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Autore: delilaah    18/12/2012    5 recensioni
Ad un'amica.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Harry sbuffò piuttosto rassegnato, mentre camminava a passo spedito verso la biblioteca poco lontana. 
Ripensava a quella manciata di secondi di due anni prima, dove per l’agitazione aveva cannato l'attacco di Isn't She Lovely all'audizione per X Factor, e dove, per questo stesso motivo, era stato definito "troppo inesperto" e "non preparato". Ora, anziché studiare il libro di ben 659 pagine di Storia Della Finanza, avrebbe potuto riempire qualche arena cantando da solo o magari in una band, se solo gli avessero dato una chance per dimostrare quanto valeva. Ma si sa, quel genere di cose vanno come vanno, non si possono prevedere, e per lui era andata così. 
Quando poi era tornato alla vita normale, con il suo diploma di liceo e il suo lavoretto alla panetteria, aveva deciso di spostarsi in una grande città per frequentare l'università e, indeciso tra Oxford e Manchester, aveva poi scelto l'ultima delle due. 
Entrando nell'enorme stabile sospirò di nuovo, ricordandosi quanto Storia della Finanza fosse una materia per lui fin troppo ostica, considerando che non era mai stato bravo con la storia e con i bilanci. Ma poco male, in qualche modo avrebbe passato anche quell'esame. 
Salutò distrattamente Gillian, la bibliotecaria nonché sua carissima amica -dopo tutte quelle nottatacce che aveva passato a studiare e parlare con lei- e si sedette al solito tavolo, neanche fosse riservato solo a lui. Posò la tracolla sul tavolo e si tolse l'ingombrante giaccone beige, strumento fin troppo utile per proteggersi dal freddo inaspettatamente pungente di Manchester. 

Quel maledetto libro non gli era mai sembrato più lungo, o largo, o pesante, o impossibile di quel momento, e per la terza volta di fila, sospirò. 
Quel l'indirizzo di studi gli piaceva, aveva avuto l’occasione di studiare sociologia, un po' di legge, business e marketing; tutte cose che l’avevano sempre interessato e di cui sapeva che avrebbe avuto bisogno, ma l’altra parte della medaglia erano anche materie del tutto inutili che gli facevano pure parecchio schifo, come quella ad esempio. 
Così prese il suo intramontabile evidenziatore verde acido, la sua matita un po' mangiucchiata, e riprese a leggere dalla fine del paragrafo del quarto capitolo che aveva lasciato a metà proprio la sera precedente.
Era piuttosto attento mentre leggeva, e si assicurava sempre di sottolineare le parole chiave o i concetti di base, come era solito fare. Quando poi gli capitò davanti una frase prettamente in latino, il suo cervello andò in pappa. Una decina di parole, niente di più, ma lui il latino non l'aveva nemmeno mai concepito, figuriamoci studiarlo. 

«.... Quibus celeritas inique....» farfugliò poco convinto, ignorando del tutto un possibile e remoto significato. 

Così, senza neanche farlo apposta, si vide costretto ad alzarsi di nuovo per dirigersi verso gli scaffali del reparto di legge dove, quasi sicuramente, avrebbe trovato un vocabolario di latino disperso tra gli altri libri. 
Si guardo intorno un po' perso, mentre sorpassava sistematicamente tutti gli scaffali che non riguardavano il latino con annessi e connessi, e poi si addentrò tra i due scaffali più lontani, che sembravano anche essere i più vecchi e polverosi. 
Scorreva delicatamente la punta delle dita sulla copertina di ogni libro, mentre cercava di leggerne il titolo. Quando poi finalmente riuscì a trovare un dizionario di latino-inglese indirizzato per la facoltà di Giurisprudenza, decise di provarlo e dargli una chance. 
Stava per afferrare un libro, quando...

«Ahia!»

Alzò lo sguardo al cielo mentre imprecava mentalmente per il suo povero piede colpito da quel volume sul Diritto Penale e, incuriosito da quel paio di occhi che lo fissavano imbarazzati attraverso la fessura dello scaffale, raccolse il libro fingendo che il dolore fosse già sparito. 
La ragazza sparì in un secondo, e nel secondo successivo si avvicinò a lui, con le guance arrossate e lo sguardo basso. 

«Mi dispiace... per il libro intendo. Stavo per prenderlo ma mi é scivolato via ed é caduto dall'altra parte; colpa mia.»
Harry la fissò, notando quanti libri stesse stringendo tra le braccia. Ad occhio e croce erano tre, forse quattro volumi, tutti dalle pagine ingiallite e infinite. 


«Tranquilla, mi é già passato. Vuoi una mano?»

La ragazza arrossì ulteriormente, sorpresa da quella richiesta, e poi annuì mentre lui le sfilava dolcemente i volumi dalle braccia.
Incominciando a fargli strada verso il suo tavolo, controllò più volte che la stesse seguendo, per assicurarsi che qualche libro non gli fosse caduto di nuovo sul piede e l’avesse fatto cadere; ma tutto sembrava andare bene.
Non era un tipo palestrato, ma evidentemente dentro a quella felpa della Hollister nascondeva dei bicipiti da paura, pensò la ragazza.

«Questo è il mio tavolo...»

Harry posò i libri sopra il tavolo e tirò uno di quei sospiri infiniti, affaticato e sollevato allo stesso tempo. Notò che al tavolo non c’era nessuno con lei, se non una quantità di scartoffie che potevano fare concorrenza ad un’edicola.

«Quindi, tu studi...?»

«Legge!» asserì la ragazza, portandosi dietro il tavolo e tirando a sé il volume più grosso, «Mi mancano due esami, sai com’è, è tutto un po’ frenetico.»

«Si, lo vedo...» commentò Harry un po’ spaesato, «E stavi aspettando qualcuno?»

