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Autore: Melanto    18/12/2012    7 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 16: This is War (parte VII)

Lingua di Serpe – Regno degli Ozora, confine con le Terre del Nord

L’enorme drago di Fuoco Spirituale si levò alle spalle di Mamoru.
Dei soldati impauriti di entrambe le fazioni si allontanarono in fretta, quasi dimentichi di stare combattendo gli uni contro gli altri. Adesso contava solo la bestia che prendeva la sua spaventosa forma.
Dal fuoco si separò prima una zampa e poi l’altra, a poco a poco il corpo venne via mentre il fumo entrava e usciva dalle scaglie nere che lo ricoprivano. Veniva esalato dalle narici e dalle fauci leggermente aperte. Le ali si aprirono distendendosi nello spazio infinito di quella piana, fino a che anche le zampe posteriori non furono libere e la coda oscillò sopra la testa di Mamoru.
La belva si assestò coprendo l’Elemento con tutta la sua mole. Sbatté le ali e levò il muso al cielo. Un lungo sbuffo di vapore rovente incendiò un kamalocha di passaggio assieme al suo cavaliere. Il drago scrollò il capo e poi abbassò il lungo collo fino ad appoggiarlo al suolo, accanto alla figura del padrone. Le lunghe corna puntavano verso l’alto.
Quella era la manifestazione corporea del fuoco che Mamoru aveva dentro di sé, la forma di quella fiamma che ardeva di continuo nel suo petto e gli avvolgeva il cuore. Il suo fuoco era nero come la pece e l’ossidiana, ma aveva occhi rossi come rubini, come Il Sangue custodito a Vestalys.
Era un incantesimo difficile che solo gli Elementi prossimi al diploma erano in grado di utilizzare, alcuni addirittura solo parzialmente, poiché richiedeva un enorme consumo di energia e una forza spirituale superiore per riuscire a controllarlo. Dopotutto, Mamoru non era mai stato un Elemento qualunque.
“Non ho mai visto niente di simile…” Teppei lo mormorò quando, guardandolo mentre si trovava ancora seduto a terra, il drago gli parve molto più grande di quello che era già. Accanto a lui il Principe stava aiutando Hajime a rialzarsi, ma entrambi si erano fermati per osservare quello spettacolo incredibile.
La mente analitica del Tritone reagì subito. Strinse gli occhi e guardò velocemente il proprio corpo, si focalizzò sulle proprie sensazioni: non aveva caldo, eppure era vicinissimo alla bestia che in pratica era puro spirito di fuoco; avrebbe dovuto minimo minimo sciogliersi. Invece il calore che percepiva era sopportabile, anche troppo. Tornò a guardare l’animale e si rese conto che la forma del drago non era che un contenitore. Il nero delle scaglie simulava il carbone che copriva le braci. Il vero fuoco era sotto di esse, dentro la bestia.
Accanto ad essa, Mamoru sembrava infinitamente piccolo, ma negli occhi ardeva lo stesso sguardo.
La Fiamma appoggiò la mano sul muso ricoperto di scaglie e protuberanze ossee e l’animale non si ritrasse, ma sembrò gradire il contatto perché si sporse leggermente in avanti e strinse appena le palpebre. Volute di fumo scivolarono dalle narici e camminarono fino al Nero. Quest’ultimo sarebbe dovuto perire all’istante, ma aveva eretto una barriera per proteggersi dal calore del drago e il fumo vi girò attorno prima di scomparire.
“Maestoso.” L’espressione che lo Stregone aveva sul viso era di genuina ammirazione, ma nulla ebbe effetto su Mamoru.
Quest’ultimo si volse appena, pur senza distogliere lo sguardo dall’avversario, e ordinò: “Rendilo cenere.”
Il drago grugnì, sembrò assentire. Spiegò le lunghe ali sottili e si eresse in tutta la sua possanza. Gli occhi rubino erano enormi, spalancati per catturare completamente l’immagine del Nero, mentre apriva le fauci e il fuoco che aveva dentro veniva mostrato nel suo nascere e morire, ruotare in una spirale che non aveva fine né principio. Liberò il colpo e le fiamme divamparono dalla bocca in un vortice.
I bagliori del fuoco brillarono per tutta la figura di Natureza che rimase a guardarlo, rapito dalla potenza che i fyarish sapevano racchiudere dentro di loro. Non ne era intimorito, ma affascinato dalla manifestazione dell’Elemento in sé, dal dono della Divina Maki.
“Superbo” esalò ancora, poi la fiammata rase al suolo tutto ciò che si trovava davanti a lui e Natureza non fu più visibile nel crepitare delle fiamme, nei bagliori dai colori caldi, nel fumo e nella polvere che venne sollevata e poi ricadde al suolo simile a una pioggia leggera quando il flusso di fuoco si fermò.
Mamoru scrutò attentamente, ma quando la terra si diradò poté constatare che Natureza era scomparso. Strinse gli occhi, mentre il drago girava il muso, insoddisfatto. Per entrambi era chiaro che il Nero avesse schivato il colpo.
L’Elemento di Fyar lo vide per primo. “E’ in alto. Vai.”
La bestia si levò in volo e lo sbattere delle ali costrinse Tsubasa e gli altri, a eccezione di Teppei, di proteggersi dalla polvere.
Il Nero e il drago si rincorsero nel cielo ed essendo più minuto e veloce, il primo riuscì agilmente a schivare ancora e ancora l’animale che gli dava la caccia. Aveva bisogno del giusto tempo per formulare l’incantesimo di cui aveva bisogno e farsi rincorrere gliene avrebbe fruttato abbastanza.
Guardandosi sempre alle spalle per controllare i movimenti della bestia, Natureza avvicinò i palmi e piegò leggermente le dita, come se al posto del vuoto reggesse una sfera.
Sapke ilu satir nehin dohi na, furei he gavir tùon hel meri, kirai muni he fugit balisha he set.(1)
Il Nero pronunciò l’ultima parola nel momento esatto in cui toccò terra. Alle sue spalle l’ennesimo soffio rovente era già pronto a colpirlo tanto che anche Tsubasa, per un solo attimo, lo diede per spacciato. Ma il ricordo delle sue visioni gli sussurrò, perfidamente, che no, non lo era affatto. Lo comprese ancor prima che l’altro si girasse e mostrasse la strana voragine tra i palmi. Sembrava che qualcosa di indefinito avesse divorato quella parte di spazio. Era buco di colore grigio che vorticava e non aveva una fine; eppure la sua profondità era invisibile, se visto di profilo. Bidimensionale all’esterno, tridimensionale all’interno.
Tsubasa non aveva idea di cosa fosse, fatto stava che assorbì, quasi divorò, le fiamme del drago. E non solo quelle.
Mamoru tentò di liberare il proprio incantesimo da quello di Natureza, ma quest’ultimo sembrava avere una forza impossibile da spezzare. Non solo fagocitò la fiammata della belva, ma iniziò a divorare anche la belva stessa. La risucchiava nel buco nero dove non esisteva più aria e quindi le fiamme soffocavano e morivano in un istante.
L’animale si tirò indietro, cercando di sciogliersi da quel giogo, ma un’ala finì attratta dal turbine e iniziò a sfaldarsi. Lo spirito emise un lugubre lamento e in quello stesso attimo Mamoru si portò una mano al petto. Aveva avvertito quella fitta trapassargli il cuore da parte a parte e troncargli il respiro.
La Fiamma prese un paio di ampie boccate, poi barcollò di nuovo: era come se glielo stessero strappando, prosciugandolo di ogni energia. Levò, allarmato, lo sguardo su Natureza: stava spegnendo il suo spirito vitale.
Il drago si dibatteva come se invisibili catene lo tenessero legato e lo stessero trascinando contro la sua volontà; agitava la coda e il collo in maniera scoordinata, ma nulla per quanto si sforzasse sembrava liberarlo dalla presa del Nero. Il suo incantesimo lo aspirava come non fosse mai abbastanza e in quel buco ci fosse tutto lo spazio del mondo.
Mamoru crollò in ginocchio. L’aria nella bocca era un rantolo strozzato e il dolore al petto una fitta continua e insopportabile, non riusciva nemmeno a muoversi.
Hajime e Teppei, per quanto provati dall’ultimo scontro e con le energie ridotte, cercarono subito di intervenire; i loro poteri piovvero dal cielo ed emersero dalla terra, ma la magia elementale del Nero li tenne a distanza. Avrebbero dovuto fare molto di più per tentare di fermarlo, ma nelle loro condizioni sembrava impossibile.
“E allora, Tsubasa?” La voce di Natureza arrivò con un tono provocatorio, leggermente beffardo ma così profondamente divertito. “Quanto ancora vuoi che soffrano prima di deciderti ad affrontarmi? Quanti ancora vuoi vederne morire? Non ti bastano le centinaia di soldati ed Elementi sventrati dai miei Stregoni?”
Il Principe strinse i denti e i pugni. Natureza voleva lo scontro diretto, solo loro due, e lui era tornato sul campo di battaglia proprio per quello. Fece per lasciare andare il Tritone che era in grado di reggersi in piedi da solo, ma il giovane lo fermò con forza.
“Non cedete alle sue parole, Principe! Non è che un ricatto e voi che sarete il futuro Re dovrete imparare a saperli affrontare e a non piegarvi; non importa il prezzo da pagare. Importa il fine.”
Negli occhi di Hajime, Tsubasa lesse decisione e sangue freddo. Tutti loro, dall’ultimo dei soldati al primo degli Elementi, erano addestrati anche a morire per il bene del Regno, del pianeta e di tutte le altre persone innocenti. Non erano spaventati, o almeno non lo mostravano, dalla fine orribile che avrebbe potuto attenderli.
“Non sei ancora soddisfatto? Allora vediamo se riesco a convincerti uccidendo anche il giovane di Fyar!”
Tsubasa volse di nuovo lo sguardo a Natureza. Del dragone non erano rimaste che le zampe anteriori, il collo e la testa tesa il più possibile verso l’alto, puntava il cielo ed emetteva lamenti strazianti; cercava l’aria, l’ossigeno che erano fonte vitale per il fuoco, mentre Mamoru era ormai a terra, prostrato ma non disposto a cedere. Nel pugno, che non stringeva con forza la stoffa sul petto, afferrava la terra. Respirare non gli era mai parso così difficile.
Il Principe non era più disposto a sopportare tutto questo. Hajime gli aveva detto di non cedere ai ricatti, ma lui non poteva rimanere ancora sordo e cieco.
Poi, d’improvviso, qualcosa sembrò letteralmente precipitare dal cielo e Natureza si ritrovò col viso girato di lato, colpito al volo da un calcio. Le sue mani persero la posizione, e l’incantesimo – molto instabile per quanto potente – si sciolse in un attimo.
Dalla voragine, il drago spirituale di Mamoru emerse di nuovo in tutta la sua potenza e si librò in alto. Sembrò volesse volare fino all’infinito e poi scomparve, dissolto nel vento in grigi strali di fumo.
Il respiro tornò di nuovo a riempire il torace della Fiamma e il dolore cessò all’istante. Il giovane prese ampie boccate, benedicendole una dopo l’altra come fossero sacre.
Quando levò lo sguardo, vide Natureza che incassava il colpo e il volante praticamente a un passo da lui. Le gambe flesse nell’attutire la forza dell’atterraggio e il busto raccolto. Non perse tempo e caricò un altro rapido affondo col palmo della mancina.
Il Nero rispose frapponendo l’avambraccio.
L’impatto tra vento e vento allontanò i contendenti.
Yuzo assecondò il contraccolpo con un salto all’indietro e scivolò sul terreno fino a trovarsi tra Mamoru e lo Stregone.
“Scusa, ci ho messo un po’.” Si giustificò al compagno senza nemmeno voltarsi, ma mantenendo un’attenta postura di difesa.
Mamoru non rispose subito, ma rimase a fissare la schiena del volante con un certo stupore. Poi, il sollievo nel saperlo ancora vivo contro Faran Konsawatt prese il sopravvento su tutto il resto e gli strappò un piccolo sorriso. A fatica borbottò: “Alla buon’ora.”
Più lontano, ma mai abbastanza, Natureza si passò due dita sul labbro. Il dolore era netto, pulsava al ritmo del suo cuore, ma quando si guardò le mani scorse del sangue.
Sorrise compiaciuto.
“Sei arrivato a colpirmi, Yuzo. Sei proprio cambiato.” Levò lo sguardo sull’uccellino e sputò un grumetto di sangue al suolo. “Ma lascia che ti dica una cosa…”
Con la stessa velocità con cui era stato colpito, raggiunse il vecchio compagno di scuola tanto da lasciarlo spiazzato. Natureza era l’alastro più veloce che il volante conoscesse e ora aveva testato questa sua, ennesima abilità, in prima persona.
