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Autore: Gelidha Oleron    16/12/2012    1 recensioni
Ventitré come i miei anni.
Ventitré come le stagioni in cui ero stato lontano dalla mia Sophie.
Ventitré come i passi che feci per raggiungere l'indegno.
Ventitré come i secondi che mi separavano dalla morte.
(CP9: KAKU.)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaku
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Passi. Acqua. Un fastidioso dondolio.

E' così che arriva la morte?

Mi sforzai per aprire gli occhi e questi furono immediatamente inondati dalla luce, tanto da costringermi a richiuderli ed emettere un lamento sommesso.

"Ben svegliato, principino" udii la voce di Jabura e, con aria confusa, mi accorsi che ero sulle sue spalle.

"Oi oi! Kaku ce l'ha fatta!" risuonarono lontane le parole di Kumadori.

Cercai di mettere insieme quegli stimoli cognitivi per capire cosa stesse succedendo, ma ci pensò Blueno a delucidarmi "Stiamo andando in un luogo sicuro. Non devi preoccuparti" mi accorsi con la coda dell'occhio che reggeva il corpo privo di sensi di Rob Lucci.

Era vero. Ero vivo, allora. Com'era potuto accadere? 

E se invece fosse tutto un sogno e quella non era altro che un'illusione?

"Ma bene!" sbottò Califa "Queste erano le mie scarpe migliori!" s'infuriò con i binari del treno marino sui quali ci stavamo muovendo.

"Ma sentitela!" le ringhiò contro Jabura "Siamo appena stati sconfitti da una banda di pirati da quattro soldi e il suo unico pensiero sono le sue fottute scarpe!"

"Che disfatta ad Enies Lobby, chapapa!" finalmente sentii anche Fukuro "Ma per fortuna l'abbiamo scampata al Buster Call!"

"Già" continuò l'uomo-lupo "Ma le cose si ribalteranno presto, vedrai. Intanto vediamo di raggiungere questa dannata San Popula"

"E' da quella parte, stai sbagliando strada" lo informai improvvisamente, accorgendomi prima degli altri di quanto la mia voce fosse debole e roca.

"Fantastico, si è ripreso anche Kaku!" fece lui con tono sarcastico "Se ti senti così bene, perché non scendi dalla mia maledetta schiena e cammini con i tuoi luridi piedi? Kaku?" tutto, attorno a me, divenne nuovamente buio "Hey, giraffone gonfiato, mi senti?"

Nulla. Zero. Sprofondare.

Vuoto...

 

 

 

 

San Popula era un'isola bellissima: c'erano ciliegi dappertutto e profumo di fiori aleggiante nell'aria primaverile. Potevo passare ore intere ad inebriarmi di quell'odore e ad osservare quei petali rosei che, di tanto in tanto, si posavano sui tetti delle case.

La vita continuava. E mi sorprendeva nel modo più affascinante possibile, con i suoi colori e i suoi aromi invitanti, affinché la considerassi non come una sconfitta, ma come un dono. Mi scoppiava davanti agli occhi e sembrava dicesse "Dai, perdonami...posso ancora regalarti tanto"...

I primi giorni furono i più critici: Kumadori si esibiva in strada per racimolare soldi che sarebbero serviti a pagare le spese mediche per Lucci, qualche giorno dopo a lui si aggiunsero anche Blueno e Jabura con il loro 'animal show', e Califa s'impegnò a ripulire le strade.

Io fui quello che si riprese più lentamente, dopotutto le ferite da armi da taglio non smettono di sanguinare tanto facilmente, ma non appena mi sentii meglio mi adoperai anch'io per la nostra causa comune: così, nonostante qualche fitta che ancora ci teneva a far sentire la sua presenza, mi trasformai in giraffa e feci divertire i bambini sul 'giraffa scivolo'.

Infanti, infanti e ancora infanti sul mio dorso che ridevano e si godevano la nuova giostra, e chissà che non avrei dovuto farci l'abitudine, ma almeno per il momento non potevo ancora permettermi di pensarci...

Mi piacevano i bambini: quando mi trovavo in loro compagnia tornavo piccolo anch'io e, forse, fu per questo motivo che interruppi il mio gioco con una nota di dispiacere, quando Califa e Fukuro tornarono dallo shopping e ci chiesero di seguirli per discutere sul da farsi.

