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Autore: boll11    03/07/2007    6 recensioni
Severus, Sirius e Remus si risvegliano al mattino scoprendo invece di essere piombati in un incubo. Cosa è successo? E soprattutto, perché?
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Altro contesto
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2.
Sirius si fece strada zompettando in punta di piedi sul pavimento disseminato di asciugamani fradici, vestiti sporchi e oggetti di dubbia origine, cercando di raggiungere il lavabo o almeno la doccia, anche se non riusciva a scorgerla in quel caos che comprendeva persino le pareti ricoperte da una profusione di mobili e mobiletti, attaccapanni e mensole e anche svariati separé a comporre un intricato labirinto.
Guardarsi allo specchio fu un’impresa.
Lo specchio era tondo e minuscolo ed oltretutto ricoperto quasi per intero da flaconi e flaconcini ammucchiati sulla sottostante mensolina.
L’unico occhio che riusciva ad inquadrare era circondato da un profondo alone violaceo e il bianco della cornea era solcato da un intrico di linee rosse che gli dava un’aria inquietante.
Quello che riusciva ad intravedere del viso era solo il pallore malato dell’incarnato e l’ombra scura della barba che risaltava impietosa sulle guance scarne.
Sirius rimase a guardare quello scorcio di se stesso per un tempo che gli parve infinito, le mani chiuse sul bordo del lavandino color marrone scuro, fino a che la voce di quella donna impossibile lo scosse dalla trance, facendogli compiere gesti inconsulti che provocarono il crollo di numerosi oggetti a lui sconosciuti.
Il risolino della donna lo innervosì ancora di più.
“Ma scioccolone! Che cosa combini? Oggi mi sembri proprio sfasato, cucciolo mio”, e abbracciatolo da dietro gli diede una amichevole strizzata ai gingilli.
Sirius dovette frenarsi per non serrarle il collo tra le mani.
Trattenne il respiro fino a quando quella mano non lo lasciò.
La faccia della donna era tutta delusione.
“Ma coccoloso… possibile che tu sia già sulla via dell’andropausa? Non ti era mai capitato di avere l’arma scarica…”
“E’ che sono molto stanco… tesoruccio e non mi sento proprio al meglio”, bisbigliò Sirius tra i denti, cercando di non mandarla amichevolmente al diavolo.
“Forse dovremmo fare un prova. Lascia che ti revisioni la pistola, ho qualche cartuccia speciale…”, ed il sorriso della donna era così indecente che Sirius rabbrividì e la scansò con le mani tese.
“E’ tardi, veramente molto, molto tardi.”
Quella crollò il capo sconfitta e ancheggiando uscì dal bagno dopo un: “Allora sbrigati, padroncino del mio cuore”.

Appena fu uscita corse alla porta cercando frenetico la chiave per sbarrarsi dentro.
Non c’era.
Sirius non si perse d’animo.
Per almeno un quarto d’ora voleva essere certo che quelle mani non potessero neanche sfiorarlo.
Spostò un basso mobiletto di legno, ingombro di biancheria sporca, boccette vuote e flaconi privi di etichetta fino alla porta. Non contento vi aggiunse nell’ordine: uno sgabello traballante del tutto privo di utilità, messo sopra a far massa, e un separé di vimini comprensivo di vestaglia appesa ad un angolo, incastrato per traverso a bloccare la maniglia.
Solo allora poté tirare un sospiro di sollievo.
Dannazione!
Dannato Merlino!
Voglio tornare a casa.
Voglio Severus.
Calmati.
Fare il moccioso non porta da nessuna parte.
Trasse un lungo respiro tremulo e si accinse a fare le sue abluzioni.
Sull’ingombro lavandino trovò quello che sembrava un pennello da barba.
La ricerca del rasoio fu più difficile.
Dopo varie ricerche lo trovò infilato in quella che sembrava una calza da donna, ma che si rivelò essere un paio di vecchi e ingialliti mutandoni di lana.
Chi diamine usa cose del genere?
Ebbe un moto di panico all’idea che poteva essere proprio lui.
O almeno quello di cui aveva preso il posto.
Merlino, cominciava a sentirsi confuso.
La crema da barba proprio non gli riuscì di trovarla, per quante incursioni in mobili, mobiletti, mensole e contenitori avesse fatto.
Rimpianse il suo kit magico da barba dei fratelli Grünschnabel e,con un altro sospiro, si accinse a compiere quel dannato lavoro.

