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Autore: animapurpurea    17/12/2012    3 recensioni
Una fitta lancinante la travolse in pieno addome, ma non capiva se quello che stava provando fosse dolore. Forse non provava semplicemente più nulla.
Si inumidì le labbra un ultima volta, come per assaporare l’essenza di colui a cui erano appartenute.
Si sentì improvvisamente leggera. Poi tutto si fece buio.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 3.

Ariadne e Nermin arrivarono al Phuket International Airport verso le nove di mattina dopo aver trascorso quasi sedici ore di viaggio in aereo, tra cui una passata a correre per Bangkok nella disperata ricerca del gate del TG207 diretto all’isola thailandese.
Erano sfinite. Volevano solamente vedere la loro nuova casa e rilassarsi, ma dovevano ancora ritirare le loro valigie al cosiddetto “Baggage Claim”.

La bionda aveva oscurato la curiosità, che prima di partire l’aveva animata tempestando l’amica di domande riguardo a quel nuovo luogo, e ceduto il posto alla stanchezza, tanto da desiderare una tazza fumante di caffè per riprendersi un pò e lei odiava tale bevanda.
Così, per distrarsi, iniziò prima a osservare le Dr.Martens nere lucide che aveva ai piedi, poi i lunghi fili dorati dalle estremità violacee che le ricadevano fin sotto il seno e finì, in seguito, a trastullarsi con il cerchietto in oro del "Nostril" che aveva al naso, girandolo verso l’interno e verso l’esterno.
La mora invece era tranquilla, assonnata e sicura che in breve tempo si sarebbe addormentata sul carello nell’attesa che arrivassero i bagagli sul nastro. Intanto, per evitare di assopirsi, giocherellava con il suo dilatatore nero di tre millimetri togliendolo e rimettendolo nel lobo sinistro; facendolo rotolare sulle mani per poi fermarsi ad analizzare la stravagante calligrafia, impressa sul lato sinistro della sua mano mancina, che contrassegnava un tatuaggio costituito da una scritta “Madhouse” seguita da un piccolo triangolo sottostante.

Non erano molte le persone che aspettavano, dato che non era il periodo dell’alta stagione, ma si poteva comunque notare dalla pelle diafana, dalle occhiaie scure e dall’aria stravolta che fossero dei “nuovi arrivati”.

I bagagli arrivarono e le ragazze poterono finalmente dirigersi verso l’uscita. Ariadne aveva detto a Nermin che la sensazione che si provava dopo aver attraversato quella porta era fantastica. E non si sbagliava perché la bionda, dopo essere stata accecata dalla luce del sole, fu investita da una folata d’aria rovente e non poté fare a meno di sorridere.
Era una bellissima soddisfazione rifugiarsi al caldo scappando dalle piovose e grigie giornate inglesi. La presenza dell’imminente stagione delle piogge non aveva importanza, era settembre e c’erano oltre trenta gradi e una leggera brezza marina che rendeva il tutto più piacevole, cosa si poteva voler di più?

All’esterno dell’aeroporto c’era una moltitudine di taxi, persone che sventolavano cartelli con scritti i nomi dei vari turisti che dovevano ricevere, pullman, auto di privati, valigie, carrelli e un vociare continuo e un rumore di motori costante che si univano all’insieme creando un ambiente davvero caotico.

Ad accoglierle c’era una vecchia amica di Ariadne, Merope: una ragazza di diciannove anni da una incontenibile vivacità e da una parlantina irrefrenabile, ci si doveva impegnare per capire i suoi discorsi.
Lei era figlia di un noto fornitore di generi alimentari occidentale che aveva trovato l’amore con una donna del posto; ciò era testimoniato dalla sua pelle ambrata, dai capelli scuri che le ricadevano corti sulle spalle in una cascata di boccoli, dalla corporatura minuta e snella, dalle mani sottili e svelte, dai grandi occhi color nocciola, contrassegnati da folte ciglia, da un radioso sorriso e da un esuberante volto caratterizzato da un septum nel naso.
La ragazza era nata e vissuta in Thailandia, aveva terminato la scuola e da poco frequentava la facoltà di medicina a Bangkok.
Lei e la mora si erano conosciute all’età di quattro anni, un giorno per caso sulla spiaggia di Surin.
Tutto iniziò quando la bambina dai riccioli con riflessi bluastri le disse che trovava strani e particolari i suoi occhi così diversi l’uno dall’altro. Ariadne a quell’affermzione aveva riso e risposto dicendo che lei invece trovava buffa l’espressione che le si dipingeva sul viso quando la fissava.
Non era colpa sua se per una curiosità genetica i suoi occhi attiravano la persone come calamite.
Ciò che è strano o diverso incuriosisce” le diceva la madre schioccandole un bacio sulla fronte per rassicurarla, dato che da bambina, alle volte, si sentiva astrusa. Ma crescendo, Ariadne aveva imparato a fare della sua diversità un’arma.

