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Autore: Melabanana_    16/12/2012    3 recensioni
Hera Tadashi è un ragazzo apparentemente indifferente a tutto, che si lascia passare accanto gli eventi senza preoccuparsene molto.
Afuro Terumi è un idol emergente, ma già molto famoso, che nasconde il suo vero carattere.
Questa fic parla di come il loro incontro abbia modificato le loro vite, e di come la loro storia sia venuta ad intrecciarsi con quella dei loro amici.
Coppie: HerAfu, DemeKiri, ArteApo, vari ed eventuali.
{dedicata a ninjagirl, che mi ha fatto scoprire e amare queste pairings.}
~Roby
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Perché in ogni momento, il rosso e il viola sanno sempre trovarsi.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Altri, Hera Tadashi, Jonas Demetrius/Demete Yutaka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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 Duuunque. Ciao :)
Con questo capitolo si conclude la parte della storia riguardante lo "scandalo Terumi".
Ho notato che nelle mie fic i temi familiari sono spesso presenti; ho paura di essere ripetitiva, infatti il rapporto fra Afuro e suo padre qui ricorda un po' quello di Hiroto e suo padre in "Innocent Heart" (altra mia long pubblicata con questo account, non so chi la conosce o meno :'DDD).
Che dire, i rapporti padre-madre-figli mi piacciono molto.
Io credo che ci siano cose che solo una famiglia può dare, e che le cose che un padre e o una madre dicono o fanno non si cancellano facilmente dalle menti dei figli.
Insomma, è tutto molto delicato. Detto tutto ciò, spero solo che il capitolo vi piaccia <3
Ah, immaginate le frasi scritte in corsivo all'inizio come pronunciate da un Afuro bambino. ;) 
Il comportamento di Hera mi piace molto. Ha un ché d'imprevedibile e spiazzante~
Baci,         
       Roby



 
Capitolo 16.

~A me piacciono le cose belle... le cose luminose. Come te, papà.
Inseguendo te, entrerò a fare parte del tuo mondo bello e luminoso. Per te, farò della bellezza la mia forza.

Voglio brillare con tutto me stesso, così anche quando sarò lontano…
…tu potrai trovarmi. ~


 

Aveva ricominciato a piovere.
A tratti era leggera, a tratti invece scoppiava fortissima. E ad ogni lampo, Kirigakure non poteva fare a meno di sobbalzare: quel rumore lo infastidiva più di qualunque altra cosa.
Lo infastidiva e lo spaventava.
Contava giustappunto il dodicesimo sobbalzo quando una mano gli si posò sulla spalla.
-Tutto bene?-
Solitamente la voce di Demete aveva un effetto calmante su di lui, ma quella mattina Kirigakure aveva più d’un motivo per non sentirsi calmo: uno di questi era proprio lui, Demete.
Annuì con vigore e si scostò dal contatto fisico, rannicchiandosi sul divano.
Demete sospirò e si sedette accanto a lui, ma senza toccarlo. Accese la tv.
Kirigakure rimase a fissarlo di nascosto. Il pensiero della notte precedente lo tormentava; si era svegliato fra le braccia del suo amico, ma senza ricordare nulla.
Non sapeva se Demete ricordasse e di certo non gliel’avrebbe chiesto…
-Bleah, tg!- esclamò Demete. In quei tempi, i massmedia facevano abbastanza schifo ad ognuno di loro, perciò il ragazzo cercò subito il telecomando per togliere ma non ricordava dove l’aveva messo.
-Sei un disastro, l’hai usato giusto pochi minuti fa- commentò Kirigakure.
-Invece di darmi addosso, aiutami- sbuffò l’altro, poi i suoi occhi si persero nello schermo.
Kirigakure gli schioccò le dita davanti.
-Ehi, Terra chiama Yutaka! Che ti prende?- chiese perplesso. Demete scosse il capo e indicò lo schermo. Entrambi rimasero a bocca aperta a fissare l’uomo dai capelli platinati che attraversava con classe l’aeroporto, incurante dei giornalisti e delle videocamere.
-Afuro...!- gridò Kirigakure senza muoversi. Nessuno rispose, ovviamente, gli altri quattro dormivano tutti. Allora il ninja saltò su e corse nella stanza di Hera e Afuro.
- Afuro! Afuro!- continuò a gridare, scuotendo il biondino, che lentamente iniziò a svegliarsi.
Per sfortuna di Kirigakure, Hera si svegliò prima, e gli fece volare un cuscino dritto in faccia.
-Sta un po’ zitto, che sono appena le dieci!- brontolò.
Il ninja barcollò, lamentosi per il trattamento scortese, poi però tornò all’attacco.
-Afuro, devi svegliarti! Accendi la tv!- gridò. Afuro si sollevò un po’, spaesato.
-Che c’è?- chiese assonnato.
-C’è tuo padre!-
Afuro e Hera scattarono, di colpo sveglissimi, e fissarono allibiti Kirigakure.
Il ninja strinse i pugni e ripeté:- C’è tuo padre! Minoko Terumi è arrivato in aeroporto oggi!-

