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Autore: StephEnKing1985    05/07/2007    1 recensioni
Sequel del primo capitolo "Semplicemente... Un bacio". Due ragazzi tenteranno di separare Emanuele e Marco. Ce la faranno? Oppure succederà qualcosa di imprevisto?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Molte ore più tardi, dopo aver finito il suo turno all’ospedale, Emanuele se ne stava disteso sul letto a guardare il soffitto

Molte ore più tardi, dopo aver finito il suo turno all’ospedale, Emanuele se ne stava disteso sul letto a guardare il soffitto con le mani dietro la nuca. Pensava e ripensava alla conversazione avuta col suo ragazzo la mattina… Non capiva perché il suo amore fosse così nervoso in quei giorni, e non capiva un’altra cosa… uno strano bisogno che gli era venuto, che non sapeva nemmeno cosa fosse… un bisogno che Marco non riusciva a soddisfare. Il pensiero lo scosse per un momento, facendogli credere che Marco non lo completava abbastanza, ma poi spalancò gli occhi e scosse la testa, formulando la diagnosi perfetta: Emanuele sei troppo stanco.

Per non essere disturbato da sua madre aveva chiuso la porta a chiave, ricreando l’ambiente perfetto che lo ospitava quand’era ancora un bambino: la sua stanza dei pensieri. Da quando era andato via da casa un anno fa, in camera sua non era cambiato proprio nulla. La scrivania era in perfetto ordine, con la lampada inclinata di quarantacinque gradi verso destra, i suoi strumenti da disegno infilati nel portapenne, la carta ruvida da una parte e quella liscia dall’altra. Sopra, la libreria traboccava di Dylan Dog perfettamente conservati nonostante l’anzianità dei titoli, in ordine rigorosamente cronologico in base al numero di uscita. Appesi alle pareti, vari poster incorniciati sopravvissuti al trasferimento Viterbo – Milano, tra i quali spiccavano alcuni di Madonna e un paio delle Spice Girls, rimasugli del suo periodo eterosessuale… non gli piacevano tanto le canzoni che cantavano le cinque inglesi, no… gli piacevano loro. Ricordava quando Geri Halliwell si pavoneggiava nei video con quegli occhi profondi e la portata massima del suo corpo, così formoso e sodo (gli venne da ridere pensando che adesso stava con un ragazzino più giovane di lui di tre anni e per di più magro come un chiodo…) che lo eccitava a tal punto che la sua mano correva sempre fino alla patta dei pantaloni, armata di fazzoletto con cui pulire il risultato della sua libidine. Ridacchiò per un momento, prima di tirarsi su dal letto e andare alla scrivania. Aprì i cassetti, scoprendo che anche lì tutto era in perfetto ordine, fino a che non trovò qualcosa che lo attirò particolarmente. Una fotografia.

La prese in mano e la esaminò con gli occhi. Raffigurava la sua vecchia classe della scuola media. Diciotto ragazzini in posa, di cui sei maschi e dodici femmine che guardavano l’obiettivo, chi sorrideva, chi sbuffava, chi guardava da un’altra parte. Lui si rivide lì, nella fila centrale all’estrema destra, accanto a lui un ragazzetto dai capelli rossicci, con gli occhiali e le lentiggini sulla faccia lo guardava attentamente, e la sua espressione in volto era quasi un sorriso adorante, totalmente ignorato dall’espressione superba e cattiva di colui che gli stava vicino con le braccia conserte, con quei capelli sparati dappertutto e il primo orecchino a brillante sull’orecchio sinistro. Emanuele fu colto nuovamente dalla risatina isterica, nel ricordare chi era quel ragazzo, e la sua mente andò di nuovo a quei giorni….

 

….Il corridoio della scuola era totalmente deserto, dopo le lezioni. Tutti gli studenti se n’erano andati già da un pezzo. Tutti, eccetto uno. Emanuele sedeva al suo banco con lo zaino attaccato dietro, a tenersi le braccia conserte e a guardare il banco davanti a sé. Sarebbe dovuto rimanere lì per punizione finché non fosse arrivato suo padre a prenderlo (ben sapendo che gli sarebbe aspettata una di quelle ramanzine coi fiocchi), per ordine del Preside. Anche quel giorno aveva fatto l’antipatico con i suoi compagni ed era scoppiata una lite…Naturalmente, la partitocrazia imperante nella scuola, capeggiata dal Preside Bianchi, tendeva a dare sempre la colpa alla mela marcia della Terza D, ovvero Emanuele Ricciarelli. Poco importava poi se erano stati loro a cominciare, chiamandolo “morto vivente” “Frankenstein” e “Schifoso bastardo”… Lui li aveva solo picchiati ben bene per difendersi, dando un’ottima scusa per avercela con lui. Così era restato in classe ad aspettare il padre, in completa solitudine, che fu rotta soltanto da lievi passi nel corridoio.