Lei e Merope strinsero amicizia anche grazie ad una passione che avevano in comune, quella per l’acqua: passavano le giornate a chiacchierare e a ridere stando in ammollo nel mare anche se nessuna delle due era in grado di comprendere la lingua parlata dall’altra. Fu anche così che Ariadne imparò il thailandese.
Da allora diventarono sempre più unite e il loro rapporto si intensificava di anno in anno quando si rivedevano durante il periodo di Natale.

Era un rapporto speciale il loro, basato sulla distanza e sull’attesa di rivedersi.

Appena la vide, la ragazza dagli occhi eterocromi corse ad abbracciarla, le mancava ed era felice di averla vicina in quella nuova esperienza.
“Oddio Ariadne, come stai? Come sei cambiata! Mi sei mancata, sai?” le disse raggiante mentre la stritolava in un abbraccio.
“Mammia mia Merope, tu non cambi mai invece, sei sempre la stessa! Lasciami respirare però.” affermò la mora ridendo e liberandosi dalla stretta. “Sono stanca, ma sto bene. E sì, mi sei mancata anche tu.”
“Sempre molto loquace mi dicono” la punzecchiò l’amica.
“Abbi pietà, voglio solamente dormire” si difese facendo spallucce. “Comunque devo ancora presentarti quell’altra asociale della mia amica qui presente” aggiunse incalzando la bionda ad interagire.
“Guarda che l’asociale del gruppo sei tu” rispose secca la ragazza dagli occhi verdi con un sorriso maligno.“Io sono Nermin” si presentò a Merope porgendole la mano in segno di amicizia.
“Lascia stare le strette di mano e abbracciami, ora fai parte della famiglia” rispose calorosa la mora facendo un passo verso di lei.
La bionda ricambiò il gesto sorridendo; era sorpresa da tutta quell’ospitalità, ma non si trovava a disagio, le piaceva conoscere nuova gente senza troppi indugi. Merope era diretta, ciarliera, le stava già simpatica.

“Ma tu non dovresti essere a studiare a Bangkok?” le chiese Ariadne con aria sorpresa.
“Giusto non te l’ho detto!” rispose la mora buttandosi una mano sulla fronte per sottolineare la sua sbadataggine. “Sono stata inclusa nel vostro stesso programma insieme al mio ragazzo, solo che lui sarà nella vostra sezione, mentre io in quella medica”.
“Stai scherzando? Sarà fantastico” esclamò entusiasta a quella notizia. “Ehm, un momento… Hai un ragazzo? Quante cose mi hai nascosto?” aggiunse con un pizzico di malizia nella voce.
“Non fare la stupida” disse ridendo Merope. “Si chiama Liam Payne e lo conoscerete tra poco, dato che è in macchina ad aspettarci. Parleremo meglio a casa, va bene?”
Detto questo, non attese risposta che iniziò a trascinare una parte dei bagagli verso il parcheggio.
Nermin e Ariadne risero, ci sarebbe stato davvero da divertirsi.

Dopo aver faticato sotto il sole per far entrare tutte le valigie nel bagagliaio, il ragazzo dagli occhi marroni si aprì in un meraviglioso sorriso pronto per accoglierle.
Le due erano disarmate dalla sua bellezza: di alta statura, dal fisico abbastanza atletico, dai corti capelli mossi, color castano chiaro, che adornavano il capo con un vortice di onde, dal viso fresco e candido, dai lineamenti delicati, da un tatuaggio a cinque frecce che gli percorreva un braccio secondo un’unica direzione, dal carattere estremamente dolce contraddistinto da un animo gentile e pacato .
Semplicemente bellissimo.