 
xxx
 
Si erano riuniti tutti nel salotto, dove la tv era ancora accesa anche se il tg era finito.
Quando scoccarono le dieci e mezza fu evidente quanto pesante fosse il silenzio che regnava.
Nessuno osava parlare, del resto Afuro sembrava fuori dal mondo.
Continuava a fissare con sguardo vitreo lo schermo, tremante.
Hera non sopportava di vederlo in quello stato…
-Basta- sussurrò. Nel silenzio quel sussurro sembrò un urlo.
-Hecchan?- esitò Artemis.
-Basta!- disse Hera a voce più alta, e afferrò Afuro per un braccio: il ragazzo scattò dalla sua trance e lo fissò smarrito.
-Alzati! Muoviti!- gli ordinò Hera trascinandolo. –Andiamo da tuo padre!-
Afuro s’irrigidì all’istante e s’impuntò a terra.
-No! Lasciami! Mio padre sarà di certo arrabbiato a livelli stratosferici con me, con che faccia mi presenterò davanti a lui?!- protestò tirando per liberarsi dalla presa, ma Hera non lo mollò.
-Ma che dici? Non vuoi vederlo?- domandò Aporo incredulo –Di sicuro sarà preoccupato per te!-
-Io voglio vederlo… Ma lui è sempre così distante… temo sia lui a non volermi vedere- sussurrò Afuro, poi diede uno strattone e si liberò dalla presa. I suoi occhi vagarono con rabbia su Hera.
-Smettila di immischiarti! Tu non puoi capire… Il cuore di mio padre mi appare così lontano dal mio… non riesco a raggiungerlo- pianse, con frustrazione, stringendo le braccia al petto.
-L’ho sempre guardato da lontano… non riesco a raggiungerlo…!-
Il dorso della mano di Hera gli colpì il viso e lui si bloccò, incredulo.
-Tadashi!- lo riprese Demete.
Afuro smise di tremare: se Hera avesse voluto dargli uno schiaffo, avrebbe fatto male... ma a fare male non era il gesto che aveva osato fare, quanto piuttosto il suo sguardo triste.
-Non dire stupidaggini. Tuo padre è qui, lo capisci? E’ ancora così vicino. Non ti permetterò di lasciarti sfuggire quest’occasione- Hera sorrise appena, posandogli una mano sul capo.
-Noi possiamo solo starti accanto, ma sei tu a dover parlare. Se non dici le cose, come potrebbero gli altri capirle?- aggiunse.
Afuro lo guardò e scoppiò di nuovo a piangere, ma questa volta si appoggiò a lui.
Hera lo strinse a sé e si rivolse ad Artemis:- Credi di poterci portare alla villa di suo padre prima che scoppi un putiferio?-
Artemis fece un sorrisetto. –Certo che sì.- rispose facendo roteare le chiavi dell’auto fra le dita.
A quella vista Aporo, Demete e Kirigakure sbiancarono.
-Se non vi va di venire, potete restare qui- s’accigliò Artemis.
Demete deglutì. –N-No… per Afuro, affronterò anche questo!- esclamò.
Kirigakure fece un bel respiro profondo e annuì.
xxx