 

“Ci siamo…. Ora viene qui e mi tira una di quelle sberle da primato…”

 

Si preparò mentalmente all’arrivo del genitore, quando le sue preparazioni mentali furono deluse dall’arrivo di ben altra persona. Questi era un ragazzo dagli occhi verdi, con gli occhiali, i capelli arancio-dorati con qualche filo bianco, la pelle candida come la neve e una spruzzata di lentiggini. Emanuele alzò un sopracciglio perplesso.

 

-Valerio? Che ci fai qui?-

 

Il ragazzino non rispose subito, si guardò intorno più volte come un ladro che ha appena svaligiato una banca, quindi chiuse la porta e venne avanti, lentamente… Quasi come se stesse per combattere contro un nemico che Emanuele non poteva vedere. Il suo comportamento lo irritò non poco, ma a frenarlo ci pensò la sorpresa del trovarselo lì in classe, per qualche inspiegabile motivo. Sarebbe stato proprio contento di sapere perché cazzo Valerio fosse tornato in classe invece di andarsene a casa. Lo osservò in quella sua strana camminata. Era il ragazzo più taciturno e tranquillo della classe, dopo di lui, solo che non godeva di una buona fama. Gli altri lo chiamavano “checca” “finocchietto” “frocetto”, e lo picchiavano sempre. Emanuele compreso, che si limitava però a tirargli qualche sberla ogni tanto e a tirargli calci. Lo vide sedersi di fronte a lui, e lo guardò negli occhi. I suoi occhietti verdi erano lucidi dietro le lenti, il suo volto era paonazzo. Aprì la bocca e udì un filo di voce trasformarsi in parole…

 

-I-i-io…. Volevo… volevo p-parlarti….-

-Uff… che cazzo vuoi, Valerio? Parla, non farmi perdere tempo.-

 

Il ragazzetto restò zitto per quasi cinque minuti, mentre Emanuele stava già perdendo la pazienza. Improvvisamente, il suo interlocutore parlò di nuovo.

 

-Tu… tu mi …. Mi….-

-”Io” che cosa??? Ti vuoi decidere a parlare sì o no???-

-Tu…. Tu mi piaci!-

 

Quelle tre parole bastarono a sconvolgere Emanuele, che per tutta risposta restò zitto e lo fissò con astio, mentre quello continuava, guardando un punto indefinito del pavimento…

 

-Io ti amo, Emanuele Ricciarelli… sei un ragazzo bellissimo, forte…. Io…. Ho perso la testa per te…-

 

Con uno scatto di rabbia, Emanuele si alzò dalla sedia spingendo il banco addosso a Valerio, prese il suo zaino e si allontanò verso la porta. Valerio si spaventò, ma quando lo chiamò per dirgli cosa gli prendeva, Emanuele gli rispose incazzatissimo.

 

-Vedi di starmi lontano d’ora in poi, frocio. Farò finta che tu non mi abbia mai detto niente, ma prova soltanto a rompermi ancora i coglioni, e io ti giuro che ti farò pentire di essere nato. Mi sono spiegato?-

 

Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere, che prese la porta e uscì dall’aula, lasciando il ragazzo in lacrime, a piangere accasciato al suo banco.

 

….Ripensarci in quel momento, quand’era bello che fidanzato con un ragazzo simile a lui (se non per qualche particolare fisico differente), lo fece sospirare. Si doveva essere comportato parecchio male, pensando alle migliaia di ragazzi gay che venivano respinti in malo modo e nel peggiore dei casi venivano perseguitati duramente… All’epoca lui era stato un “persecutore” (anche se la definizione non era corretta riferita a lui) e adesso era un “perseguito” (altra definizione che non gli calzava proprio) … Dimenticò immediatamente il suo ragazzo Marco e pensò che doveva delle scuse al suo vecchio compagno delle medie. Si alzò dalla sedia e andò ad un vecchio scatolone polveroso tenuto sull’armadio, che conteneva tutti i suoi effetti personali della scuola. Sollevò un nuvolose di polvere, ma alla fine gli riuscì di aprirlo correttamente e di frugarci dentro. Prese un diario. Due. Tre. Al quarto, trovò quello che cercava. Il suo vecchio diario di terza media, dove ricordava vi fosse un foglio con tutti gli indirizzi e numeri di telefono dei compagni. Sfogliò una pagina, due, trenta… E trovò quello che cercava. Scorse tutti i diciotto indirizzi con gli occhi fino a trovare quello che cercava. Sorrise e lo segnò su un foglietto, quindi rimise a posto ed uscì dalla stanza.

