Buona sera a tutti u.u
Oggi è il mio compleanno… E
ho deciso di farvi io un regalo XD
Ecco qui il nuovo capitolo!
XD Ringraziate Luna Kira Malfoy che su facebook mi ha fatto gli auguri e mi ha
ricordato (inconsapevolmente) di pubblicare! XD
Beh, come al solito vi
ringrazio tutti =)
Buona lettura, fatemi sapere
che ne pensate! =)
(PS= ho usato le stesse frasi
del libro u.u)
Orfin Gaunt
I
due ragazzi erano fermi davanti al portone d’ingresso quando il professor
Silente li raggiunse.
“Dove
hai detto che si trovano i tuoi parenti?” chiese il professore, mentre tutti e
tre si incamminavano verso il cancello.
“Il
paese dovrebbe chiamarsi Little Hangleton. Non so esattamente dove sia la casa…
Ho l’indirizzo, però, anche se non è molto chiaro…”
Silente
si fermò e sorrise.
“Non
preoccuparti, Tom, la troveremo.”
Il
ragazzo annuì brevemente ed Eva gli strinse una mano.
Appena
uscirono dalla protezioni del castello il professore stese un braccio per poter
eseguire una materializzazione congiunta. I due ragazzi, infatti, erano ancora
troppo giovani e non avevano ancora dato l’esame di materializzazione.
Sparirono
e riapparirono poco dopo con un lieve pop ai margini di una foresta, poco
lontani dal villaggio, per non farsi vedere dai Babbani.
“Allora,
Tom… L’indirizzo?”
Il
ragazzo prese un pezzo di pergamena dalla tasca dei pantaloni e lo porse a
Silente. Il mago pronunciò uno strano incantesimo puntando la bacchetta contro
il foglio: dopo alcuni istanti la bacchetta stessa si rigirò nella mano del suo
proprietario ed indicò un piccolo viottolo.
I
tre si apprestarono a seguire la strada. Dopo circa un quarto d’ora la bacchetta
ebbe un brusco cambio di direzione e indicò il folto degli alberi: Tom guardò
Eva in modo perplesso e poi si infilò in un piccolo buco nella siepe per
entrare nel bosco.
Riconobbero
la casa solo perché la bacchetta di Silente la stava indicando. Il luogo era
sporco e umido: la costruzione era talmente logora, piena di muffa ed edera,
che sembrava reggersi in piedi solo con l’ausilio della magia.
Tom
si avvicinò alla casa, leggermente disgustato. Eva gli stette accanto,
preoccupata, tenendogli sempre la mano per infondergli forza. Silente, invece,
si era fermato parecchi passi indietro e osservava ammirato il bosco: guardava
ovunque tranne che verso la casa. Il ragazzo capì che gli stava dando la
possibilità di fare quello che voleva senza dover subire le interferenze di un
insegnate, ovvero di un autorità, e lo apprezzò molto per questo.
Trovarono
la porta a fatica: il legno era marcio e si distingueva dalla pietra anche e
soprattutto per il serpente che vi era inchiodato sopra. Con un moto di
disgusto Tom l’aprì.
“TU!”
Se
l’uomo non si fosse mosso probabilmente né Tom né Eva l’avrebbero individuato,
in mezzo a quel lerciume. Aveva capelli e barba lunghissimi e sporchi e vestiva
quelli che dovevano essere stracci.
“TU!”
ripeté, prima di scagliarsi contro il ragazzo. Aveva un pugnale e una
bacchetta.
“Fermo.”
Tom
disse la prima cosa che gli venne in mente e usò il Serpentese per coglierlo di
sorpresa: funzionò. L’uomo scivolò verso il tavolo e fece cadere delle pentole.
Rimasero in silenzio a lungo: Eva si strinse di più a Tom, decisamente
spaventata dall’uomo e dai sibili che non capiva.
“Lo parli?”
chiese infine lo sconosciuto.
“Sì, lo parlo. Sei Orvoloson?”
“No.”
“Dov’è?”
“Morto. E’ morto anni fa, no?”
“Allora tu chi sei? Orfin?”
“Ma sì…”
Ci
fu ancora un attimo di silenzio, in cui Tom strinse la mano ad Eva, come a
comunicarle che andava tutto bene. La ragazza alzò lo sguardo e vide che lui
aveva un’espressione tesa, corrucciata.
“Pensavo che eri quel Babbano. Sei uguale a
quel Babbano.”
Ora
Tom era stupito. Eva si sentì estremamente frustrata nel non riuscire a
comprendere cosa i due si stessero dicendo.
“Quale Babbano?”
“Quel Babbano che piaceva a mia sorella, quel
Babbano che vive nella grande casa lassù. Sei identico a lui. Riddle. Ma adesso
è più vecchio, eh? E’ più vecchio di te, adesso che ci penso…”
Tom
si sentì quasi mancare.
Suo
padre.
Aveva
trovato suo padre. Non nutriva particolari speranze su quel versante: essendo i
Gaunt una famiglia Purosangue con una mentalità retrograda era ovvio che lui
fosse un bastardo di qualche tipo, abbandonato in orfanotrofio perché non
degno. Nessuno dei suoi parenti si era mai degnato di cercarlo, da parte di
madre. Forse suo padre nemmeno sapeva della sua esistenza: era un’ipotesi che
gli si era appena affacciata alla mente ed appariva così meravigliosa…
“E’ tornato, sai?”
“Riddle è tornato?”
“Già, l’ha lasciata, e le sta bene, sposare
quella feccia! Ci ha derubati, sai, prima di scappare! Dov’è il medaglione, eh,
dov’è il medaglione di Serpeverde? Ci ha disonorati, quella sgualdrina! E tu
chi sei, che vieni qui a fare domande su tutto? E’ finita, no… Finita…”
Le
sue ipotesi svanirono prima che ancora che potessero concretizzarsi: i suoi
genitori erano sposati. Ma allora… Perché? Perché Riddle era tornato e aveva abbandonato
sua madre incinta e disperata, lasciandola morire?
Doveva
scoprirlo.
Con
questo pensiero in testa Tom si voltò e trascinò via Eva dalla casa, lasciando
Orfin solo con sé stesso e la sua miseria.
“Che
succede?” gli chiese la ragazza.
Tom
scosse leggermente la testa e non parlò finché non tornarono da Silente.
“Ah!
Ragazzo! Come è andata? E’ stata una rimpatriata piacevole?”
“Professore”
disse il giovane “Le scoccerebbe accompagnarci da un’altra parte?”
“Per
oggi, miei cari, sono tutto vostro. Dove dobbiamo andare? Servirà di nuovo
materializzarci?”
Tom
scosse la testa e uscì dal folto degli alberi. Eva lo seguì, perplessa e
preoccupata, e Silente rimase qualche passo dietro a loro.
Una
volta che furono di nuovo sul viottolo il ragazzo si guardò attorno e indicò
con il capo una grande villa gentilizia.
“Lì.
A quanto pare è la casa di mio padre.”
Eva
spalancò gli occhi, meravigliata e inorridita insieme, mentre Silente si mise
in marcia fischiettando un allegro motivetto.