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Autore: Crumble    05/07/2007    9 recensioni
"...Erano in cinque, ed erano qualcos altro. Mi accovacciai e appoggiai il mento sulle ginocchia. Fa che non mi trovino, fa che non mi trovino, fa che non mi trovino…" Ok, sono emozionatissimissimissima! Questa è la prima storia che faccio leggere a qualcuno e mi vergogno un pò... Ma dopo un chilo di coraggio condito con dell'ottima fiducia, eccomi qua!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A New Twilight'
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CAPITOLO SEDICI: MAI E PERSEMPRE
Gettai tutto nel cestino e corsi fuori dal bagno. Ormai sapevo che aspettavo un bambino, adesso quello che contava era arrivare dagli altri prima dei tre vampiri.
Quando arrivai in cima alle scale però, mi fermai. Seduti sul divano del salotto c'erano i tre vampiri della mia visione e anche il resto della famiglia.
"Bella" Edward mi aspettava in fondo alle scale, con un sorriso tirato.
Ebbi un tuffo al cuore. Lui non sapeva che ero incinta, prima o poi avrei dovuto dirglielo.
Come avrei fatto?
Scesi le scale tentando di mantenere l'espressione più naturale possibile.
"Bella, questi sono Laurent, Victoria e James" disse Carlisle.
I tre vampiri mi squadrarono da capo a piedi.
"Molto piacere" disse Laurent, aveva un accento un po’ francese.
"Cosa stavamo dicendo?" intervenne Carlisle.
"Che noi siamo qui per Bella" disse Laurent.
"Per me? Cosa volete?" chiesi sorpresa.
Non li conoscevo nemmeno, cosa potevano volere da me?
"Vorremmo proporti un affare" rispose Victoria.
"Che genere di affare?" intervenne Emmett.
"Noi sappiamo che lei è potente. Molto potente. Forse più potente dei Volturi stessi" spiegò James che in tutto questo, non aveva mai smesso di guardarmi.
"Noi vorremmo entrare a far parte del suo clan. Vorremmo far parte dello stesso gruppo" disse Laurent.
"No" intervenne Edward secco.
"Lascia decidere lei" ribattè James.
"Non esiste. Non ci sarà nessun gruppo" ripetè Edward.
"Abbiamo anche saputo" intervenne Victoria "che è in grado di generare figli"
Istintivamente mi portai una mano sulla pancia, dove il bambino mio e di Edward stava crescendo.
"Vorremmo proporci come padri per uno dei bambini che avrà" disse Laurent.
"In entrambi i casi la risposta è no" ringhiò Edward.
James si alzò di scatto. "Mi hai rotto ragazzino. Penso che sappia benissimo parlare da sola, senza bisogno di te"
"Non c'è neanche bisogno che si sprechi a rispondere. So già quale sarà la sua risposta" ribattè Edward secco.
James prese a ringhiare pericolosamente ed Edward rispose al ringhio con uno altrettanto spaventoso.
"Non credo sia il caso di reagire a questo modo" disse Carlisle ad entrambi.
Ma evidentemente James non voleva sentire ragioni. Si scagliò contro Edward che, prima di pensare a difendersi, mi dette una spinta per mandarmi più lontano.
Si scontrarono con un suono simile a un fulmine. Il rumore assordante rimbombò per la casa, mentre i vetri presero a tremare.
Prima ancora che potesse crearsi un vero e proprio scontro, Emmett e Jasper si scagliarono su James per fermarlo, mentre Carlisle teneva una mano sulla spalla di Edward.
"Devo chiedervi di uscire da casa nostra" disse Carlisle con un tono che non ammetteva repliche.
Era incredibile come sapesse rimanere calmo ma deciso in ogni occasione.
James si scrollò di dosso le mani di Emmett e Jasper.
"Va bene, ma vorremmo chiedere a Bella di pensare alla nostra proposta" disse Laurent.
"Torneremo domani per una risposta" disse Victoria.
James si avvicinò a me e mi prese una ciocca di capelli fra le dita. La annusò e la rimise apposto. Edward, era teso e ringhiava piano.
