Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: alaisse_amehana    18/12/2012    2 recensioni
C’è qualcosa di strano in me.
L’ho sempre saputo. Non è una cosa di cui si possa parlare. Non che debba vergognarmene, almeno non credo. E’ solo che non posso spiegarlo. Non più di quanto posso spiegare cosa c’è nella mia testa. Per quanto mi sforzi, le parole sono insufficienti.
L’ho sempre saputo.
Quando la gente parla non capisce mai davvero cosa vuole dire l’altro.
Con le parole si possono creare così tante realtà alternative, ma queste realtà non potranno mai superare quelle presenti dentro ciascuno di noi. Io lo capisco bene.
Mi chiedo se sono l’unica.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

E come avevo promesso... ecco la seconda parte del capitolo prima delle feste^^ 

*agita le mani vittoriosa, ignorata dalle persone di buon senso*

Ah, ehm, ok. Vi lascio al capitolo ed evito altre situazioni imbarazzanti.
Auguro a tutti Buon Natale, Buon Anno e, soprattutto, Buone Abbuffate!





Mi cambio in fretta, cercando di lasciare i vestiti in ordine, anche se nella camera restano fuori posto. Un’aggiunta estranea in un angolo dove non sono desiderata.
Scuoto la testa per scacciare pensieri inutili.
« Quello di cui avrei bisogno …»borbotto legandomi i capelli in una coda alta: « Sarebbe una bella iniezione di ottimismo».
Esco in corridoio, dove Morgana mi aspetta appoggiata alla parete.
«Tutto a posto? ».
Annuisco e lei mi fa strada tornando verso il salotto, ma invece di entrarci gira nel corridoio a sinistra, superiamo l’infermeria e ci troviamo davanti un’altra porta.
Appena la apre capisco di essere finita in uno dei miei incubi peggiori.
Una palestra. Una palestra vera.
Dalla sala sono stati ricavati due ambienti diversi, rivestiti di pannelli di legno alle pareti. La parte in cui ci troviamo è piena di macchine e sul fondo ci sono delle panche con una rastrelliera piena di pesi. Sulla destra è stata ricavata una stanza con dei tappetini sul pavimento e dei sacchi da boxe su un lato.
Mi giro e cerco di uscire ma Morgana mi agguanta per una spalla non lasciandomi scampo.
« Dove vai? Il tapis roulant e da questa parte».
«Infatti è per quello che stavo andando nella direzione opposta».
Mi trascina davanti a un macchinario enorme, dall’aria malevola. Sì, malevola. Quest’affare vuole mangiarmi e ridurre le mie ossa in briciole. E Morgana vuole aiutarlo!
« Non morirai per una mezz’oretta di corsa».
«Mezz’ora? » urlo mentre mi fa salire a forza sul tappeto e comincia a pigiare tasti sul pannello di fronte.
«Solo perché sei all’inizio» ci tiene a precisare.
«Vuol dire che più avanti ne farò di meno? » chiedo speranzosa.
La sua occhiata non mi lascia dubbi su cosa mi aspetterà.
« Credimi, quando dovrai scappare da un Occulto che vuole ucciderti ripenserai a questo momento e mi ringrazierai».
Oh, sì, certo. Sempre che non muoia prima per attacco cardiaco.
Uno scossone. La macchina trema e mi trovo aggrappata agli appoggi laterali mentre il tappetino sotto di me comincia a scivolare.
« Si muove» dico presa dal panico.
Morgana sospira alzando gli occhi al cielo. Temo che sia un’espressione che le vedrò fare spesso.
« Sì, funziona così. Se continui a muovere i piedi non succede nulla di male».
Non ne sono così sicura.
« Vado anche io a cambiarmi. Sarò qui in pochi minuti».
Mi vuole abbandonare?
Mi indica il monitor.
« Vedi qui? » chiede.