 

*****

 

L’indirizzo lo portò poco lontano da casa sua, davanti ad un alveare di periferia, alto come un gigante. La voglia di scusarsi di poco fa si era tramutata in una strana paura, che fermò il dito sul campanello prima che potesse premerlo.

 

“…E se dopo tutti questi anni non mi riconoscesse…? ..E…e se ci sono i suoi genitori in casa? Cosa gli dico? “salve sono un compagno di classe di vostro figlio, sono venuto a trovarlo…”? ….Non lo so….”

 

Senza che nemmeno se ne accorgesse, il suo dito premette il pulsante del campanello, che mandò un suono lievissimo simile a quello che si sente negli appartamenti quando suona qualcosa. Si pentì immediatamente di ciò che aveva fatto, tanto che iniziò a sudare freddo e ad imbarazzarsi di brutto, non sapendo bene cosa dire una volta che Valerio gli avesse…..

 

-Sì, chi è?-

 

…Risposto.

Una voce fievole e quasi femminile, però adulta, si fece sentire al citofono. In quel momento tutti gli istinti d’insicurezza di Emanuele fecero la loro comparsa. Cercò di parlare ma le parole gli si strozzarono in gola, pensò di andarsene ma non riuscì perché ormai era lì… Per tutta risposta, si limitò a dire soltanto…….

 

-C-ciao, Valerio!-

 

…Il citofono tacque un momento, probabilmente perché non riconosceva la voce che l’aveva salutato. Probabilmente Valerio era anche incavolato, pensando ad uno scherzo di qualche suo carnefice e magari aveva già riattaccato, pensò Emanuele…. Sospirò ampiamente, e per tutta risposta ricevette un ….

 

-…Ciao, chi sei?-

 

Emanuele sorrise debolmente, prima di rispondere

 

-Valerio, sono Emanuele. Emanuele Ricciarelli.-

 

Disse il suo nome cercando di mantenere al massimo la calma, ma ciò che ottenne fu soltanto di rendere la sua voce più profonda di quanto era già, magari rendendosi ridicolo… Al diavolo! Cosa gli importava di rendersi ridicolo? In fondo era andato lì per fare una chiacchierata, mica un colloquio di lavoro! Un altro silenzio del citofono. Pensò bene di romperlo con la prima frase che gli veniva in mente.

 

-Passavo di qui e… ed ero… Ero venuto a … a salutarti.-

 

Si immaginò di sentire il rumore del citofono che veniva riattaccato, e invece…

 

-Vieni su. Settimo piano.-

 

E Valerio riagganciò il citofono. Contemporaneamente, la porta d’accesso all’alveare si aprì, rivelando l’atrio e una grossa scala a chiocciola che saliva su, e un ascensore con su un cartello che diceva: GUASTO. Imprecò mentalmente, quindi prese le scale e si preparò a fare sette piani.

 

Arrivato a destinazione, vide la porta semichiusa dell’appartamento, che si aprì non appena lui toccò il pianerottolo con le scarpe. Avanzò lentamente verso la figura che gli si era rivelata… Valerio era diventato un bellissimo ragazzo, alto quasi come lui e dal fisico tonico di chi va in palestra, gli occhiali erano scomparsi lasciando il posto alle lenti a contatto che evidenziavano il taglio quasi orientale degli occhi e un nasino schiacciato spruzzato di lentiggini. I capelli avevano conservato la stessa acconciatura di quando era ragazzino, che ad Emanuele ricordò molto Trunks, personaggio che piaceva tanto al suo Marco. Indossava una maglietta bianca con su scritto “Nike”, un paio di jeans lunghi strappati sulle ginocchia e un paio di infradito gialle ai piedi. Emanuele restò quasi folgorato da quella visione, provando un’inspiegabile attrazione… Di solito non gli piacevano molto i ragazzi rossicci, anche perché se gli fossero piaciuti ci avrebbe già provato con Stefano, che somigliava un po’ a Valerio…. Ma quest’ultimo era davvero molto più carino. Restò senza fiato.