La ragazza annuì, piuttosto rammaricata, lanciando uno sguardo a quei due bicchieri di caffélatte ormai raffreddato che erano rimasti nell’angolo del tavolo per tutto questo tempo.

«Stavo aspettando una mia amica ma mi ha bidonata... sono sempre tutte così pigre.»

Harry si lasciò scappare un sorriso e poi alzò le spalle, accettando l’idea che gli stava frullando per la testa.

«Tu studi legge, giusto? Quindi saprai qualcosina di latino, no?»

«Diciamo di si. Perché?»

«Perché nel mio libro ci sono delle frasi in latino, e io non ci capisco niente ma devo studiarci sopra. Ti dispiace darmi una mano? Ti porto via pochissimo tempo; promesso. E non pensare che sia un maniaco, ci sono davvero quelle frasi in latino!»

Questa volta fu la ragazza a sorridere, portandosi una mano sulla bocca quasi a voler nascondere quella risata.
Da quanti mesi usava quella biblioteca? Ne aveva perso il conto, eppure riusciva a ricordarsi perfettamente il giorno in cui aveva sentito uno spiffero raggiungerle la schiena quando la porta era stata aperta e l’unico tavolo libero che aveva trovato qualche ora prima era stato proprio quello vicino all’entrata. Così si era voltata, estremamente infreddolita e infastidita, e l’aveva visto.
Si era tolto il berretto di lana in una gesto liberatorio quasi, per poi scoprire quei ricci un po’ troppo scombinati che aveva sistemato in un secondo, scuotendoli un poco e frizionandoli con la mano.
A lei sembrò che le avesse sorriso per qualche strana ragione, ma poi si convinse che non poteva essere vero, considerando che nemmeno conosceva il suo nome.

Così, da quel giorno, tutti i pomeriggi, sceglieva il tavolo in fondo al corridoio, vicino agli scaffali di Giurisprudenza, dove poteva avere una piena visuale della porta d’entrata.
Così, tutti i pomeriggi o quasi, lo vedeva entrare, salutare Gillian per poi cercare un qualsiasi posto libero purché gli permettesse di studiare in santa pace.
A lei bastava solo guardalo, contemplarlo, per cambiare radicalmente la piega della sua giornata. Forse era un po’ pazza, e forse avrebbe dovuto presentarsi e chiedergli di prendere un caffè assieme, ma aveva sempre avuto paura. Si era sempre accontentata di poco, quindi, chiedendosi se almeno una volta lui avrebbe incrociato il suo sguardo e si sarebbe ricordato di lei.

«Si... posso aiutarti, se vuoi.» gli rispose poco dopo, togliendo un po’ di libri dalla tavola e ammassandoli uno sopra l’altro, per creare dello spazio.

«Perfetto!» le rispose a quel punto Harry, quasi alzando un pungo al cielo e piuttosto euforico, «Mi stai salvando la vita, lo sai vero?»

La ragazza sorrise di nuovo, scuotendo la testa poco convinta. Lo faceva con piacere, e d’ora in poi avrebbe avuto il pretesto perfetto per parlare con lui senza dare troppo nell’occhio, proprio come piaceva a lei.
Quando lo vide tornare indietro con il giaccone mezzo indossato, la matita stretta tra i denti e il suo libro ancora aperto, le scappò una risata. Una di quelle semplici e pure; quelle che si provano solo quando ti senti a tuo agio con qualcuno anche se lo conosci appena, ma è come se lo stessi aspettando da tutta una vita.

«Sono così buffo?» chiese di nuovo Harry, stringendosi un poco nelle spalle.

«No, al contrario.» gli rispose la ragazza, accomodandosi sulla sedia proprio di fronte a lui.

Lo guardò prendere posto e sistemarsi ordinatamente la maglietta per poi asciugare la sua matita con la manica del maglione e sorridere come niente fosse, nella speranza che non fosse stato visto.

«Queste sono le frasi...» le disse ancora, indicando il paragrafo con il dito mentre le porgeva il libro, «Vedrai, sarà una cosa velocissima e poi giuro che la smetto di importunarti!»

«Non mi dai fastidio, davvero.»

«Bene... mi fa piacere. Posso chiederti come ti chiami? Non me l’hai ancora detto. Io sono Harry, comunque... Harry Styles.»

La ragazza allungò la mano e si strinse nelle spalle, sentendo le guancie infiammarsi un poco.

«Annalisa. Mi chiamo Annalisa.»

Harry le sorrise, mentre osservava quel suo taglio di capelli un po’ asimmetrico che le donava particolarmente. Aveva i capelli corvini e questo sorriso piuttosto impacciato ma estremamente dolce. Chissà perché non l’aveva notata prima.

«Bene, Annalisa, ti dispiace se lo bevo io quel caffè freddo?»

«No, fai pure. E’ tutto tuo.» gli rispose infine, appoggiando il mento sui palmi delle mani.

Lo stava contemplando; di nuovo.
Amava guardarlo vivere anche se non si conoscevano nemmeno. Amava sapere che ogni giorno, allo stesso posto, avrebbe avuto la sua occasione per rivederlo e magari dirgli qualcosa, ora che si erano presentati.
Chissà di quante cose avrebbero potuto parlare d’ora in poi. O magari chissà quante cose lui avrebbe potuto dire senza ottenere una risposta precisa da lei, che era troppo concentrata ad osservare e ammirare quel suo amore segreto che ormai tanto segreto non era più. 


































Non c'è granchè da dire se non che questo è il mio regalino per te e che spero vivamente faccia meno schifo di quanto penso, perchè nella mia testa fa davvero tanto schifo. Quindi mi ritiro e conto sulla tua bontà d'animo che, magari, ti farà apprezzare il mio gesto. 
  
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