Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Daughter of the Lake    18/12/2012    2 recensioni
James e Lily sopravvivono, ma Harry è sempre il Bambino Sopravvissuto; il come e il perchè, nella storia. Ora, è il 1995, Lord Voldemort è tornato, tempi oscuri e difficili stanno per arrivare, e la coppia deve affrontare il fatto che il loro figlio è il Prescelto, e tutto quello che ne deriva. Ci saranno molte decisioni da prendere, battaglie da combattere, difficoltà da affrontare e in tutto questo, come fa una famiglia a rimanere unita, dove finiscono i sentimenti fra due persone? Nessuno è al sicuro e nessuno rimane illeso, perchè quel che è certo, è che la vita non è mai facile, soprattutto in tempo di guerra.
Dal Capitolo 2:
"E invece è successo!" ora il tono di James era solo furente "Ci hai fatto preoccupare, Harry, spaventare a morte, e non posso credere che tu..." Padre e figlio si fissarono negli occhi da sopra la testa del ragazzo sconosciuto, e Harry deglutì. "C'era un motivo per cui dovevi restare in casa," continuò il più anziano "sei in pericolo, in grave pericolo, e lo sai! C'è chi ti vuole morto da una parte, chi ti vuole male dall'altra, e guarda! Dissennatori a Winterbourne Stoke! Roba da pazzi! E tu, avresti potuto finire peggio che ucciso..."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1

Punto di Rottura


 

<< No! Non farlo! Cedric...no! >>

Era sempre lo stesso.

<< No, non lo uccidere! Lui non c'entra niente! E' me che vuoi! >>

Ogni notte.

<< Cedric, mi dispiace...io non...>>

Tutto è silenzioso, di notte.

<< Noo.... >>

Ma non nella casa dei Potter, non quell'estate.

Le grida risuonavano per tutta la casa, e James e Lily Potter si svegliarono. Aprendo gli occhi di scatto, rendendosi velocemente conto di ciò che stava accadendo, con i loro cuori che iniziavano a battere furiosamente e la preoccupazione che andava ad annidiarsi ancora di più nei loro stomaci, saltarono fuori dal letto e, senza guardarsi, senza parlarsi, prendendosi solamente per mano una volta raggiunta la porta – stringendosi così forte da farsi male – uscirono fuori dalla stanza e si incamminarono lungo il corridoio su cui immetteva.

Arrivati di fronte alla porta oltre la quale si potevano sentire i gemiti e le urla, non esitarono; la spalancarono e furono dentro in un istante. Non accessero la luce, perchè non ne avevano bisogno per individuare il letto e il suo abitante.

<< Harry, tesoro, svegliati, svegliati, va tutto bene...>> disse Lily a suo figlio una volta al suo fianco, scuotendolo leggermente, dolcemente.

E il ragazzo che stava dormendo nel suo letto, avendo un incubo identico a tutti quelli che aveva avuto ogni notte da che erano iniziate le vacanze estive, si svegliò. I suoi grandi occhi verdi si spalancarono nel buio, sconvolti; con il sudore che colava dalle sue tempie e che avvolgeva tutto il suo corpo, inzuppando le lenzuola, Harry respirava affannosamente, come se fosse stato ancora nel suo sogno – come se fosse stato ancora in quel cimitero, insieme a Codaliscia, Lord Voldemort, i Mangiamorte, e al corpo di Cedric Diggory.

Solo quando si fu calmato, si rese conto della presenza dei suoi genitori chinati su di lui, e della mano di sua madre che accarezzava dolcemente i suoi capelli, scostandoglieli dal viso.

<< Tesoro, tesoro mio, va tutto bene, è tutto finito ormai, sei al sicuro >> disse ancora Lily, seduta sul bordo del letto, guardando Harry ansiosamente e prendendogli una mano. Lui si mise faticosamente a sedere, il suo respiro ancora irregolare. James aveva intanto acceso la lampada che si trovava sul comodino, e un lieve bagliore si era diffuso per la stanza, illuminando i loro volti.

I tre Potter si guardarono, in silenzio.

Era sempre lo stesso, ogni notte.

-

Il sole si stava alzando lentamente da dietro le colline che sormontavano la città, i suoi raggi che avevano cominciato ad entrare nella camera al primo piano della casa attraverso la finestra che si affacciava sul giardino sul retro, quando il gomito di James, appoggiato sulla scrivania sotto di essa, decise di scivolare, mandando il suo proprietario a sbattere dolorosamente il volto sul duro legno.

<< Ai, porca... >> gemette lui, aprendo di colpo gli occhi – ferendoseli con la luce del sole – e massaggiandosi il naso – che per fortuna non stava sanguinando – nel mentre che si raddrizzava sulla sedia su cui aveva dormito.

Si guardò intorno; Harry e Lily stavano dormendo nel letto di Harry – che si trovava contro la parete opposta – e non si erano svegliati.

James sospirò. Alzandosi, la schiena gli scrocchiò e fu tentato di imprecare di nuovo, ma si trattenne.

La giornata già non si prospettava delle migliori.

Prima di uscire dalla camera di suo figlio, – che era spaziosa e ariosa, con mobili in legno di mogano e decorata con i colori dei Grifondoro, piena delle cose di scuola-e-non di Harry e delle foto dei suoi amici e della sua famiglia – andò a rimboccare le coperte ai due belli addormentati, con un leggero, nonostante tutto, sorriso in volto.

Si attardò inoltre a guardare Harry, finalmente sereno nel suo sonno, con la cicatrice sulla sua fronte che spiccava al di sotto dei suoi capelli neri scompigliati – in parte per il sonno, in parte per eredità – riflettendo tristemente. Avrebbe dovuto parlarne con Lily, più tardi.

Uscì.

Era già vestito e seduto al tavolo della cucina, con una tazza di caffè in mano e la Gazzetta del Profeta di fronte, quando anche Lily scese.

Sentendo dei passi, James aveva alzato lo sguardo dal giornale, e Lily aveva capito immediatamente dalla sua espressione che non avrebbe affatto voluto sapere quello che c'era scritto.

<< Ehi, buongiorno,>> la salutò lui, con un sorriso accennato.

<< 'Giorno. >> replicò Lily; si avvicinò poi a James per dargli un bacio a fior di labbra, prima di voltarsi e iniziare a prepararsi un tè. Cadde allora il silenzio per qualche tempo.