"Ecco qua" la bionda svuotò la borsa soddisfatta, una volta che ci fummo seduti al bar "Questi sono alcuni beni di primaria importanza dei quali non possiamo proprio fare a meno"

"Una lametta?" chiesi disorientato, prendendo uno dei tanti affari che erano stati catapultati sul tavolino.

"Oi oi! Un rossetto?" domandò un Kumadori particolarmente sorpreso.

"E questo che roba è?" fece Jabura afferrando un piccolo pacchetto di colore rosa.

Califa arrossì all'istante, strappandogli l'oggetto dalle mani e insultandolo "Sei un porco, non cambierai mai!"

Anche l'uomo-lupo arrossì, rendendosi conto di cosa contenesse in realtà quel pacchetto e sfregandosi le mani rugose come se avesse appena toccato qualcosa di disgustoso "Cazzo, avresti potuto avvisarmi! Che schifo!"

A quel punto, tutti scoppiammo a ridere e nello stesso istante arrivò la cameriera con le ordinazioni "Il the è tuo?" mi chiese con sguardo languido.

Annuii senza darle troppo conto, ancora preso dalla scena comica di poco prima.

"Sei soltanto un lupo pervertito, ma non credere che io..."

"Mi spieghi cosa diavolo ce ne facciamo dei tuoi acquisti da femminuccia? Avresti potuto comprare del cibo, no?"

"Io almeno mi sono prodigata per andare a fare qualcosa di utile, invece di..."

"Idiota con la cerniera, tu chi cazzo stavi guardando? Perché non hai fatto qualcosa, ora come..."

"Ragazzi!" ci raggiunse Blueno con il fiatone "Venite! Sembra che Lucci si sia svegliato"

"Ma che bella notizia, chapapa!"

Jabura si alzò e diede un forte scossone alla sedia "Avanti, vai a portargli uno dei tuoi rasoi effemminati!"

"Sei proprio uno..."

Non sentii l'ultima parte della frase, perché mi ero già alzato e diretto verso la cassa: contai le monete che avevo in tasca e, con un sorriso di chi sa già come vanno a finire le cose tra due accaniti litiganti, pagai la nostra consumazione scuotendo la testa.

"Siete turisti, vero?" mi chiese la cameriera che poco prima mi aveva servito il the.

"Sì" annuii non riuscendo a smettere di sorridere, incautamente e senza presentimento alcuno.

"Da dove venite, se posso?" fece con occhi curiosi ma anche brillanti.

Mi rabbuiai tutt'a un tratto. Da dove venivamo?

Ma poi, per fortuna, la mia esperienza nel mentire ebbe la meglio "Dal Mare Occidentale"

"Capisco" si aprì in un radioso sorriso, mentre incassava i soldi e tralasciava alcune monete "Il tuo the l'ha offerto la casa, d'accordo?" 

La guardai sorpreso: in un istante interminabile i nostri sguardi s'incrociarono, dopodiché lei mi fece un occhiolino e sparì ad occuparsi di altri clienti.

Incredibile essere trattato come un ragazzo normale. Mi ricordò tremendamente la sensazione che provavo quand'ero il carpentiere del Dock 1, essere una persona tra le persone, senza poteri particolari, senza licenza di uccidere.

Ma fino a che punto mi piaceva essere uno qualunque?

In breve tempo anche Lucci si riprese e, anche se non l'avrebbe mai ammesso, noi tutti sapevamo che ci era riconoscente per ciò che avevamo fatto: stavamo riscoprendo un nuovo gioco di squadra, uno spirito che non si basava più sulla semplice collaborazione lavorativa, ma che s'insinuava anche nei rapporti interpersonali e sfociava in qualcosa che, in maniera molto sbiadita, forse rasentava l'amicizia.

Il pensiero venne confermato quella sera al bowling, quando tutti ci divertimmo a sfidarci in un semplice sport che non era necessariamente fare a fette le persone o estorcere informazioni sotto tortura, ma era svago spensieratezza e la prova schiacciante che anche la temuta CP9 poteva vivere serenamente come tutti gli altri esseri umani.

E quanta gente abbiamo fatto soffrire, per arrivare a questo: pensai a Paulie, a Lulu, a Tilestone o allo stesso Signor Iceburg

Segretamente, clandestinamente e molto profondamente, vi porterò nel cuore assieme al sole di Water Seven.

SEMPRE...