Annuisco mentre cerco di mantenere il ritmo. Non va troppo veloce ma ho la sensazione che presto mi mancherà il fiato.
« Ti dice quanti minuti ti mancano. E qui ti dice la velocità e la pendenza. Non toccare nulla, io sarò qui tra poco, ok? ».
Annuisco di nuovo senza parlare, nella speranza di risparmiare fiato.
Il timer segna ancora ventinove minuti e trentasei secondi.
Morgana esce dalla palestra, lasciandomi aggrappata alla macchina come un naufrago in mezzo a una tempesta che si tiene a un galleggiante per pescare. Resisto un minuto e tredici secondi prima di arrendermi e cominciare a pigiare tasti a caso per ridurre il tempo. Sento dei rumori allarmanti e all’improvviso faccio più fatica a camminare, anche se la velocità è rimasta uguale.
Sbaglio o sto camminando in pendenza?
Riprovo con altri tasti e questa volta il tappetino comincia a girare sempre più veloce. Sono costretta a mettermi a correre per non finire a terra. Muovo i piedi così veloce che mi sembra di essere Beep Beep inseguito da Willy il coyote. Solo che dietro di me non c’è niente, a parte la parete e un tonfo colossale.
Cerco un modo per bloccare tutto, tipo un allarme antincendio o un pulsante di espulsione.
« Fermati, fermati! » lo imploro.
Ancora pochi secondi e finirò a terra. Spero di sbattere forte la testa e svenire, risparmiandomi il resto del pomeriggio.
Vengo sollevata da due braccia, che non sono decisamente quelle di Morgana, e rimessa a terra sana e salva.
Alzo la testa e trovo due enormi occhi verdi che mi fissano. Sbatto le palpebre, cercando di riprendermi dalla sorpresa.
« Ho pensato che avessi bisogno di aiuto» dice Diego sereno.
Schiaccia un paio di pulsanti e la macchina smette di muoversi.
« Mi hai salvato» ammetto prendendo un respiro profondo. Non ho fatto nemmeno tre minuti di esercizio e ho già bisogno di una doccia.
« Come mai sei venuto qui? Credevo fosse il turno di Morgana».
Diego si stringe nelle spalle, appoggiandosi al tapis roulant, miracolosamente fermo.
« Ero venuto per dare un’occhiata al tuo livello, per decidere da dove partire».
« Dalle basi» rispondo.
Sul suo viso saetta un sorriso, che nasconde per riguardo nei miei confronti.
« Sì, l’avevo intuito».
«Bene. Perché anche così prevedo molte ossa rotte …» mormoro fissandomi i piedi. Non oso guardarlo in faccia. I suoi occhi verdi hanno la strana capacità di farmi dimenticare cosa voglio dire, o di farmi straparlare.
«Farò molta attenzione» promette Diego, serio.
Le sue parole mi fanno aumentare i battiti cardiaci, come se stessi ancora correndo. All’improvviso mi sento molto a disagio. Vorrei rispondergli, ma ho la mente desolatamente vuota.
In quel momento arriva Morgana a interromperci. Si è messa in tuta anche lei, un divisa simile alla mia, tranne per il fatto che la sua canotta è blu e lei sembra una qualche atleta professionista alle olimpiadi. Anche se siamo vestite uguali, o forse proprio per quello, mi sento sciatta e insulsa.
«Perché ti sei fermata? » chiede con tono marziale. Anche i suoi lineamenti dolci si sono induriti in un’espressione da comandante dell’esercito.
« Ah, fai attenzione. Quando si allena non ammette distrazioni» sussurra Diego, l’avvertimento velato dal divertimento.
« Ecco, non sapevo come fare …» cerco di spiegarmi, ma lei scuote la testa indicandomi la macchina da cui sono appena scesa.
«Sali di nuovo. Non ci fermeremo finché non lo dirò io».
Diego si fa da parte assistendo alla scena senza intervenire. Morgana si volta verso di lui, mentre io obbedisco al suo ordine, per nulla entusiasta.
