la gioia. Poi feci quello che non mi sarei mai immaginata di riuscire: finalmente ripresi possesso delle mie facoltà motorie e mossi le mani, che fino a quel momento erano rimaste immobili lungo i miei fianchi, nella sua direzione e andai ad accarezzargli delicatamente uno zigomo come se temessi di farlo scomparire se ci avessi messo troppa forza. A quel contatto lo vidi chiudere gli occhi e assecondare il movimento della mia mano fino a fermarla e portare il palmo alle labbra per baciarlo. Era già avvenuto altre volte, ma il fatto che le sue labbra fossero state sulle mie ora mi portava ad avere brividi ancora più profondi in tutto il corpo. La verità era che non mi sarei mai staccata da lui.

« Ti prego dimmi che è tutto vero, che sei qui davanti a me, che tutto quello che è successo nei giorni passati è stato un malinteso e che non mi odi per averti allontanato in quel modo senza averti dato prima la possibilità di spiegare….»

« Io non posso odiarti bella, ti amo troppo e sono pronto a giurartelo su quello che vuoi – mi interruppe –  sono qui ora e non me ne andrò più se vorrai» sapeva tanto di dichiarazione “per sempre felici e contenti”, ma non ci feci caso in quell’occasione. Continuai però a bearmi del contatto tra la mia mano e la sua pelle e poi finalmente lo feci: spostai le mani alla sua nuca intrecciandole ai suoi capelli e dopo aver preso un bel respiro mi alzai in punta di piedi sussurrando appena: « Fa che sia tutto vero» prima di appoggiare nuovamente le mie labbra alle sue.

Questo bacio fu più dolce del precedente, ma non meno intenso. Questa volta fui io a prendere l’iniziativa forse temendo che da un momento all’altro potesse ripensarci e scappare via. Mi alzai ancora di più per essere il più possibile alla sua altezza e portai entrambe le braccia a cingere il collo. La sua reazione mi lasciò stupita quanto felice. Anziché ritrarsi mi abbracciò dietro la schiena, stringendomi come non mai e a differenza del primo bacio mi inglobò a sé: i nostri corpi aderirono completamente l’uno all’altro, trasmettendo elettricità allo stato puro: in quel momento non importava che fossimo al freddo con il vento che ci sferzava la pelle, che qualcuno potesse vederci. Eravamo in una bolla dove esistevamo solo noi, i nostri baci, i nostri respiri e i nostri cuori che sembravano battere all’unisono.

Sentii le sue mani iniziare ad accarezzarmi dolcemente la schiena e non potei fare a meno di socchiudere le labbra per approfondire il bacio. Lo sfiorarsi delle nostre lingue e il sapore caldo della sua bocca mi portarono ad avvertire delle vere e proprie vertigini, tanto che se non fossi stata tra le sue braccia sarei probabilmente caduta a terra. Misi fine a quel bacio mordicchiandogli leggermente il labbro inferiore e facendo sfiorare il naso sulla sua guancia.

« Io ti amo» mi uscii spontaneamente non appena le nostre labbra furono separate di pochi centimetri.

« Dillo ancora» alitò sul mio volto. Un sorriso mi uscì.

« Ti amo Edward e mi dispiace per tutto» lo vidi rabbuiarsi un attimo.

« Non devi dispiacerti, posso capire, se solo fossi stato più coraggioso e mi fossi fatto avanti prima con te forse non sarebbe accaduto nulla, ma non volevo forzarti la mano, sapevo…sentivo che avevi bisogno di tempo» rimasi momentaneamente stupita di quella sua affermazione, quindi lui provava dei forti sentimenti per me da più tempo di quanto immaginassi, ma aveva aspettato, solo per me. In realtà era così, ero andata lì per ricominciare dimenticare non per ri-innamorarmi ed ora che era successo e avevo rischiato di perdere tutto mi diedi della stupida per non essermi fatta avanti io per prima.

« Quando ti sei accorto di….insomma da quanto tempo provi qualcosa per me» lo vidi sorridere quasi imbarazzato.

« Non so se devo dirtelo, mi vergogno un po’, non vorrei sembrarti un ragazzino in preda agli ormoni…» imbarazzato era veramente qualcosa di unico e se non mi avesse risposto nel giro di poco mi sarei rincollata alle sue labbra.

Appoggiai una mano alla sua guancia fissandolo negli occhi in un tacito assenso a proseguire la conversazione.

« Io credo di essermi innamorato di te il primo giorno, quando mi sono girato dopo che la preside ci aveva comunicato che saremmo stati colleghi».