Dapprima Valerio sgranò gli occhi, poi iniziò a sorridere a Emanuele.

 

-Ciao… Come stai, Emanuele?-

 

Il suo sorriso era radioso, la sua voce bellissima… Teneva le braccia conserte, guardandolo attentamente… Per tutta risposta, Emanuele continuò a fissarlo, provocando un lieve rossore sulle guance del ragazzo. Poi, come per magia, Emanuele sembrò aver ricevuto la domanda.

 

-Io… sto bene! E tu…-

-Accomodati, ti posso offrire qualcosa?-
-Oh… sì… grazie.-

Gli parlava come se quell’evento alla scuola media non fosse mai successo. Di questo Emanuele se ne rallegrò, ma al tempo stesso ne fu inquietato, in quanto non sapeva se ricordarglielo o meno. Come avrebbe reagito? Entrò nella casa. Il corridoio era piuttosto buio, quindi Valerio accese la luce per farlo vedere meglio, e lo scortò fino alla cucina, dove lo fece accomodare su una sedia. Il ragazzo aprì il frigorifero e tirò fuori una bottiglia di tè freddo e una di coca-cola. Notò che il ragazzo stava sorridendo sotto i baffi, come se fosse contento di qualche cosa.

 

-Tè o coca? Cosa preferisci?-

-Uh… un tè, grazie.-

 

Tirò fuori due bicchieri e vi versò la bevanda. Uno lo porse ad Emanuele, l’altro lo tenne per sé. Si sedette di fronte a lui.

 

-E’ una vera sorpresa averti qui a casa mia per la prima volta, Emanuele… come mai sei venuto a trovarmi?-

 

Parlava con quel sorrisetto dolce stampato sulle labbra, evidentemente felice che il suo compagno fosse venuto a trovarlo.

 

-Io… io…-

-Sì? Dimmi, Emanuele. Forse sei venuto ad invitarmi ad una rimpatriata fra amici?-

-No… io volevo soltanto…-

-Cosa?-

 

Prese un momento prima di rispondere. Ora i ruoli si erano ribaltati. Ora era Emanuele che non riusciva a parlare con il suo compagno, forse bloccato dalla vergogna o forse…. Dalla bellezza del suo interlocutore, che lo osservava perplesso, per nulla arrabbiato o spazientito. Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi mentre pronunciava le sue parole…

 

-Scusami… per come ti ho trattato quella volta in classe… In fondo … non stavi facendo niente di male…-

 

Come per magia, il sorriso sulle labbra di Valerio sparì, per lasciare il posto ad un’espressione neutra priva di emozioni. Il ragazzetto abbassò lo sguardo, contorcendo le labbra e mordicchiandosi il labbro inferiore. Si portò il bicchiere alla bocca e bevve un sorso, quindi abbassò il bicchiere e tirò un lungo sospiro. Poi alzò lo sguardo e sorrise ancora ad Emanuele.

 

-Non importa, Emanuele. Quel che è stato è stato. Solo… non pensavo ti saresti mai scusato… Perché l’hai fatto?-

-Ecco, io… ho visto una vecchia fotografia di gruppo dove tu eri accanto a me… e … ho ricordato il nostro episodio… così ho ritenuto giusto dovermi scusare…-



Valerio sollevò un sopracciglio perplesso, osservandolo come un cagnolino che gira la testa di lato perché non ha capito cosa voglia dire il padrone. In quel momento tutti i peggiori imbarazzi di Emanuele gli montarono in testa, facendogliela girare. Per un momento pensò che avrebbe anche potuto collassare sul pavimento, tanto era l'imbarazzo, ma Valerio ruppe il silenzio con la sua dolce vocina.


-Ti chiedo scusa Emanuele, ma qui c’è qualcosa che non quadra. Dall'epoca in cui andavamo a scuola, nessuno dei nostri vecchi compagni si è mai scusato con me, dopo avermi trattato come un appestato per tutti quegli anni… adesso arrivi tu e mi dici che ti scusi? Sinceramente non capisco perché lo fai. Vuoi forse fare ancora la parte del "diverso"? Quello che va contro i regolamenti, che canta fuori dal coro...? E così? Altrimenti a cosa ti serve chiedere scusa a colui che chiamavano frocio?-



A quel punto Emanuele perse la pazienza, sbattè le mani sul tavolo e gli urlò contro, raggelandolo per un momento.