« Vuoi pensarci tu? » chiede indicandomi.
Diego solleva le mani, come a mostrare di essere disarmato.
«Volevo solo vedere a che livello è. Oggi è tutta tua» dice con un sorriso disarmante. Morgana annuisce, tornando a dedicare tutta la sua attenzione su di me.
«Va bene. Possiamo cominciare».
E’ l’inizio dell’inferno.
Non ci avevo mai pensato seriamente prima, ma se un inferno esiste, deve essere pieno di tapis roulant e pesi da sollevare. Oh, e di tappetini su cui fare stretching.
«Cerca di rilassarti» ripete per l’ennesima volta Morgana mentre con le mani posate sulle mie spalle cerca di spingermi a toccare la punta dei piedi con le dita.
E’ difficile farlo quando tutti i tuoi muscoli ti insultano, vorrei dirle. Ma stringo i denti e cerco di obbedire.
Per fortuna Diego se ne è andato almeno un’ora fa, quando è diventato chiaro che sono senza speranza. Ha avuto il tempo di assistere alla mia performance sul tapis roulant, che Morgana è stata costretta a fermare prima della mezz’ora per evitarmi un infarto, e a quella con i pesi, che sono riuscita a far cadere tre volte, più delle volte che sono riuscita a sollevarli. E sto parlando di pesi da due chili.
«Ok, basta così».
La voce di Morgana arriva come il canto degli angeli a liberarmi. Non riesco a credere alle mie orecchie.
« Davvero? Nel senso che posso uscire di qui? » non riesco a dissimulare la speranza nella voce. Sorride comprensiva.
« Sì, non ha senso fare tutto in una volta sola. Dovremo lavorarci giorno dopo giorno».
Nemmeno la promessa di future sofferenze riesce ad attenuare il sollievo.
« Ho bisogno di una doccia» dico rimettendomi in piedi a fatica. I muscoli mi fanno male in punti che non credevo possibile.
« Una doccia calda. Scioglie i muscoli e domani ti faranno meno male» annuisce Morgana.
« Ti presto un asciugamano e un cambio pulito di biancheria. Poi mangiamo».
Solo ora mi rendo conto di aver saltato il pranzo. E di star morendo di fame. Ho l’impressione che il mio stomaco stia cercando di auto digerirsi per la disperazione.
«Sono avanzate delle lasagne? » chiedo seguendo Morgana nella sua camera. Nonostante mi abbia fatto da allenatrice per quasi due ore sembra fresca come se avesse appena indossato la tuta. Io sono così sudata che sembra che mi abbiano rovesciato addosso un secchio d’acqua.
Mentre la aspetto nel corridoio, dal salotto spunta Blu. Mi viene incontro con un sorriso smagliante di derisione.
« Sei in condizioni pessime» ride.
« Se sentissi ancora i muscoli del braccio di avrei già preso a schiaffi» rispondo, cercando di mantenere un contegno.
Sento una goccia di sudore colarmi dalla nuca sulla schiena, accarezzandomi umida le prime vertebre. Mi passo una mano sulla fronte, anche quella madida di sudore. Probabilmente puzzo anche come un barbone che non si lava da due settimane.
«Coraggio, la prima settimana è la peggiore».
«Grazie tante» cerco di infonderci tutto il sarcasmo possibile.
Blu non ci fa caso.
«Quando allena, Morgana sa essere una vera s… schiavista> si corregge mentre l’oggetto della discussione esce dalla camera con in mano il mio cambio e gli asciugamani.
Blu si congela sul posto, mentre lei lo fulmina con lo sguardo. Sento un brivido sulla schiena e l’impulso di correre il più lontano possibile.
« Gabriele non aveva bisogno di te? » gli chiede gelida.
Lui scatta sull’attenti e annuisce. Quando si rende conto di aver risposto al suo tono autoritario rilassa le spalle e si appoggia al muro, fingendo indifferenza.