Una scarica di adrenalina attraversò il mio corpo: era stato nel momento in cui quei suoi splendidi occhi si erano posati su di me, non potevo crederci: « Ma credo di essere stato spacciato la prima volta che il mio corpo è entrato in contatto con il tuo, quando ti ho mostrato la piscina dalla finestra della tua camera. Lì ho capito che non sarei più riuscito a fare a meno di te, della tua vicinanza, del tuo profumo…»

 A quel punto non potevo più trattenermi ed evitare di confessargli quello che avevo provato io:

« Allora credo che siamo entrambi due stupidi»

« Perché?» mi chiese interrogativo.

« Perché credo di essermi innamorata di te quando sei apparso alla mia porta a chiedermi il caffè, ma ero troppo spaventata e delusa dall’amore per poterlo riconoscere immediatamente. E così abbiamo perso tanto tempo…» e nel dirgli questo, strisciai la mia fronte sul suo profilo come a voler percepire il suo odore.

« Sì è vero, ultimamente siamo stati tutti e due molto stupidi. Ma all’inizio avevamo entrambi paura e tu..eri così fragile….che…» si fermò titubante.

Lo spronai con lo sguardo a continuare:

« ….che avrei accettato qualsiasi compromesso pur di starti accanto, anche che non ti fossi mai innamorata di me. Hai sofferto e ti avrei capito» era la stessa cosa che avevo pensato io prima di credere stupidamente che lui fosse stato con Leah, i nostri pensieri erano sempre stati reciproci sui nostri sentimenti ed entrambi non eravamo riusciti a farci avanti per la paura e l’eccessivo rispetto che nutrivamo per l’altro.

Ma esisteva un uomo più perfetto di questo? Era dolce, sensibile e disposto a sacrificare  i poprri sentimenti pur di non turbarmi, quando invece io avevo più volte deciso per entrambi e lo avevo così allontanato senza pensare a cosa avrebbe voluto lui. Non riuscii a fare altro che guardarlo negli occhi e portare nuovamente le mie braccia dietro al suo collo: « Ti prego stringimi»

« Non devi pregare, desidero farlo da troppo, troppo tempo e ora voglio recuperare tutto il tempo perduto» rispose sospirando e chiudendomi in una morsa delicata quanto forte. Mi sentivo veramente al sicuro.

Passarono molti minuti nei quali ci eravamo stretti, baciati, intensamente e dolcemente, in cui i nostri nasi si erano scontrati e sorrisi complici erano usciti dalle nostre bocche. In quegli attimi avevamo sempre mantenuto un contatto fisso tra la nostra pelle con le labbra, con le mani, avevamo parlato con gli occhi e con i gesti e mai con le parole: i nostri sguardi parlavano per noi.

Sentivo i suoi sospiri su di me, le sue mani che mi accarezzavano i capelli, la schiena e il viso. E le mie saldamente ancorate alla sua schiena in un abbraccio all’altezza della sua vita. Sentivo brividi fino in fondo al cuore ed ero certa che non centrasse solo la temperatura glaciale che ci circondava. Stare con lui consapevolmente, sentire che ogni contatto era voluto e non sfuggente, casuale come era avvenuto fino a quel momento mi stava scaldando e faticavo a rendermi conto che le mie mani erano ormai completamente intirizzite. Se non mi avesse riscosso lui non mi sarei mai staccata.

« Bella sei gelata…forse è meglio rientrare».

Mi uscì un sorriso, non ci eravamo nemmeno resi conto che la temperatura stava scendendo rapidamente. Non dissi nulla, ma annuii e lo sentii cingermi le spalle in modo molto possessivo. Era strano come gesti che spesso aveva fatto nei miei confronti, ora, dopo quel ti amo e i nostri baci, avessero una carica e una valenza completamente diversi. Anche prima di quella sera la sua vicinanza mi destabilizzava, ma ora la testa aveva iniziato a girarmi al primo contatto delle sue labbra e solo il freddo mi rimandava  a sprazzi alla realtà, altrimenti sarei annegata nelle sensazioni che il suo corpo e le sue mani mi trasmettevano ad ogni tocco.

Camminammo lentamente  verso il nostro dormitorio stretti l’uno all’altra e io appoggiai il viso alla sua spalla, lasciandomi letteralmente trascinare. Nessuno dei due aveva fretta di rientrare e mettere così fine a quel momento.

E se non ci fosse stata una fine? In un attimo non potei fare a meno di pensare all’opportunità di farlo rimanere con me quella notte, ma in modo diverso da come era sempre avvenuto.  Lo desideravo, fino all’ultima fibra di me stessa, ma forse proporgli di infilarsi nel mio letto solo dopo un’ora dal nostro riavvicinamento non mi sembrava il caso, mi stavo vergognando al solo pensarlo, figuriamoci a chiederglielo.

