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Autore: postit2    06/07/2007    7 recensioni
Mi hanno detto che sono perduta. Quando ogni notte apro la porta ad un uomo diverso, avvicino di un passo la mia anima alla dannazione. Ma chi dice questo non sa che voglio essere esattamente così. Una prostituta o puttana, come più vi piace, sono quello che volete. “Ti hanno comprata per questa sera” “Chi?” “Un pazzo”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La danzatrice della vita
 
 
 
 
 
Mi  hanno detto che sono perduta. Quando ogni notte apro la porta ad un uomo diverso, avvicino di un passo la mia anima alla dannazione. Ma chi dice questo non sa che voglio essere esattamente così. Una prostituta o puttana, come più vi piace, sono quello che volete.
Gli uomini che entrano nel mio letto non hanno viso, sono ombre vacue e grigie. Li scorgo a tratti ondeggiare sopra di me, gementi quanto fastidiosi. Credono di possedermi, di avere il controllo del mio piacere. Chissà quanto sarebbero disposti a pagare se, invece di finti gemiti e mugugni, spiegassi che il corpo davanti a loro è un vaso vuoto senza vita.
Questa sono io, non ho forma né sostanza, sono solo profumo e respiri.
 
La ragazza che muoveva lesta i piedi per evitare le numerose pozzanghere, era in ritardo. Non che le importasse particolarmente essere puntuale, ma era sempre stata dell’idea di mantenere, con quanto più impegno possibile, gli impegni presi. Le altre dipendenti del Red Illusion si scapicollavano giù dai loro miseri appartamenti, per arrivare il prima possibile e trovarsi un cliente per la serata, quanto meno guardabile. A chi arrivava tardi restavano gli scarti, ridicoli ometti troppo presi dai loro istinti per accorgersi del ribrezzo che provocavano alla loro compagna di turno.
Le cose per Ginevra erano diverse. La natura, con suo grande rammarico, non le aveva regalato splendide ed eleganti gambe lunghe, ma per compensare la mancanza aveva a suo favore agilità e scioltezza di movimenti. Il fisico minuto ma proporzionato era perfetto per la danza, e Ginevra non si era certo tirata in dietro.
Quei fianchi che di lì a poco avrebbero ipnotizzato un centinaio di persone, scartarono con una ampia curva un sacco di immondizia finito in mezzo alla strada dopo la pioggia. Uno sguardo di ammirazione e malizia si posò su di lei seguendola con lo sguardo mentre il suo corpo riprendeva il naturale dondolio sensuale della camminata. E se anche Ginevra si fosse accorta di quello sguardo, non vi badò.
 
Sentiva il corpo muoversi, ondeggiare e inclinarsi di proprio volontà. Sapeva che era il suo cervello a comandare gambe e braccia ma, se non avesse avuto un minimo di cultura anatomica, avrebbe detto che era il vento o la musica a farla muovere. Si sorprendeva ogni volta, quando crollava a terra ansimante di come tutti nella sala la stessero guardando ammaliati. Cosa aveva mai fatto di così speciale da meritarsi tutti gli elogi e le grida eccitate di quella folla, stipata in scomode e troppo attaccate sedie di legno, venuta lì quella sera solo per vedere lei. La sua mente restava vuota, non registrava nulla di quello che faceva sul palco. Non riusciva a prendere coscienza di quanto potesse risultare attraente agli occhi di chi la guardava quel suo muoversi sensuale e ritmico. In quei minuti sentiva solo la musica, una delle poche cose belle della sua arida vita. Sentiva il ritmo della batteria risuonarle nella testa e perdeva il senso di sé. Preda di quel suono capace di illuminarle la vista per un istante, un attimo di meraviglia dove poteva sentirsi in pace, libera dai vestiti e dalle regole. Sola e viva.
“Ti hanno comprata per questa sera”
La voce biascicante e resa rauca dal troppo fumo apparteneva a Bill, proprietario del locale nonché suo datore di lavoro. A dispetto dell’impresa, fruttifera quanto illegale, che mandava avanti da anni, era un uomo piuttosto simpatico e disponibile.
“Proprio oggi? Dovevo finire di leggere un libro” brontolò Ginevra lasciandosi cadere sul piccolo sgabello davanti al luminoso specchio a muro. Con gesti esperti si sfilò il fermaglio dai capelli, liberando la cascata ramata per cui non pochi avevano perso la testa.
“Questo te lo prendi, poche scuse. Ha pagato parecchio e in contanti” esclamò risoluto Bill aprendo con la grossa mano la porta del camerino. Era risaputo in tutto il locale che il grosso uomo riservasse un trattamento di favore a Ginevra. In fin dei conti, molti dei clienti venivano per vederla danzare e se ogni tanto lei rifiutava di restare con qualcuno di loro per tutta la notte, non era un problema. Anzi, meno si concedeva in giro più quelli erano disposti a pagare. Quella sera però non ammetteva capricci, quel tipo mai visto aveva sborsato più di quello che lui guadagnava in un’intera sera solo per avere quella ragazzina rossa.
“E sentiamo quanto valgo stasera?” cinguettò altezzosa Ginevra spazzolandosi i lunghi capelli.
“Diecimila sterline”
Poi la porta si chiuse e la ragazza dentro la stanza, restò a fissare la sua immagine allo specchio. Diecimila sterline per quella figurina che vedeva riflessa davanti a lei, scompigliata e con le guance accaldate. Chi mai potrebbe pagare tanto? Un pazzo.
Psicopatico o no, doveva rimettersi in sesto. Voleva dimostrare di valere per lo meno la metà di tutti quei soldi. Finì di sistemare i capelli con due secchi colpi di spazzola e sfilandosi dalle spalle il bianco accappatoio prese a esaminare con minuzia ogni capo presente nell’armadio davanti a lei. Pensando che non avrebbe tenuto addosso per molto nessuno di quei vestiti le pareva inutile tanto affanno per la scelta, ma voleva lasciarlo senza respiro.
Venti minuti dopo una snella figura uscì dal camerino per presentarsi davanti al balcone in legno del bar. Raggiunse Bill maledicendosi per non essere abbastanza alta da vedere meglio la persona con cui stava parlando. Poteva vedere solo qualche ciuffo di capelli biondi fare capolino da sopra la pelata ormai inarrestabile del suo capo. Ne dedusse che doveva essere parecchio alto per arrivare all’altezza di Bill, in pratica dal suo punto di vista era un gigante.
 