« Adesso vado, non c’è fretta».
Lo fa apposta per irritarla, ma lei non gli dà la soddisfazione di vederla infastidita.
« Il bagno è qui» mi dice, ignorandolo totalmente.
Mi mostra la porta di fronte alla sua camera.
« Usa pure tutti i prodotti che ci sono nella doccia. Se ti serve qualcosa lancia un urlo, io sono qui in camera».
Detto questo sparisce dietro la porta, chiudendola con tutta la calma del mondo, non prima di aver lanciato un’occhiata velenosa a Blu, che le fa una smorfia, ma solo quando non lo può più vedere.
«Che c’è? » chiede.
« Niente» scuoto la testa, nascondendo il sorriso dietro la maschera della stanchezza, cosa che non mi chiede molti sforzi.
«Vado a lavarmi. Se tra mezz’ora non arrivo è perché sono svenuta sotto l’acqua calda».
«E’ un invito a venire a soccorrerti? » chiede Blu, malizioso.
« Se non temi le conseguenze» rispondo cercando di non far notare l’imbarazzo.
Ma devo essere arrossita comunque, perché Blu se ne va ammiccando.
Entro nel bagno, pulito e ordinato come tutto il resto. La doccia è enorme. Avrei potuto fare stretching lì dentro invece che in palestra. Mi spoglio e mi butto sotto l’acqua calda con un sospiro di sollievo. Resto immobile per un minuto buono prima di mettermi a esaminare gli shampoo sui ripiani. Ce ne sono almeno di quattro tipi diversi. Immagino che ognuno lì dentro ne abbia uno personale. Dopo qualche indecisione prendo uno shampoo alla vaniglia e il balsamo alla fragola. E col bagnoschiuma agli agrumi posso fare una bella macedonia.
Esco dalla doccia avvolta in una nuvola di profumo e comincio ad asciugarmi pazientemente i capelli. Sono così lunghi che ci metterei delle ore, così lascio perdere. In questo momento non riesco a pensare ad altro che al pranzo.
Mentre sto per uscire mi accorgo del ciondolo posato sul bordo del lavandino. L’ho tolto prima di fare la doccia e me ne sono dimenticata. Lo rimetto al collo, rabbrividendo al tocco freddo del metallo sulla pelle.
Esco dal bagno e vado subito a sbattere contro qualcuno. Dovrei mettermi al collo un campanello per avvertire del mio arrivo, visto la frequenza con cui mi scontro con le persone.
Prima ancora di guardare chi è il malcapitato che ho investito, noto la macchia bagnata sulla maglietta dove sono finita con i capelli ancora umidi.
« Scusa» dico rassegnata. Non ho più nemmeno la forza per mostrarmi dispiaciuta.
«Stavo venendo a chiamarti» dice Diego.
«E’ pronto da mangiare».
Resto di nuovo senza parole. Non so perché. C’è qualcosa che mi mette a disagio a stargli così vicino. Ripenso all’oscurità che ho avvertito guardandolo. Devo farmi forza per non rabbrividire. I suoi occhi verdi brillano alla luce artificiale del corridoio.
Lui si volta per farmi strada e io riprendo fiato. Lo seguo in cucina, dove ci aspettano Blu, Morgana e Gost. La tavola è apparecchiata per cinque.
« Non ci sono Gabriele e Marianna? » chiedo sedendomi di fianco a Gost che mi saluta con un largo sorriso. Alla mia sinistra si siede Diego, mantenendo la sua espressione di placida imperturbabilità.
In mezzo al tavolo c’è un’enorme teglia di patate al forno con sopra formaggio filante. Il mio stomaco gorgoglia la sua approvazione, rendendone partecipi tutti i presenti.
Morgana prende il mio piatto mettendoci una generosa dose di patate e una coscia di pollo da un’altra pentola, mentre gli altri ridono di me senza farsi troppi problemi.
« Sono usciti» risponde Gost.