Yuzo se lo trovò di fianco: una mano dietro la nuca per tenergli ferma la testa e l’altra di taglio contro l’addome; gli sarebbe bastato un attimo per ucciderlo proprio lì e l’ultima cosa che i suoi occhi avrebbero visto sarebbero stati quelli di Natureza, ora fissi nei suoi. Il sorriso perenne aveva una sfumatura brillante, leggermente folle.
“Stai attento al mostro, Shiroyama. Perché una volta liberato, non credere di poterlo rinchiudere.”
Quel sussurro arrivò solo a lui, ma le poche parole che pronunciò lo colpirono fino in fondo, gelandogli la schiena.
La rabbia che aveva dentro. La ferocia. La freddezza.
Il mostro.
L’indole combattiva risvegliata all’improvviso. La voglia di vendetta. Il rancore.
Il Mostro di Sendai.
La testata lo colse alla sprovvista. Yuzo emise un lamento e si portò le mani al viso, mentre Natureza, con la stessa velocità, si allontanava, ridacchiando.
“Adesso siamo pari” sentenziò soddisfatto, quando scorse il sangue scivolare dalla ferita che aveva inferto al suo avversario: un taglio sul setto nasale.
Mamoru sentì il cuore balzargli in petto. Con sforzo riuscì ad alzarsi da solo, anche se le gambe non rispondevano prontamente ai suoi comandi. Traballando raggiunse il volante.
“Stai bene?”
“Non è niente…” L’uccellino mostrò il taglio che effettivamente non era nulla di grave, quanto una semplice ‘ripicca’ del Nero per essere stato colpito. “Tu come stai?”
La Fiamma ammiccò, lasciando che l’altro lo sostenesse. “Ho visto giorni migliori.”
Si mossero entrambi per riunirsi ad Hajime e Teppei, anche loro provati nel corpo e nello spirito.
Il tyrano spostava lo sguardo dai suoi compagni al Nero, che rimaneva immobile e sembrava quasi aspettare che facessero per primi la mossa successiva.
“E adesso che facciamo?”
Mamoru si strinse nelle spalle e tese le labbra. “Quello che facciamo sempre: resistiamo.”
“Basta! Non posso permettere che siano ancora gli altri a scendere in campo contro di lui.” Tsubasa si intromise con decisione. Tra tutti, era quello che non aveva neppure un graffio a parte qualche ricordo della prigionia. Ogni soldato ed Elemento aveva messo tutto sé stesso affinché nulla lo ferisse, neppure una freccia fuori controllo o una scheggia di roccia saltata via in qualche esplosione. La cosa lo faceva sentire in colpa verso ognuno di loro i cui volti erano scavati dalla fatica, dagli attacchi subiti e inferti. La terra sporcava i loro abiti dai tessuti strappati in più punti e la loro pelle, su cui il sangue non era più un colore estraneo. “Natureza è un mio problema, è a me che spetta combattere-”
“Non siate così presuntuoso, Vostra Altezza.” Mamoru levò una mano per farlo tacere. “Il Nero è un problema di tutti, dell’intero pianeta. È per questo che siamo qui; siamo la voce anche di coloro che non possono parlare.”
Il che significava che non avrebbero abbandonato il campo per lasciarglielo libero, ma che l’avrebbero calcato assieme a lui, se desiderava così tanto misurarsi con il potente Stregone. Ma Tsubasa sapeva bene cosa sarebbe accaduto se non si fossero fatti da parte. Lo aveva visto.
“Ma è una follia! Le mie visioni-”
“Non mi importa delle vostre visioni: il futuro lo costruiamo da soli, con le nostre scelte e abbiamo scelto di combattere fino alla fine.”
Tsubasa passò in rassegna gli sguardi degli altri Elementi e nei loro occhi lesse la stessa fermezza che dominava quelli della Fiamma. Si rese conto che non avrebbe mai fatto cambiare loro idea, così capitolò. Anche se sapeva come sarebbe andata a finire, poteva ancora sperare di riuscire a modificare un futuro non ancora avverato. Accennò uno di quei suoi sorrisi fiduciosi che tanto facevano presa sulle persone e sapevano rendere facile anche l’impossibile.
“Allora facciamolo insieme. Natureza è me che vuole e io so di essere qui solo per lui. Possiamo crearci da soli il futuro, ma non possiamo mutare un destino che è nato assieme a noi. Ci sono cose che non si possono evitare, quindi vi chiedo di restare al mio fianco per aiutarmi ad affrontarlo.”
Anche la Fiamma sorrise, lasciando adagio la presa del volante; adesso poteva reggersi in piedi anche da solo. “Siamo qui per questo, Vostra Altezza.”
Lo stesso appoggio arrivò anche da Terra, Acqua e Aria. Tutti uniti, assieme al Fuoco e attorno al Principe, per affrontare il finale di quella battaglia.
Più distante, Natureza scosse lentamente il capo, quasi con dispiacere. Sorrise agli avversari che coraggiosamente si schierarono davanti a lui e gli dissero, semplicemente col linguaggio del proprio corpo, che non avrebbero ceduto alla resa.
“Non volete proprio arrendervi, dunque? Allora mi costringete ad usare le maniere forti.”
Come se fino adesso avesse solo giocato.
I quattro Elementi non avevano idea di cosa intendesse il Nero con ‘maniere forti’, ma di sicuro non sarebbe stato nulla di buono. Il gruppo si dispose in difesa del Principe, mentre la Chiave restava sempre nascosta dietro Tsubasa e faceva emergere solo la testa per sbirciare gli avvenimenti.
“Occhi aperti e state pronti” ordinò Mamoru. Nei palmi cercò di far emergere le fiamme, ma una fitta al petto lo piegò in avanti. Lo scontro di prima lo aveva provato più di quanto avesse immaginato; in quelle condizioni usare i poteri sarebbe stato un suicidio.
“Lascia che ci pensiamo noi a portare avanti una difesa attiva.” La mano di Yuzo si poggiò sul petto della Fiamma prima che potesse farlo egli stesso.
Mamoru avvertì nettamente, e con familiarità, il calore che emanavano le sue dita, nonostante ci fossero degli abiti a separarle dalla pelle sottostante. Ricordava quella sensazione da quando si trovavano sul Nohro e lui era stato vittima della febbre bassa. Aver assorbito il suo calore gli aveva come lasciato dentro una traccia per cui l’avrebbe sempre riconosciuto, anche se lo avesse toccato alle spalle. Seppur non avesse potuto vederlo, il suo calore non gli avrebbe permesso di confonderlo con nessun altro.
“Tu resta col Principe e mantieni una difesa-”
“Fisica. Lo so.” Mamoru sogghignò. “Non fare troppo il saputello con me, uccellino.”
Anche Yuzo si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. Nonostante le incomprensioni, nonostante i momenti di tensione che avevano affrontato e le divergenze di pensiero e carattere il loro legame, quell’intuito che avevano sviluppato l’uno nei confronti dell’altro era sempre lì. Anche quando si credeva che fosse perduto, esso tornava, ricordandogli che ormai non c’era più niente al mondo che avrebbe potuto spezzarlo.
Yuzo interruppe lentamente il contatto, lasciando che Mamoru assumesse una posizione più arretrata rispetto alla sua, ma sempre davanti al Principe. Il giovane Ozora sarebbe stato l’ultimo baluardo nel momento in cui tutti e quattro loro non fossero riusciti ad arginare in qualche modo il Nero.
Teppei e Hajime chiusero gli spazi uno a destra e l’altro alla sinistra di Yuzo.
“Cosa sta facendo?” Il Tritone lo chiese mentre seguiva ogni movimento del Nero.
Teppei scosse appena il capo, preparandosi a qualsiasi contrattacco.
“Qualunque cosa sia, non credo dobbiamo aspettarci niente di buono.”
Natureza aveva le braccia tese, leggermente lontane dai fianchi, l’occhio nero e l’occhio nocciola fissi su di loro. Dai palmi rivolti verso l’alto la Magia Nera e quella elementale si levavano in piccole sferule oscure dai contorni sfilacciati, simili a frammenti di spirito, in cui si fondevano soffi di vento di un bianco lattiginoso. Davano l’illusione di poterli toccare, ma sarebbe bastato avvicinare la mano affinché si dissolvessero. Tra le labbra, si rimescolavano parole oscure.
Volutia munc nal gunno he sati o moris mailu kenné nehin set deshi surendan. Veis dé he set fui hel o sumbra he shamal set kira he saté mai.(2)
Yuzo strinse leggermente gli occhi in un tentativo di concentrarsi e focalizzare determinati termini. Essendo Esecutore, gli avevano insegnato, almeno in parte, la lingua proibita. Ne aveva appreso i rudimenti, mentre gli incantesimi di Magia Nera erano segregati nell’onice e quindi chiusi nel suo inconscio affinché la coscienza non potesse mai richiamarli se non quando la pietra veniva attivata. Una sorta di precauzione che però in soggetti come Natureza era stata del tutto inutile.
Fui hel o sumbra hemoris… sono parole che conosco, ma non riesco a tradurre il resto.” Scosse il capo.
Le sferule una volte fuse all’aria cadevano al suolo e venivano assorbite dalla terra sotto di loro. Scomparvero tutte e subito dopo si creò un silenzio irreale. Anche Natureza si era ammutolito, segno che l’incantesimo era stato completato.
Pure Hajime pensava alle parole.
Sumbrasumbra… significava ‘ombra’.
Veis‘vita’.
Moris‘morire’.
Morire.
Vita, morte. E ombre.
Il Tritone levò il capo di scatto mentre tutto trovava un filo conduttore che potesse ridare logicità alla formula. In quel momento la terra prese a tremare sotto i loro piedi e vista la reazione di Teppei, Hajime dedusse che non era opera sua.
Il suolo si sollevò e nella massima tensione si crepò. Le fratture si allargarono e un fumo nero si levò da esse, sottile.
L’agadiro non ebbe dubbi.
Risorti!” gridò e una mano o, meglio, le ossa di una mano emersero dalla roccia.
Gli Elementi videro decine di scheletri salire dalle viscere della terra, erano un esercito, ma non erano come i classici risorti. Le loro ossa erano nere, all’apparenza inconsistenti, come fossero fatti di puro spirito. Le bocche emettevano stridenti lamenti e gli occhi erano spilli di porpora lucenti nelle orbite oscure. Avanzavano fluttuando sulle rocce e i loro movimenti li facevano oscillare da un lato e dall’altro, quasi stessero dondolando.
Hajime fu il primo a cimentarsi contro di loro. Richiamò il potere dell’acqua e questo si sprigionò in lunghi tentacoli liquidi dal suo corpo. Infilzarono i mostri senza alcuna esitazione e questi si fermarono, deformando le bocche in sproporzionate ‘O’, poi ricominciavano ad avanzare. Gli stracci di spirito di cui erano composti facevano in modo che ogni cosa potesse attraversarli, addirittura sventrarli, per poi farli tornare integri.
Lo constatò anche Teppei, che racchiuse le creature in cupole di terra senza il minimo spiraglio da cui uscire. L’attimo dopo gli Elementi li videro semplicemente passare ‘attraverso’ la roccia.
Yuzo fu il terzo. Con il vento tentò di dissolverli, ma come si scomponevano, allo stesso modo tornavano a ricomporsi. Inarrestabili.
“Maledizione!” ringhiò. “Sembrano essere refrattari a ogni Elemento.”
“Magari non è con la magia che dobbiamo affrontarli” propose Hajime, ma era il primo a non crederci fino in fondo.
D’un tratto, dalle loro spalle, la Fiamma effettuò un balzo che lo portò a superare i compagni per lanciarsi in corsa contro l’esercito di risorti.
Il fyarish mise in pratica le tecniche insegnategli da Magister Wakashimazu. Fendette l’aria con dei calci perfettamente piazzati, seguiti dai pugni.
“Mamoru!” sbottò Yuzo. Un sopracciglio inarcato e l’espressione tra l’arrabbiato e l’incredulo. “Che cosa avevamo detto?!”
L’altro fece il perfetto finto tonto. Non era nella sua indole tenersi da parte e lasciare agli altri il compito peggiore.
“Avevamo detto qualcosa? Io non me lo ricordo.”
Yuzo scosse il capo facendo ruotare gli occhi con una certa rassegnazione. Dopotutto, non si era aspettato niente di meno da uno come Mamoru; ormai aveva imparato a conoscerlo piuttosto bene. Lo lasciò fare, poiché usando solo la forza fisica non aveva le stesse difficoltà che usando i poteri.
Peccato che nemmeno i cari e vecchi pugni facessero effetto sui risorti.
Mamoru vide andare a vuoto ogni affondo: braccia e gambe passavano attraverso le ombre, squarciandole giusto il tempo del loro passaggio e poi tornavano a ricomporsi.
Lo stesso, però, non poteva dirsi del contrario.
Gli attacchi dei risorti andavano eccome a segno. E ferivano.
