Capitolo 18.
“Lo sapevo dall’inizio che sarebbe finita così. Era una di quelle situazioni che già conosci, che già sai come iniziano e come finiscono, ma ci provi comunque. Era una di quelle sensazioni che ancora non capisci bene, allora ti ci infili, ti fai prendere, ma sai già come finiscono. Lui era una di quelle persone che si fa voler bene dopo una settimana, una di quelle subito speciali, in grado di cambiarti la giornata. Ma sai già tutto. Va finire che ti fidi, anche se sai che sbagli, va a finire che ci caschi, anche se sai che ti farai male. Una di quelle cose che comporta inevitabilmente lo star male, ma le fai comunque. Una di quelle cose per le quali vuoi rischiare. Una di quelle, che tra le tante, sceglierai un milione di volte. Anche se farà male, anche se ci perdi, anche se sbagli. Lui era una di quelle persone che si faceva scegliere, che ti corrodeva mentre ti voleva bene. Era uno un po’ strano, che non riuscivi mai completamente a capire, che non sapevi cosa gli passava per il cervello. Ma a modo suo, si faceva voler bene, mi attirava, mi attraeva. Era una di quelle persone che ti dice “sei la migliore” e lo pensa davvero.”
“Oh,
ben arrivata!” esclamo, con tono sarcastico, vedendo arrivare
Alicia al pub dove sto passando il sabato sera con David, Javier e
altri compagni di classe.
Alicia
sa che mi riferisco al fatto che, ultimamente, per lei esiste solo ed
esclusivamente Albert. “Sono una migliore amica orribile,
vero?”
mi dice, con una faccia da cane bastonato.
Rido:
“Nah.”.
“Ti
posso parlare in privato?” mi dice.
Annuisco
e ci allontaniamo dagli altri, ci sediamo ad un tavolino rotondo e le
dico: “Prego, dimmi.”.
“Jordi
ha parlato con Albert.” mi dice, giocherellando con una
ciocca dei
suoi lunghi capelli rossi.
“Quindi?”
le domando.
Sorride,
a volte ha un sorriso abbastanza ebete: “Jordi è
felicissimo.”.
“Di
cosa?” le chiedo, mangiandomi le unghie.
“Di
come stanno le cose tra voi, cretina!” esclama, come se fosse
la
cosa più ovvia di questo mondo.
“Del
bambino?” le chiedo a bassa voce.
Annuisce
convinta.
“Oh.”
dico io, abbastanza sorpresa.
Alicia
mi mette una mano sul braccio, in segno di sostegno, credo, poi mi
dice: “Eva, so che hai paura, ma ormai quello che
è fatto è
fatto.”.
Prendo
un respiro profondo e le dico: “Il fatto è... E'
che ho paura del
giudizio dei miei genitori, ho paura dell'idea di un bambino che
dipenderà totalmente da me e Jordi, ho paura che non
sarò
abbastanza brava.”.
“E'
normale aver paura.” mi dice.
“Sì,
ma Ali, stavolta non si tratta di avere paura della verifica di
matematica, stavolta si tratta di un bambino, di una me diciottenne
incinta del ragazzo che amo, perchè davvero, io lo amo,
nonostante
io e lui non stiamo insieme e nonostante a volte non mi fidi per
niente di lui, io lo amo. Si tratta di me e questo ragazzo in
questione che nemmeno siamo capaci a cucinare un piatto di pasta, che
tendiamo a litigare per ogni minima cazzata, che...”.
Mi
interrompe: “Che però vi amate, da morire. E,
credimi, l'amore fa
miracoli. Io ti voglio bene, Eva, e ti dico che tu e Jordi siete
perfetti l'uno per l'altro, che vi completate e che non devi avere
paura di non essere abbastanza, perchè sei forte, sei
coraggiosa,
sei dura al punto giusto, ma sei anche dolce. E lui è
infantile,
immaturo, testardo, ma ti ama da morire, è tanto tenero che
a volte
mi sembra un cucciolo e farebbe di tutto per te. Secondo me sarete
dei genitori perfetti.”.
“Lascia
che prima ci rimettiamo insieme, però.” le dico.