Quando entrammo nell’ingresso dello stabile fui tentata di lasciare la presa preoccupata che Jasper potesse vederci e giudicare, ma Edward in questo mi stupii un’altra volta. Come se avesse capito i miei timori mi guardò e sorrise lievemente stringendo maggiormente la presa sul mio fianco. Era ovvio che lui non avesse gli stessi problemi e scoppiai quasi a ridere quando, passando stretti l’uno all’altra di fronte a Jas, lo vidi rallentare, guardarlo e sussurrargli: « Se domattina mi chiama Alice, capisco che le hai detto qualcosa tu e allora ….» poi il suo sorriso…il suo splendido sorriso gli illuminò il volto e mi strizzò l’occhio prima di precipitarci su per le scale. Lo lasciammo probabilmente a bocca spalancata, ma non potei notare il volto di Edward compiaciuto, forse il fatto che Alice presto sarebbe stata a conoscenza di “noi due” non gli dispiaceva.

Una volta giunti di fronte alla mia porta lascò la presa e io mi sentii per la prima volta vuota. Lui mi completava nell’animo e nel corpo. Sapevo che ci saremmo dovuti salutare, ma avrei fatto di tutto per ritardare al massimo quel momento.

La provvidenza decise probabilmente per noi perché nel chinarmi a raccogliere le chiavi accidentalmente sfuggite alle mie mani, ebbi un fortissimo capogiro e solo i riflessi pronti di Edward mi impedirono di schiantarmi al suolo. Non persi conoscenza ma la vista mi si annebbiò.

« Bella…tutto bene?» lo sentii parlare mentre tentavo di riprendermi e percepii il rumore delle chiavi nella mia porta: mi prese in braccio e mi appoggiò delicatamente sul divano.

Forse il suo contatto o il tepore sprigionato dal mio appartamento mi ridestarono immediatamente. A differenza delle altre volte non si limitò a starmi di fronte per aiutarmi a riprendermi. Lo vidi togliersi il giubbotto e sedersi a fianco a me: prese le mie game da sotto le ginocchia e le portò sulle sue e poi mi cinse le spalle con il  braccio destro. Le sue mani iniziarono a frizionare da sopra i vestiti sia sulle gambe che sulla schiena. Il senso di vertigini era sparito, ma l’annebbiamento persisteva nella mia mente, era chiaro che quest’ultimo non era dovuto a motivi fisici, ma emotivi.

« Bella sei tutta intirizzita, e pallida, non dovevo trattenerti fuori così a lungo, sono stato un’irresponsabile»

« Sto bene non ti preoccupare e stato solo un capogiro» cercai di tranquillizzarlo con un lieve sorriso.

« Ti vedo così debole fisicamente negli ultimi tempi, sei sicura che vada tutto bene?»

Non potevo mentirgli sul mio stato di salute, non sarebbe stato giusto ora e così decisi di dirgli la verità, attenuando il più possibile i toni:

« In realtà è stato un periodo difficile – e nel dirgli queste parole lo guardai fugacemente negli occhi prima di abbassarli – credo che il mio stato di salute sia solo un effetto collaterale»

« Di cosa?» mi chiese prontamente come se immaginasse qualcosa.

Mi accoccolai maggiormente al suo petto e lo sentii portare le mia gambe ancora più vicino a lui e la sua mano su di esse a salire sempre più in alto fino a lambirmi una coscia.

« Ultimamente non riposo molto bene e ….quindi»

« Hai ricominciato con i farmaci?»

Annuii, non volevo fare la vittima, ma nemmeno mentirgli, inoltre il contatto della sua mano sulla mia gamba mi “distraeva” e non poco.

« Hai bisogno di qualcuno che ti stia vicino, che ti aiuti con tutto l’amore che può darti e poi vedrai che riuscirai a farne a meno».