La Fiamma levò un braccio per parare un attacco e la pelle venne segnata da due profondi tagli che gli fecero emettere un forte lamento. Agilmente, riuscì ad allontanarsi dalla mischia.
“Non sono affatto amichevoli.” Si teneva stretto il braccio che aveva preso a sanguinare dove le unghie delle creature erano riuscite a intaccarlo.
“Che ti aspettavi? Che ti offrissero dei biscotti e una tazza di tè?”
Mamoru accennò appena col capo in direzione di Hajime. “Non sarebbe stata una cattiva idea.”
“Come li eliminiamo?” Teppei aveva subito buttato la questione sull’aspetto pratico. Ogni loro tentativo era andato a vuoto, che avessero usato o meno la magia.
Agilmente, arretrarono cercando di evitare di venir afferrati dalle loro dita ossute, ma queste si allungavano a dismisura grazie alla loro semi-incorporea consistenza.
Hajime balzò all’indietro facendo cenno anche al Principe e alla Chiave di arretrare; Ryo non se lo fece ripetere, mentre Tsubasa provava a usare la spada che aveva al fianco. Non aveva pensato potesse davvero servirgli, ma poteva concedersi un tentativo. Purtroppo, neppure l’acciaio aveva effetto.
Il gruppo si era leggermente disgiunto, l’esercito di risorti arrivava da ogni lato e se Yuzo aveva la fortuna di poter volare, lo stesso non poteva dirsi degli altri che dovevano stare attenti non solo ai mostri che erano in superficie, ma anche a quelli che lentamente emergevano da sottoterra.
“Io… credo di avere un’idea.” Il volante lo disse atterrando vicino al Principe.
“E te la fai uscire solo adesso?!” Mamoru non era in vena delle trovate dell’ultimo momento. Sferrò l’ennesimo calcio, ma lo spirito del risorto si deformò, senza scomparire.
“Temo che non funzionerà! Ci ho provato solo una volta, ma non è stato molto gratificante!”
“Non conosci il detto: ‘ritenta, sarai più fortunato’?!” La Fiamma evitò all’ultimo momento d’essere afferrata. “Non abbiamo tempo per pensare a un eventuale fallimento! Fallo e basta!”
Yuzo non sembrava particolarmente convinto; quell’incantesimo era ben oltre le sue possibilità. Eppure c’era qualcuno che sembrava pensarla diversamente.
Il volante avvertì una mano poggiarsi sulla spalla e si volse; Tsubasa aveva un sorriso fiducioso.
“Vedrai che andrà bene.”
Ma Yuzo non sapeva se lo stesse dicendo perché lo aveva visto attraverso le sue visioni o perché volesse cercare di infondergli il giusto coraggio per tentare. Forse non importava neppure saperla la risposta; come aveva detto Mamoru: non c’era tempo per pensare, bisognava solo agire.
“Teneteli occupati!” fu tutto ciò che disse, poi si librò in volo.
Il giovane incrociò le gambe, era come se fosse seduto nel vuoto. Chiudendo gli occhi per raccogliere la concentrazione di cui aveva bisogno, incrociò le mani al petto assumendo la posizione di preghiera tipica degli alastri. Adagio isolò i rumori per farsi sordo nei confronti di quelli che non voleva ascoltare e dedicarsi solo ai sussurri del vento. La battaglia sembrò divenire lontana anni luce da lui, scomparsa, dissolta. Le grida si erano azzittite e c’era solo un sibilo familiare che gli sfiorava le orecchie: l’aria scivolava attorno a lui in carezze amorevoli che sembravano non venire mai inquinate dalla vastità del male che si stava consumando sotto di lui. L’aria fluiva, sempre, libera da qualsiasi controllo o vincolo; non le importava di tutto il resto poiché nessuno sarebbe mai stato in grado di arrestarne il cammino.
In quel silenzio così perfetto e naturale, l’uccellino levò la sua preghiera, sfoderando l’unico incantesimo elementale che adoperava una formula parlata.
In nome dell’Aria, respiro del mondo, io ti prego, Yayoi, mia Signora del Cielo, per combattere l’oscurità che minaccia le creature a te devote. Distendi le tue ali sulle nostre teste e dacci il tuo sostegno in quest’ardua battaglia. Che i tuoi messaggeri ci guidino alla vittoria, nella pace del tuo nome.
Natureza, che lo aveva seguito con lo sguardo fin da quando si era librato in volo, inclinò leggermente il capo e strinse gli occhi con fare guardingo. Sapeva ci fosse una sola possibilità per contrastare l’esercito di risorti, ma non credeva che Yuzo fosse forte abbastanza per poterla mettere in pratica. A ogni modo, rischiare era l’errore degli sciocchi, così levò una mano nella direzione dell’uccellino e formulò il piccolo quanto letale incantesimo dell’Onda d’Urto. La biglia d’aria era così piccina nel palmo, da non sembrare pericolosa come in effetti era. La lasciò andare in direzione del volante che aveva ancora gli occhi chiusi e mormorava la litania di cui anche lui era a conoscenza. La sfera sfrecciò velocissima, tanto da non essere visibile a occhio nudo. Avrebbe ucciso Yuzo all’istante, sventrandolo con la sua potenza, ma il Nero dovette far sparire il proprio sorriso quando l’incantesimo si liberò in tutta la sua forza in anticipo. Troppo in anticipo.
Il botto della sfera che si infrangeva contro il bersaglio fece levare lo sguardo agli altri Elementi, a Tsubasa e a Ryo. Il vento dell’onda d’urto si diramò e dissolse, tanto da sollevare la polvere al suolo e cancellare i risorti per alcuni istanti, prima che si ricomponessero.
Mamoru guardò versò l’uccellino con espressione allarmata, ma quando la nuvola si diradò, scomparendo velocemente nel vento, fu un’altra l’espressione che prese possesso dei suoi tratti.
Yuzo era perfettamente illeso.
Il boato dell’incantesimo riuscì a squarciare la perfezione del silenzio in cui era immerso. Il volante iniziò a percepire lentamente anche tutti gli altri rumori. La battaglia era tornata nel suo spazio sensoriale e lui aprì adagio gli occhi.
La vide che gli dava le spalle.
Aveva una figura sottile e delicata, elegante. Di aria erano fatte le sue vesti, ma anche il velo che le copriva il capo, i capelli, la pelle. L’intero suo corpo era un nascere e morire di soffi di vento che si avvolgevano attorno a essa per fondersi e separarsi in pochi attimi, continuamente. Aveva un colore bianco lattiginoso e la fuggevolezza dei cirri.
Lo aveva appena difeso dall’attacco del Nero.
Yuzo sbatté le palpebre un paio di volte con incredulità. Nonostante fosse lui il fautore dell’incantesimo, una parte piuttosto consistente di sé non era convinta che ci sarebbe mai riuscito.
Si sentì sfiorare la spalla da qualcosa che aveva la leggerezza dell’aria e la stessa consistenza, ma vita propria. Yuzo si volse piano e un’altra Silfide era proprio lì, accanto a lui. Ora che era così vicina poté vederne chiaramente la bellezza eterea e gentile. Il velo le copriva gli occhi, ma la creatura ne sollevò un lembo per permettergli di vederla bene in viso. Le iridi erano di un grigio purissimo, sembravano perle. Gli sorrise nel modo che sapeva ammaliare i viandanti ignari che avevano la fortuna di incontrarle ai Crocevia e finivano per innamorarsi perdutamente di loro, poi si allontanò.
Yuzo mosse ancora lo sguardo e vide che erano decine e decine. Nascevano dal vento che spirava e d’improvviso prendevano consistenza tanto da risultare visibili. Volarono al suo fianco e lo superarono, schierandosi in attesa del suo ordine.
Gli venne da sorridere e, per quanto si sforzasse di trattenerla, un’espressione soddisfatta gli rubò le labbra per qualche istante mentre realizzava che, sì, aveva appena effettuato un incantesimo di Evocazione nonostante fosse solo un Sesto Livello. Con la coda dell’occhio cercò il Principe Tsubasa e lo vide rivolgergli un sorriso piuttosto eloquente: sapeva già che ci sarebbe riuscito, in fondo glielo aveva già detto. Poi fu un altro lo sguardo che cercò.
Dabbasso Teppei aveva la bocca semiaperta e lo sguardo completamente rapito. “E’ la prima volta che assisto a una Evocazione. È fantastica!”
Hajime convenne accennando col capo, ma tenendo sotto controllo anche i movimenti dei risorti che, di colpo, si erano fermati, proprio come loro. Probabilmente avevano percepito la presenza spirituale delle Silfidi, anche se non le riuscivano a vedere perché avevano un’intelligenza molto limitata.
Più lontano, Mamoru aveva un leggero sorriso orgoglioso sulle labbra. Il suo uccellino era capace di grandi cose, se ci credeva fino in fondo, e quando ne incrociò lo sguardo un leggero brivido gli solleticò il cuore. Per un attimo, il pensiero che lo avesse cercato di proposito, come per avere la sua approvazione, gli scaldò il petto. Si convinse di non illudersi troppo e accennò col capo.
“Facciamo le cose in grande, vedo” lo pungolò, in quel modo di rispettarsi che era diventato loro.
Yuzo sorrise più apertamente e scosse il capo, concentrandosi solo sulla battaglia perché non dovevano dimenticare dov’erano e cosa stava avvenendo attorno a loro.
Sciolse le braccia che aveva incrociato al petto e le distese avanti a sé. Le mani sollevate e le dita che puntavano il cielo. Le creature si volsero nella sua direzione, in attesa del comando e quando il volante serrò i pugni, le Silfidi partirono all’attacco.
Come frecce, calarono in picchiata sui risorti. Le vesti oscillavano per la velocità e i sorrisi ammalianti trasfigurarono in ghigni terrificanti dai denti aguzzi. Le unghie mutarono in artigli e il loro canto leggiadro divenne uno stridio acuto che faceva sanguinare i timpani.
Per i risorti non ci sarebbe stato alcuno scampo.
Nel mentre che le creature consumavano il loro scontro, Yuzo atterrò nuovamente accanto ai compagni.
Teppei rabbrividì. “Non era proprio così che me l’ero immaginate…”
“Le Silfidi sono creature dotate di bellezza irreale, ma è meglio non infastidirle. Sono molto vendicative” sorrise Yuzo e il tyrano ammiccò.
“Puoi scommetterci che me ne ricorderò.”
Natureza osservò lo scontro tra Elementali e Risorti con vivo interesse e anche profonda sorpresa. Superò la zona di battaglia dove gli incantesimi avrebbero continuato fino a esaurirsi a vicenda e si avvicinò ai contendenti.
“Non male. È quindi evidente che giocare a distanza, con voi, non è una buona strategia.”
L’immagine dei quattro Elementi riversi al suolo con la figura del Nero torreggiante su di loro rimbalzò di nuovo nella testa del Principe, tanto da fargli stringere di più l’elsa della spada ancora sguainata.
“Mi vedo costretto a scendere in campo in prima persona.” Sorrise e la sicurezza della vittoria era sempre al suo fianco. “Più vicino all’obiettivo.”
“Vicino o lontano non credere che ti lasceremo vincere.”
Natureza guardò Mamoru con condiscendenza. Arrendersi non era nell’indole dei fyarish, tuttavia la situazione era diversa. “Lo so che non lo farete, semplicemente non ci riuscirete.”
“Io non la sopporto la gente piena di spocchia!” Teppei colpì la terra con un calcio e questa si scosse violentemente prima che degli enormi monoliti iniziassero a spuntare dappertutto, costringendo di nuovo il Nero a balzare da un masso all’altro per non venire infilzato. Hajime approfittò del fatto che fosse distratto dall’attacco del tyrano per intervenire. Solidificò l’acqua in ghiaccio e fece piovere stalattiti a tutto andare. Dall’alto e dal basso, Natureza era circondato, eppure trovò il modo di ripararsi da entrambi. Con la magia elementale tenne a bada l’assalto del Tritone, grazie a uno scudo di vento sul quale le stalattiti rimbalzarono, infrangendosi in migliaia di brillanti frammenti. Con la Magia Nera, invece, contrastò l’incantesimo del tyrano. Un fluido nero ricoprì la terra, aveva una consistenza così elastica che gli spuntoni di roccia non riuscivano a perforarlo per risalire in superficie e quindi restavano confinati al suolo.