Le giovani si presentarono e in seguito salirono in macchina dirette verso la loro nuova residenza.
Durante il tragitto, Nermin contemplava in silenzio il meraviglioso paesaggio costituito da: una fitta e lussureggiante vegetazione apparentemente incontaminata, immense piantagioni di ananas, valli con bufali al pascolo, sezioni di alberi da cui, tramite un filtro, si ricavava il materiale necessario per fabbricare la gomma, piccole case di contadini, cielo azzurro, mare cristallino e sole.
L'eden detto in altri termini.
Era arrivata da poco, ma già amava quel posto, le comunicava una stramba sensazione di pace e di tranquillità che la liberava dai pensieri e dalle preoccupazioni. Si sentiva soavemente inconsistente.

Ariadne invece si sentiva a casa: i lunghi capelli mossi le svolazzavano liberi sul viso e con una mano fuori dal finestrino faceva scorrere il vento caldo sulle dita e sul palmo; esso si incuneava tra i fili di alcuni suoi braccialetti colorati e lei cercava di catturarlo, ma non ci riusciva, era incomprimibile.
Provava una gradevole sensazione di vuoto; un vuoto non incolmabile, bensì già colmato dalla leggerezza d’animo e di mente che provava ogni volta che vi faceva ritorno.

Dopo circa sessanta minuti tra la foresta piombarono nella confusione di Patong, nella parte sud occidentale dell’isola. Traffico. Edifici. Banche. Alberghi. Spiagge. Discoteche. Ristoranti. Bancarelle. Negozi.
La bionda non se lo aspettava, si voltò verso la mora come in cerca di spiegazioni e lei, comprendendo la sua espressione esterrefatta, sorrise e annuì in cenno di assenso.

Per gran parte del viaggio parlarono con Merope e con Liam, il quale si rivelò davvero simpatico e socievole.
Il modo in cui guardava la sua compagna era indescrivibile, emanava affetto e sicurezza, lui sapeva che lei gli apparteneva.
Le due ragazze videro l’alchimia tra i due e non poterono evitare di increspare le labbra in sorriso dall’aria sognante.

Dopo aver parlato al lungo del progetto che avrebbero affrontato tra non molti giorni, Nermin e Ariadne scoprirono che era stato loro riservato uno dei numerosi appartamenti situati al quinto piano di una un complesso abitativo destinato agli studenti del corso.
“Vivrete tutti insieme in una grande palazzina a quindici minuti a piedi al centro di Patong” disse Liam incoraggiante.
“Poi ci saranno un sacco di ragazzi provenienti da molte zone diverse del mondo” aggiunse Merope.
“Saremo diciotto per sezione, poi con me ci sarà anche il mio amico Niall, quindi non c’è da preoccuparsi”
“Se lo dici tu, Liam..” disse Ariadne vaga per poi sogghignare.
“Quanto è affidabile il tuo ragazzo, Merope?” aggiunse Nermin reggendo il gioco all’amica.
“Abbastanza da non farvi finire in una topaia, dato che è suo padre il maggior promotore del progetto e che ha a cuore le condizioni in cui andranno a vivere i partecipanti” rispose orgogliosa la ragazza dalla pelle ambrata. “Potete stare tranquille”
“Ecco perchè il tuo viso mi è familiare!" disse Nermin sopresa. "Anche tu studi presso la nostra università"
"Esatto. Anche il mio amico irlandese, Niall" rispose il ragazzo.
"Merope se ne è sicuramente di menticata, vero?" affermò Ariadne lanciando un'occhiataccia all'amica, la quale annuì sbuffando.
"Ah Liam, sappi che se mi faccio male è colpa tua” aggiunse ironica la mora con le lentiggini.
Tutti e quattro risero.

Arrivarono a destinazione dopo circa un’ora e mezza a causa del traffico.
Dopo aver oltrepassato un grande cancello di metallo compreso tra delle mura in pietra, e dopo aver parcheggiato e scaricato i bagagli, Nermin e Ariadne si trovarono davanti ad un enorme edificio in stile orientale, con grandi porte intarsiate e decorate da momenti tratti da storie locali.
Essa era circondata da un vasto giardino con tanto di lago con carpe comprendente uno spazio chiuso in muratura destinato alla lavanderia e un tavolo con panche in legno e ombrelloni di paglia per poter mangiare all’esterno.
L’interno invece era costituto da un grande soggiorno in parquet chiaro con poltrone e divani bianchi, grandi tappeti dai ricami sfarzosi, lampadari, televisione, computer e zona Wi-Fi; nel mezzo della stanza correvano delle lunghe scale di legno e accanto a quest’ultime, posti dietro una parete separatoria, c’erano l’ascensore e un bagno di servizio.
Alcune pareti erano ornate da alcune scene tratte dalle storie “Jataka”, le quali raccontavano le precedenti vite di Buddha, mentre un’altra era interamente ricoperta da assi di legno scuro ed era fregiata da una grande scritta dorata che citava in thailandese: “ผมไม่เชื่อว่าผีใน แต่ฉันเกรงว่า” ovvero “Non credo negli spiriti, ma ne ho paura”, essa era molto comune nel luogo.
Sul lato sinistro si apriva un porta in legno che dava sbocco su una grande cucina super accessoriata e fornita di cibo in quantità industriali, mentre sulla destra se ne apriva un’altra sul giardino.
Sul tetto c’era un vasto terrazzo attrezzato con sdraio, ombrelloni, panche e anche un insieme di massi leggermente rettangolari disposti secondo una figura geometrica ovale, utili per un eventuale falò.
Quella struttura era il paradiso.

