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Autore: Usherette    16/12/2012    3 recensioni
"Non ci si può arrendere. È come smettere di vivere. E io, finché avrò delle persone care accanto a me, non mi arrenderò mai. Così ho deciso quel giorno."
"Dopotutto siamo in guerra con il forte impero romano, l'invincibile impero romano, quello a cui i suoi stupidi avversari, che sperano ancora in una vittoria, non si sono ancora arresi. E io sono una stupida. Sì, una grande stupida. Ma una stupida con una fottuta voglia di vivere e di non arrendersi."
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E' da cinque anni che viviamo qui. Ci accolsero bene. Eravamo molto privati a causa della traversata dei Pirenei, ma finalmente ce l'avevamo fatta. Io e Nojiko, appena varcate le mura della città, ci lasciammo andare a un pianto liberatorio, ripensando a tutti gli stenti e le privazioni che passammo in quei cinque anni di viaggio. Ogni tanto ci fermavamo in qualche città a lavorare per qualche mese, in modo da racimolare i soldi sufficienti per proseguire il nostro viaggio. La parte più dura fu l'attraversata delle Alpi. Non un villaggio, né niente. Solo tanto, tanto freddo. Ma la parte più dura di tutte era ricordare che eravamo partiti in quattro. Per fortuna Genzo era con noi. L'ho sempre chiamato papà da piccola: non è il nostro padre effettivo, in quanto siamo state adottate da Bellmer, ma si è sempre comportato come tale. Non ci ha mai fatto mancare nulla, neanche durante quegli anni così difficili.
Ora però non ci riesco più. A chiamarlo papà intendo. Lo so, lui non voleva lasciare indietro la mamma, semplicemente non aveva scelta: se si fosse fermato per cercare di salvarla saremmo morti tutti probabilmente. E in ogni caso sarebbe stato troppo tardi: nessuno sarebbe sopravvissuto a lungo con tre frecce piantate nel petto e senza le adeguate cure. Anche con, forse. Ma non gliel'ho ancora perdonato. Anche se so che non ha alcuna colpa, non so perché ma il nostro legame non è più come prima. Dopotutto io sono sempre stata più legata a Bellmer.

Ci integrammo in fretta. Questo “stato ribelle” cresce di giorno in giorno: arrivano persone dalle parti più disparate dell'impero romano. Si vive bene. Anche se sappiamo che è un'utopia pensare di vivere spensieratamente così a lungo. Dopotutto siamo in guerra con il forte impero romano, l'invincibile impero romano, quello a cui i suoi stupidi avversari, che sperano ancora in una vittoria, non si sono ancora arresi. E io sono una stupida. Sì, una grande stupida. Ma una stupida con una fottuta voglia di vivere e di non arrendersi. Per Bellmer, per Nojiko. E per Genzo, il mio papà.

-NAMIIIII!!! MUOVITI CHE È ORA DI SVEGLIARSIIIII!!!-
Mia sorella, Nojiko. Da quando Bellmer è morta e ci siamo trasferiti qui è lei che mi sveglia il mattino, che prepara la colazione e che apre la locanda. Sì abbiamo comprato uno stabile, riadattato poi in locanda in memoria dei vecchi tempi. Si chiama “Da Bellmer”. Che fantasia eh? Ma come avremmo potuto mai chiamarla altrimenti?
-ARRIVO, ARRIVO, NON URLARE PER SVEGLIARMI-
urlo a mia volta, in modo da farmi sentire fino in cucina. Ho 18 anni ormai, e Genzo vuole che io mi dia una “spicciata”, come dice lui. Ma che posso farci? Non siamo a Roma, piena di nobili ricchi sfondati da sposare e avvelenare alla prima occasione per prenderne l'eredità. Sì, sono diventata un po' acida. Sarà a causa della mia infanzia. Ma giuro che se trovo un nobile lo uccido. Non prima di averlo sposato, ovviamente. Qui però non corro certo il rischio di incontrane uno: siamo in uno stato ribelle dopotutto. Ma si vive bene, forse proprio grazie alla loro assenza.

