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Autore: Natalja_Aljona    16/12/2012    2 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Quattro

Quattro

Lose your dreams and you will lose your mind

Perdi i tuoi sogni e perderai la testa

 

Malgrado il male che tu senti

Devi partire senza tornar

(Devi Sapere, Charles Aznavour)

 

Novosibirsk, 4 Dicembre 2012

 

Si diventa grandi, e niente fa più male

Nemmeno il primo male al cuore

(Carnival, Roberto Vecchioni)

 

Lev vendeva castagne, adesso.

Due mesi dalla sua scarcerazione, due mesi di discreti affari.

Katja era ancora bella da morire.

L’aveva vista una volta mentre usciva di casa per andare all’Accademia di Danza Classica.

Sarebbe diventata una ballerina del Bol’šoj come sua madre.

Qualche volta si era già esibita al Новосибирский Театр оперы и балета (Novosibirskij Teatr opery i baleta, Teatro dell’opera e del balletto di Novosibirsk).

Era davvero bravissima, questo Lev se lo ricordava.

Katja, però, lui non l’aveva mai avuta abbastanza nel cuore.

Era così terribile da dire, faceva male anche a lui.

In fondo erano sempre stati solo amici.

Un po’ di più nella mente, un po’ di meno nella realtà.

L’aveva riconosciuta subito, sebbene non la vedesse da sei anni.

I lucenti capelli neri raccolti in una lunga treccia, i limpidi occhi azzurri più gelidi che mai.

Aveva sentito una stretta al cuore, Lev, perché non se la ricordava così.

Così algida, altera e irraggiungibile.

Aveva diciannove anni, adesso, Ekaterina Sergeevna Dostoevskaja.

L’ultima volta che Lev l’aveva vista, il 4 Settembre 2006, tredici.

Aveva i capelli sciolti e gli occhi più luminosi, e nella Центральная Площадь, prima che lui sparasse, scherzava con sua sorella minore, quella biondina dagli occhi sempre colmi di curiosità.

Gliene aveva parlato solo poche volte, Katja, e sempre distrattamente, di sfuggita.

Una di quelle volte, però, gli aveva rivolto uno sguardo immensamente triste, e aveva mormorato, cupa:

-Lei ti assomiglia, Lev. Ti assomiglia tanto-

E quando lui le aveva chiesto che cosa intendesse, la giovane ucraina era stata piuttosto enigmatica, ancora.

-Lei sarà come te. Ma ora non pensarci, Lev. Forse abbiamo ancora un po’ di tempo-

Chissà a che cosa le serviva, poi, quel tempo.

Comunque, non era bastato.

 

Yesterday don’t matter, if it’s gone

 

Ieri non importa, se è passato

(Ruby Tuesday, The Rolling Stones)

 

[...]

 

E all’improvviso non ne vale più la pena

Nemmeno di capire

(Carnival, Roberto Vecchioni)

 

Vicino a Novosibirsk c’era un lago artificiale, detto Новосиби́рское Водохрани́лище (Novosibirskoe Vodočranilišče, Bacino di Novosibirsk) o Обско́е Мо́ре (Obskoe More, Mare dell’Ob), che da Novembre ad Aprile era ghiacciato, e i ragazzi di Nostal’hiya, che non abitavano tanto lontano, in quei mesi ci andavano a pattinare.

Quel giorno c’erano quarantadue gradi sotto zero, e Lev si scaldava arrostendo castagne.
Erano le quattro del pomeriggio, e di tanto in tanto qualche ragazzo si toglieva i pattini per andare da lui a comprarne un cartoccio.

Lo guardavano ancora un po’ perplessi, un sovversivo politico e terrorista ex carcerato che vendeva castagne fuori dal Ginnasio era surreale, ma sulle sue castagne non c’era niente da ridire, sebbene le avesse arrostite un pregiudicato.

Alle quattro e dodici minuti passarono davanti alla sua bancarella due ragazzine che parlavano di un’interrogazione di scienze andata incredibilmente bene e di un errore troppo cretino fatto nella verifica di russo.

Lev alzò lo sguardo, incuriosito.

Non si fermarono da lui, ma ebbe modo di guardarle lo stesso.

Sembravano così giovani, dovevano avere pressoché l’età di Sof’ja.

Una delle due aveva dei capelli che assomigliavano a quelli di Katja, nerissimi e lunghi almeno fino alla vita, raccolti in una treccia con un nastro azzurro, due ridenti occhioni anch’essi neri e la pelle dorata, di due o tre tonalità in più di quella degli altri Siberiani.