Le due giovani non riuscivano a crederci, erano a bocca aperta, altamente stupite: Ariadne cercava invano di balbettare un ringraziamento, mentre Nermin bofonchiò un “Grazie papà di Liam” abbassando leggermente il capo intimidita.
Il ragazzo, dopo aver preso le chiavi della loro stanza, fece strada e le accompagnò, seguito da Merope, dicendo loro che gli altri coinquilini sarebbero arrivati presto, che avrebbero dovuto cucinare loro per sé, che l’impresa di pulizie sarebbe venuta tre volte a settimana e che non avrebbero avuto limite di orario per stare fuori: avrebbero dovuto badare a se stessi.
Le due ringraziarono e si rasserenarono del fatto che a entrambe piacesse cucinare e che, per il resto, non ci sarebbero stati problemi.
Presero l’ascensore, arrivarono al quinto piano e dopo aver attraversato un lungo corridoio ricco di quadri thailandesi e percorso da un lungo tappeto, arrivarono alla stanza numero 509.
Liam, dopo aver accostato vicino al muro il carrello carico di valigie, si avvicinò alla porta, passò una chiave magnetica sulla serratura e questa scattò con un suono netto.
L’interno profumava di pulito, tranquillità e leggerezza ed era anch’esso meraviglioso come il resto della struttura: il vasto ambiente dai colori tenui era reso luminoso da un’immensa finestra con veranda, arricchita da tende, dalla quale si vedeva un bellissimo scorcio della baia di Patong; due grandi letti a baldacchino dalle lenzuola e dai cuscini candidi e soffici erano collocati orizzontalmente ai due lati opposti della stanza insieme ai comodini; l’entrata per il grande bagno con vasca era segnata da una porta posta vicino l’ingresso e una grande cabina armadio si estendeva lungo il lato sinistro della camera.
Lo spazio restante era occupato da un tavolo con delle sedie e da un grande specchio.
Il pavimento era uguale a quello del soggiorno e alle pareti bianche ne era alternata una, sempre in legno scuro, con anche qui rappresentate sulla superficie scene di storie locali, come, in tal caso, quelle che riguardano le avventure di un eroe in una terra immaginaria, ovvero “Chak chak wong wong”.

Ariadne quei racconti li conosceva tutti grazie a Merope, la quale usava sempre narrarglieli perché adorava il modo in cui lei si immedesimava nei personaggi e nelle azioni che le delineava. Lo stesso faceva lei con la bambina dagli occhi da cerbiatto raccontandole le fiabe e la favole che conosceva. Era bello perché poi le fondevano insieme creando, a loro volta, altre magiche e stravaganti storie.

Le ragazze erano sbigottite e Liam e la sua ragazza, cogliendo le loro espressioni, iniziarono a sghignazzare tanto erano buffe.
“Non ti aspetterai mica il nostro inchino, vero Payne?” domandò Nermin con una leggera punta di acidità nella voce.
“No, per carità, ma un giorno mi farete assaggiare qualche vostra prelibatezza in cambio” disse ridendo sotto i baffi.
“Se muori avvelenato, noi siamo esentate da qualsiasi colpa” disse Ariadne alzando le mani.
“Tua decisione, tua resposabilità” aggiunse Nermin beffarda giocherellando tranquilla con i suoi lunghi e fluenti capelli color grano dalle punte violastre.
“Correrò il rischio” rispose il ragazzo sorridendo sghembo.
Intanto Merope si godeva divertita la scena, erano proprio ridicoli quei tre che si provocavano.