“Hai
detto che lo ami, e, se non sbaglio, Jordi dopo ci
raggiungerà.
Perché non provi a dirglielo? Sai, per certe cose devi darti
una
mossa, cara la mia occhi di ghiaccio.” mi suggerisce.
“Certo
che sei strana. In cinque minuti mi hai dato tutti i consigli che non
mi hai dato in un mese e mezzo!” esclamo ridendo.
Ride
con me: “Mi dispiace di aver trascurato te e gli altri a
causa di
Albert.”.
“Non
ti preoccupare, siete stupendi, siete felici, puoi anche permetterti
di trascurare qualche volta i tuoi amici sfigati.” le dico
sorridente.
Sospira:
“I migliori sfigati che mi sarebbero potuti
capitare!”.
“Dai,
torniamo dagli altri, che ho voglia di giocare a biliardo e,
soprattutto, ho voglia di rivincita nei confronti di Javi per
l'ultima volta!” esclamo.
Annuisce
e torniamo dagli altri, mentre David e Javi stanno sistemando le
palline e stanno prendendo le stecche, Jordi mi manda un messaggio
dicendo che tra poco sarà qui, sorrido, sono felice per il
fatto che
tra poco lo rivedrò. Devo fare ciò che mi ha
suggerito Ali, credo
che sia il momento giusto.
“Manca
una stecca!” esclama Javi.
“Vai
a prenderla.” dice David, con la solita gentilezza.
Javi
sospira sconsolato e va a prenderla assieme ad Alicia, che si
è
offerta di accompagnarlo.
“Mi
dispiace.” mi dice David.
“Per
cosa? Stasera siete tutti in vena di scusarvi con me.” dico.
Sospira:
“Per essermi comportato in quel modo con il tuo
ragazzo.”.
“Lascia
stare, possiamo anche dimenticarci dell'episodio.” gli dico.
“Sei
di buon umore stasera!” mi fa notare.
Sorrido:
“A volte capita anche a me.”.
“Sei
bella quando sorridi, sai.” mi dice, fissandomi.
Sospiro:
“Non iniziamo, David.”.
“Beh,
almeno potremmo dichiarare una tregua? Ci comportiamo da buoni vecchi
amici?” mi chiede.
“La
tua amicizia mi è mancata, sai. Però promettimi
che non attaccherai
più Jordi, piuttosto ignoralo, fai finta che non esista, ma
non
istigarlo in quel modo, ok?” gli dico.
Annuisce:
“Va bene, ma lo faccio solo per te, sappilo.”.
“Aah”
sospiro, per poi dirgli: “Va beh, qui ci starebbe un
abbraccio da
buoni vecchi amici.”.
Ci
abbracciamo, credo sia un segnale tipo la bandiera bianca, una
tregua, la guerra è interrotta, David ed Eva provano a
resettare il
loro rapporto, a tornare come i due bambini di nove anni che
giocavano a nascondino e mangiavano tutta la nutella di nascosto.
Tutto
ad un tratto sento che David viene portato via da me.
Accade
tutto troppo velocemente.
Jordi
lo prende per il colletto della felpa e gli sferra un pugno in pieno
viso.
David
cade a terra.
Gli
sanguina il labbro.
“Non
permetterti mai più di toccarla!” gli urla Jordi.
Spingo
via Jordi: “Che cazzo fai?” gli urlo.
“Certo,
stai dalla sua parte ora!” mi grida Jordi, con uno sguardo di
disprezzo, prima di voltarmi le spalle ed andarsene.
“Dio,
che casino!” esclamo, stizzita.
Guardo
David: “Stai bene?”.
"E'
solo un taglio, non mi sembra niente di grave. Vai da lui, Eva,
su!”
mi suggerisce, indicandomi l'uscita.
Corro
via, raggiungo l'uscita e mi ritrovo sulla via sulla quale si
affaccia il pub.
Guardo
a destra e poi a sinistra.
Non
riesco a vedere Jordi.
Ha
appena smesso di piovere, le strade sono invase dall'odore di
pioggia.
Sbatto
un piede in una pozzanghera, schizzandomi i jeans.
Ne
ho abbastanza.
Per
stasera ne ho abbastanza.
