Quattro
Lose your dreams and you will lose your mind
Perdi i tuoi sogni e perderai la
testa
Malgrado il male che tu senti
Devi partire senza tornar
(Devi Sapere, Charles Aznavour)
Novosibirsk, 4 Dicembre 2012
Si diventa grandi, e niente fa più
male
Nemmeno il primo male al cuore
(Carnival, Roberto Vecchioni)
Lev vendeva castagne,
adesso.
Due mesi dalla sua
scarcerazione, due mesi di discreti affari.
Katja era ancora bella da
morire.
L’aveva vista una volta
mentre usciva di casa per andare all’Accademia di Danza Classica.
Sarebbe diventata una
ballerina del Bol’šoj come sua madre.
Qualche volta si era già
esibita al Новосибирский
Театр оперы и
балета (Novosibirskij
Teatr opery i baleta, Teatro dell’opera e del balletto di Novosibirsk).
Era davvero bravissima, questo Lev se lo ricordava.
Katja, però, lui non
l’aveva mai avuta abbastanza nel cuore.
Era così terribile da
dire, faceva male anche a lui.
In fondo erano sempre
stati solo amici.
Un po’ di più nella mente, un po’ di meno nella
realtà.
L’aveva riconosciuta
subito, sebbene non la vedesse da sei anni.
I lucenti capelli neri
raccolti in una lunga treccia, i limpidi occhi azzurri più gelidi che mai.
Aveva sentito una stretta
al cuore, Lev, perché non se la ricordava
così.
Così algida, altera e irraggiungibile.
Aveva diciannove anni,
adesso, Ekaterina Sergeevna Dostoevskaja.
L’ultima volta che Lev
l’aveva vista, il 4 Settembre 2006, tredici.
Aveva i capelli sciolti e
gli occhi più luminosi, e nella
Центральная
Площадь, prima che lui sparasse,
scherzava con sua sorella minore, quella biondina dagli occhi sempre colmi di
curiosità.
Gliene aveva parlato solo
poche volte, Katja, e sempre distrattamente, di sfuggita.
Una di quelle volte, però,
gli aveva rivolto uno sguardo immensamente triste, e aveva mormorato, cupa:
-Lei ti assomiglia, Lev. Ti assomiglia tanto-
E quando lui le aveva
chiesto che cosa intendesse, la giovane ucraina era stata piuttosto enigmatica,
ancora.
-Lei sarà come te. Ma ora non pensarci, Lev. Forse abbiamo ancora un po’ di tempo-
Chissà a che cosa le
serviva, poi, quel tempo.
Comunque, non era bastato.
Yesterday
don’t matter, if it’s gone
Ieri non importa, se è passato
(Ruby
Tuesday, The Rolling Stones)
[...]
E all’improvviso non ne vale più la
pena
Nemmeno
di capire
(Carnival, Roberto Vecchioni)
Vicino a Novosibirsk c’era
un lago artificiale, detto Новосиби́рское
Водохрани́лище
(Novosibirskoe Vodočranilišče,
Bacino di Novosibirsk) o Обско́е Мо́ре
(Obskoe More, Mare dell’Ob), che da
Novembre ad Aprile era ghiacciato, e i ragazzi di Nostal’hiya, che non
abitavano tanto lontano, in quei mesi ci andavano a pattinare.
Quel giorno c’erano
quarantadue gradi sotto zero, e Lev si scaldava arrostendo castagne.
Erano le quattro del pomeriggio, e di tanto in tanto qualche ragazzo si
toglieva i pattini per andare da lui a comprarne un cartoccio.
Lo guardavano ancora un
po’ perplessi, un sovversivo politico e terrorista ex carcerato che vendeva
castagne fuori dal Ginnasio era surreale, ma sulle sue castagne non c’era
niente da ridire, sebbene le avesse arrostite un pregiudicato.
Alle quattro e dodici
minuti passarono davanti alla sua bancarella due ragazzine che parlavano di
un’interrogazione di scienze andata incredibilmente bene e di un errore troppo
cretino fatto nella verifica di russo.
Lev alzò lo sguardo,
incuriosito.
Non si fermarono da lui,
ma ebbe modo di guardarle lo stesso.
Sembravano così giovani,
dovevano avere pressoché l’età di Sof’ja.
Una delle due aveva dei
capelli che assomigliavano a quelli di Katja, nerissimi e lunghi almeno fino
alla vita, raccolti in una treccia con un nastro azzurro, due ridenti occhioni
anch’essi neri e la pelle dorata, di due o tre tonalità in più di quella degli
altri Siberiani.