Alla fine, però, Lily non potè più sopportare di non sapere, per quanto masochista ciò potesse essere, e chiese, con lo sguardo fisso di fronte a sè: << Che cosa dice? >>

James capì subito a che cosa si riferisse. << Le – ehm – le solite cose. >> E non c'era bisogno di aggiungere altro.

O almeno, non servì altro per far ribollire in Lily la rabbia, che lei non potè trattenere dentro di sè tanto quanto non lo può una pentola piena d'acqua arrivata ad ebollizione.

<< Perchè? >> sbottò lei, appoggiando le mani sul ripiano della cucina in cerca di supporto, continuando poi a parlare freneticamente, con la voce a tratti spezzata << Per-perchè fanno questo? Non capiscono che...e sono così...quanto vorrei... >> Ma a quel punto il bollitore cominciò a fischiare e lei, volendolo toglierlo dal fuoco, lo prese, inconsciamente, a mani nude, e si bruciò. Gemette ad alta voce.

James a quel punto si alzò e venne ad abbracciarla da dietro. << Ehi, shh...calmati, >> le disse in un orecchio, prendendole le mani che lei aveva già immerso sotto l'acqua fredda; la sentiva, fra le sue braccia, tremare per la collera. << Non dobbiamo permetter loro di influenzarci in questo modo, altrimenti avranno raggiunto il loro scopo...>> continuò in un tono che voleva essere rassicurante, << ...di demoralizzarci, demotivarci...ma noi siamo più forti di così; nè Voldemort, nè i Mangiamorte potranno schiacciarci, e Caramell e il Ministero ancora meno. >> Oh, come si sbagliava.

Lily annuì, chiudendo gli occhi per cercare di calmarsi e appoggiandosi con la schiena al petto di James. Respirò profondamente, una, due volte.

<< Un giorno la pagheranno, tutti quanti >> disse alla fine, con un tono fermo, definitivo.

<< Sì. >>

Lily a quel punto si voltò, e marito e moglie si abbracciarono; James avvolse saldamente la vita di lei, affondando il volto nei suoi capelli rossi, e Lily circondò il collo di lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.

Rimasero fermi in quella posizione per lunghi istanti – stanchi e provati da una lunga fila di notti insonni, preoccupati come non mai per il loro primogenito e per il suo destino, e per le vite di tutti loro – aggrappandosi l'uno all'altra come all'unico salvagente esistente in mezzo ad un mare in tempesta.

E questo, non si allontava molto dalla situazione che stavano vivendo.

Dopo un pò, James cominciò a dire: << Lily, ecco, stavo pensando che, magari... >> ma fu interrotto, tuttavia, da una voce proveniente da dietro le sue spalle.

<< Ugh, smettetela, o mi farete venire il voltastomaco di prima mattina, dai!>>

I due coniugi si separarono come scottati, e si voltarono verso l'ingresso della cucina, dove, sorprendentemente, si trovava la loro secondogenita.

<< Emma, >> disse, stupita, Lily, << come mai sei già sveglia a quest'ora? E vestita? Sono appena le sette...dove hai intenzione di andare? >> concluse con un tono sospettoso.

<< A quale domanda devo rispondere per prima? >> fu tutto quello che disse lei, ammiccando ed entrando nella stanza. Sua madre stava per ribattere, ma si bloccò, nel vedere che dietro di lei c'erano anche tutti gli altri loro figli, – eccetto Harry – che con dei "Buongiorno" e dei sorrisi cospiratori in volto, si sedettero intorno al tavolo. James e Lily si scambiarono uno sguardo perplesso.

<< Uoh, uoh, e che cos'è questa storia? Merlino risorgerà dalla tomba, per questo miracolo >> disse allora James ai ragazzi, riferendosi al loro essere svegli così di buon'ora. Loro si limitarono ad allargare ancora di più i loro sorrisi.

<< Che c'è per colazione, mamma? >> chiese poi Will, il minore (quasi otto anni, con i capelli scuri e scarmigliati e gli occhi nocciola del padre, con le lentiggini e il sorriso della madre, era chiamato "Snitch" da tutti, in famiglia, perchè quando combinava qualcosa, ci perdevi delle ore a riacchiapparlo).

<< Ah, no, prima ci dovete dire che cosa avete tutti in mente di fare, giovanotto, perchè non mi piacciono le vostre espressioni malandrine (ne sapeva, lei, di espressioni malandrine); affatto. >> rispose sua madre.

Lily incrociò le braccia al petto, in attesa.

I ragazzi si sporsero l'uno verso l'altro lungo il tavolo e cominciarono a sussurrare freneticamente, come se valutando se riferire o no ai genitori il motivo per cui si trovavano lì (e in effetti, era proprio così).

Lily li guardava sospettosamente, ma un'occhiata con la coda dell'occhio a James le disse che lui stava trovando la situazione oltremodo divertente, a giudicare dal suo sorriso, e lei non poté fare a meno di accennare un sorriso di rimando.

Alla fine, i ragazzi finirono il loro consiglio, e Claire, gemella di Emma, – le due, a breve tredicenni, erano identiche (con occhi nocciola e lentiggini, alte e slanciate), tranne per i capelli; la prima li aveva neri, la seconda rosso scuro – si alzò in piedi, dicendo:

<< Mamma, papà, cosa ci facciamo qui, è un segreto. >> I suoi genitori fecero per protestare, ma lei aggiunse: << Ma lo scoprirete presto, e vi piacerà anche, ve lo assicuro >> con un grande sorriso.

Claire era relativamente la più affidabile dei loro cinque figli, e James e Lily le credettero.

<< Quindi vi consigliamo di aspettare qui >> aggiunse Emma, mimando l'espressione della sorella.

I loro genitori si scambiarono un'ultima fuggevole occhiata, poi accondiscesero.

Trattenendosi dall'interrogarli oltre, Lily iniziò a preparare la colazione – era da tanto, rifletté lei, che non la facevano tutti insieme – mentre James si sedeva a tavola e iniziava a conversare con i suoi figli. La piccola Beth, al suo fianco, – novenne e dai capelli rossi, penultima della famiglia e l'unica, oltre Harry, ad aver ereditato gli occhi di Lily – gli prese la mano da sotto il tavolo e James automaticamente gliela strinse.

Quando le uova e la pancetta, i toast e le salsicce furono a tavola, l'atmosfera poteva considerarsi quasi allegra.