L’abilità del Nero di saper usare entrambi i poteri era strabiliante. Non faceva alcuna fatica, le sue energie sembravano inesauribili perché dopo tutti gli assalti che i giovani avevano portato, dopo tutti gli incantesimi che lo stesso Stregone aveva usato non appariva affatto stanco. Natureza non era un mago come gli altri, la prova era già in quello. Un’altra arrivò dall’abilità che aveva di utilizzare a proprio vantaggio anche gli incantesimi altrui; un po’ come aveva fatto Yuzo quando era sotto l’influsso dell’incantesimo del Naturalista. Le loro menti erano le più analitiche rispetto quelle degli altri Elementi, e potevano trovare una soluzione a qualsiasi problema nel minor tempo possibile.
Sfruttando il vento, Natureza deviò il percorso di alcuni aghi di ghiaccio a opera di Hajime in direzione di Teppei, la cui visuale era parzialmente coperta dalla roccia del suo stesso incantesimo. Il primo gli sfiorò la spalla e solo allora il tyrano vide gli altri piovere su di lui. Si coprì con le braccia e l’incantesimo Scudo, ma le schegge taglienti riuscirono a penetrare nelle falle della sua difesa, martoriandone il corpo e spingendolo lontano, in seguito al risucchio del vento. Teppei rotolò al suolo. Con le dita affondate nella terra cercò di rallentare fino a fermarsi. Il ringhio rimaneva strozzato tra i denti e con tutta la volontà che aveva tentò di rialzarsi. Una sfera nera lo colpì allo stomaco facendogli sputare fiato e sangue, prima di mandarlo lungo, disteso.
Il Nero toccò terra soddisfatto: uno era fuori combattimento.
Hajime vide il corpo immobile di Teppei e avvertì una mano serrargli lo stomaco, per poi ritorcerglielo talmente forte da fargli arrivare il sapore amaro della bile alla gola. Per un solo, fugace attimo, si distrasse.
Cosa che Natureza non faceva mai, soprattutto in combattimento. I sentimenti di rabbia, rancore, amore e amicizia esistevano in lui, ma erano in perfetto equilibrio, controllati e liberati solo al momento opportuno. E quello non lo era. Approfittò della distrazione di Hajime e sollevò una mano verso di lui, nel palmo la biglia d’aria era pronta per partire, colpire il Tritone e ridurne il corpo a brandelli.
Hajime!
Il grido di Yuzo arrivò quando l’incantesimo dell’Onda d’Urto aveva già lasciato la mano del Nero.
Il Tritone si volse di scatto, richiamato solo in quel momento all’azione corrente e alle sorti dello scontro ancora in corso. Si rese conto d’essersi distratto e probabilmente gli sarebbe stato fatale.
In quell’attimo, vide Yuzo frapporsi fra lui e l’incantesimo del Nero. L’alastro aveva il braccio teso e il palmo aperto. Quel tipo di magia poteva essere solo deviata o affrontata con una magia identica. E Yuzo era proprio questo che stava facendo.
La sua biglia d’aria si scontrò, in volo, con quella di Natureza facendo esplodere entrambe. Ma lui era troppo vicino alla zona di impatto e il violento spostamento d’aria lo travolse in pieno.
Hajime si schermò il viso frapponendo le braccia, mentre il vento soffiava così forte attorno a lui da avere l’impressione che potesse strappargli gli abiti di dosso. I capelli si sollevarono e così i tessuti della casacca che sentiva schioccare. Avvertì nitidamente l’impatto dei granelli di polvere sulla pelle e si sentì ‘spostare’. Il vento l’aveva trascinato indietro nonostante si stesse opponendo con tutta la forza che aveva. Se Yuzo non gli avesse fatto da scudo, di sicuro sarebbe stato travolto dalla parte più violenta dell’onda d’urto liberata nello scontro tra incantesimi. Quando lo spostamento d’aria cessò, simile all’onda che colpiva e passava oltre, Hajime aprì lentamente gli occhi, ma non vide nessuno davanti a sé.
L’espressione era tesa e affranta al contempo mentre si girava adagio. Dentro di sé era consapevole di cosa fosse accaduto in quegli attimi concitati, ma quando scorse il corpo di Yuzo al suolo, trascinato lontano dalla forza della sua stessa magia e semisommerso dalle rocce che si erano infrante nell’impatto, non fu in grado di dire una parola.
Più distante e sempre a guardia del Principe, Mamoru aveva visto avvenire ogni cosa senza avere la reattività giusta per muoversi. Prima Teppei, poi Yuzo. Tutto in un attimo.
Non riusciva a spostare lo sguardo dal volante, quasi fosse rimasto congelato in quella posizione. I secondi successivi gli parvero dilatarsi fino all’infinito.
Non si muoveva.
Yuzo non si muoveva.
Di lui riusciva a scorgere solo il braccio abbandonato al suolo; il resto era nascosto dal pietrame sollevato nell’impatto. E quel braccio rimaneva fermo, la mano immobile.
Yuzo non si muoveva e la nausea gli afferrò la gola senza nemmeno passare prima per lo stomaco. L’istinto di correre per aiutarlo e accertarsi che avesse solo perso conoscenza a causa del colpo era così forte da fargli tremare le mani, ma il volante gli aveva detto qualcosa, prima di fuggire via come una scheggia.
‘Difendi il Principe’.
E difenderlo significava non muoversi.
Un ordine che invece Hajime non aveva ricevuto.
Mamoru gli vide girare lentamente la testa in direzione del Nero; le labbra che venivano piegate amaramente verso il basso e il corpo che assumeva una posizione di carica.
Non fece neppure in tempo a fermarlo che il Tritone si era già lanciato contro lo Stregone gridando tutta la sua rabbia. Dal palmo aperto, il potere dell’acqua si manifestò in una sfera che assunse poi la forma di una lancia ghiacciata e tagliente.
Natureza non parve intimorito dall’irruenza della carica, che valutò agguerrita ma scomposta, e si limitò a deviare il fendente con un braccio e a esplodere una bolla d’aria nell’addome del Tritone con la mano libera.
Hajime venne sbalzato in aria, ma era già pronto a sfruttare la spinta per attaccare di nuovo, questa volta dall’alto, quando dei fulmini lo avvolsero. La corrente elettrica lo percosse lungo tutto il corpo contraendogli nervi e muscoli in spasmi di dolore. Un altro grido, questa volta sofferente, si levò dalle sue labbra prima che il Nero lo lanciasse lontano, alle proprie spalle.
Il corpo abbandonato del Tritone rotolò al suolo, fermandosi col viso rivolto al cielo e le braccia distese lungo i fianchi.
Adesso era solo. Mamoru avvertì quella certezza come un brivido gelido lungo la schiena eppure era ancora sotto l’effetto della famosa pillola che Shibasaki gli aveva dato.
Era bastato così poco perché i suoi compagni, gli stessi che erano riusciti a tenere testa a orde di Stregoni, che avevano viaggiato per un lungo anno attraverso il Regno degli Ozora, che erano riusciti a utilizzare incantesimi di livello superiore… venissero falciati via in pochissimo tempo.
Era dunque questa la potenza di un Elemento che fondeva il proprio potere alla Magia Nera? Era questa la forza di un mago privo di inconscio?
A Yuzo era stato dato l’appellativo di ‘mostro’, ma il vero mostro era Natureza. Un mostro di energia inesauribile e mente reattiva oltre i limiti umani, un mostro di potenza e determinazione; la sua forza non poteva essere contrastata in maniera normale.
Non avrebbe avuto possibilità, Mamoru lo sapeva, ma ormai era rimasto solo lui a guardia del Principe e finché avesse avuto aria nei polmoni e fiamme nel petto avrebbe difeso il futuro Re senza risparmiarsi mai. Lo doveva ai suoi amici e lo doveva a sé stesso.
Tutt’intorno, la battaglia era divenuto un parapiglia per riuscire a bloccare i legionari che tentavano di fuggire, ora che il loro comandante Gamo e il generale Santana erano entrambi morti. Gli Stregoni si mettevano di mezzo, intralciando i soldati del Re Ozora, ma gli Elementi tentavano di arginarne l’avanzata. I Master erano ancora impegnati con gli Stregoni dell’entourage del Nero, mentre Cario si manteneva lì, ma più in disparte: con un occhio controllava lo scontro dei Master, intervenendo quando necessario, con l’altro controllava suo fratello; aspettava il momento opportuno per passare alla fase successiva del loro folle piano.
Per Mamoru era come se tutto quello che lo circondava improvvisamente non esistesse più. Nell’enorme Lingua di Serpe c’erano solo lui, il Nero, il Principe, la Chiave e i suoi compagni ora al suolo. Elementia si era ridotto al loro quadrato di terra e sette persone.
“Vostra Altezza, non so in quanto breve tempo avverrà la mia dipartita, quindi state pronto. Il futuro del pianeta è nelle vostre mani, adesso.”
La fermezza nella voce riuscì a impressionare lo stesso Mamoru, perché dentro aveva così tanti sentimenti che si rimescolavano uniti dal divampare del fuoco, che non avrebbe mai creduto che sarebbe addirittura riuscito a parlare. Credeva che avrebbe scatenato i suoi poteri, ruggendo di collera. Invece, aveva un controllo di sé quasi surreale.
Non attese la risposta di Tsubasa, ma avanzò di qualche passo e poi sollevò le mani. Sentì il rifluire delle fiamme dentro di sé che correvano verso i palmi dove la magia si sarebbe manifestata agli occhi di tutti. Le fitte al petto non riuscirono a fermarlo e per quanto fossero più sopportabili – segno che si stava riprendendo dallo scontro precedente avuto col Nero – il dolore arrivava ugualmente chiaro, simile al pungolare di centinaia di spilli sottili.
Il fuoco emerse, divenne vampa che si avvolse in una spirale e partì in direzione dello Stregone. Natureza non si mosse, sollevò le mani e il fluido nero che ancora copriva il suolo si sollevò al suo comando creando uno scudo che lo protesse senza alcuna difficoltà. L’elasticità del fluido assorbì l’energia e le fiamme si dispersero sulla superficie, avvampando per un attimo prima di scomparire.
Mamoru non demorse, ma iniziò ad avanzare, nonostante la sofferenza che utilizzare i suoi poteri gli dava ancora. Lo spirito era lacerato, sforzarlo in quel modo non faceva che sfibrarlo ancora di più. La Fiamma sperava di riuscire ad avvicinarsi a Natureza il necessario per poterlo toccare. Con le mani arroventate, non ci sarebbe stata nessuna magia che avrebbe potuto usare per difendersi.
Questo lo sapeva bene anche Natureza, per questo si ostinava a non avere scontri troppo diretti con i suoi avversari, tranne quando sapeva di esser loro superiore. In quel caso, per quanto evidentemente indebolito, il fyarish seguitava a rimanere molto determinato e concentrato; un avversario insidioso.
Lo Stregone manovrò quindi il fluido che di colpo si sollevò tutto come un’onda.
Mamoru interruppe il proprio incantesimo e cercò di sfuggire alla muraglia nera, ma il dolore improvviso arrestò i suoi movimenti. Aveva bisogno di tempo per guarire e in quel momento non aveva nemmeno un secondo.
Si volse, l’onda torreggiava enorme sopra di lui, una bocca pronta a fagocitarlo. Gli si rovesciò addosso mentre tentava un’ultima strenua difesa, ma il labile scudo di fuoco venne stretto e poi soffocato da quel fluido così denso ed elastico. Venne sopraffatto. Gli sforzi per liberarsi furono vani. L’incantesimo seguiva le forme delle sue braccia che cercavano di crearne uno squarcio, deformandosi e allentandosi con facilità. L’aria si esaurì in pochi momenti e la resistenza della Fiamma scemò veloce, fino a cessare.
Quando l’incantesimo si ritirò, abbandonò il suo corpo al suolo, riverso col volto nella polvere.
La visione di Tsubasa si era realizzata di nuovo. Il Principe rimase a fissarla con la bocca semiaperta e le sopracciglia aggrottate.
Natureza camminava piano tra i corpi degli Elementi che aveva battuto in momenti tanto concitati quanto rapidi. Non c’era stato scampo per nessuno, la mano del Nero era implacabile nonostante il sorriso amicale e lo sguardo limpido dicessero tutt’altro.
Terra e Acqua erano alle sue spalle, Aria alla sua destra, Fuoco svariati passi avanti a lui.
Natureza si fermò, ergendosi al centro della devastazione in segno di supremazia inequivocabile.
“Tsu… Tsubasa-”
“Lo so.”
Ryo piagnucolò alle spalle del Principe e questi lo zittì subito. Il tono si era fatto tagliente, come la sua espressione. Le labbra di nuovo chiuse erano tese e lo sguardo, a dispetto dell’asprezza nella voce, era affranto. La battaglia era sempre stata solo fra loro due e avrebbe dovuto impedire con maggiore vigore, imponendo anche il suo volere reale se necessario, che gli Elementi restassero al suo fianco.