In fondo, la traversata in auto fu meno turbolenta della prima, se si eccettua il fatto che andavano a circa 180 chilometri orari su una strada di campagna e che il termine della corsa fu il cartello stradale “Benvenuti ad Inazuma-cho”, contro cui si schiantarono.
-Siamo arrivati- cinguettò Artemis –D’ora in poi si prosegue a piedi!-
-Beh, per fortuna!- rantolò Aporo passandogli accanto per uscire.
Artemis sorrise e lo aiutò con una tale dolcezza nei gesti che Aporo lo fissò sorpreso e arrossì impercettibilmente: non aveva ricordo della sera precedente, mentre Artemis sì.
Hera, che d’altronde era l’unico ad aver ben impresso nella memoria la serata precedente in tutti i minimi dettagli, era stato troppo occupato a preoccuparsi per Afuro per preoccuparsi di sapere come stavano gli altri.
Arrivarono a piedi davanti alla villa, che quasi non era visibile oltre le teste dei media.
Afuro tremava di terrore, ed Hera gli mise il cappello in testa, infilando i capelli tutti sotto, poi gli mise la sua felpa sulle spalle e lo strinse a sé.
-Mi serve un diversivo per far entrare Afuro- disse guardando uno ad uno i suoi compagni. Kirigakure si puntò il dito al petto.
-Nulla di più facile per un ninja!- esclamò.
-Io gli do una mano… a non cacciarsi nei guai- aggiunse Demete.
-Afuro, c’è un altro ingresso?- chiese Hera.
L’altro annuì e sussurrò:- C’è una porta sul retro. Dobbiamo fare il giro…-
-Allora vi facciamo largo- disse Artemis, e fece l’occhiolino poco prima d’infilarsi la maschera.
Hera e Afuro lo seguirono con lo sguardo mentre lui s’immergeva nella folla con tutta tranquillità.
-Signori! Che ne dite di divertirci un po’ nell’attesa?- esclamò.
Kirigakure fece scrocchiare le mani. –Yahooo!- gridò e saltò fra la folla, lanciando una piccola sfera nera. Quando questa toccò terra scattò un timer di tre secondi e poi fumo nero ovunque.
-Ora vedrete la forza dei ninjaaaaaa!-
-Mi tocca seguirlo! Andiamo, Aporo!- disse Demete e i due s’inoltrarono nel fumo.
Hera prese Afuro per mano e fecero insieme il giro delle mura di cinta.
-Sono alte- constatò Hera, ci pensò un po’ su, quindi prese sulle spalle il biondino, che preso alla sprovvista avvampò e soffiò:- Cosa cavolo fai?!-
-Ti aiuto a scavalcare. Su, muoviti- disse.
-E poi tu come fai?-
-C’è proprio bisogno che venga anche io?-
Afuro abbassò lo sguardo e si morse il labbro.
-Sì… ti vorrei al mio fianco.-
Hera sospirò e annuì, e non appena Afuro si fu arrampicato prese la rincorsa e si aggrappò al muro riuscendo a darsi la forza per saltare su. Insieme, poi, discesero nel giardino.
Dal davanti venivano voci concitate: stavano facendo un bel po’ di confusione, per essere solo in quattro persone.
“Sì, ma che persone!” pensò Hera, quei quattro erano davvero una delle peggiori disgrazie che gli fossero capitate… però era felice che gli fossero capitate.
Afuro aprì la porta sul retro, ma non fece neanche due passi.
-Afuro?-
Si girò verso quella voce profonda, tremante.
-Papà…-
Hera rimase con lo sguardo sospeso fra i due Terumi, padre e figlio . 
Si somigliavano tanto… i capelli di Minoko Terumi erano color platino e nel suo portamento c’era la stessa eleganza e grazia del figlio; anche i tratti del viso erano simili, pur essendoci tuttavia una singolare morbidezza nel viso di Afuro che mancava in Minoko.
E poi, gli occhi di Minoko erano castani, dunque Afuro aveva gli occhi della madre scomparsa.
Ora, quegli occhi, quelli castani e quelli rossi, si fissavano pieni di incredulità.
-…perché…- La voce di Minoko era quasi un sussurro.
-Papà, io…!- cominciò Afuro, ma il padre lo interruppe afferrandogli un braccio.
Hera arretrò, preso alla sprovvista dal gesto brusco dell’uomo, e decise di starsene in disparte, tant’è che l’uomo non l’aveva neanche notato.
-Perché sei venuto qui?!- quasi gridò l’uomo.
La voce destò l’attenzione dei giornalisti più vicini alle finestre, che iniziarono a bussare insistentemente. Di alcuni era udibile la voce.
-Signor Terumi, apra! Vogliamo solo fare qualche domanda!-
-Lei ha avuto tutto dalla vita, come ci si sente?!-
-E’ vero che suo figlio ha fatto carriera solo grazie al suo denaro?!-
-Risponda!-
Afuro cominciò a tremare sotto quella tempesta di domande e grandi lacrima spuntarono all’angolo dei suoi occhi. –Papà… è tutta colpa mia…- singhiozzò.
Il signor Terumi sembrava una persona mite e impassibile: questa era l’impressione che Hera aveva avuto, e tuttavia seppe che stava per accadere qualcosa d’inaspettato.
Infatti Minoko Terumi si voltò di scatto e aprì la porta con un gesto talmente brusco che scoppiò un silenzio basito fra la folla che circondava la casa.