Dai colori non sembrava molto russa, almeno non di Novosibirsk, ma aveva i tipici lineamenti slavi ed era lì, quindi doveva esserlo per forza, in un modo o nell’altro.

Sembrava... Andalusa, ecco.

Andalusa dai tratti slavi.

A Lev venne da ridere.

Si poteva avere più fantasia?

Però era davvero graziosa.

Negli occhi azzurrissimi del giovane Siberiano, oltre alla spensierata curiosità di prima, scintillò anche una sincera ammirazione.

E la sua amica?

La sua amica aveva dei capelli abbaglianti, Lev ci perse un paio di diottrie.

Lui aveva sempre avuto una vista discreta, ma...

Dio, il sole a Novosibirsk a Dicembre non se l’aspettava nessuno.

Erano di un biondo avorio mai visto, chiarissimo e assurdamente luminoso.

E poi... La lunghezza.

Lev bruciò almeno una decina di castagne, da tanto ch’era sconvolto.

Superavano la metà coscia, quei capelli, e le coprivano tutto il cappotto grigio che indossava, deliziosamente ondulati.

Gli occhi, dal taglio sottile e lievemente allungati verso le tempie, erano azzurro chiaro, e la pelle nivea e luminosa.

Quella ragazzina pareva scolpita nella neve.

Lev non aveva dubbi che fosse Siberiana, perdutamente Siberiana.

Era quel genere di ragazza che anche all’estero non si poteva dire solo ch’era russa, ma proprio siberiana.

Poteva essere solo Siberiana, nativa di Novosibirsk.

-Wow... Accidenti, che schianto- sussurrò il bel Puškin, stordito.

La seguì con lo sguardo finché non superò definitivamente la sua bancarella, dopodiché abbassò gli occhi sulle sue castagne.

-Христос, каштаны! (Khristos, kaštany! Cristo, le castagne!) Oh, benedetta девушка (djévuška, ragazza)... Mi ha fatto distrarre, da tanto ch’era красивая (krasívaya, bella).

Anche la sua amica, eh... Ma lei era... Abbagliante-

Parlava da solo, Lev, o forse alle sue castagne.

Alle sue castagne miseramente bruciate.

Improvvisamente, però, sebbene lei avesse già superato la sua bancarella da un pezzo, e ormai la si poteva vedere soltanto di spalle -e di capelli-, a Lev venne in mente che aveva qualcos'altro di particolare, quella biondissima fanciulla, la più Siberiana delle Siberiane.

Un paio di pattini tra le mani.

Stava andando al lago, allora.

Anche lei.

E forse, prima di quella sera sarebbe andata a chiedergli un cartoccio di castagne.

Assorto com'era in questi pensieri, il ragazzo non degnò della minima intenzione il signore che ormai da cinque minuti buoni gli stava chiedendo, per l'appunto, delle castagne.

Riscossosi di colpo, Lev annuì e, cercando di riacquistare un’aria professionale, riempì un cartoccio con le castagne che avevano appena superato ogni limite di carbonizzazione.

-Sono bruciate- gli fece notare l'ormai ex cliente, gelido.

Il giovane siberiano abbassò lo sguardo sulle castagne che aveva messo nel cartoccio e sbiancò.

-Già- borbottò, imbarazzato.

Dunque, senza pensarci due volte, lo gettò alle sue spalle, per poi rivolgere un sorriso smagliante al signore.

-Desideravate?-

 

In riva al lago, Aljona si slacciò i pattini, esausta, ma con un sorriso semplicemente radioso sulle labbra.

Aveva pattinato per tutto il pomeriggio, ed era davvero troppo felice.

Sua madre e sua sorella erano due ballerine classiche, e Aljonka la loro stessa passione per la danza l’aveva trasferita sul ghiaccio.

Voleva diventare una pattinatrice artistica, lei.

-Sei troppo brava, Aljonka- sospirò Khadija, sedendosi accanto a lei -Anche più di Katja-

Aljona sussultò, a quel paragone.

-È diverso. Katja è brava a teatro, io sul ghiaccio-

Khadija sorrise, annuendo.

La sua amica sembrava sempre considerare ogni complimento rivolto a lei, solo a lei, come una critica a sua sorella, e non riusciva mai ad esserne veramente contenta, contenta per lei.

Aljona voleva tantissimo bene a Ekaterina, forse troppo, anche se negli ultimi tempi era diventata così severa e le lanciava certe occhiatacce spesso immotivate con quegli occhi identici ai suoi ma cento volte più duri, più cupi, come se ce l’avesse con lei a prescindere, senza possibilità di perdono.