Se un esterno li avesse visti, magari non avrebbe creduto che quella fosse una famiglia che stava attraversando il periodo (che era solo all'inizio) più difficile della loro vita. Tutti, infatti, si sforzavano di essere allegri, in quei giorni, concordando tacitamente di far finta che le notti non erano che silenziose, e che nulla era cambiato rispetto agli anni precedenti.

James e Lily non avevano la più pallida idea di che cosa i loro figli, che a intervalli smettevano di mangiare e si mettevano come a sentire un qualche rumore proveniente dall'alto, stessero aspettando che succedesse, ma lo scoprirono, eventualmente.

Harry arrivò in cucina una decina di minuti dopo, irritabile e cupo; di nuovo, i suoi genitori si stupirono che fosse già sveglio.

Dopo un coro di buongiorno, il quindicenne si sedette al suo solito posto fra Claire e Beth.

<< Harry, tesoro, perchè sei già in piedi? Potevi dormire un altro pò, visto che... >> iniziò a dire Lily, ma si interruppe a metà. (Non parlavano mai degli incubi di Harry durante il giorno: ci avevano provato, all'inizio, ma Harry aveva avuto allora una violenta reazione, e ora più nessuno voleva farlo irritare in quel modo.)

<< C'era un qualche ticchettio, di sopra; non so da dove provenisse, ma mi ha svelgiato e poi non sono più riuscito ad addormentarmi, >> spiegò Harry, secco: James notò le gemelle scambiarsi uno sguardo, prima di tornare frettolosamente al proprio cibo; lui alzò un sopracciglio.

Lily riempì il piatto di Harry con ogni tipo di prelibatezza, ma lui a mala pena toccò qualcosa; si tentò di iniziare a fare della semplice conversazione, ma lui rispondeva a monosillabi. Il ragazzo teneva gli occhi bassi, senza incontrare lo sguardo di nessuno.

Si mangiò in silenzio, quindi, da quel momento in poi – un silenzio impacciato e teso. Lily non riusciva a ricordare dell'ultima volta in cui Harry aveva riso.

Il primogenito dei Potter, ultimo ad arrivare, fu il primo a finire la colazione; si alzò, quindi, chiedendo il permesso di andarsene – cosa la quale fu concessa con riluttanza – per poi avviarsi verso la porta.

Fu in quel momento, con un reciproco sguardo di intesa, che scattarono.

Quattro sedie vennero spostate all'indietro, grattando rumorosamente sul pavimento, e i quattro ragazzi Potter si slanciarono verso il loro fratello maggiore prima che lui potesse anche solo rendersi conto di ciò che stava accadendo.

Will gli saltò sulle spalle, circondandogli il collo con le braccia ossute, e Beth gli arrivò invece di lato e lo afferrò alla vita, bloccando il suo cammino. << Ehi! Ma che cosa...lasciatemi!>> furono le proteste – inascoltate – di Harry, che iniziò a dibattersi per scrollarsi di dosso il fratello e la sorella. (James e Lily si erano intanto alzati in piedi anche loro, e guardavano la scena allibiti). Emma e Claire sorpassarono il fratello e si misero di fronte alla porta per impedirgli l'uscita.

<< Ma insomma! Che cosa vi è preso?! Lasciatemi! E spostatevi, voi due! >> gridava Harry, nel mentre che con una mano cercava di spostare il braccio di Beth che lo circondava e con l'altra di separare le mani di Will da intorno al suo collo; quest'ultimo, tuttavia, gli aveva circondato la vita con le gambe, saldandosi sulla sua schiena, e Beth gli aveva serrato una gamba con le proprie, e fu impossibile per Harry, quindi, di liberarsi.

<< Harry, ascoltaci...>> fece per dirgli, a quel punto, Beth, a mala pena contenendo il suo sorriso; ma fu interrotta da una delle sorelle maggiori: (Lily e James avevano per allora fatto il giro del tavolo, arrivando nelle vicinanze, chiedendo loro ad alta voce che cosa stessero combinando, senza che nessuno prestasse loro alcuna attenzione.) << Tu, Mr. Harry Potter, di Winterbourne Stoke, Wiltshire >> iniziò Claire, solennemente, facendo un passo in avanti e puntando un dito dritto in faccia al fratello, cosa la quale Harry guardò torvo, << sei appena stato sfidato >> proclamò.

<< E se non accetti la sfida, >> venne la voce acuta di Will al suo orecchio (<< Idiota, parla piano o mi stordirai! >>), << verrai proclamato la più viscida serpe della storia! >>

<< Ma di che cosa state parlando, tutti quanti?! >> chiese, accalorato, Harry, guardando irritato le sorelle di fronte a lui; non era proprio in vena di fare qualunque cosa loro avessero in mente, ed era quindi molto meglio se avessero cominciato immediatamente a lasciarlo in pace.

<< Stiamo parlando di te, noi e del Quidditch! Emma, qui, >> continuò ancora Claire, indicando la sorella dietro di lei, << ritiene che tu ti sia rammollito e che non sapresti batterci neanche se fossimo tutti bendati e senza un braccio, quindi...>>

<< Non ho tempo per queste cavolate, finitela! >>

<< QUINDI, tocca a te, adesso, smentire Emma e provarle che sei degno di essere il Cercatore più giovane del secolo >> finì lei, nello stesso tono solenne in cui aveva iniziato, facendo echeggiare le ultime parole in modo significativo.

Cadde a quel punto il silenzio, con Harry che, ora incerto, preso alla sprovvista, guardava Claire; Lily che, capendo finalmente quel che era l'intento dei suoi figli, commossa, aveva cominciato a sorridere, un inspiegabile luccichio nei suoi occhi; e James che, sorridendo anche lui, aveva circondato la vita di sua moglie con un braccio, lasciandole un bacio sulla sommità della testa.

Harry Potter aveva appena passato il mese più orribile di tutta la sua vita: molto peggiore di quelli in cui tutti gli studenti della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts l'avevano considerato l'Erede di Serpeverde, o di quelli in cui si era tenuto il Torneo Tremaghi, di cui lui era un partecipante, in cui era stato costantemente in attesa di un prova che avrebbe facilmente potuto ucciderlo, ed era stato sempre accompagnato dall'ansia e dalla paura; e quel mese era stato orribile, perchè Lord Voldemort – il mago oscuro più temuto del secolo, che da bambino Harry aveva inspiegabilmente sconfitto - era tornato. E lui – Harry – aveva assistito al suo ritorno.