E
credo anche che, purtroppo, anche Jordi ne abbia abbastanza di me per
stasera.
Domani
lo chiamerò e gli spiegherò che ha frainteso
tutto, prometto che lo
farò.
Domani
lo farò.
Mi
trascino in cucina per la colazione canticchiando una delle canzoni
della playlist che mi ha fatto Jordi, I'm outta time degli
Oasis,
sono abbastanza di buon umore, ho voglia di chiarire con Jordi.
Dopo
che ieri sera sono tornata a casa, David mi ha chiamato e mi ha detto
che era un taglio per niente grave.
Apro
il frigorifero e trangugio un po' di latte freddo.
Mio
fratello Andrés sta dormendo, sarà sicuramente
stanco dopo una
delle sue notti in discoteca, mentre i miei genitori sono a messa.
Ci
sono giorni in cui mi mangerei tutto il cibo che ho in casa, giorni
in cui la sola idea del cibo mi fa venire la nausea e giorni in cui
mischierei dolce, salato e amaro.
Ah,
il prezzo di avere una vita in sé.
Mi
siedo sul tavolo e accendo il cellulare.
Dieci
chiamate perse.
Spero
che almeno una sia di Jordi, ma invece no. Sono tutte di Albert.
Siamo
amici, ok, ma non quel tipo di amici che si chiamano ogni giorno.
Avrà
sicuramente bisogno di un mio consiglio per qualche regalo per Ali,
così lo richiamo.
“Pronto?”
risponde.
“Mi
hai chiamato dieci volte.” esordisco.
“Eva,
Jordi non ti ha detto niente?” mi chiede, sorpreso.
“Del
fatto che ieri sera ha dato un pugno in faccia al mio ex? Ero
presente, sai.” gli rispondo.
“No.
Di suo papà.” mi dice lui.
“Cosa?”
domando, confusa.
C'è
un momento di silenzio, dopodiché mi dice:
“Stanotte. Ha avuto un
attacco di cuore e non ce l'ha fatta.”.
Sento
improvvisamente un vuoto dentro di me.
Nemmeno
lo conoscevo il papà di Jordi, l'avevo visto solamente in
una foto a
casa sua.
Ma
sarebbe stato il nonno del nostro bambino.
“Come
sta Jordi?” gli chiedo, in apprensione.
“Lo
sai com'è fatto, si tiene tutto dentro, sembra forte, ma
scommetto
che ha solo bisogno di una spalla su cui piangere.” risponde
Albert.
“Ti
richiamo.” gli dico, prima di riattaccare.
Devo
chiamare Jordi.
Devo
vederlo.
Devo
essere io la sua spalla su cui piangere.
Così
lo chiamo, ma lui non risponde.
Così
riprovo a chiamarlo, e non risponde di nuovo.
E
così passo tutto il giorno a telefonargli e lasciargli
messaggi in
segreteria, ma lui non mi risponde né mi richiama.
So
che ha risposto ad Alicia, ad Albert e pure ad Edu.
Ho
il presentimento e la paura che io sia l'ultima persona che in questo
momento lui vuole sentire.
Ho
paura che di me ne abbia seriamente abbastanza.
Ma
stavolta sono decisa, oh sì, giuro che stavolta sono decisa.
Mi
metto una mano sulla pancia, è una sensazione strana, a
bassa voce
gli dico: “Stavolta sistemo tutto e gli dimostro che lo amo
almeno
quanto lui ama me, per la prima volta nella mia vita mi metto ad
affrontare i problemi e non a fuggire da loro. Sappi che lo faccio
per me, ma anche per te.”.
Ciao
:3
non
ho avuto molto tempo per scrivere, quindi scusate il ritardo :) Jordi
è un testardo che fraintende sempre tutto, è
troppo impulsivo e fa
sempre casino, però stranamente (?) quella che vuole
prendere le
redini della situazione stavolta è Eva, nel prossimo
capitolo
vedremo come andrà il suo tentativo :) la frase iniziale (?)
l'ho
presa da una pagina di fb e trovo che sia stupenda agsfdghjk
come
sempre ringrazio i nuovi lettori e chi recensisce *-*
alla
prossima :)