“Vedo che finalmente siamo rimasti solo noi.” Natureza si strinse nelle spalle. Sorrise come per scusarsi di averci messo tanto e non essersi liberato prima degli intralci. “Sei pronto a darmi ciò che voglio o preferisci che l’agonia di questa farsa duri ancora un po’? Mostrami la Chiave, Principe. Mostrami il suo potere.”
Tsubasa chinò il capo per un momento, poi chiuse gli occhi. Un leggero sorriso gli increspò appena le labbra e quando li riaprì poteva finalmente vedere tutto con maggiore chiarezza.
“Bisogna sempre avere fiducia, Natureza.”
Il Nero inclinò leggermente il capo, non riuscendo a capire quelle poche parole, però non chiese. Osservò il Principe che metteva via la spada; arma inutile nel loro combattimento, tanto che si slacciò il fodero legato in vita e se ne liberò.
“Ryo, è giunto il momento” lo sentì dire, rivolgendosi al giovane che era rimasto sempre accanto a lui.
In principio Natureza aveva pensato fosse un altro Elemento o una guardia personale, di quelle estremamente fedeli, ma vedendolo tenersi sempre dietro al futuro sovrano si era risolto che non doveva essere né l’uno e né l’altro; quello non era un guerriero. Magari un servitore o solo un folle che era stato così stolto da seguire il Principe fin sul campo di battaglia. Ci avrebbe messo uno schiocco di dita a ucciderlo.
L’interpellato guardò la decisione che trapelava dal volto di Tsubasa e poi sospirò.
“Sì, ho capito.”
Ryo venne avanti, anche se piuttosto riluttante: non era molto votato al combattimento, ma il suo compito era servire il Principe e quindi avrebbe obbedito alle sue richieste. Lanciò un’occhiataccia al Nero e gonfiò il petto portandosi altezzosamente le mani ai fianchi.
“Adesso te la farò vedere io! Hai finito di fare il gradasso, brutto pallone gonfiato!”
Minacciò a tutto andare e con espressione di duro rimprovero.
Natureza incassò il mento, fissandolo con i suoi grandi occhi nocciola sgranati. Le palpebre che venivano sbattute con perplessità. Poi gli puntò contro l’indice, allargando un sorriso luminoso, convinto di aver avuto l’illuminazione.
“A-ah! Ho capito! Sei il giullare! Come ho fatto a non pensarci prima?!”
La Chiave arrossì per la collera. “Il… il… cosa?! Tsubasa, hai sentito?! Mi ha chiamato giullare!”
“Ryo, ti prego…” Il Principe si era portato la mano alla fronte, ma questa volta per Ryo non ci sarebbero stati abbastanza prescelti che avrebbero potuto trattenere il suo risentimento.
Guardò nuovamente Natureza con ira e disprezzo e strinse i pugni. Attorno a lui, l’intera figura prese a brillare di una perlacea luminescenza.
“Questo sarà il tuo ultimo affronto, misero mortale!”
Il sorriso scomparve dal volto del Nero per sciogliersi in un’espressione di sorpresa.
Attorno al giovane sconosciuto, la luce si espandeva con un bagliore accecante fino a creare un’aura così forte da farlo arretrare d’un passo. Nel bianco che lo avvolgeva scorse le grigie spirali di vento a lui care, il rifluire blu dell’acqua, l’avvampare rosso del fuoco e il rimestare marrone della terra. Tutti gli elementi sembravano essere concentrati dentro di lui, che diveniva così brillante a ogni attimo, tanto da costringerlo a coprirsi gli occhi con una mano.
“…la Chiave…” mormorò Natureza, non riuscendo a crederci egli stesso perché non era così che se l’era immaginata. “Sei tu? La Chiave Elementale sei tu?”
Un uomo. Non poteva crederci. Forse era solo una forma fittizia, forse era solo un contenitore di passaggio, forse…
“Sì” sibilò Ryo, ormai niente del suo corpo era più visibile: era luce pura. “E tu sarai punito per quello che hai fatto.”
L’enorme fonte di luce assunse una forma compatta, sferica, molto più piccola di prima e si fermò nelle mani di Tsubasa Ozora senza toccarle, ma rimanendo sollevata tra i suoi palmi. Il bagliore si diffuse, riducendo l’intensità tanto che anche Natureza poté finalmente scoprirsi gli occhi e guardare il dono ultimo delle Dee nella sua forma originale.
Polvere. Acqua. Aria. Fiamme.
Ruotavano e si fondevano in armonia in uno spazio che era confinato da quattro labili anelli di luce che gli giravano intorno. Il cuore di Elementia era nelle mani del Principe, il centro della magia era lì, nel simulacro che raccoglieva, uniti, i frammenti dei quattro Elementi Eterni. Era nella bianca essenzialità delle volute del Respiro, era nella durezza adamantina dell’Osso, era nella purezza della Lacrima, era nel vitale scorrere del Sangue. Era tutto lì. Il Divino in simboli mortali, attorno cui gli anelli di luce erano la presenza unica delle Dee.
Se avesse potuto averlo, Natureza sapeva che nulla avrebbe più potuto intralciarlo ed Elementia sarebbe finalmente tornato un pianeta libero dalla piaga chiamata ‘umanità’.
“Deve essere mia…” mormorò, ma Tsubasa riuscì a sentirlo comunque e l’espressione che lesse sul volto dell’alastro traditore fu in grado di sorprenderlo: aveva le lacrime agli occhi. “Tu non sai… non sai quanto sia importante la Chiave Elementale per questo pianeta. Mi permetterà di salvarlo… di purificarlo… Anche tu vuoi che il mondo viva a lungo, vero?”
“Sì, ma non c’è nulla da cui debba essere salvato” replicò Tsubasa, gli anelli di luce si dissolsero, avvolgendosi alle sue braccia e la sfera si sfaldò, in tutti i suoi elementi, che le mani del Principe assorbirono come fossero state delle spugne. Guardò dritto negli occhi di Natureza. “Nemmeno da te.”
Natureza serrò i pugni, sentendosi tradito e incompreso. Per la prima volta nella sua vita, il sorriso serafico venne cancellato da un ringhio rabbioso che gli snudò i denti. Si lanciò sul suo avversario con tutto il corpo e la forza che aveva.
Inspiegabilmente, ancor prima della magia, cercò lo scontro fisico. Caricò il pugno e lo sferrò dritto al volto, ma Tsubasa – nelle cui mani era racchiuso il potere della Chiave – deviò l’attacco e col palmo aperto tentò di colpirgli l’addome. Nella deviazione c’era la durezza della roccia che non sentiva dolore e nel contrattacco c’era la forza dell’aria che allontanava il nemico senza ucciderlo.
Ma Natureza era pur sempre un alastro, preparato a scontri in cui era coinvolto il proprio elemento, così schivò l’affondo del Principe e sfruttò l’appoggio offertogli dall’altra mano per saltare l’avversario. Con una capriola sulla testa atterrò alle spalle di Tsubasa, colpì ancora, ma uno scudo di roccia parò l’affondo.
“Credevo che avessi capito! Che fossi come me! E invece sei come tutti gli altri esseri umani che camminano su questo pianeta: un egoista che pensa solo a sé e ai suoi simili! Dov’è la tua superiorità intellettiva nel considerare tutte le creature, anche il piccolo filo d’erba, al pari degli altri umani?”
“Credi che io mi consideri superiore?”
Lo scontro fisico divenne verbale, mentre l’attacco e la difesa si susseguivano veloci, spostando i contendenti da una parte all’altra del loro piccolo quadrato. Natureza iniziò a fondere la Magia Nera con quella elementale, ma sembrò essere insufficiente contro Tsubasa che, grazie al potere della Chiave, usufruiva di tutti e quattro gli elementi contemporaneamente. Folgori nere e sfere di energia purpurea esplosero contro lingue di fuoco e lance di ghiaccio.
“Non è l’uomo a essere il male, ma chi vuole prevalere sugli altri! Non tutti gli esseri umani sono malvagi!”
“Ma lo sono potenzialmente fin dalla loro nascita! Un rischio troppo grande per poter essere controllato! Va estirpato senza alcuna esitazione!”
“Non posso lasciartelo fare!”
I loro visi erano separati solo da un intrigo di fiamme attorcigliate a fili neri, infestanti.
Natureza ghignò, guardandolo dritto negli occhi scuri. “Allora muori!”
Aveva la mano così vicina all’addome del Principe che gli sarebbe bastato un attimo per sferrargli un colpo mortale. La biglia d’aria ruotò nel suo palmo velocemente, l’attimo di formarsi ed era già pronta. Non gli importò di essere anche lui vicino alla vittima, perché l’incantesimo avrebbe attraversato l’avversario e sarebbe corso lontano; proprio come era avvenuto con Faran Konsawatt. Ma Tsubasa non era Faran.
Il potere elementale indotto dalla Chiave si oppose alla sfera di vento frapponendole uno scudo dello stesso elemento e lo scudo spingeva nella direzione opposta. Le due forze si contrapponevano cercando, invano, di prevalere sull’altra.
Natureza ringhiò. Era galvanizzato dall’idea di avere finalmente qualcuno che riuscisse a tenergli testa, ma era anche frustrato perché voleva mettere fine a quella perdita di tempo per iniziare, così, la pulizia definitiva. Perse terreno, il suo incantesimo sembrò arretrare a causa di quello del Principe; lo stava sopraffacendo. Quando comprese che avrebbe finito col venire ucciso egli stesso dalla propria magia balzò in aria sfruttando la spinta impressa dal Principe. Avrebbe tentato un attacco dall’alto, ma tentacoli d’acqua gli si attorcigliarono alle caviglie in maniera inaspettata e lo lanciarono lontano dopo averlo strattonato come fosse stato un pupazzo.
Natureza atterrò comunque in piedi, ma dovette aiutarsi con le mani mentre scivolava sulla terra a causa della forza impressa al modo in cui era stato lanciato via. Le dita della mancina scavarono dei solchi, graffiando il suolo, così come le punte dei piedi che tentarono di opporsi.
Si ritrovò di nuovo circondato dai quattro Elementi ancora al suolo; era nel punto esatto in cui si era erto, vittorioso. Questa volta, però, aveva un ginocchio a terra e il respiro affannato.
Tsubasa, invece, per quanto avesse un po’ di fiato grosso era perfettamente in piedi. Era lui a ergersi, adesso. Il viso non mostrava l’espressione di chi avrebbe voluto sconfiggere a ogni costo il nemico, forse perché non ne vedeva in Natureza. Avrebbe di gran lunga preferito che divenissero amici. Quel giovane gli somigliava davvero; il carisma che aveva, il modo di porsi, la purezza dello sguardo e l’innocenza del sorriso… non erano una finzione per ingannare l’avversario, ma erano davvero suoi. Natureza amava, nella maniera più profonda e sacra che avesse mai potuto pensare, l’intero Elementia. Lo amava di quell’amore che era unico ed esclusivo, forse paragonabile solo a quello di chi il pianeta lo aveva creato. Non aveva pietà verso coloro che reputava essere una minaccia, questo era vero, ma non uccideva con odio: lui voleva solo proteggere. Chiunque altro al suo posto avrebbe fatto lo stesso pur di difendere ciò che aveva di più caro, ed Elementia era la cosa preziosa di Natureza.
“Sei davvero forte come sentivo.” Il Nero assunse lentamente una postura eretta. “Sai, fin da quando ti ho visto ho capito che batterti non sarebbe stato facile. E non lo è, infatti. Ma io non sono disposto ad arrendermi, quindi, preparati.”
Tsubasa aggrottò le sopracciglia ed espirò lentamente. Le mani erano abbandonate lungo i fianchi, quasi in segno di rinuncia alla contesa, con i palmi che ancora brillavano della magia della Chiave.
“Arrenditi. Ormai è finita, Natureza. Non costringermi a fare quello che non vorrei…”
Tsk? Finita? Non montarti la testa, non sono ancora-”
Natureza dovette interrompere la frase poiché quando tentò di fare un passo in avanti si sentì tirare per la caviglia sinistra. Qualcosa gli si stava arrampicando addosso, impedendogli il movimento, trattenendolo dov’era.
Il Nero scorse la roccia muoversi, camminare sugli stivali scuri che stava indossando fino ad afferrargli i vestiti. Tentò di divincolarsi, ma non ebbe successo. La roccia copriva anche il piede.
“E’ opera tua?” Ma si accorse quasi subito che quell’incantesimo si allungava dalla parte opposta a dove si trovava il Principe.
Natureza si volse e vide che era il tyrano a muoverla, nonostante non avesse neppure la forza di alzarsi in piedi. I suoi occhi, semiaperti, lo tenevano a fatica sottocontrollo. Non si chiese come fosse possibile che fosse ancora vivo e in grado di usare la magia; il Nero si limitò a sbuffare in maniera stizzita deciso a liberarsi, ma quando tentò di strattonare la roccia, questa mutò, si cristallizzò e brillava al sole.