Era successo il giorno dell'ultima prova del Torneo, in giugno. Harry e gli altri tre partecipanti erano entrati in un labirinto fatto crescere da Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts, sul campo di Quidditch, all'interno del quale avrebbero dovuto trovare la Coppa che avrebbe determinato, per il primo che la toccava, la vittoria. Harry e Cedric Diggory – diciassettenne, studente di Hogwarts, Tassorosso e rivale di Harry, oltre che nel torneo, per il cuore di una ragazza Corvonero, Cho Chang – erano arrivati per primi di fronte alla famigerata Coppa, ed avevano deciso di prenderla insieme.

Ma la Coppa, come si scoprì, era un Passaporta, e li aveva condotti in un cimitero. Peter Minus, detto Codaliscia, fedele servitore di Voldemort, scappato da Azkaban – la prigione dei maghi – due anni prima, ed antico amico del padre di Harry, James, prima che lui – Codaliscia – lo tradisse, era stato lì, con ciò che restava di Voldemort stesso, e aveva ucciso, improvvisamente, prima che i due ragazzi potessero perfino rendersi conto di dove fossero finiti, Cedric Diggory, diciassette anni, Tassorosso, studente abile e leale e coraggioso, con tutta una vita davanti.

Era stato Harry a chiedergli di prendere la Coppa insieme.

E Codaliscia, una volta commesso il delitto, aveva legato Harry ad una tomba; ma da qui in poi, voi sapete già come è andata.

Harry si era salvato soltanto grazie agli spiriti delle persone uccise da Voldemort – Cedric compreso – che erano uscite dalla sua bacchetta e che l'avevano trattenuto per il tempo necessario a Harry di scappare e tornare ad Hogwarts insieme al corpo...

Ed ora, Cedric Diggory era morto, ed era tutta colpa di Harry.

Lord Voldemort era tornato, e sempre tutto per colpa di Harry.

Questa, almeno, era l'opinione di Harry, e tutto quello a cui aveva pensato da che era tornato a casa per le vacanze estive.

Non si era ancora fatto vivo, Voldemort, fino a quel momento; lavorava nell'ombra dell'anonimato, creando confusione nel Mondo Magico, facendo in modo che nessuno credesse alle parole di quel ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta che dichiarava di averlo visto tornare.

Il Ragazzo che Mente: così ora citavano Harry nella Gazzetta del Profeta, per denigrarlo, screditarlo; Cornelius Caramel non voleva credere al ritorno di Voldemort, quindi nessuno doveva crederci, ed Harry doveva essere rivelato per quello che era, un bugiardo. I suoi familiari gli lanciavano delle occhiate quando credevano che lui non guardasse, ma lui sapeva, lo percepiva, che loro provavano pietà per lui, per il Ragazzo che Mente.

Si era chiuso in se stesso, Harry, rinchiudendosi nella sua camera anche per ore intere, per protesta contro i suoi genitori che si ostinano a non farlo uscire mai di casa, tranne che per andare dai Weasley o dai Paciock, perchè era troppo "pericoloso"; a nascondergli ogni nuovo articolo in cui veniva citato; a non riferirgli i movimenti di Voldemort che loro, in qualità di membri dell'Ordine della Fenice, conoscevano, dovevano conoscere. Si ostinavano a non ammetterlo nell'Ordine stesso, quando, insomma, chi più di lui aveva il diritto di farne parte?

Aveva anche paura, Harry, anche se non l'avrebbe mai ammesso: l'immagine di Voldemort che spuntava a casa loro, uccidendo tutta la sua famiglia e le persone a lui care, lo ossessionava.

Ma non quanto lo facesse la morte di Cedric Diggory; ogni notte, ogni maledetta singola notte, la riviveva, e il fatto che in vita lui avesse, più o meno, odiato il ragazzo, non faceva che aumentare il suo divorante senso di colpa.

E ora, eccoli qui, i suoi stupidi fratelli che volevano a tutti i costi che giocasse a Quidditch con loro (ah, gli mancava, il Quidditch; volare, volare alto, con il vento tra i capelli e il mondo al di sotto, con l'adrenalina che ti scorre nelle vene quando stai per afferrare il Boccino d'Oro a mezz'aria...), e in fondo lui lo voleva, lo voleva con tutto se stesso, lasciarsi andare, permettersi di essere, magari solo un po', felice, spensierato, un ragazzo della sua età...ma come poteva, se Cedric Diggory era morto? Se Voldemort era tornato?

<< Sentite, ragazzi >> iniziò, quindi, Harry, a spiegare ai suoi fratelli. << Davvero, siete molto carini a volermi far giocare, ma, sul serio, io non...>>

<< No, no, no, Harry, forse non hai capito, >> lo interruppe Emma, come se parlando a un bambino capriccioso, << qui tu non hai voce in capitolo; o giochi o dovrai sorbirti Beth e Will per tutto il giorno attaccati alle tue gambe che ti cantano a ripetizione The Continuing Story of Bungalow Bill, e solo il ritornello. >>

Harry spalancò gli occhi, poi li abbassò su Beth, che aveva ancora le braccia intorno alla sua vita, e vide che lo guardava con un sorriso malandrino in volto. Guardò poi di fronte a sé, e quello stesso, identico, sorriso era stampato in volto alle gemelle; se avesse potuto vedere Will, sarebbe stata la stessa cosa.

Era in trappola.

Merda.

<< Beh, a quanto sembra, >> intervenne a quel punto James, anche lui un sorriso da un orecchio all'altro, << dovrò perdermi una grande partita; ma, purtroppo, il dovere chiama e devo andare a lavoro. >>

Diede un bacio sulla guancia a Lily, che per metà rideva, metà piangeva, e poi passò tra i suoi figli; scompigliò i capelli di Will, facendogli l'occhiolino, diede un bacio sui capelli rossi di Beth, abbracciò con un solo braccio Claire e infine diede il cinque a Emma. Poi, prima di uscire dalla porta che quest'ultima aveva lasciato libera per il passaggio, si voltò verso Harry e, posandogli una mano sulla spalla, gli disse, con uno sguardo e un sorriso che volevano comunicare molte cose – era come, percepì Harry, se suo padre, oltre a quello che effettivamente disse, gli avesse detto che era fiero di lui; che lui, Harry, avrebbe dovuto giocare e divertirsi perchè se lo meritava, perchè lui non aveva nessuna colpa di quello che era successo; che doveva essere forte, perchè tempi ancora più duri lo aspettavano; e che non doveva mai dubitare che la sua famiglia sarebbe sempre stata al suo fianco per sostenerlo, perchè lo sarebbe stata, oltre che avrebbe sempre creduto in lui: << Falli tutti secchi, Harry. >> E anche questa frase, aveva molti più significati di quello che poteva sembrare.