-Uffa!! Ti devo anche una spiegazione? Non mi pare! Mi sono scusato e basta! E ora me ne vado, tranquillo!-


-No! Aspetta ancora un po’, ti prego…-

 

In altri tempi gli avrebbe risposto “non pregarmi, schifoso frocio!”, ma in quel momento gli riuscì soltanto di rilassare i muscoli e restare lì seduto, vinto dall’imbarazzo e dalla bellezza del giovane Valerio. Sovente nel mondo gay sentiva dire che quelli con le lentiggini si trasformano in gran fighi dopo un’infanzia da sfigati… Aveva sempre riso di questi luoghi comuni, ma ora che stava parlando con la conferma vivente di tali dicerie, si sentì preso da un’inspiegabile emozione. Il lentigginoso finocchietto che era alle medie si era trasformato in un gran bel figo, ed era lì, tutto per lui… Si squadrarono attentamente, valutandosi l’uno con l’altro, poi Emanuele prese la parola.

 

-Certo che sei diventato un gran bel pezzo di ragazzo, con l’andare degli anni…-

-Eh? Che cos’hai detto?-

 

Emanuele sembrava aver ripreso lentamente la spavalderia che lo contraddistingueva.

 

-Ho detto che sei diventato un gran figo, e che se avessi un po’ di tempo ti scoperei volentieri.-

 

Naturalmente Emanuele scherzava, però si rese conto ugualmente di aver detto una cazzata fuori luogo. Valerio si portò le mani alla bocca, sgranando gli occhi stupito. Li fece correre dappertutto nella stanza, non sapendo bene cosa dire. Intanto Emanuele se lo godeva in tutti i suoi aspetti, pensando a quanto sarebbe stato eccitante fare sesso con lui. Improvvisamente il ragazzo davanti a lui si tolse le mani dalla bocca, articolando semplicissime parole.

 

-Vuoi… vuoi dire che tu… tu sei….-

 

Per tutta risposta, Emanuele annuì.

 

-Ah!!!-

 

Fu come se Valerio avesse avuto un infarto, però fu molto contenuto nella sua reazione. Squadrò Emanuele con sorpresa mista a felicità, fino a che non abbassò la testa e si portò le mani in grembo.

 

-Già, ma… sicuramente sarai già fidanzato…-

-Io??? No!!! Sono Liberissimo!!!-

-….-

 

Che cavolo aveva detto?? Che era libero? Se l’avesse sentito Marco gli avrebbe come minimo tirato un ferro da stiro sulla testa, poi ne avrebbe parlato ad Andrea che lo avrebbe ammazzato in modo lento e atroce, ricordando le sue parole alcuni giorni dopo che si era fidanzato con il suo piccolo amico: “Emanuele, tu mi conosci… io sono buono e caro, m’incazzo facilmente e forse posso anche sbagliarmi qualche volta, ma tu prova a far del male a Marco come fidanzato e io ti giuro che me la pagherai cara…. Sei avvertito.” Deglutì a fatica, pensando che ormai la frittata era fatta. avrebbe potuto salvarsi se si fosse alzato da quella sedia, percorso a ritroso il corridoio e avesse detto “Mi dispiace Valerio, ma per me si è fatto tardi e devo andare, sono stato felice di averti rivisto… Ciaociaociaociao” e chiudere la porta dietro di sé. Sì, avrebbe fatto così… se solo Valerio non avesse ricominciato a parlare.

 

-Emanuele… anch’io sono single…. Non sai quanto sia brutto, essere single da anni…. Da troppi anni…-

-…eh? Ma… ma scusa… tu sei così carino, perché non riesci a trovare nessuno?-

-Io… volendo avrei tanti pretendenti, ma… non me ne piace nessuno. Io non voglio nessuno….-

-Che cosa? Ma allora…-

-Emanuele… io sono…..-

-Cosa?-

 

Vide Valerio che cercava di aprire la bocca, ma poi la richiudeva per cercare parole migliori, ma non ci riusciva e si trincerava di nuovo nel silenzio… infine sospirò e tirò fuori la sua verità.

 

-Io sono ancora innamorato di te, Emanuele….-

-…………………………-

 

Il mondo cascò addosso ad Emanuele, mentre il suo interlocutore continuava.