Genzo non può più occuparsi del commercio di stoffe, e così, oltre a far parte dei "vecchi saggi" che "governano" questo Stato (se così si può dire, visto che a momenti non si sa neanche chi abita qua e chi è solo di passaggio), coltiva un piccolo campo e un mandarineto. Questo ci ricorda tanto Bellmer: a lei piacevano molto i mandarini, che coglieva dal suo mandarineto personale che lei stessa curava. Non si faceva mai aiutare neanche da una delle nostre serve. Genzo proprio non capiva cosa ci trovasse nello sporcarsi le mani per una cosa che si poteva comprare a così basso prezzo al mercato. Che forse ora lo abbia capito? Beh, non sarò certo io a chiederglielo, dopotutto ancora non riesco a chiamarlo papà.
Ci manteniamo bene: io mi occupo della locanda, Genzo del nostro effettivo sostentamento e mia sorella della casa. Ogni tanto lei viene a darmi una mano, fortunatamente. Non potrei sopportare sennò di passare tutto il giorno con Sanji.

Vi ricordate chi è giusto? Quel bambino di 11 anni che ci aiutava con la locanda... sì, quel bellimbusto che ora ha 21 anni e che ci prova con me. Spudoratamente con me. E io, altrettanto spudoratamente, lo prendo a padellate in faccia. Non è che non mi piaccia o non mi stia simpatico. È che proprio non ce lo vedo come mio marito. Brr.. non fatemici pensare, troppo zuccheroso e dongiovanni. Da piccola lo ammiravo.. come ovvio, sapeva essere d'aiuto a mia madre più di me. A volte ero anche gelosa. Ma dopotutto sapevo che Bellmer voleva più bene a me, quindi chiudevo un occhio.
Be' ora lui si occupa di sfamare gli ospiti della locanda. Si occupa della cucina, e devo dire che non se la cava affatto male. Sarà merito del vecchiaccio con la gamba di legno che vive con lui. Si chiama Zeff, se non sbaglio. Si dice sia un cretese e che un tempo fosse un pirata, ma soprattutto che sia stato lui ad accompagnare Sanji fin qui in Spagna, e che quindi lui gli deva la vita. Non so perché ha smesso di andare per mare. Probabilmente a causa della vecchiaia e di quella brutta ferita alla gamba. Non ne ho idea e non voglio indagare: non mi è mai piaciuto particolarmente quell'uomo e mi ha sempre messo un po' in soggezione.

Scendo in cucina. Un po' di latte e una fetta di torta di mandarini. Non c'è niente di meglio per iniziare la giornata. Ringrazio Nojiko, che si affretta a sparecchiare, e mi dirigo al lavoro. C'è sempre più gente: gli abitanti del nostro Stato* aumentano di giorno in giorno.. non ci sarebbe da stupirsi se Roma cominciasse a pretendere di imporre delle tasse pure qui siccome è “grazie” a lei che ci arricchiamo...

Mentre penso felicemente ai miei futuri guadagni, mi blocco un attimo. Sono passati 10 anni da allora, e non abbiamo ancora alcuna notizia. Intendo di mio cugino, Ace, che partì per fermare l'avanzata di Silla. Chissà che fine ha fatto. Pensavamo di ritrovarlo una volta giunti in Spagna ma... ormai sono cinque anni che abitiamo qui, e di lui non abbiamo tracce. Non possiamo che pensare al peggio. E Nojiko, ogni giorno che passa, è sempre un po' più giù. È sempre stata legata a Ace. Deve essere terribile per lei. Ed è pure strano: in uno stato come il nostro, dove circolano un sacco di voci e notizie, non si è sentito nulla riguardo ai soldati partiti quella volta. Che siano morti tutti? Strano, molto strano. Devo ricordarmi di indagare...

Angolo dell'autore
Ed eccoci di nuovo quii
Alor.. finalmente i capitoli prettamente introduttivi sono finiti e, ahimè, d'ora in poi pubblicherò, generalmente, una volta alla settimana ù.ù
*lo chiamo semplicemente Stato perchè, ch'io sappia, non ha alcun nome.. se qualche esperto di storia ne sa qualcosa mi faccia sapere che provvedo a sistemare ;D
Spero che questo capitolo vi abbia un po' intrigato, avendo introdotto il primo problema: che fine avrà mai fatto Ace? Io qualche idea ce l'avrei.. voi ci avete pensato? *-* (non ditemi che vi eravate già dimenticati di lui.. ç__ç cosa possibile, comunque ahahah)
Be', ringrazio chi segue, ma soprattutto chi recensisce, e vi lascio a rimuginare fino al prossimo week end.. :3

  
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