Dai colori non sembrava
molto russa, almeno non di Novosibirsk, ma aveva i tipici lineamenti slavi ed
era lì, quindi doveva esserlo per forza, in un modo o nell’altro.
Sembrava... Andalusa, ecco.
Andalusa dai tratti slavi.
A Lev venne da ridere.
Si poteva avere più fantasia?
Però era davvero graziosa.
Negli occhi azzurrissimi
del giovane Siberiano, oltre alla spensierata curiosità di prima, scintillò
anche una sincera ammirazione.
E la sua amica?
La sua amica aveva dei
capelli abbaglianti, Lev ci perse un paio di diottrie.
Lui aveva sempre avuto una
vista discreta, ma...
Dio, il sole a Novosibirsk a Dicembre non se
l’aspettava nessuno.
Erano di un biondo avorio
mai visto, chiarissimo e assurdamente luminoso.
E poi... La lunghezza.
Lev bruciò almeno una
decina di castagne, da tanto ch’era sconvolto.
Superavano la metà coscia,
quei capelli, e le coprivano tutto il cappotto grigio che indossava,
deliziosamente ondulati.
Gli occhi, dal taglio
sottile e lievemente allungati verso le tempie, erano azzurro chiaro, e la
pelle nivea e luminosa.
Quella ragazzina pareva scolpita nella neve.
Lev non aveva dubbi che
fosse Siberiana, perdutamente Siberiana.
Era quel genere di ragazza
che anche all’estero non si poteva dire solo
ch’era russa, ma proprio siberiana.
Poteva essere solo Siberiana, nativa di
Novosibirsk.
-Wow... Accidenti, che schianto- sussurrò il bel
Puškin, stordito.
La seguì con lo sguardo
finché non superò definitivamente la sua bancarella, dopodiché abbassò gli
occhi sulle sue castagne.
-Христос,
каштаны! (Khristos, kaštany! Cristo, le castagne!) Oh, benedetta девушка
(djévuška, ragazza)... Mi ha fatto
distrarre, da tanto ch’era красивая
(krasívaya, bella).
Anche la sua amica, eh...
Ma lei era... Abbagliante-
Parlava da solo, Lev, o
forse alle sue castagne.
Alle sue castagne
miseramente bruciate.
Improvvisamente, però,
sebbene lei avesse già superato la sua bancarella da un pezzo, e ormai la si
poteva vedere soltanto di spalle -e di
capelli-, a Lev venne in mente che aveva qualcos'altro di particolare, quella
biondissima fanciulla, la più Siberiana delle Siberiane.
Un paio di pattini tra le mani.
Stava andando al lago,
allora.
Anche lei.
E forse, prima di quella
sera sarebbe andata a chiedergli un cartoccio di castagne.
Assorto com'era in questi
pensieri, il ragazzo non degnò della minima intenzione il signore che ormai da cinque
minuti buoni gli stava chiedendo, per l'appunto, delle castagne.
Riscossosi di colpo, Lev
annuì e, cercando di riacquistare un’aria professionale, riempì un cartoccio
con le castagne che avevano appena superato ogni limite di carbonizzazione.
-Sono bruciate- gli fece notare l'ormai ex
cliente, gelido.
Il giovane siberiano abbassò lo
sguardo sulle castagne che aveva messo nel cartoccio e sbiancò.
-Già- borbottò,
imbarazzato.
Dunque, senza pensarci due
volte, lo gettò alle sue spalle, per poi rivolgere un sorriso smagliante al
signore.
-Desideravate?-
In riva al lago, Aljona si
slacciò i pattini, esausta, ma con un sorriso semplicemente radioso sulle
labbra.
Aveva pattinato per tutto
il pomeriggio, ed era davvero troppo felice.
Sua madre e sua sorella
erano due ballerine classiche, e Aljonka la loro stessa passione per la danza
l’aveva trasferita sul ghiaccio.
Voleva diventare una pattinatrice artistica, lei.
-Sei troppo brava,
Aljonka- sospirò Khadija, sedendosi accanto a lei -Anche più di Katja-
Aljona sussultò, a quel
paragone.
-È diverso. Katja è brava a teatro, io sul ghiaccio-
Khadija sorrise,
annuendo.
La sua amica sembrava
sempre considerare ogni complimento rivolto a lei, solo a lei, come una critica a sua sorella, e non riusciva mai ad
esserne veramente contenta, contenta per
lei.
Aljona voleva tantissimo
bene a Ekaterina, forse troppo, anche se negli ultimi tempi era diventata così
severa e le lanciava certe occhiatacce spesso immotivate con quegli occhi
identici ai suoi ma cento volte più duri, più cupi, come se ce l’avesse con lei
a prescindere, senza possibilità di perdono.