«Come è andata la prima sessione di allenamento?» chiede Blu non appena riesce a riprendere fiato.
Lo ignoro. Non merita una risposta.
«Deve lavorare molto, ma ha una buona base» dice con mia sorpresa Morgana. Ha già finito di riempire i piatti di tutti e si è messa seduta di fronte a me.
«Davvero? » chiedo con la forchetta sospesa davanti alla bocca.
« Ho visto in che condizioni è uscita dalla palestra. Sembrava che fosse appena stata investita da una mandria di bufali …» ridacchia Blu riempiendosi la bocca.
Gost cerca di parlare, ma deve interrompersi per masticare e deglutire. Aspetto che infierisca anche lui, ma non succede.
« E’ normale che sia così. In fondo non si è mai allenata come facciamo noi» mi viene in aiuto.
Blu lo guarda interdetto, come se non si aspettasse un voltafaccia del genere.
« Diego, tu che ne pensi? » chiede.
Ci voltiamo tutti verso di lui, in attesa della risposta.
Si limita a scrollare le spalle, continuando a mangiare.
«Vi farò sapere dopo il nostro primo allenamento».
Ho un brutto presentimento in proposito.
Blu sbuffa, per niente contento della piega che ha preso la conversazione. Forse sperava di trovare degli alleati nel prendersela un po’ con la  nuova arrivata.
«Lascialo perdere» dice Morgana, come leggendomi nei pensieri.
«E’ solo che vuole vendicarsi per tutte le prese in giro che ha subito lui quando è entrato nella squadra».
Blu rischia di soffocarsi con un boccone.
«Non è vero! ».
« Invece sì. Due anni fa, quando è arrivato» racconta rivolgendosi a me: « Sapeva appena tenere in mano una clavis. La prima volta che è entrato in un universum è finito in un burrone e ci abbiamo messo tre ore per tirarlo fuori».
Gost scoppia a ridere, mentre sul viso di Diego compare un sorriso divertito, malgrado la solita neutralità. Blu è diventato paonazzo.
« Era la prima volta …» si giustifica.
«Anche per lei» ribatte Morgana, senza pietà.
«Perciò smettila» conclude.
Vorrei alzarmi e abbracciarla.
« Era solo per scherzare» mormora Blu, dedicandosi con rinnovato impegno al suo piatto.
« Non volevo offendere. Non sapete stare agli scherzi» si lamenta.
Morgana sospira.
«Oppure sei tu che non li sai fare».
Aspetto alcuni minuti prima di fare la mia domanda.
«Perché dovete allenarvi così tanto? Ho visto tutti i macchinari della palestra, sembra che dobbiate prepararvi come degli atleti professionisti».
«Lo capirai presto» dice Morgana, incupendosi improvvisamente.
«Dobbiamo essere pronti a tutto. Ma non è solo il corpo che va rinforzato».
Gost si lancia in una delle sue spiegazioni.
«Gli Occulti possono danneggiarci in molti modi e hanno molti vantaggi. Dobbiamo essere sempre preparati allo scontro, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Mens sana in corpore sano! » dice trionfante.
Il mio sguardo vacuo è abbastanza eloquente.
«Sai cosa intendo, no? ».
« Mmmh» mormoro mordendo il pollo, ed evitando così di dover rispondere in modo più approfondito.
«Vuol dire che è appena iniziato il tuo peggior incubo! » esclama Blu agitando le mani per imitare uno zombie o qualche mostro del genere che cerca di afferrarmi.
Morgana gli tira una gomitata nelle costole che lo fa piegare in due.
«Non ascoltarlo, Alice. Continua pure a mangiare» dice senza degnare di un’occhiata Blu, che si contorce sulla sedia con smorfie plateali.
«E’ una scena che vediamo spesso» sussurra Diego al mio orecchio.
«Una volta gli ha tirato un piatto in testa» conferma Gost.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: alaisse_amehana