Si chinò fino al mio orecchio. "Sarai mia, che tu lo voglia o no" mormorò.
Deglutii a fatica e mi strinsi le braccia intorno alla pancia.
Edward dovette notare il mio sguardo impaurito perché mi fu subito accanto e mi strinse in un abbraccio.
Mi sollevò e in un attimo mi portò in camera. Mi distese sul divano e poi si distese vicino a me.
Solo allora mi accorsi che stavo piangendo.
"Maledetti ormoni impazziti" brontola.
"Come hai detto scusa?" chiese Edward sorpreso.
Non sapevo che dire, sicchè cincischiai.
"Bella, cosa c'è che non va?" chiese accarezzandomi una guancia.
Mi morsi il labbro. Era davvero arrivato il momento di dirglielo? Dovevo farlo ora? E se poi mi avesse lasciata? In ogni caso, dentro di me stava crescendo nostro figlio e non potevo tenerlo all'oscuro di una cosa simile.
Meglio prima che poi…mi dissi.
"I-io…emm…E-Edward…io…" mi feci prendere dal panico.
Edward mi prese il viso tra le mani e mi baciò sulla fronte. Il suo odore dolce mi calmò all'istante.
"Calmati amore. Tranquilla, lo sai che con me puoi parlare di tutto. Dimmi che succede" mi rassicurò.
Feci un gran sospiro. "Edward…io…s-so-sono i-incinta" dissi senza fiato.
Edward mi guardò per trenta secondi senza dire niente. Il suo volto era una maschera inespressiva.
"Emm…lo so, è inaspettato…io…non so che dire…mi dispiace"
Vederlo così assorto nei suoi pensieri, senza tralasciare la minima emozione mi faceva paura.
Feci dei gran respironi per scacciare il panico pronto ad invadermi.
Si tirò a sedere sulla poltrona. "Non devi scusarti, eravamo in due quando l'abbiamo fatto" mormorò.
"Si ma…io…" non sapevo che dire.
Mi tirai a sedere e sospirai, asciugandomi le ultime lacrime. "Non deve essere così per forza, lo sai" mormorai.
"Che vuoi dire?" chiese.
"Che ci sono altre soluzioni…se tu non lo vuoi…" risposi.
"Andiamo in ospedale da Carlisle a fare un controllo" disse ignorando quello che avevo detto.
Sospirai. Vederlo così serio e ai limiti della scontrosità non mi piaceva per niente. Non era questo l'Edward che avevo conosciuto e che amavo.
Mi sottoposi al controllo. Carlisle ripetè un test di gravidanza, e ancora una volta, risultò positivo.
"Bè, non ci sono dubbi. Sei proprio in cinta, e di un mese" annunciò sorridendo.
"Mmm…" mormorai.
Edward non disse nulla. La sua espressione non era cambiata di una virgola. Dura, fredda, calcolatrice.
Sospirai e abbassai lo sguardo. Gli stavo rovinando la vita. Era questa la verità. Lo stavo costringendo ad accettare un figlio che probabilmente non aveva mai desiderato.
Il senso di colpa m'invase. Era tutto sbagliato. Lui non voleva quel bambino ed io, con la mia presenza, lo stavo costringendo a tenerlo, ad accettarlo.
Dovevo fare qualcosa.
"Carlisle, ti dispiacerebbe tenere la notizia per noi?" chiesi.
"No, certo che no. Potete stare tranquilli, rimarrà tra noi finchè lo vorrete" rispose.

Durante il viaggio di ritorno, in macchina regnò un silenzio di tomba. Erano ore in realtà, che Edward non mi diceva niente.
Non sapere quello che lo tormentava mi faceva rodere nelle mie supposizioni e mi faceva enormemente male, essere esclusa così dai suoi pensieri.
Appena arrivati a casa mi diressi in camera, presi il borsone da viaggio e cominciai a metterci dentro le mie cose.
Avevo deciso di non imporre la presenza del bambino. Questo implicava anche il mio trasferimento; si perché eravamo una cosa sola. Non accettare il bambino significava non accettare me.