Lo Stregone incurvò le labbra. “Diamante?!” quello non sarebbe riuscito a mandarlo tanto facilmente in frantumi, ma tentò comunque. Levò la mano per sfruttare la Magia Nera, ma qualcosa, stavolta, gli afferrò il polso, impedendogli di muoverlo. Qualcosa di vischioso, bagnato.
Natureza vide l’acqua bloccargli le dita in modo che il potere non potesse essere usato.
“Che razza di storia è mai questa?! Cosa diavolo vi state mettendo in testa?!”
A quella domanda, però, Hajime non rispose, non puntava nemmeno lo sguardo su di lui, ma dritto al cielo. Solo le dita, muovendosi appena, controllavano quella corda fittissima.
Natureza sorrise sprezzante. “Siamo già ai tentativi disperati?”
Levò la destra, ma questa volta fu l’aria a fermarlo. Un’altra corda, sottile ma incredibilmente resistente, gli bloccò polso e dita. La magia elementale era neutralizzata del tutto.
“Come se questo possa fermarmi! Illusi! Io sono il Nero! Rab na bela, rei!” Ma senza l’ausilio delle mani che ne indirizzassero la traiettoria, la sfera di energia vagò a vuoto, come impazzita, esplodendo lontano da loro. “Maledizione!” ringhiò lo Stregone. Tentando con un incantesimo differente che non aveva bisogno di essere direzionato. “Aratna koi!” Questa volta fu una cupola di fuoco a coprire tutti dalla pioggia di fulmini.
Natureza si volse, ringhiando, e vide l’occhio non premuto al suolo dell’Elemento di Fyar fissarlo attentamente. Le dita tremanti gestivano l’incantesimo da cui se ne separò una lingua che gli avvolse anche l’altra caviglia. Adesso, il Nero non poteva più muoversi.
La frustrazione di sentirsi in trappola lo fece sbottare.
“Questa è pura follia!”
“Follia o solo volontà? Fiducia? Speranza? Fede.” Tsubasa lo guardava con sincero dispiacere. Adagio camminava verso di lui. “Sono uomini che credono negli uomini, nonostante siano consapevoli di quanto dolore essi possano causare ai propri simili e alle altre creature. Credono nella forza individuale di ciascuno di loro e sono convinti che non si debbano punire tutti, ma solo i colpevoli. Anche loro amano questo pianeta, proprio come te, seppur in modo diverso, e sono disposti a tutto pur di proteggerlo.”
“Non avvicinarti!”
“Devo.”
La rabbia di Natureza divenne un latrato terrorizzato. “Non osare farlo!”
“Non mi hai lasciato altra scelta. Ti avevo chiesto di fermarti… di rifuggire i tuoi propositi… ma tu non li rinnegherai mai, non è così?” Tsubasa si fermò a un passo da lui, tanto che se avesse sollevato una mano l’avrebbe toccato.
“Certo che no! Perché dovrei rinnegare di amare il mio pianeta?!” Natureza si tirò indietro per quanto poté, ma con le caviglie bloccate era impossibile. Perse l’equilibrio e si ritrovò a terra, seduto. Stavolta era Tsubasa a torreggiare su di lui, ma la sua figura non era imponente né voleva imporsi su qualsiasi altra. Semplicemente lo guardava dall’alto.
“Allora non posso fare altrimenti.” Tsubasa si inginocchiò, i visi erano alla stessa altezza e potevano guardarsi occhi negli occhi. Quelli del Nero erano lucidi, spaventati come quelli di un bambino cui volevano fare il più grande male del mondo.
“Non farlo!”
Tsubasa levò la mano.
“Non farlo…”
“Non c’è soluzione.”
Le lacrime vennero giù dalle iridi pure di Natureza. “Allora uccidimi! Uccidimi, tanto sarebbe la stessa cosa! Sarebbe come morire!”
“Nemmeno questo posso farlo…” Per quanto deciso, Tsubasa non era felice della scelta obbligata, ma con Natureza a piede libero, Elementia e le sue genti non sarebbero mai stati al sicuro. “…mi dispiace.”
Il Nero tentò di ritrarsi disperato un’ultima volta, ma la mano di Tsubasa si poggiò inesorabile, seppur con tocco gentile, sul suo capo. Il palmo gli copriva la fronte lasciando liberi gli occhi, che erano spalancati.
Il potere elementale fluì dal Principe al Nero, in un primo momento, che si ritrovò la mente piena di calore, un calore così avvolgente e meraviglioso che gli apparve ultraterreno; poi il flusso si invertì, e il potere scemò dal Nero al Principe che lo assorbì completamente, fino all’ultima scintilla. La Genesi, invece, la scheggia magica che albergava in ogni essere umano e che non poteva essere estratta venne sigillata e resa inutilizzabile. Per sempre.
Il Nero era stato privato di tutti i suoi poteri elementali. In quel momento cessò di essere un alastro.
Gli occhi persero ogni barlume di vitalità, si spensero lentamente, come se togliendogli i poteri gli avessero tolto tutto. Natureza smise addirittura di lottare e cercare di liberarsi. Con le orbite vuote che guardavano senza vedere chinò il capo, sotto al suo stesso peso.
La mano di Tsubasa si spostò sull’onice. Non ebbe bisogno di toccarla, l’influsso della Chiave agì a distanza. La luce sfumata nei colori elementali inondò la pietra e tutte le venature che la Magia Nera aveva diramato nel corpo dello Stregone alla base del collo e lungo le prime vertebre si illuminarono, rendendosi visibili da sotto la pelle; poi iniziarono a ritirarsi. Erano veloci, correvano nuovamente alla pietra affinché le riassorbisse. Quando furono tutte nell’onice questa si mosse da sola.
Se prima qualcuno avesse provato a strapparla a mani nude non ci sarebbe mai riuscito senza ucciderne il portatore, ora invece la pietra emerse dalla sua allocazione senza che nessuno la toccasse. L’incastonatura cadde al suolo con il tintinnare metallico del platino. L’onice invece rimase sospesa nel vuoto, prima di frantumarsi come fosse stato un cristallo. Nel collo del Nero non rimase alcun segno, come se la pietra non ne avesse mai intaccato la pelle.
Tsubasa chiuse la mano e il potere della Chiave cessò.
Ora, Natureza non era più nemmeno uno Stregone, ma solo un essere umano come tanti altri.
Il giovane non disse nulla, non tentò di dimenarsi, non protestò né maledì il Principe. Seguitava a guardare la terra ai suoi piedi, le braccia abbandonate al suolo e gli incantesimi che lo tenevano fermo si ritrassero piano, tornando ai loro proprietari che, adagio, iniziarono a rialzarsi.
Teppei si sforzò, riuscendo a mettersi a sedere. Sanguinava, ma non era nulla che una buona fasciatura e qualche punto non avessero potuto curare. Cercò Hajime con lo sguardo e lo vide ancora sdraiato. Aiutandosi con le rocce, si alzò. Gli faceva male dappertutto, ma trascinarsi non era poi così doloroso come sembrava, così strisciò i piedi fino al Tritone, prima di crollare nuovamente a terra, seduto sui talloni.
Hajime apriva e chiudeva gli occhi, fissando dapprima il cielo e poi gli occhi del compagno che si erano affacciati nella sua visuale.
“Che guardi?” biascicò il tyrano. Lui si strinse nelle spalle.
“Mi godo il panorama. Non è niente male.”
Si scambiarono un’occhiata di intesa e poi iniziarono a ridere piano tutti e due, per quanto il dolore fisico glielo permettesse.
Hajime sollevò una mano che il tyrano non mancò di stringere, mentre pensava che aveva mantenuto la parole: la fine l’avevano vista insieme, ma c’era ancora tantissimo che avrebbero dovuto vedere. Sempre insieme. In quel momento, però, ridere sembrò la cosa più importante a essergli rimasta.
“E’ finita.”
Tsubasa lo disse a Natureza, alzandosi piano. D’intorno, si era scatenata la ritirata strategica da parte degli Stregoni a dorso dei kamalocha e di quelli ancora a piedi. Chi poteva, montava in sella al primo cavallo libero per darsi alla fuga. Non c’era dubbio che qualcuno si sarebbe salvato, ma con l’organizzazione decapitata del proprio capo non sarebbe stato facile, per loro, ricostruire il potere. La guerra alla Magia Nera non cessava solo perché il Nero non esisteva più, questo Tsubasa lo sapeva e non solo lui. Avevano ottenuto una pesante vittoria, ma molto ancora restava da fare.
“Si stanno ritirando, il tuo piano è fallito. Non c’è alcun motivo per cui tu venga rinchiuso nella prigione di Raj, non puoi più far del male a nessuno.” Tsubasa lo superò per raggiungere il Comandante Hongo che, da lontano, avevano assistito allo scontro, consapevole di non poter intervenire. Altri soldati ed Elementi iniziarono ad accorrere sulla scena; mentre i Master dettavano ordini per recuperare i feriti e inseguire i fuggiaschi.
“Sei libero di andare dove vuoi” disse infine e quella decisione lasciò perplesso Mamoru, ma non solo lui.
La Fiamma si era messa a sedere; fisicamente non era ridotto troppo male, ma spiritualmente era devastato. Avrebbe avuto bisogno di molto riposo prima di poter essere in grado di usare i suoi poteri senza conseguenze. Guardò il Principe allontanarsi con decisione e senza mai voltarsi indietro. Dalle sue mani il potere della Chiave emerse di nuovo, separandosi da lui per tornare ad assumere la forma umana che rispondeva al nome di ‘Ryo’. Nemmeno lui sembrava particolarmente convinto di quella decisione, infatti lo scorse parlargli animatamente, ma Tsubasa era irremovibile.
Spostò allora lo sguardo sul volante. Anche Yuzo era seduto, ma diversamente da lui, era la schiena di Natureza che stava fissando, con profondo rammarico.
L’ex-Stregone ed ex-Elemento si era alzato e aveva preso ad allontanarsi un passo alla volta nella direzione opposta a quella del Principe.
Perdere i propri poteri era devastante. La Fiamma ripensò a quando Yuzo si era incaponito a non usarli più per punirsi di ciò che era avvenuto a Sendai. Ricordò quanto doloroso fosse e probabilmente era anche per questo che l’uccellino fissava l’ex-compagno con tanto dispiacere, oltre al fatto che, nonostante tutto, Mamoru sapeva che continuava a considerarlo come un fratello e anche se avevano tentato di uccidersi a vicenda, soffriva per lui.
Con lo sguardo, si mise anche lui a scortare la marcia di Natureza chiedendosi dove stesse andando o se davvero si rendeva conto di come si erano capovolti gli eventi. Quando lo vide fermarsi davanti alla spada che Tsubasa aveva abbandonato al suolo si domandò se non fosse tanto stolto da tentare di assaltare nuovamente il Principe, questa volta con la forza dell’acciaio. Non avrebbe avuto scampo, tra maghi e soldati sarebbe morto di sicuro.
Natureza raccolse l’arma e un sibilo contrariato gli sfuggì.
Pazzo.
Non c’era altro termine per descriverlo se non quello, secondo Mamoru.
Eppure, Natureza riuscì a sorprenderlo ugualmente.
“Credi davvero che io possa vivere in questo modo, Tsubasa?!” La voce del giovane riecheggiò per la piana, fermando il passo del Principe. Quest’ultimo si volse, ma c’era una strana rassegnazione sul suo volto, mentre su quello di Natureza c’era rabbia e voglia di vendetta. “Beh, ti sbagli! Così come ti sbagli pensando che sia finita!” Con un gesto secco estrasse l’acciaio alzando il viso al cielo e urlando con tutto il fiato che aveva. “Cario! Non dimenticare qual è il nostro obiettivo! Non dimenticarlo, fratello!” Ruotò la lama e con un gesto secco e veloce si trafisse il petto e gelò gli astanti.
Il braccio del volante rimase disteso e la mano spalancata nel tentativo di fermarlo, ma senza avere tempo di farlo.
Mamoru ammutolì perché quello non se l’era davvero aspettato e lo stesso si poté dire per Hajime e Teppei.
Tsubasa, invece, non parve sorpreso. “No, Natureza, non lo credevo” disse, prima di voltargli nuovamente le spalle. La fine non sarebbe potuta essere diversa, qualsiasi scelta avesse compiuto.
La Fiamma seguì il corpo dello Stregone più ricercato di tutto il pianeta nel suo scivolare al suolo e restare lì, abbandonato nella polvere e con lo sguardo rivolto al cielo. Le mani lasciarono l’elsa della spada e si levarono verso la volta celeste. Distese le dita, quasi avesse potuto toccarlo ancora, volare ancora, sentire il fluire del vento ancora. Forse stava sorridendo. Le mani ricaddero piano fino a che non toccarono terra, poi non si mossero più.