Alla fine la coppia se ne andò salutando le due e dicendo loro che si sarebbero visti fra non molto e che per qualsiasi cosa li avrebbero potuti avvertire; furono tanto disponibili e ciò colpì Nermin e Ariadne, le quali ringraziarono infinitamente e si congedarono abbracciandoli.

Avevano tutta la palazzina per loro, erano da sole, quindi ne approfittarono per sistemarsi, farsi una doccia e riposarsi.
Tutto era così bello, in perfetto equilibrio.
Una calma apparente che rendeva l’insieme più ovattato e lieve, impalpabile.

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Un sibilo, un bagliore, un urlo e delle mani ossute; mani, le cui vene diventavano ramificazioni, dalle quali poi nasceva un bocciolo bianco e candido. Ed infine il buio che pian piano circondava quel fiore d’Agave appena sbocciato e che in seguito lo inghiottiva dissolvendosi.

Ecco l’incubo che da più notti tormentava Nermin.
Si svegliava sempre di soprassalto, pallida in volto, con gli occhi sbarrati e le mani avvolte intorno al collo, come se si fosse appena liberata da una presa.
Non ne comprendeva il senso, in quel momento, della sua vita non poteva lamentarsi, ma era spaventata e ciò preoccupava Ariadne; non le piaceva vedere l’amica in quelle condizioni, infatti la bionda ci stava a male a tal punto che neanche la musica era in grado di tranquillizzarla.
Le due passavano molto tempo a discuterne per cercare di capirci qualcosa, ma ciò che più preoccupava Nermin era la presenza improvvisa di quel fiore d’Agave, poiché, tale pianta grassa dopo quell’unica fioritura moriva.
La mora era cinica, ma la bionda era molto sensibile, ne era terrorizzata.
“Come diavolo è possibile?” urlava sconvolta Nermin con le mani tra i capelli. “ Come può lo sbocciare di un unico fiore essere collegato alla morte di una persona?” continuava facendo avanti e indietro per il salotto della loro nuova abitazione.
“Nerms, non ne ho idea! Io sono scettica a riguardo e tu sai benissimo che da queste cose non mi faccio influenzare facilmente” le rispose la ragazza dagli occhi eterocromi mentre si portava alle labbra un bicchiere di succo di Lici. “Non ci rimuginare sopra e vedrai che passerà” aggiunse con aria incoraggiante.
“La tua positività in questo momento mi è indifferente e mi irrita alquanto perché c’è in ballo una vita, anche la mia o la tua, e non posso altamente fregarmene!” le sbraitò contro la bionda. “Potrebbe anche trattarsi di una profezia locale, o robe simili, dato che il sogno è apparso nella mia testa da quando siamo arrivate.”

A quel punto Ariadne capì che in quel modo non si poteva andare avanti, non poteva alterarsi o la situazione sarebbe degenerata; la ragazza dagli occhi occhi verdi era in preda ai nervi, troppo suscettibile, fragile e superstiziosa, quindi decise di assecondarla e di trovare un modo per farla rabbonire: la pacatezza e la verità.
“Io voglio aiutarti e ti chiedo scusa, se sono stata la solita stronza apatica, ma credo comunque che la tua ipotesi sia infondata. Tu però devi provare a respirare e a calmarti perché non stai morendo e non morirai.” le disse con tutta la calma che potesse avere.
Non lo permetterei mai” affermò mentre si alzava per abbracciarla.
“Grazie Aris” le rispose sottovoce Nermin facendo sprofondare il viso nell’incavo del suo collo.

Un sogno oscuro che raffigurava la morte, ma di chi?

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Corner of souls
Cari miei, I’m baaaaaack! Ammettete che vi sono mancata susu (?) ahahah, no
Questo capitolo è stato un parto, so che è lungo, ma non mi andava di separare gli “episodi” in un altro, quindi se vi fa cagare vi compatisco(?) uu
Btw credo che qualche anima pia che abbia voglia di leggere ci sia e, di conseguenza, fatemelo sapere con una recensione pleeeaaasee ewe
Un grazie a chi mi sta seguendo, a chi recensisce, a chi mi ha tra gli autori preferiti e a chi semplicemente legge <3
Siamo a 286 per la os She belonged to him as he to her, they together were sparks, they were united by a bond as strong as the sea. bdhfgdhfbvs
Passereste anche da qui per favore? (rassegnatevi perché lo scriverò sempre uu)
We’re gonna build another world together
My mother told me I had a chameleon soul. No moral compass pointing due north, no fixed personality.

Spero di pubblicare il quarto il prima possibile,
Sawadee,
Al.
  
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