Edward entrò nella stanza poco dopo.
"Che stai facendo?" chiese sorpreso.
"Me ne vado" annunciai con voce decisa.
"Perché?" chiese ancora.
Sospirai. "Perché tu non vuoi il bambino e non sarò certo io a farti cambiare idea" risposi. Ripiegai un paio di pantaloni e li infilai nel borsone.
"Cosa ti fa credere che non lo voglia?" chiese tranquillo.
"Non sono stupida, e non sempre servono le parole per far capire cosa si pensa" risposi. "E tu che hai capito?"
"Che non vuoi essere padre. Che questo bambino non t'interessa. La tua espressione fredda e i tuoi silenzi la dicono lunga" risposi.
"E che faresti adesso?" chiese alzando un sopracciglio.
"Bè, tu non vuoi il bambino quindi, non te lo impongo di certo. Andrò da qualche altra parte" risposi.
All'improvviso, le sue braccia intorno alla mia vita mi tirarono contro il suo petto. Appoggiò il mento sulla mia spalla.
"Non so proprio da dove hai tirato fuori una sciocchezza del genere" mormorò "Voglio dire, è il mio bambino, il nostro!"
"Ma tutti quei silenzi…non dicevi niente…" protestai disorientata.
"Perché dovevo accettare la cosa. Voglio dire…caspita, sarò padre! Non capita tutti i giorni!" rispose.
"No, direi di no…" dissi ancora confusa.
Edward scostò la mia roba dal divano e ci si sedette; poi mi prese per i fianchi e mi fece sedere sulle sue ginocchia.
"Non è facile per me Bella. Dovevo attutire il colpo; insomma, ho centosei anni e in centosei anni non ho mai pensato di poter essere padre. Fin da quando ho saputo che i vampiri non possono avere figli, ho fatto di tutto per mettere da parte la voglia di averne uno" spiegò.
Io ascoltavo, attenta ad ogni parola.
"All'inizio è stato facile, ero giovane, non desideravo davvero avere una famiglia. Poi, con il tempo, ho desiderato poter essere come un qualsiasi essere umano. Mi sono costruito una corazza e chiuso nel mio guscio, mi ripetevo che non avevo bisogno di nessuno, che potevo bastare a me stesso. In realtà, stavo solo scappando"
Gli accarezzai una guancia. Ero felice, finalmente si stava aprendo con me.
"Poi sei arrivata tu, hai sconvolto il mio mondo, tutte le mie certezze. Sei diventata la mia compagna, e ora, mi stai regalando quello che ho agoniato per decenni" concluse.
"Ma se è quello che vuoi, allora come mai sei stato così freddo con me?" chiesi.
"Te l'ho detto, per attutire il colpo. Sapere che sei incinta, sapere che dentro di te sta crescendo il nostro bambino, ha distrutto una delle certezze più fondate e dolorose della mia esistenza" rispose.
"Vuoi dire che eri come in uno stato di shook?" chiesi.
"Si più o meno. Ma ora che l'ho superato sto bene, sono felice" rispose.
"Quindi non devo più andarmene" conclusi sollevata.
"Tesoro, non dirlo neanche per scherzo! Dove vorresti portare mio figlio?" chiese stizzito.
"Bè…pensavo non lo volessi così…" cincischiai.
"Non pensarlo più! E ora, al lavoro! C'è un sacco da fare!" disse.
"Cosa c'è da fare?" chiesi confusa.
"Innanzitutto, dirlo agli altri, poi, comprare un letto per noi e infine, pensare a quale e come sarà la stanza del piccolo o della piccola" decretò.
Annuii e lo abbracciai. "Abbiamo ancora nove mesi amore" gli ricordai.
"Otto" obiettò "Il mio campione ha già un mese!"
Risi. "Già, è grande lui!"
Scoppiammo a ridere e rimanemmo sul divano tutta la notte, a coccolarci e fare progetti per il futuro.
Ci immaginavamo come sarebbe stata la nostra vita, con un bambino ad unirci per sempre.
  
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