Harry, in quel momento, quasi sentì un moto d'affetto verso suo padre, ma poi, ripensandoci, il suo risentimento tornò, più prorompente di prima.

-

James arrivò al Ministero leggermente in ritardo, cosa che, nella sua posizione, non faceva che peggiorarla.

<< Ehi, Potter! Tuo figlio chi ha visto tornare, oggi, eh? Merlino? >> domandò, mentre attraversava l'atrio, un uomo vestito di nero, che, vicino alla Fontana dei Magici Fratelli, rideva, indicandolo, insieme ad un gruppo di altri maghi.

James li ignorò, digrignando i denti e affrettandosi verso gli ascensori; non doveva curarsene, altrimenti avrebbe fatto il loro gioco.

Salendo di livello, un altro numero ennesimo di persone, che salivano o scendevano dall'ascensore, lo indicarono, gli sussurrarono alle spalle, gli risero dietro, ma James Potter era migliore di loro, e Harry più di tutti.

O almeno, questo era quello che continuava a ripetersi.

Arrivato al secondo piano, si affrettò lungo i corridoi fino al Quartier Generale degli Auror.

Il Quartiere era ampio ed adibito ad open-space, con una fitta rete di cubicoli dalle pareti grigie ricoperte sia dalle foto segnaletiche dei ricercati, che da quelle di famiglia, che da alcuni poster delle squadre del cuore di Quidditch. Per tutto il giorno non si poteva mai sperare di trovarvi il silenzio; vuoi per il rumore di carte scartabellate, che per le incessanti chiacchiere o discussioni tra vicini di ufficio.

Quando James arrivò al suo cubicolo, tuttavia, si poteva considerare l'atmosfera silenziosa: il motivo James lo capì non appena ebbe lanciato uno sguardo verso il basso, sulla sua scrivania, ed ebbe visto una copia della Gazzetta del Profeta del giorno aperta sulla pagina cui aveva guardato non molto tempo prima nella sua cucina; una foto di Harry seduto sotto il portico della loro casa, scattata furtivamente dal cancello esterno, vi spiccava: un ragazzo che se ne sta sempre da solo, è sicuramente fuori di testa, era praticamente il messaggio dell'articolo.

James si guardò intorno, incontrando soltanto il retro delle teste chinate dei suoi colleghi, alcuni dei quali avevano distolto lo sguardo proprio come lui aveva alzato il suo.

Fottuti bastardi.

-

Lily guardava i suoi figli giocare furiosamente a Quidditch dalla finestra al livello del suolo del suo laboratorio nel seminterrato.

<< Ragazzi, io sono di sotto a lavorare, se avete bisogno di me per qualsiasi cosa, chiamatemi. >> aveva detto loro più di un'ora prima.

La Pozione Polisucco era quasi del tutto fermentata; due giorni, e sarebbe stata pronta. Il Veritaserum era invece ancora in alto mare.

<< Abbiamo bisogno di più scorte di pozioni utili possibili. >>

Le parole di Alastor Moody, pronunciate durante una delle prime riunioni dell'Ordine della Fenice, l'organizzazione segreta creata da Albus Silente con lo scopo di sconfiggere Voldemort e i suoi Mangiamorte, risuonarono nella mente di Lily. E' quasi come ai vecchi tempi, riflettè lei, e non in senso buono; le uniche differenze erano quattro figli in più e l'assenza, momentanea, di misteriosi assassinii, tranne per quel primo di oltre un mese fa.

Sciocchi erano stati, a credere che fosse finita, a sperare che non sarebbe mai tornato, quando Silente era sempre stato ferventemente convinto che sarebbe successo, e, di solito, le convinzioni di Silente era giuste...

Ridevano, i suoi bambini, lì fuori, con Harry e Beth in un testa a testa per raggiungere il Boccino, e come desiderò Lily che quel momento avesse potuto non svanire mai, e che i suoi figli avessero potuto sempre rimanere sotto il suo vigile occhio, protetti da tutto quello che avrebbe potuto far loro del male...

Si voltò per un attimo, mescolando per due volte la pozione di Ossofast in senso orario, poi ritornò alla finestra, e Beth aveva afferrato il boccino, volando vittoriosamente in circolo per tutto il campo da Quidditch magicamente celato ai Babbani, allestito da James, non appena si erano trasferiti in quella casa, quattordici anni prima. Harry stava facendo la parte dello sconfitto devastato e indignato dalla vittoria dell'avversaria, e Lily sorrise.

Che figli meravigliosi aveva; ancora si commuoveva se ripensava a quella mattina, a quando i più piccoli avevano convinto (minacciato è meglio, ma era per una buona causa, ridacchiò Lily) il fratello maggiore a giocare con loro per tirarlo su di morale.

<< Il ticchettio che ha svegliato Harry è dell'orologio che abbiamo in camera noi, amplificato con un bel Sonorus >> le aveva rivelato Emma, con un ghigno in volto, quando l'aveva presa da parte e le aveva chiesto maggiori spiegazioni.

<< Signorina >> aveva tentato di rimproverarla Lily << non ti è permesso usare la magia fuori dalla scuola >>

<< Ma mamma, >> aveva replicato lei, per nulla preoccupata e sicura del fatto che sua madre non fosse veramente arrabbiata << chi vuoi che se ne accorga, in una casa in cui abitano maghi adulti?! >>

E Lily aveva lasciato correre.

Harry sarebbe stato meglio, doveva stare meglio.

-

Harry aprì il frigorifero della cucina e afferrò la caraffa del succo di zucca. Sudato, esausto da una lunga giornata di partite a Quidditch, trangugiò il liquido ghiacciato, e immediatamente trovò sollievo.