Si sentiva quasi in dovere
di difenderla, anche se era Katja la sorella maggiore, di quattro anni più
grande di lei.
-Volevo solo dire che sei
bravissima- la rassicurò Khadija -Solo
questo-
Aljona sorrise di un
sorriso dolcissimo.
-Certo. Grazie-
-Non hai voglia di
castagne?- cambiò argomento Khadija, e gli occhi chiarissimi di Aljona
s’illuminarono.
-Sarebbe... Fantastico-
La biondina cercò il
portafoglio nella sua borsa azzurra e poco dopo le tese una manciata di kopeki.
-Vai tu?-
-Да...- Da, Sì, bofonchiò Khadija, alzando gli
occhi al cielo.
-Спасибо-
Spasibo, Grazie, sorrise Aljonka.
Per tutta risposta,
Khadija le fece la linguaccia.
-Tutto per la futura stella del pattinaggio
artistico su ghiaccio russo!-
-Dai, Esmeralda...-
Aljona l’aveva chiamata con
il suo soprannome storico, che Khadija amava e odiava al tempo stesso, e
quest’ultima sgranò gli occhi color carbone, esasperata.
-Sono uzbeka, Христос, non andalusa! Sai,
c’è un po’ di differenza tra Tashkent e Siviglia!-
-Ma tu adori essere chiamata così, sotto sotto...-
Indispettita, la
quindicenne uzbeka si chinò a raccogliere un pugno di neve e lo tirò alla sua
fin troppo irriverente amica bionda.
-Закрой
рот, Алёнка-
Zakroy rot, Aljonka.
Chiudi la bocca, Aljonka.
Quando Khadija si fu
allontanata, Aljona si spostò i lunghissimi capelli biondi su una spalla e
cominciò ad intrecciarli.
I pattini di fianco a lei,
lo sguardo sognante.
Chissà se Katja sarebbe stata di buon umore, quella
sera.
Chissà com’era andata la sua lezione di danza, lei
era così brava, la più brava.
Non c’era mai stata rivalità tra di loro, perché
inseguivano due sogni diversi.
Ekaterina, però, di sogno ne nascondeva anche un
altro.
Ekaterina, quella sera, l’avrebbe messa in guardia
dal ragazzo delle castagne.
Aljona quel pomeriggio aveva mangiato le castagne,
ma non aveva fatto caso al ragazzo che le vendeva, perché a comprarle era
andata Khadija, e quando erano passate insieme davanti alla sua bancarella era
distratta.
Non si ricordava molto bene di lui, il giorno dell’attentato era piccola, ed
erano passati sei anni.
Ekaterina, invece, di quel giorno ricordava tutto.
E non era più la stessa con Aljona perché sapeva
che lei, al suo posto, Lev l’avrebbe perdonato.
Io non ti conosco
Io non so chi sei
So che hai cancellato
Con un gesto i sogni miei
Sono nata ieri
Nei pensieri tuoi
Eppure adesso siamo insieme
Non ti chiedo, sai
Quanto resterai
Dura un giorno la mia vita
Io saprò che l'ho vissuta
Anche solo un giorno
Ma l'avrò fermata insieme a te
(Insieme, Mina)
Note
Lose your dreams and you will lose your mind - Perdi i tuoi sogni e
perderai la testa: Ruby Tuesday, The Rolling Stones.
Il primo “incontro” tra
Lev e Aljona, più tra Lev e Aljona che tra Aljona e Lev, a dir la verità ;)
Abbiamo conosciuto un po’
Aljona e Khadija, e ho accennato il rapporto tra le due sorelle, Aljonka e
Katja.
Katja e Lev sono ancora un
mistero, ma loro si sveleranno poco a poco.
Per il momento Lev l’ha
rivista, ma Katja non ha ancora rivisto lui ;)
Lev le ha viste bene
entrambe, le sorelle Dostoevskij, sono loro che non hanno ancora incrociato il
suo sguardo ;)
A proposito, quando ho
definito Ekaterina “la giovane ucraina”, è perché lei è nata in Ucraina come
sua madre Lyudmila, a Velikie Soročincy, la città di Gogol’, mentre Aljona
è nata a Novosibirsk, quindi è siberiana di origini ucraine, lei.
Sergej, il padre, è russo,
siberiano come loro.
Dovrei aver detto tutto...
Stavolta non mi dilungo
troppo in commenti sul capitolo perché mi piacerebbe sentire le vostre opinioni
al riguardo ;)
A presto,
Marty