In un attimo mi balzò in mente che si potesse sentire in colpa e mi affrettai a dare a me stessa tutte le colpe:

« Non ti preoccupare per me, starò meglio ora; in realtà se non avessi fatto tutti quegli errori, quei pensieri, forse…»

Non terminai la frase perché mi poggiò il dito indice sulle labbra nel tentativo di zittirmi e poi vi poggiò le labbra in un bacio delicato: tracciò il contorno di esse delicatamente con la lingua e poi proseguì i baci sulla guancia fino ad arrivare alla mandibola. Per un attimo pregai che non si fermasse, ma i brividi che avevo in tutto il corpo mi dicevano che se non fossi stata debole a causa dei farmaci e del poco appetito, gli sarei potuta anche saltare addosso. Lo sentii terminare la sua corsa subito sotto il lobo dell’orecchio dove lasciò un bacio umido e delicato. Sollevò poi la testa e mi guardò intensamente:

« Quando capirai che non mi voglio prendere cura di te perché mi fai pena, ma perché ti amo – lo sentii sospirare – e dovresti smettere di darti la colpa, ok abbiamo sbagliato entrambi. Ora ci siamo solo noi, smettiamo di ricordare dove abbiamo sbagliato e partiamo da qui, che ne dici, ti sembra un buon compromesso per iniziare?»

Non potei fare a meno di sorridergli: in realtà ero stata io quella che aveva sbagliato di più, ma lui da grande cavaliere quale era aveva diviso le colpe per alleggerire il mio senso di frustrazione ai giorni appena passati.

« Perché non vai a cambiarti e a metterti qualche abito un po’ più caldo e poi…..vorrei stare qui stanotte».

Alzai il viso immediatamente e probabilmente sgranai anche leggermente gli occhi. Forse anche lui provava una forte attrazione fisica e avrebbe voluto……ma eravamo sicuri che non sarebbe stato troppo presto? E’ vero non eravamo due ragazzini alla prima esperienza, ma era il caso? In fondo era da tanto che non  stavo con un uomo….Mi anticipò qualsiasi supposizione con un sorriso alquanto imbarazzato:

« No…cioè …volevo dire…. che credo tu abbia bisogno di avere qualcuno vicino per ricominciare a riposare bene senza l’aiuto dei farmaci, che ne dici? Non intendevo che vorrei….in realtà mi piacerebbe, ma….credo sia ancora presto…..» era in imbarazzo chiaramente e non potei fare a meno di sorridere pensando a quanto fosse romantico e dolce e a quanto probabilmente sarebbe stata la persona adatta per tutto.

« Ed è tutto ok – dissi accarezzandogli lieve una guancia – ho capito e credo proprio di aver bisogno della tua “presenza” per riprendermi cura di me stessa» ed era vero, con lui accanto sapevo che ce l’avrei fatta come era già accaduto i primi tempi della nostra amicizia, « puoi restare quanto vuoi»

« ho tutte le intenzioni di prendermi cura di te come non mai e quando starai meglio……» sorrise malizioso.

« Quando  starò meglio? » ribattei serafica.

« Non ti lascerò dormire così facilmente….» disse con un tono basso e roco che avrebbe risvegliato anche un moribondo.

Una morsa alla bocca dello stomaco mi costrinse a deglutire e il rossore alla guance fu probabilmente lo specchio del mio desiderio, ma anche l’avviso del mio imbarazzo. Ci pensò lui ad allentare la tensione chiaramente “erotica” del momento : « Vai a cambiarti e poi se vuoi ti aiuterò a riposare al meglio senza bisogno di nulla»

« Il mio sonnifero naturale?» risi nel ricordare un’affermazione che avevo fatto tempo addietro.

« Già » ricambiò lui scuotendo la testa in senso affermativo e ridendo a sua volta.

Non so dove trovai le forze, ma mi alzai dalle sue gambe e mi recai in bagno per rinfrescarmi  e prepararmi, mi cambiai e misi una tuta calda. Quando ritornai da lui notai che si era tolto le scarpe: non feci in tempo a dire e chiedere nulla che fu accanto a me, mi diede un caldo bacio sulle labbra mi prese tra le sue forti braccia e mi portò in camera da letto, adagiandomi dolcemente su quest’ultimo. Mi rannicchiai quasi in posizione fetale sotto alle coperte, lo vidi togliersi la felpa e coricarsi dietro a me, sentendo il suo torace aderire completamente alla mia schiena. Il suo braccio destro sopra alle nostre teste, quello sinistro che mi abbracciava fino ad intrecciare le sue dita con le mie. Presi la sua mano, la baciai e me la portai al cuore.

« Ti amo» sussurrai prima di chiudere gli occhi.

« Anche io, cerca di riposare ora, io non ti lascio » e un altro bacio più dolce dietro il mio orecchio mi convinse più che mai che non avrei più potuto rinunciare alle sue labbra e ai contatti con lui.

 

 

 

Note: sono semplicemente sconcertata dalla marea di recensione per gli ultimi tre capitoli. non ho proprio parole se non "MAGNIFICHE". grazie a tutte e godiamoci un pò di pace e romanticismo....per ora:):):):):)

 

 

 

 

  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: karman