Era tardo pomeriggio, ormai; sua madre era ancora nel seminterrato affaccendata con le sue pozioni, e i suoi fratelli erano saliti di sopra per riprendersi da vari stati di sfiancamento.

Doveva agire ora.

Rimettendo a posto la caraffa, lanciando uno sguardo di sfuggita all'orologio sul camino per assicurarsi che l'ora in cui suo padre sarebbe tornato a casa era ancora, relativamente, lontana, si precipitò fuori dalla stanza e, attraversando il vasto ingresso con la grande scalinata centrale in legno, salendo su per le scale fino al primo piano, raggiunse, cercando di fare meno rumore possibile, la camera dei suoi genitori.

Rovistò nei cassetti, nell'armadio, sotto il letto, nelle tasche degli abiti, ma niente: nessuna copia, non necessariamente del giorno, della Gazzetta del Profeta, era in vista. Come sempre. (Le uniche volte in cui era riuscito a metterci mano era stato quando si era trovato a casa di Ron.)

Harry credeva che i suoi genitori addirittura si divertissero a trattarlo come un bambino, a tenerlo all'oscuro di tutto, a proteggerlo ossessivamente da tutto: e il fatto che ogni notte lo venissero a svegliare e a consolare per i suoi incubi non faceva che umiliarlo ancora di più, e la sua rabbia cresceva.

Ma non l'avrebbero tenuto prigioniero ancora per molto.

Rinunciando alla sua ricerca, si diresse in camera sua, sentendo le voci delle gemelle provenire dalla loro stanza adiacente alla sua; ma aveva detto loro di non voler essere più disturbato, quindi non sarebbero venuti a richiamarlo che per l'ora di cena, e lui contava di rientrare prima di allora.

Chiuse rumorosamente la porta dietro di sé, per far capire a chi avrebbe sentito che era iniziata l'ora in cui avrebbero fatto meglio a stargli alla larga, poi si voltò e la chiuse a chiave. Si diresse alla svelta verso la finestra, non prima di aver afferrato un fagotto e esserselo nascosto sotto la maglietta; si arrampicò a quel punto sulla scrivania per raggiungerla, la spalancò e, estraendo la sua bacchetta e mormorando un "Accio", la scopa che aveva prima previdentemente posizionato proprio lì sotto salì fino ad arrivare di fronte a lui. Vi montò sopra e discese. Fu poi attento a farla levitare fin dentro lo stanzino in cui tenevano tutte le scope di famiglia, per cancellare ogni prova, e, infine, togliendosi il Mantello dell'Invisibilità da sotto la maglietta ed indossandolo, attraversò tutto il cortile sul retro e scavalcò la siepe che immetteva sulla strada retrostante.

I suoi non avevano pensato di toglierli il Mantello; magari dovevano aver creduto che fosse abbastanza responsabile da non usarlo impropriamente: ma, rifletté Harry, non è che stesse poi facendo chissà che in quel momento.

Andava solo a fare una passeggiata, si disse come ridiventava visibile.

-

Un'altra tediosa giornata di lavoro, piena di documenti da leggere e firmare, redarre e correggere, piena di occhi che lo seguivano ad ogni suo movimento, dovunque egli andasse, se a pranzo o a sgranchirsi le gambe non faceva differenza, era quasi giunta al termine. Lo aspettavano un bel pasto caldo, il tepore del camino, e, si sperava, nessun dramma, a casa.

Ma il giorno dopo sarebbe stato uguale a quello, e il successivo sempre lo stesso; almeno una nuova riunione dell'Ordine era fissata per la sera di due giorni dopo: era qualcosa a cui aggrapparsi.

Fu nel momento in cui Sirius tornò, insieme ad alcuni altri auror, da una missione nel Gloucestershire, entrando rumorosamente nel Quartier Generale dalla direzione degli ascensori, che qualcosa d'altro fuori dalla norma e dalla monotonia di quegli ultimi giorni, accadde. Una notifica volante era arrivata insieme al gruppo di maghi, e, per la non-sorpresa di James e di nessuno dei presenti, si era posata sulla scrivania del signor Potter. Era da parte del segretario del Ministro della Magia.

Egregio Signor Potter,

Le qui comunico che il Ministro della Magia lo ha convocato nel suo ufficio nella giornata di oggi, 2 agosto 1995, ore 5:27 p.m., con effetto immediato, per discutere con Lei di questioni della massima importanza.

Cordiali Saluti,

il segretario personale del Ministro della Magia,

Percy Weasley

E così il ragazzino era diventato segretario di Caramel, pensò James; si domandò poi se la famiglia ne fosse al corrente. Lasciò, tuttavia, quel pensiero da parte, per il momento: questioni più importanti lo aspettavano.

Era arrivato il momento, finalmente.

-

Harry vagava per le strade del paese (così minuscolo e noioso, che cosa mai avevano in mente quando hanno deciso di trasferirsi qui?), senza una meta e con l'unico desiderio di trovare qualcosa che potesse distrarlo dal cumulo di pensieri poco piacevoli che aveva in testa; ma era inutile sperare.

Le strade erano quasi del tutto deserte, dalla parte per dove stava passando, tranne per il passaggio sporadico di qualche macchina, e, probabilmente, riflettè Harry, ciò era dovuto al caldo torrido che in quel momento poteva sentire fin troppo bene: le persone, intelligentemente, rimanevano nelle proprie case, con i condizionatori accesi.

Arrivò nelle vicinanze di un parco giochi abbandonato, con le giostre rovesciate o ammaccate, senza dubbio per il passaggio di qualche banda di vandali, e si sedette sull'unica altalena rimasta intatta.

Era molto più buio, quando se ne distaccò.

Doveva tornare in fretta a casa se non voleva essere scoperto. Si incamminò.

Dall'ombra del primo vicolo davanti al quale passò, tuttavia, qualcosa, o piuttosto qualcuno, attrasse la sua attenzione. Era un ragazzo, Babbano, sicuramente, con tratti comuni, acne, vestiti accuratamente stracciati e un piercing ad un orecchio, appoggiato mollemente contro il muro interno di una casa: stava fumando.

<< Che hai da guardare? >> gli chiese lui bruscamente, come si accorse dello sguardo di Harry.

Harry rimase a fissarlo in silenzio, intentamente.