 

-Non ho smesso di amarti neanche dopo che tu mi respingesti, quel giorno… Continuai a guardarti da lontano, sospirando, pensando a te… alla tua bellezza, alla tua dolcezza… Quando mi passavi vicino sentivo il mio cuore battere forte… Ho provato a dimenticarti, ma ogni cosa mi ricordava te… era più forte di me… scusami…-

-No… non devi scusarti… è normale amare una persona…-

 

Stava quasi per piangere, quindi Emanuele decise che era il momento di andarsene. Fece per alzarsi nuovamente, ma fu fermato da un “no” di Valerio, che lo fece restare lì.

 

-…Tu non immagini quanto io ti abbia pensato in questi anni… Ti prego, resta ancora un po’…-

-Ti ringrazio, ma devo proprio….-

 

Questa volta, un contatto fisico improvviso lo bloccò alla sedia. Valerio si era alzato dalla sedia, era corso accanto a lui e gli aveva preso la testa fra le mani, attirandolo a sé. Il rosso gli prese la testa fra le mani e lo baciò con passione, mentre il cuore di Emanuele batteva forte per l’emozione. Inizialmente sgranò gli occhi incredulo, ma mentre sentiva la lingua del ragazzo farsi strada nella sua bocca, si sentì appagato e intenerito, tanto che decise di rispondere al bacio. Le loro lingue si unirono in un duello sfrenato, toccandosi e sfiorandosi per quasi cinque minuti, fino a che Emanuele non si staccò e Valerio lo guardò teneramente, con quegli occhi verdi brillanti.

 

-Emanuele…. Tu non sai quanto io ti amo… Sei venuto a farmi una sorpresa, e io voglio stare con te…-

-Valerio, io….-

 

Non gli diede il tempo di rispondere, per tappargli nuovamente la bocca con le labbra. Mandava un profumo dolce, di fragole, e la sua bocca sapeva di lucidalabbra. Un gusto che Emanuele assaporò con voracità, quasi mangiandogli le labbra. Con un semplice gioco di seduzione, Valerio continuò a baciare Emanuele mentre camminava nel corridoio, accompagnandolo nella sua stanza da letto. Quando il ragazzone si staccò, vide una stanza buia illuminata soltanto da una lampada da tavolo, con un po' di libri aperti sopra. Evidentemente, con la sua visita, Emanuele aveva interrotto Valerio mentre studiava. Guardò il letto, pensando che Valerio fosse davvero molto impaziente... Infatti, il suo pensiero non fu disatteso. Valerio gli cinse le spalle con le braccia e lo baciò ancora una volta con passione, dandogli modo di assaporare il suo dolce sapore. Ormai privo di controllo, Emanuele buttò Valerio sul letto, iniziando a sbottonargli i pantaloni per raggiungere il suo sesso. Tuttavia, si fermò bruscamente.

 

-Ehi, un momento… Ma … siamo completamente soli?-

 

Valerio annuì sorridendo, senza staccargli gli occhi di dosso.

 

-Hm-hm..siamo completamente soli.-

-Dove sono i tuoi genitori?-

-Sono in vacanza da mia sorella, fino alla fine della settimana… ma anche se ci fossero, non ci sarebbero problemi. Basterebbe chiudere la porta……-

 

Indicò la porta, e subito Emanuele corse a chiuderla a chiave. Dimentico completamente dei suoi doveri di fidanzato, prese il cellulare e lo spense, buttandolo in un angolo della stanza. Ora era tranquillo. Lentamente si portò sopra Valerio e iniziò a toccarlo da sopra le mutandine, constatando che era già diventato duro… Valerio lo baciò ancora, questa volta più intensamente di prima. Le loro lingue duellavano senza sosta, vogliose l’una dell’altra, fino a che Emanuele non scese a baciargli il collo. Valerio gemette, stringendolo forte forte a sé, mentre Emanuele prendeva a dare delle leccatine che lo fecero eccitare ancora di più. Con la mano sinistra prese in mano il membro del ragazzo e iniziò a masturbarlo delicatamente, proprio come faceva con Marco….

(Quello sconosciuto)

Si chinò sul suo membro, sbottonandosi la camicia e rivelando i pettorali… e iniziò a strusciarli sul membro eretto di Valerio, che mandò dei gemiti più forti, mentre con le mani gli teneva le spalle.