Si sentiva quasi in dovere di difenderla, anche se era Katja la sorella maggiore, di quattro anni più grande di lei.

-Volevo solo dire che sei bravissima- la rassicurò Khadija -Solo questo-

Aljona sorrise di un sorriso dolcissimo.

-Certo. Grazie-

-Non hai voglia di castagne?- cambiò argomento Khadija, e gli occhi chiarissimi di Aljona s’illuminarono.

-Sarebbe... Fantastico-

La biondina cercò il portafoglio nella sua borsa azzurra e poco dopo le tese una manciata di kopeki.

-Vai tu?-

-Да...- Da, Sì, bofonchiò Khadija, alzando gli occhi al cielo.

-Спасибо- Spasibo, Grazie, sorrise Aljonka.

Per tutta risposta, Khadija le fece la linguaccia.

-Tutto per la futura stella del pattinaggio artistico su ghiaccio russo!-

-Dai, Esmeralda...-

Aljona l’aveva chiamata con il suo soprannome storico, che Khadija amava e odiava al tempo stesso, e quest’ultima sgranò gli occhi color carbone, esasperata.

-Sono uzbeka, Христос, non andalusa!  Sai, c’è un po’ di differenza tra Tashkent e Siviglia!-

-Ma tu adori essere chiamata così, sotto sotto...-

Indispettita, la quindicenne uzbeka si chinò a raccogliere un pugno di neve e lo tirò alla sua fin troppo irriverente amica bionda.

-Закрой рот, Алёнка-

Zakroy rot, Aljonka.

Chiudi la bocca, Aljonka.

Quando Khadija si fu allontanata, Aljona si spostò i lunghissimi capelli biondi su una spalla e cominciò ad intrecciarli.

I pattini di fianco a lei, lo sguardo sognante.

Chissà se Katja sarebbe stata di buon umore, quella sera.

Chissà com’era andata la sua lezione di danza, lei era così brava, la più brava.

Non c’era mai stata rivalità tra di loro, perché inseguivano due sogni diversi.

Ekaterina, però, di sogno ne nascondeva anche un altro.

Ekaterina, quella sera, l’avrebbe messa in guardia dal ragazzo delle castagne.

Aljona quel pomeriggio aveva mangiato le castagne, ma non aveva fatto caso al ragazzo che le vendeva, perché a comprarle era andata Khadija, e quando erano passate insieme davanti alla sua bancarella era distratta.
Non si ricordava molto bene di lui, il giorno dell’attentato era piccola, ed erano passati sei anni.

Ekaterina, invece, di quel giorno ricordava tutto.

E non era più la stessa con Aljona perché sapeva che lei, al suo posto, Lev l’avrebbe perdonato.

 

Io non ti conosco
Io non so chi sei
So che hai cancellato
Con un gesto i sogni miei
Sono nata ieri
Nei pensieri tuoi
Eppure adesso siamo insieme
Non ti chiedo, sai
Quanto resterai
Dura un giorno la mia vita
Io saprò che l'ho vissuta
Anche solo un giorno
Ma l'avrò fermata insieme a te

(Insieme, Mina)

 

 

 

 

Note

 

Lose your dreams and you will lose your mind - Perdi i tuoi sogni e perderai la testa: Ruby Tuesday, The Rolling Stones.

 

Il primo “incontro” tra Lev e Aljona, più tra Lev e Aljona che tra Aljona e Lev, a dir la verità ;)

Abbiamo conosciuto un po’ Aljona e Khadija, e ho accennato il rapporto tra le due sorelle, Aljonka e Katja.

Katja e Lev sono ancora un mistero, ma loro si sveleranno poco a poco.

Per il momento Lev l’ha rivista, ma Katja non ha ancora rivisto lui ;)

Lev le ha viste bene entrambe, le sorelle Dostoevskij, sono loro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo ;)

A proposito, quando ho definito Ekaterina “la giovane ucraina”, è perché lei è nata in Ucraina come sua madre Lyudmila, a Velikie Soročincy, la città di Gogol’, mentre Aljona è nata a Novosibirsk, quindi è siberiana di origini ucraine, lei.

Sergej, il padre, è russo, siberiano come loro.

Dovrei aver detto tutto...

Stavolta non mi dilungo troppo in commenti sul capitolo perché mi piacerebbe sentire le vostre opinioni al riguardo ;)

 

A presto,

Marty

 

 

  
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