Quello, stranamente, ghignò. << Vuoi provare anche tu, eh, figlio di papà? >> - ammiccando ai suoi abiti all'apparenza costosi - << Il paparino non ha voluto comprarti il terzo televisore nuovo e quindi ora vuoi fare un po' il ribelle? >> aveva alzato il tono di voce, alla fine, mimando quello di un bambino piagnucoloso.

Harry ci pensò su: lui era sempre stato un figlio perfetto, responsabile, e tutte quelle stronzate...era ora che facesse anche qualcosa per se stesso.

Magari il fumo avrebbe allontanato quei pensieri.

<< Già, è così >> disse quindi allo sconosciuto, calmo.

Lui sembrò per un attimo sorpreso, stralunato dalla non-reazione alla sua provocazione, ma si riprese alla svelta, e a quel punto il suo ghigno si allargò ancora di più: << Come vuoi, mezza sega, ecco qui, prova questa >> E gli tese la sigaretta accesa.

Harry la prese.

-

<< Voi Potter mi avete stancato! Voi e le vostre baggianate s-su Tu-Sai-Chi! Non tollererò più la vostra presenza nel mio Ministero, quando dietro alle mie spalle state tutti cospirando, sì, ha capito, signor Potter, lei e sua moglie, cospirate dietro alle mie spalle con quel vacchio pazzo di Silente! E avete traviato vostro figlio allo stesso modo, l'avete messo contro di me! Voi – voi... >>

James non aveva sentito oltre, perché in quel momento si era alzato, rovesciando la sedia, ed era uscito dall'ufficio del Ministro della Magia, prima che potesse assassinarlo, lì, in quell'istante, e al diavolo tutto...

Attraversò i corridoi del primo livello del Ministero, chiudendo e riaprendo i pugni quasi come se li stesse serrando intorno al collo di Caramel, poi scese utilizzando le scale, perché non avrebbe sopportato la lentezza degli ascensori, non in quel momento.

Era fatta, era licenziato; ma l'aveva previsto, quindi non era un grosso problema: il vero problema, sarebbe stato dirlo a Harry.

Fottuto bastardo pezzo di merda di un Caramell.

Irruppe nel Quartier Generale degli Auror senza curarsi delle teste che si voltarono nella direzione del rumore e quindi della sua; sapere che loro sapevano esattamente, o quasi, quello che doveva essere successo non fece che renderlo ancora più furioso.

<< Potter! >> lo richiamò bruscamente una voce. James si voltò e vide Sirius Black alzarsi dalla sua sedia e venirgli incontro.

<< Caramell ti ha dato il benservito, allora, eh? >> chiese Sirius con un ghigno, scostandosi casualmente dal viso una ciocca ribelle.

James non disse nulla, limitandosi a raggiungere la sua scrivania. Evocò uno scatolone e cominciò a riempirlo con le sue cose.

<< Era ora, a mio avviso, tu non credi, Milkins? >> continuò Sirius, rivolgendosi alla fine ad un vicino auror; quest'ultimo lo guardò stralunato, e non rispose.

<< Che cosa vuoi, Black? Se devi rompermi il cazzo in questo modo, fallo velocemente >> disse James, staccando la foto segnaletica di Peter Minus dalla parete del suo cubicolo, riducendola in cenere con un movimento della bacchetta.

<< Oh, quello che volevo si è già realizzato, quindi credo di stare a cavallo >> disse Sirius, sempre ghignando.

Tutti, nessuno escluso, anche chi faceva finta del contrario, stavano ascoltando la scena, scioccati. Non erano amici, Black e Potter?

<< Allora levati dalle palle >> replicò James, senza nessuna particolare inflessione della voce.

<< Non ci penso proprio; mi diverto a dare fastidio a una donnicciola come te >>

James finalmente alzò lo sguardo, incontrando quello canzonatorio di Sirius.

Quest'ultimo non si fermò: << Dimmi un pò, Potter, come ci si sente ad essere il padre dello zimbello della Comunità Magica, del ragazzo così avido di fama da andare in giro a raccontare che Tu-Sai-Chi è tornato? >>

<< Tu non osi...>>

Sirius lo ignorò, e afferrò l'edizione di quel mattino della Gazzetta del Profeta, rimasta aperta sulla scrivania di James.

<< Ed ecco il Bambino Sopravvissuto, seduto sotto il portico della sua maestosa casa di provincia, intento a fissare il vuoto...>> lesse Sirius, in un tono che voleva essere solenne << ...come un perfetto lunatico; mi chiedo io, che cosa stiamo aspettando a rinchiuderlo in un manicomio, per il bene di tutti noi? Le sue 'storie' non sono già un indizio sufficien... >>

James si gettò con impeto su Sirius, strappandogli di mano il giornale – il quale cadde con un tonfo a terra – e puntandogli la bacchetta contro il mento, espressione tra il duro e l'irato in volto.

<< Tu non osi parlare in questo modo di mio figlio, Black, oppure io ti ammazzo, hai capito? >> gli disse gelidamente. Black, per nulla spaventato, allargò il suo ghigno.

<< Tu provaci, Potter >>

Rimasero a fissarsi per qualche istante, l'intera stanza congelata in quell'attimo, in attesa; alla fine, James lasciò andare Sirius, il quale si ritrasse, e, velocemente finendo di raccogliere le sue cose, lasciò in fretta il Quartier Generale, forse per l'ultima volta.

-

Lily, con qualche ultima mescolata, imbottigliò il contenuto di alcuni calderoni, lanciando un'occhiata ad altri per controllare il loro stato di fermentazione, quindi risalì al piano terra. La luce nell'ingresso non era così forte da ferirle gli occhi, anzi, la riconfortò e la spinse a fermarsi per qualche minuto sulla soglia del suo laboratorio, per ammirare i giochi di luce e di ombra nell'ampio atrio della sua casa; i riflessi sul cristallo del candelabro, la lucentezza che sembrava aver acquisito il corrimano in legno della scala centrale alla sua sinistra...per quei pochi secondi si sentì quasi in pace. Fece un respiro profondo.

James sarebbe tornato a breve, ma aveva ancora il tempo di farsi una doccia prima di dover iniziare a preparare la cena; per cui s'incamminò verso il piano superiore.

Musica, ritmata e rumorosa, proveniva dalla camera delle gemelle; Lily incontrò poi Will che lasciava rotolare giù dalle scale, a partire dal secondo piano, alcune vecchie Pluffe, ma decise di lasciarlo fare (non prima di avergli raccomandato di stare attento a non far inciampare nessuno con quelle palle, e avergli dato un bacio, che lui accettò riluttante); Beth non era in vista.