Gli occhi di Afuro erano sgranati su suo padre.
-Io ho avuto tutto dalla vita? Forse sì, ma me lo sono guadagnato!- gridò. Le sue dita erano strette intorno al braccio del figlio, che attirò a sé in un gesto protettivo.
-Se mio figlio ha usufruito di quello che ho guadagnato? Sì! Ma se qualcuno oserà insinuare brutti pensieri su di lui e sul suo talento allora se la dovrà vedere con me!-
La massa di giornalisti era inferocita e superficiale, ma qualcosa nel tono fermo dell’uomo, qualcosa nei tratti duri e rabbiosi, li zittì all’istante. Si poteva avvertire un certo timore e rispetto nei confronti di Terumi, che si ergeva sulla società con tutta la forza del suo animo, e non dei suoi soldi.
-Afuro è il mio unico, adorato figlio! E se avete qualcos’altro da dire, fatevi avanti!- continuò Terumi. Tutto sembrava essersi fermato, persino le lacrime di Afuro, che al suo fianco, lo fissava come perso in un sogno.
Hera si lasciò sfuggire un sorriso: Afuro, che viveva da solo e si atteggiava da persona matura, fra le braccia di suo padre sembrava così piccolo da fare tenerezza.
Poco dopo, al seguito dell’intravedersi della giacca giallo canarino, Hitomiko, Athena e Saginuma apparvero e si schierarono davanti alla famiglia Terumi.
-Fareste meglio ad andare; gestirò io le domande- disse Hitomiko alla folla, con un sorrisetto che lasciava trasparire tutto il suo disprezzo e il suo sentirsi superiore agli altri.
Al vedere quel sorriso tutti i presenti rabbrividirono, compresi Hera, e Kirigakure e gli altri che stavano fra la folla: quanto a brutto carattere, Hitomiko competeva con Artemis.
Così la folla si disperse al seguito di Hitomiko, controllati da Saginuma e Athena, mentre gli altri restavano davanti alla casa. Tutti erano in silenzio.
Afuro esitò, poi abbracciò suo padre, piangendo.
-Papà… per il tuo affetto io… avrei fatto di tutto!-
Minoko s’irrigidì un po’, imbarazzato, ma poi acconsentì al contatto e chiuse gli occhi.
Hera capì in quel momento che non c’era nient’altro da fare per lui lì.
-Andiamo- disse agli altri, fra cui Demete e Kirigakure piangevano come fontane.
Artemis squadrò il suo amico in volto. –Hecchan…- sussurrò, ma Hera gli fece segno di non parlare. I cinque ragazzi iniziarono ad andare per lasciare ai Terumi l’intimità che gli serviva.
Hera si voltò un attimo e sorrise, malinconico: ora finalmente Afuro sarebbe tornato a brillare… e lui, nell’ombra, ad osservare quel fulgore. Ma andava bene così.
Per un attimo gli sembrò che anche lui lo guardasse. Si girò verso la strada e con le mani in tasca s’incamminò per la strada che aveva scelto.
Afuro, fra le braccia di suo padre, si sentiva caldo e al sicuro.
Sì, era felice. Suo padre, per il cui affetto aveva deciso di entrare in quel mondo pieno di luce e ombra, per lui, per raggiungere lui, si era messo duramente alla prova… Ora, finalmente, suo padre l’aveva compreso, ed era bellissimo…
La mano di lui gli si posò sul capo, accarezzandogli i capelli.
-Afuro… rimarrò sempre al tuo fianco. Ma è ora che tu smetta di guardare a me- disse Minoko. Afuro sbatté gli occhi, senza capire, ma suo padre non aggiunse altro.
Allora il giovane idol si accorse di aver già sentito quel calore, quella felicità, nelle braccia di un’altra persona. Si voltò di scatto verso la strada e vide che Hera e gli altri se ne stavano andando. I suoi occhi vagarono sui suoi amici, e si soffermarono sulla schiena di Hera.
“Ora capisco cosa vuole dire mio padre… ora che l’ho superato, c’è solo una persona su cui il mio sguardo indugia… e sei tu, Tadashi…”
Il ragazzo dai capelli rossicci si voltò un attimo a guardarlo, sorrise senza accorgersi di essere ricambiato e tornò a guardare davanti a sé.
“Il tuo sguardo va sempre lontano. Cosa guardi? Cosa cerchi, lontano da qui?” si ritrovò a pensare. “Non guardare lontano, perché io sono vicino a te… Guardami…“
Non appena si rese conto di quello che gli stava accadendo, si portò le mani al volto e sentì le guance bollenti: avrebbe giurato di essere arrossito.
Era successo. Quando? Era successo.
Era rimasto invischiato nella sua stessa trappola… voleva che Hera lo guardasse perché voleva l’attenzione di tutti su di sé, o perché voleva solo la sua attenzione?
I suoi occhi guizzarono di nuovo verso la schiena di Hera, ormai un puntino in fondo alla strada, ma poi si riabbassarono subito. Non doveva guardarlo più, non doveva.
Altrimenti non sarebbe più riuscito a distogliere lo sguardo…
 


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