“I do believe in the light /
Credo nella luce.
Raise your hands up to the sky /
Solleva le tue mani al cielo.
The fight is done /
La battaglia è finita,
the war is won /
la Guerra è vinta.
Lift your hands /
Solleva le mani
towards the sun /
verso il sole,
towards the sun /
verso il sole,
towards the sun /
verso il sole,
towards the sun /
verso il sole.
The war is won /
La Guerra è vinta.

Diversamente da quanto aveva pensato, Mamoru non si sentiva soddisfatto né felice. Non si sentiva galvanizzato dall’esserne usciti tutti, non sentiva dentro di sé la gioia di poter gridare: “La guerra è finita!”, ma prese tutto come un semplice dato di fatto. La guerra era finita, sì, e lui era cambiato troppo e aveva visto troppe cose per poter esultare come fosse stato ancora un ragazzino. Di lontano però li sentì. I soldati festeggiavano e così anche gli altri Elementi. Lui si guardò intorno, levò lo sguardo e vide una di quelle strane bestie indugiare di più nel cielo. Girava intorno a dove giaceva il corpo di Natureza. Sul suo dorso sembrava esserci qualcuno, ma a quella distanza non riusciva a vederlo bene. Poi se ne andò, volando veloce.
Mamoru se ne disinteressò, tanto c’era chi si sarebbe occupato di lui. Abbassò di nuovo lo sguardo sul volante e lo vide ancora seduto. La mano abbassata e il capo chino. Quando lo sollevò fu lui che i suoi occhi cercarono.
La Fiamma si alzò lentamente. Tenendosi l’addome e avanzando con passo malfermo lo raggiunse. Gli si sedette di fronte. Il tutto senza dire una parola e senza guardargli negli occhi.
Poi Yuzo ruppe il silenzio. “Stai bene?”
“Sono vivo.”  Che non diceva tutto, ma il necessario.
“Anch’io.”
Mamoru annuì. Con gli occhi si accertò delle sue ferite; non sembrava messo male, ma aveva bisogno di cure. Poi vide la mano fasciata che continuava a sanguinare. Inarcò un sopracciglio e la prese tra le sue per stimare il danno.
“Che hai fatto?”
“Ferite di guerra.” Yuzo si strinse nelle spalle.
“Com’è successo?”
“Come succede sempre: stavo combattendo e sono stato colpito. Non si è lesionato alcun tendine. Ho solo bisogno di una buona fasciatura.”
Mamoru sollevò il tessuto e vide quello che gli sembrava il taglio di un coltello o di una spada sottile. Gli passava il palmo da parte a parte. “E’ stato Faran?” domandò in tono distaccato e fermo.
Yuzo studiava le sue reazioni. “Faran è morto.”
“Lo so.”
La Fiamma non ebbe la reazione che Yuzo aveva immaginato, forse perché erano cambiate così tante cose che avevano finito col cambiare irrimediabilmente anche loro. Mamoru gli aveva risposto ancora in tono distaccato e senza nemmeno guardarlo. Non era sorpreso, ma anche se non lo mostrava apertamente urlandogli contro, era irritato.
Il volante sospirò. “Siamo in guerra. Non era possibile non sporcarsi le mani.”
“So anche questo.” Il fyarish terminò la sua ispezione della ferita e finalmente lo guardò. Un’occhiata fissa e diretta. “Dobbiamo comunque parlarne.”
“Di cosa?”
“Della tua aggressività.”
Yuzo si strinse nelle spalle e minimizzò. “Non sono aggressivo.”
“E io non sono cieco.” Mamoru non aveva voglia di ignorare il problema. Era divenuto evidente negli ultimi tempi e si era stancato di procrastinarlo ogni volta solo perché c’era la guerra cui pensare e la salvezza del Principe. Ora Tsubasa era al sicuro, la guerra era finita e anche se le loro ferite sanguinavano ancora era lì che avrebbero dovuto parlare della questione. “Cosa ti ha detto Natureza?”
“Quando?” Yuzo girò il volto guardando ciò che lo circondava. Non sembrava esserne realmente interessato, ma voleva solo distogliere lo sguardo da quello del compagno.
“Prima di colpirti al viso, ti si è avvicinato e ti ha sussurrato qualcosa all’orecchio. Cosa ti ha detto?”
“Niente di importante.”
“La guerra è finita e non ci sono più sacri giuramenti del cazzo, quindi non mentirmi ancora.”
Il tono distaccato assunse una nota più aspra che fece girare nuovamente il volante.
Mamoru non avrebbe lasciato perdere, non questa volta, Yuzo lo capì. Tentò comunque di prenderla meno sul serio di come avrebbe dovuto e fece spallucce. “Ha detto che una volta sciolta la bestia non posso sperare di rimetterla in gabbia. Probabilmente parlava dell’onice.”
“Io non credo. Non conosco tutti i retroscena del vostro ordine, ma mi sono fatto un’idea sulla faccenda. E non mi piace.”
Mentre parlavano, Mamoru continuava a tenere la mano ferita dell’uccellino nella sua. Nessuno dei due se n’era accorto. Troppo presi dal discorso, forse, o forse erano così abituati ad avere un contatto tra loro, uno qualsiasi, da non rendersene nemmeno conto. 
“Magari è sbagliata, che ne sai?” Yuzo rispose di nuovo con una certa ironia. Cercava di sdrammatizzare, ma soprattutto di cambiare discorso. Mamoru non raccolse, non volle, il suo modo di glissare sull’argomento. Non smise di guardarlo nemmeno per un attimo.
“Non è la pietra il problema. Essa è solo un tramite, un mezzo. È il lasciapassare per arrivare all’Inconscio e aprirgli le porte che voi tanto vi ostinate a tenere chiuse. Non è l’onice a rendevi malvagi… lo siete già.” Vide l’uccellino fermare le sue iridi su un punto imprecisato del terreno. Non c’era più ironia sul suo volto, ma aveva un’espressione sconfitta. Mamoru non gli stava dicendo qualcosa di nuovo e questo gli fece capire di aver visto giusto, così continuò. “Natureza ha detto che in ogni essere umano c’è una punta di male, così come c’è del bene. Solo che in quelli come noi bene e male non vivono separati, ma crescono insieme e si bilanciano. Voi invece rinchiudete la negatività in un angolo e in questo modo assume una sua identità. Quasi come se due individui vivessero nello stesso corpo.”
Yuzo rimase in silenzio. Il suo sguardo si levò per fermarsi sul cadavere del Nero. “Dovremmo essere puniti come lui” decretò infine.
Mamoru scosse animatamente il capo. “Non dire assurdità.”
“Sì, invece. Noi siamo pericolosi, Mamoru. Siamo un rischio per tutti.” L’uccellino era serio, glielo lesse in quegli occhi che non sapevano più mentirgli e che ora erano fissi nei suoi. Forse fu questo che colpì di più la Fiamma. “Per anni ho finto di non aver compreso come stessero le cose. Ho sepolto questa consapevolezza, assieme a tutte le altre, sotto l’incantesimo di Autocontrollo. Ma ora… non posso più fingere… ignorare…”
“Quando a Ghoia hai spezzato i tuoi blocchi mentali, anche quello è…”
“In parte.” Yuzo spostò lo sguardo e inspirò a fondo. Accennò un mezzo sorriso e gli confessò le sue sensazioni. “E’ forte. La sua presenza, il suo istinto sono molto forti, più di quello che avessi mai pensato. Quando combatto sento che spinge per avere il comando. Non è facile sfruttarne la potenza solo un po’ alla volta. Quando sono sopraffatto dalla rabbia mi sembra di arrivare al limite che ci separa.” Prese fiato, ancora. “Dovrebbe toccarmi la stessa sorte di Natureza.”
“E tu vuoi farmi credere che se ti estirpassero i poteri o se te li sigillassero come avviene a Raj tu non cercheresti la fine come ha fatto lui?!” Il tono di Mamoru era concitato, arrabbiato. Cercò di non alzare la voce per non farsi sentire, ma quando Yuzo non rispose gli strinse istintivamente la mano ed emise uno sbuffo teso. Poi addolcì il proprio atteggiamento stemperando l’asprezza e cercando una soluzione. “Ascolta. Non so in quanti abbiano davvero capito la pericolosità di tutto questo e di certo non saremo noi a metterla in piazza. Inoltre, presto la pietra ti verrà tolta e con i vostri incantesimi potrete rafforzare il sigillo dietro cui resta chiuso l’Inconscio. Nessuno potrà scioglierlo e l’aggressività che hai assorbito la controlleremo.”
“La controlleremo?” ironizzò Yuzo, calcando volutamente sul plurale, ma Mamoru non si scompose, anzi. Ribadì il concetto. Occhi negli occhi.
“Sì. La controlleremo. Insieme. Ti aiuterò io.” La sua determinazione colpì l’alastro che incassò il colpo. “Non faccio promesse a vanvera e non ho di certo dimenticato quella che ho scambiato con te.”
Gli occhi del volante si fecero lucidi e li distolse affinché l’altro non li vedesse, ma invano.
Mamoru si ritrovò a sorridere, questa volta con sincerità. Il suo uccellino aveva ancora bisogno di lui, così come lui sapeva di aver bisogno di Yuzo. C’era poco da fare, ne era cosciente ormai.
Mamoru gli poggiò una mano sulla guancia, cancellando una lacrima che, chissà come, era sfuggita al controllo e tentò di risollevare il suo spirito.
“Ehi, forza. Non c’è motivo di essere tristi, adesso. La guerra è finita. Siamo tutti e quattro vivi. Abbiamo scritto la storia.”
Yuzo osservò il suo entusiasmo e non rifuggì il tocco del compagno, ma si lasciò contagiare. Il sorriso si affacciò incerto alle labbra, prima di allargarsi e snudare i denti.
“Sì, l’abbiamo scritta” convenne. I suoi occhi cercarono Hajime e Teppei che vide, più distanti, prestarsi soccorso a vicenda. Anche loro sorridevano.
Avevano fatto la differenza e ne erano usciti.
Andava tutto bene, no?
Sarebbe andato tutto bene.
Yuzo se ne convinse, anche se poteva sembrare difficile, eppure aveva affrontato tantissime difficoltà che aveva creduto fossero insormontabili; una in più non faceva differenza, avrebbe superato anche quella. Non era da solo.
D’improvviso, un filo di luce riuscì a toccare terra, creando una striscia incorporea ma visibile. Yuzo sollevò il capo e il suo sguardo si perse nel cielo dove la spessa coltre di nubi aveva iniziato a sfaldarsi.
“Guarda…”, disse a Mamoru, “sta tornando il sole.”
I raggi fecero capolino e uno si posò, indisturbato, sulle loro mani ancora unite.