I problemi arrivarono la mattina successiva, quando sull'isola sbarcarono i pirati di Candy "Buongiorno, cari sudditi della regina di primavera! Pronti a consegnarci i vostri soldi?"

Sotto lo sguardo allibito degli abitanti dell'isola, in qualità di delegati della giustizia ci battemmo contro quei miseri pirati e li sconfiggemmo in un batter d'occhio, causando non pochi commenti sorpresi circa la nostra forza.

Fu un gioco da ragazzi nonostante le ferite ancora in via di guarigione, ma di certo questi avversari non avevano nulla a che vedere con i pirati di Cappello di Paglia: la grinta di quei ragazzi, diavolo, superava di gran lunga quella di qualsiasi marinaio del globo.

Ero felice di aver combattuto contro di loro. Ero stato felice sin dal momento in cui Roronoa Zoro mi aveva lasciato in agonia nella Torre della Giustizia. 

Ma dopo quell'episodio, era giunto davvero il momento di lasciare San Popula: i cittadini ci acclamarono con ardore, ci chiesero di restare, ma Jabura ci disse che l'isola in cui era stato addestrato per diventare un membro del governo distava solo pochi giorni di navigazione, quindi decidemmo di dirigerci lì: se non altro, almeno uno di noi poteva finalmente tornare a casa.

Ma di fatto ci sentimmo a casa tutti quanti, quando vedemmo i piccoli aspiranti agenti segreti allenarsi duramente e venerarci come degli dei: ed eccomi di nuovo tra i bambini, inconsciamente, a provare la stessa strana sensazione di aspettativa che mi aveva turbato a San Popula.

I ragazzini ci chiedevano consigli, ci ammiravano e ci costringevano ad insegnargli tutto quello che sapevamo, spesso venendoci anche a svegliare nel cuore della notte solo per provare un determinato attacco che non gli era riuscito bene, oppure per domandarci come avevamo fatto ad arrivare dove eravamo.

Insomma, il tutto creava un certo impatto emotivo. Spesso mi passavo una mano sulla fronte, cercando di mettere a tacere vecchi ricordi.

Prima o poi il passato ti verrà a cercare, questo lo sai, vero?

Furono piacevoli quelle due settimane, volate via come il vento, ma si sa che tutto ciò che è bello non può durare: come a confermare questa vecchia scuola di pensiero, arrivarono i marines a guastarci le feste.

Dopo gli avvenimenti di Enies Lobby, eravamo stati accusati di poca efficienza, di scarso senso della giustizia e di mancata applicazione delle leggi. Insomma, Spandam aveva fatto di noi dei criminali.

"Quel figlio di puttana!" si arrabbiò Jabura "Vi rendete conto che ora non ci darà più pace? Brutto pezzo di merda di quella..."

Dopo aver sconfitto i marines senza nessuna difficoltà, Rob Lucci afferrò un lumacofono in tutta calma: nessuno di noi sapeva quello che stava facendo "Buonasera, Spandam. E' il suo subordinato Rob Lucci che le parla..."

Dall'altro capo silenzio, tensione e una crescente paura percepibile anche a distanza: era lui, era l'indegno.

"Noi torneremo" e con queste parole ferme e solenni, la comunicazione s'interruppe, lasciando questo messaggio chiaro e conciso.

"Ma allora ve ne andate?" piagnucolarono i bambini.

Califa accarezzò i capelli ad una biondina alla quale si era particolarmente affezionata "Dobbiamo"

E così lasciammo anche quella terra, con un po' di amarezza ma anche più determinati che mai.© 

 

 

 

 

 

Ebbene, ecco a voi il capitolo di San Popula! Per chi non lo ricordasse, questi avvenimenti sono riportati nelle miniavventure del manga dal capitolo 491 al 528, si tratta di semplici immagini con qualche didascalia, ma io ovviamente ci ho ricamato sopra…a questo punto la mia strada si separa da quella tracciata da Oda e dal prossimo aggiornamento si tratterà soltanto della mia fin troppo fervida immaginazione.

La sfumatura che si percepisce tra Califa e Jabura non era prevista, ma alla fine mi divertiva così tanto che ho deciso di lasciarla!

P.S. Con la nuova funzione di efp abbiamo la possibilità di far inserire Kaku nella lista dei personaggi: ci servono 15 voti, quindi su!!! Chi segue questa storia ha il dovere morale di votarlo u___u conto su di voi!

 

  
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