 

-E’ questo quello che hai sempre desiderato, vero…?-

 

Valerio lo guardò quasi spaurito, ma con un’espressione dolce negli occhi, e annuì.

 

-E ora … sono qui…-

 

Molto lentamente, Emanuele aprì la bocca e si posizionò poco sopra il membro turgido del ragazzo. Quella bocca grondava di saliva, e alcune gocce scesero a toccare il ragazzo, che già pregustava ciò che lo aspettava. Come un predatore, Emanuele spalancò le fauci e prese in bocca il sesso di Valerio, giocandoci con la lingua e succhiandoglielo avidamente. I gemiti rochi di Valerio lo spinsero a continuare, sempre di più, sempre di più… fino a che non sentì il liquido caldo agrodolce di Valerio sulla lingua. Si staccò delicatamente, leccandosi i baffi, mentre Valerio arrossiva. In questo era simile a Marco

(quello strano sconosciuto)

…che aveva l’abitudine di arrossire ogni volta che riceveva dolcezze del genere.

Non ancora sazio, Emanuele passò a baciare il corpo del ragazzo, lo spogliò delicatamente dei jeans e delle mutandine, per farlo restare con la maglietta. Tolse anche quella, e ora ce l’aveva lì, nudo e candido come mamma l’aveva fatto. Non riusciva a credere che un rospo come quello si sarebbe trasformato in un principe… Iniziò a baciare ogni centimetro della sua pelle, leccandola e mordicchiandola, gesti che fecero salire alle stelle l’eccitazione di Valerio.

Poi, fu la volta di Valerio. Fece distendere Emanuele e iniziò a spogliarlo lentamente, baciandogli il corpo… Lo baciò sul torace, poi scese lentamente a leccargli lo stomaco e l'ombelico, gesti che fecero sussultare Emanuele, mentre lui scendeva sempre di più, fino a raggiungere il membro turgido del ragazzo, che Valerio prese in bocca e succhiò dolcemente. Emanuele gemette di piacere, mentre con le mani gli accarezzava i capelli, cercando di resistere per far durare di più quel piacere che il ragazzo gli stava regalando... finché non ce la fece più. Con un ultimo gemito, Emanuele venne abbondantemente in bocca a Valerio, che alzò lo sguardo e gli sorrise, asciugandosi la bocca con il dorso della mano. Ora, dopo tanto tempo che l'aveva osservato da lontano, ce l’aveva lì davanti, disteso e pronto a fare l’amore…

 

-Emanuele…. non sai quanto ho aspettato questo momento… ho continuato a cullarmi nell’illusione di averti, e adesso… il mio sogno è diventato realtà.-

 

Gli sorrise dolcemente, prima di posizionarsi su di lui e infilzarsi con il suo membro turgido. Il corpo caldo e tonico di Valerio mandò una scarica di piacere ad Emanuele, che volle prendere ancor di più possesso di quel ragazzo. Allora invertì i ruoli. Prese Valerio per le braccia e lo sbatté sul letto. Si reinserì violentemente dentro di lui, facendolo sussultare dal dolore, ma subito dopo iniziò a spingere dolcemente nel suo corpo, in completa estasi, come mai aveva provato fino ad allora… Con le mani tastava il corpo del suo amante, continuando a spingere sempre di più, sempre di più…. Con più violenza… Valerio era al limite del piacere, non riusciva più a contenersi… Aprì gli occhi. Rivide in un attimo l’Emanuele quattordicenne, il più vecchio della classe e il più figo, con quegli occhi azzurri e i capelli corvini sparati dappertutto… si perse nel profondo di quegli occhi e accarezzò i capelli del ragazzo, lasciandosi travolgere dalla passione… Emanuele era completamente incantato dal ragazzo… Vedere quei suoi occhi verdi… quel viso dolce… i capelli a caschetto sparsi sul letto mentre faceva l’amore con lui… Tutto questo lo mandò in delirio, e con un ultimo colpo venne nel corpo del ragazzo, che contemporaneamente spruzzò sul ventre di Emanuele. Lui ansimò e iniziò a baciarlo dappertutto, ripetendo frasi come “sei fantastico… sei bellissimo…. Magnifico….” Valerio gli sorrise, coccolandolo dolcemente…. Restarono lì a farsi le coccole, fino a che Emanuele non riprese la voglia e ricominciò a giocare con lui…. In un angolo della stanza, intanto, un cellulare era spento, e un orologio segnava le 21.30 di sera.

   
 
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