“I believe in nothing /
Non credo in nulla,
not the end and not the start /
non alla fine e non al principio.
I believe in nothing /
Non credo in nulla,
not the earth and not the stars /
non alla terra e non alle stelle.
I believe in nothing /
Non credo in nulla,
not the day and not the dark /
non al giorno e non al buio.
I believe in nothing /
Non credo in nulla,
but the beating of our hearts /
tranne al battito dei nostri cuori.
I believe in nothing /
Non credo in nulla,
one hundred suns until we part /
mancano cento giorni alla nostra separazione.
I believe in nothing /
Non credo in nulla,
not in satan, not in god /
non in satana né in dio.
I believe in nothing /
Non credo in nulla,
not in peace and not in war /
non alla pace e non alla Guerra.
I believe in nothing /
Non credo in nulla,
but the truth of who we are /
tranne alla verità di chi siamo.

30 Seconds to MarsThis is War

 

E la chiamano Guerra, la chiamano Guerra
quel sanguinario scannarsi per un pezzo di terra,
per un ideale fasullo, una fede, un valore
che in una vita nasce e in un secondo muore.

 


[1]“SAPKE… SET”: “Che l’aria rifugga le mie mani ove il vuoto divorerà le fiamme di cui non sarà mai sazio.”
(sapke = sazio, ilu = mai, satir = sarà, nehin = non, dohi = cui, na = di, furei = fiamme, he = le, gavir = divorerà, vuoto = tùon, hel = il, meri = dove, kirai = mani, muni = mie, he = le, fugit = rifugga, balisha = aria, he = la, set = che)

[2]“VOLUTIA… MAI”: “Io sono la mano che richiama l’ombra e il soffio che le dà vita. Risorgano coloro che non possono più morire e siano l’arma del mio volere.”
(volutia = volere, munc = mio, nal = del, gunno = arma, he = la, sati = siano, o = e, moris = morire, mailu = più, kenné = possono, nehin = non, set = che, deshi = coloro, surendan = risorgano, veis = vita, dé = dà, he = le, set = che, fui = soffio, hel = il, o = e, sumbra = ombra, he = la, shamal = richiama, set = che, kira = mano, he = la, saté = sono, mai = io)


 

…Il Giardino Elementale…

 

Finisce così la Grande Guerra che ha accompagnato la lunghissima stesura di questa storia e che le ha anche dato il titolo!!! X3333
Il Nero è stato sconfitto, ma gli Stregoni non sono stati annientati anche se hanno subito una gravissima disfatta.
La Chiave ha mostrato il suo potere, gli Ozora hanno vinto e agli Elementi non resta che ricominciare proprio da lì, da quel momento priciso.
Il sole è nuovamente tornato sulle Terre del Nord.
Il prossimo sarà il penultimo aggiornamento - e quindi 'ultimo' capitolo prima dell'Epilogo - e io ne approfitto per continuare a mettere online i nuovi volumi della "Enciclopedia Elementale"! A fondo pagina troverete, infatti, il Volume Nono dedicato alle Sacerdotesse Elementali e agli Elementi Eterni! :D Un modo per conoscere meglio il tanto odiato ordine di fanatiche XD
E in più aggiornata anche la raccolta di Fanart con un disegnino che raffigura le madri di Yuzo e Mamoru. Penso che per la prossima storia disegnerò anche i genitori di Hajime e Teppei! *w*

Oramai siamo davvero alle battute finali, quindi, grazie ancora per essere con me in questi ultimi aggiornamenti! :D


Galleria di Fanart (NUOVA IMMAGINE!!!)

- Madri - Sakura&Arya

Enciclopedia Elementale (AGGIUNTO IL NONO VOLUME!!!):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega
  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)


  • 7) Enciclopedia Elementale - Volume Settimo: Le Terre dell'Oltre

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Paràdeisos
  • Capitolo 3: Gefüra
  • Capitolo 4: Infero
  • Capitolo 5: Creature: Salamandre
  • Capitolo 6: Creature: Silfidi, Ondine, Gnomi
  • Capitolo 7: Creature: Driadi, Diavoli
  • Capitolo 8: Creature: Maustaki


  • 8) Enciclopedia Elementale - Volume Ottavo: Gli Stregoni di Huria

  • Capitolo 1: Storia
  • Capitolo 2: Gerarchia Stregonesca


  • 9) Enciclopedia Elementale - Volume Nono: Le Sacerdotesse Elementali e gli Elementi Eterni

  • Capitolo 1: L'Ordine Sacerdotale
  • Capitolo 2: Gli Elementi Eterni
  • Capitolo 3: Le Sacerdotesse Elementali
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