Finito di lavarsi, col viso rigato di sangue che gli dava l’aria di un vampiro dopo il suo pasto mattutino, Sirius si accinse a vestirsi.
I jeans gli arrivavano appena sopra le caviglie.
Per quanto tirasse quella era la loro lunghezza, non c’era possibilità di fare altro e con l’accoppiata dei calzini bianchi, troppo corti, rimaneva scoperta una sottile striscia di pelle chiara su cui spiccavano i peli scuri.
Un orrore!
Quella canottiera, poi!
Era indecente.
Sperò che con la camicia la situazione migliorasse appena un poco.
Almeno un poco, per pietà.
Macché!
Al di sotto, si riusciva comunque ad intravedere quell’obbrobrio.
Tutto l’insieme veniva amplificato da quel disegno orrido che gli occupava mezza pancia.
Inutile metterla dentro i pantaloni.
Inutile camminare come qualcuno a cui hanno appena dato un pugno nello stomaco.
Quel disegno era grande.
Quel disegno era enorme.
Quel disegno spiccava con tutta la sua orrenda profusione di colori.
Sembrava vivo quel drago.
Che poi a dirla tutta, era disegnato anche male.
Non esisteva un drago così, Sirius ne era più che certo.
Quelle ali erano troppo piccole per poter sollevare in aria una mole gigantesca come quella.
Ma perché era lì?
Cosa ci faceva?
Aveva fatto del male a qualcuno?
Era una punizione divina?
Non aveva già pagato abbastanza?
Chissà se Severus lo stava cercando.
Chiuse gli occhi per riposare la vista e cercò di ricordare quello che aveva fatto la sera precedente.
Era con Severus.
Aveva montato una discussione con l’intento di poter far sesso, visto che Severus, dopo una bella litigata, era sempre ben disposto.
E stava bevendo dell’ottimo vino rosso.
Un po’ pesante, forse, visto che dopo essersi messi a letto erano piombati entrambi in un sonno profondo.
Non avevano fatto niente alla fine, Sirius ci poteva giurare.
Se lo sarebbe ricordato, anche perché aveva in mente un preciso giochino e certi suoi giochini non si scordavano facilmente.
Si guardò allo specchio, scoprendo sul viso devastato un sorriso sognante.
Sperò ci fosse occasione di farlo presto.
Basta, cerca di riflettere, Sirius!
Certo! Dumbledore!
Il vino lo aveva regalato a Severus quel maledetto vecchiaccio impiccione!
Sicuramente c’entrava lui in tutto questo!
Quel dannato non lo sopportava.
Le sue nere elucubrazioni furono interrotte dal crollo della sua fantastica barricata.
Precipitata miseramente per mano della donna che diceva essere sua moglie.
Con una semplice pressione di quel braccio ciccioso.
“Cucciolo d’oro, cosa hai combinato qui?”, esclamò la donna con tono civettuolo, “Oh, come sei sciccoso, amorino dolce!” la voce mielosa cominciava davvero a dargli sui nervi
Lui era abituato a ben altri toni.
Quelli di Severus, che di dolce non avevano neanche una briciola.
Quando lo chiamava calcava la S, tanto da sembrargli il sibilo di una serpe.
Era pur vero che la cosa lo eccitava.
Comunque non rispose.
Solo strizzò tra le mani il tubetto del dentifricio che, non avendo tappo, fuoriuscì a decorargli le già orrende scarpe di orrendi ghirigori bicolore.
“Dannazione”, si lasciò sfuggire.
La risatina di quella donna impossibile ebbe il potere di farlo rabbrividire.
“Forza, piccolo leoncino mio, ti acconcio i capelli”.
Si rassegnò e la lasciò fare.
Mai giorno era stato più lugubre di quello.

Quando varcò la porta della cucina il fiato gli si bloccò in gola.
A tavola stava seduto, dritto come un fuso, un bambino che già solo alla vista gli riuscì antipatico.
Aveva capelli neri leccati all’indietro e l’aria supponente.
Un paio di grossi occhiali quadrati sottolineava la sua impressione.
Una cravatta rossa gli strizzava il colletto della camicia bianca.
E aveva una bellissima giacca nera, lucida ed elegante, che Sirius gli invidiò alquanto.
“Buongiorno, il caffè è pronto”, disse l’ometto alzandosi in piedi e piegandosi in un leggero inchino, “ma ti prego, bevilo in fretta che siamo molto in ritardo”.
Anche il tono di voce era supponente.
Sirius si bloccò sulla porta.
Indicandolo con un dito chiese alla donna:
“Chi è quello?”
“Giuro che oggi non sei tu. Ma è Horatius, tuo figlio. Sei sicuro di stare bene, bambolo?”, e detto questo baciò in testa il ragazzino, ammiccò a Sirius ed uscì ancheggiando.
Sirius aprì e chiuse la bocca.
Se mai avesse avuto un figlio, primo, non l’avrebbe assolutamente chiamato con quel nome stupido; secondo, quello non avrebbe certamente assunto un aria così antipatica, da secchione borioso; terzo, come era possibile che da due esseri come loro potesse uscire un tipo del genere?
Tutto questo lo stava facendo impazzire, ma preferì star zitto.
Borbottò solo qualche parola incomprensibile portando la tazza alla bocca per gettarla subito in terra, aumentando a dismisura le decorazioni delle sue scarpe.
“Merda, è bollente!”, sbottò scartando all’indietro, “merda, merda, merda!”
“Non si dice, papà! E’ una brutta parola che devi cancellare dal tuo vocabolario”.
La luce assassina dei suoi occhi non bastò a far star zitto quell’odioso ragazzino.
“Il maestro Snape ce lo ripete sempre!”.
Stava per dirgli cosa ne pensasse di tutto questo, sollevando i pugni, quando la parola Snape gli brillò nella mente come un faro accecante.
“Severus Snape?”, chiese tremante.
“Ma certo, papà. Il mio maestro”, annuì quello inspirando dal naso.
Se il cognome poteva essere un caso, quel nome no.
Assolutamente no.
“Dammi il suo numero di telefono, Orson!”

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Prima di tutto mi scuso per il mostruoso ritardo con cui aggiorno questa fic. E' che sto veleggiando in altri lidi, altri fandom mi tirano fuori storie a ripetizione e HP passa un poco in secondo piano.
Ma la finirò di certò.
Non sono abituata a lasciare le storie in sospeso.
Mi macero dai sensi di colpa!
Quindi ringrazio tutte voi per i complimenti, Aska, felice di divertirti; grazie anche a te, Piccola Vero, spero di continuarla presto; Elisahq, non temere! Severus è solo di Sirius, di nessun'altro! XD Grazie.
E spero presto con la prossima!

  
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