Lily entrò in camera sua; si tolse le scarpe e le gettò nel bagno, si sedette sul letto e si massaggiò la schiena: un bella doccia rilassante ci voleva proprio.

<< Harry! Harry, sei sveglio? Mi fai entrare? >> sentì la voce di Beth chiamare dal di fuori, e i lontani colpi alla porta del diretto interessato che seguivano ogni richiamo. Lily rimase in ascolto.

Quando gli sforzi di sua figlia di richiamare il fratello maggiore continuavano invano, Lily andò a raggiungerla.

<< Tesoro, magari Harry non vuole essere disturbato...>> disse alla piccola Beth. Lei si voltò verso la madre, un pugno ancora alzato pronto a bussare di nuovo, e a Lily si strinse il cuore nel guardare gli occhi, così simili a suoi, di sua figlia: erano spalancati e lucidi, delusi e anche un po' spaventati. Lily si allarmò.

<< Che cosa c'è, amore mio? Qualcosa non va? >> chiese dolcemente, abbassandosi all'altezza della bambina. Lei scosse la testa.

<< Volevo – volevo solo dare questo a Harry >> disse Beth, mostrando a sua madre un disegno che teneva nell'altra mano. Rappresentava una casa - la loro – e tutti i membri della loro famiglia posti in fila e per mano nel giardino laterale: era un disegno infantile, ovviamente, ma si poteva vedere tutta la cura e l'attenzione che le aveva dedicato la piccola di casa Potter. << Magari lo può tenere sotto il cuscino la notte, così non avrà più incubi >> aggiunse lei.

Lily sorrise. << Sai, è proprio una splendida idea...dai, cerchiamo di fargli aprire la porta >> Anche Beth accennò un sorriso, prima che sua madre iniziasse a chiamare Harry e a bussare alla sua porta.

Nessuna risposta.

Lily aggrottò la fronte. << Starà dormendo, magari...ma in genere si sveglia subito anche al più lieve rumore...>> disse, dubbiosa.

<< Magari è sceso di sotto >> propose Beth.

<< Mmm...>> Lily provò ad aprire la porta, ma era chiusa a chiave << Quante volte gli avrò detto di non chiudersi a chiave in camera...>>

Le gemelle in quel momento uscirono dalla loro stanza che era immediatamente sulla sinistra, e si avvicinarono per vedere quello che stava succedendo.

Lily si risolse ad usare la magia. Aveva una strana sensazione.

<< Alohomora >> pronunciò chiaramente, puntando la bacchetta sulla serratura e compiendo un deciso movimento col braccio. La serratura scattò.

L'interno era vuoto.

-

Harry iniziò a tossire, e ci volle un bel po' prima che riuscisse a smettere; si piegò addirittura in due, gli occhi inumiditi e il respiro strozzato.

Il ragazzo a fianco a lui rideva sguaiatamente, anche lui piegato in due. << M'ero scordato di dirti, pivello, che la prima volta avresti potuto...>> un nuovo scoppio di tosse più forte degli altri lo interruppe << ....sì, già, proprio così. >>

Harry eventualmente si calmò. A quel punto anche a lui venne da ridere, e diede un mezzo spintone all'altro ragazzo.

<< Fa nulla, comunque, è passato >> disse poi << fammi riprovare >>.

<< Come vuoi >>.

Dopo qualche altra boccata, con lo sconosciuto che gli indicava la tecnica giusta, Harry ci prese quasi gusto; il fumo era pungente, forte, ma una volta superato il primo impatto, era anche gradevole. Si sentì quasi più leggero.

<< Bene, allora, un vero piacere averti conosciuto, mezza sega, >> disse il ragazzo, ironicamente, dopo un po' << ma ora devo proprio andare...donne mi aspettano, sai >> ma, lanciandogli un'occhiata da capo a piedi, aggiunse << o forse non lo sai >> e ghignò ancora.

Harry cominciava a irritarsi. La sigaretta che aveva in mano, tra l'indice e il medio, come gli aveva insegnato lo sconosciuto, era finita e Harry non sapeva che farci: ci girò intorno in cerca di un cestino della spazzatura. Il ragazzo (dovrei forse chiedergli il nome?, si domandò) alzò gli occhi al cielo, esasperato, e gli tolse di mano la sigaretta.

<< Guarda e impara, pivello >> disse; la gettò a terra e la schiacciò con un piede. Harry annuì.

L'altro lo guardò ancora, alzando un sopracciglio << Sei proprio strano tu, eh, ma dove vivi? >>

Ma prima che Harry potesse rispondere, un improvviso, sconcertante, crac fendette l'aria intorno a loro, e Harry si voltò di scattò, girando lo guardo da una parte all'altra della strada in cerca della fonte. Era sembrato un rumore familiare...spaventosamente familiare...

<< Che cosa è stato? >> chiese il ragazzo babbano, irritato.

<< Oh, magari nulla, qualche ramo che cadeva...>> rispose tentativamente Harry.

Ma a quel punto, accadde qualcos'altro.

L'aria sembrò d'improvviso raffreddarsi, con un vento gelido che cominciava a tirare e a investire i loro volti, mentre la luce pre-crepuscolare calava sensibilmente, di colpo, lasciando il vicolo in cui Harry e il Babbano si trovavano in maggiore penombra rispetto ad un attimo prima.

Continuando a girarsi intorno, allarmato, il respiro che accelerava, Harry cominciò a sentire l'oh-così-familiare sensazione di occlusione della gola, di gelo nelle ossa, e di lenta disperazione che andava ad avvolgere tutto il suo essere...delle ombre scure si stavano avvicinando all'entrata del loro vicolo, ed Harry seppe immediatamente cosa fossero.





















Note dell'autrice

Ed ecco il primo capitolo! Scusate se ci ho messo così tanto a postarlo ma ancora non era finito, in più ho avuto tanto da fare questa settimana, quindi mi ci è voluto un pò a terminarlo...Non sono proprio sicura del risultato, ma avevo proprio voglia di postarlo così com'è, quindi spero che vi piaccia!

E passiamo ai ringraziamentri....grazie tantissimissime alle sei persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, lo apprezzo tantissimissimo!! :))

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!

Alla prossima,

Daughter of the Lake

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Daughter of the Lake