Draco Malfoy non aveva mai pagato una donna per la sua compagnia. Del resto da quando aveva dodici anni nessuna ragazza si era mai rifiutata seguirlo dovunque volesse andare. Alcune erano talmente patetiche da fargli quasi pena. Quella sera rappresentò l’unica eccezione di una vita.
Aveva notato quella rossa qualche ora prima, mentre guardava distratto una vetrina di abiti sciatti. Nel riflesso del vetro un po’ opaco, lo aveva stuzzicato l’immagine di un corpicino minuto camminare veloce. Il modo in cui quella bella ragazza aveva aggirato un sacco in mezzo al marciapiede lo aveva lasciato piacevolmente sorpreso. Aveva gli stessi modo di una vivace bambina intenta a saltare la corda ma allo stesso tempo si muoveva con la malizia di una donna che sa come far girar la testa a un uomo.
Poi era arrivato in quel locale. Ospitale, ma per il resto era una bettola considerati i locali che era solito frequentare. Così se ne era stato dieci minuti seduto su una piccola sedia di legno con il ginocchio di uno sconosciuto puntato contro la coscia destra. Quando ebbe perso il conto delle maledizioni lanciate in quanto più silenzio possibile contro quel posto e quella compagnia, le già fioche luci si spensero del tutto, mentre il ridicolo palco di due metri si illuminò.
Guardò quella figura ballare per mezzora e rimase più che mai perplesso. Dov’era finita quella bizzarra energia che aveva visto nel pomeriggio? Che la vetrina del negozio gli avesse giocato un pessimo scherzo? Certo doveva ammettere che come ballerina era brava, anzi molto. Non era mai stato insensibile al fascino femminile e in quel momento si sentiva rimescolare lo stomaco dal desiderio, ma questo era insufficiente. Quella ragazza sembrava una marionetta, e si diede dello stupido quando sorprese sé stesso a controllare l’assenza di eventuali fili legati ai polsi e alle caviglie. Sembrava drogata, in un completo oblio di musica senza emozioni.
Lui voleva vedere la bellezza di un movimento spontaneo, uno sguardo che non guardasse il vuoto ma solamente lui. Per questo si era frugato nelle tasche e dato tutto il loro contenuto al bislacco proprietario del locale, assicurandosi la bambolina di ceramica per l’intera notte.
Certo non si aspettava di vederla comparire sorridente al fianco del bestione con jeans e maglietta a maniche lunghe. Come unico vezzo un piccolo diamante ornava l’altrimenti nudo decolté.
Ginevra si accorse dello sguardo perplesso del giovane davanti a lei e ne fu piacevolmente orgogliosa.
“Dove mi porti?” civettò afferrando con una lieve presa il braccio di Draco. Per sua natura non sarebbe mai stata tanto oca con un uomo, ma quello era il suo lavoro e del resto ciò che lui poteva pensare di lei la lasciava indifferente. Doveva ammettere però, che come riccone pazzo era decisamente bello. Proprio una meraviglia. Alto, forse un po’ troppo per lei, biondo e con l’aria da selvaggio pirata. Magari quella sera si sarebbe persino divertita. Solo gli occhi stonavano con il quadro del perfetto amante. Grigi e inquisitori. Voltò il viso verso di lui con quanta più vanità possibile e trovò ad aspettarla il freddo gelo di uno sguardo senza espressione.
“Non deve importarti” mormorò una voce secca e priva di tono. Ginevra cominciò a pensare che forse il bel tipino non fosse poi tanto affascinante caratterialmente come lo era nell’aspetto esteriore.
 
Percorsero molta strada a bordo di una lussuosa e comoda auto, con tanto di autista privato.
“Questo tipo fa il bagno in banconote da cento sterline. Probabilmente sono una delle cose meno care che abbia mai comprato” pensò Ginevra accarezzando invidiosa la morbida e fresca pelle nera dei sedili.
Il silenzio si stava facendo troppo pesante per i suoi gusti così decise di giocare un po’.
“Puoi smetterla di guardare i miei vestiti in quel modo assurdo. Mai madre diceva sempre che non c’è eleganza in nessun abito da sera, se sotto hai della biancheria in disordine e magari di colore diverso. Seguo sempre i suoi consigli” concluse Ginevra guardando con un pizzico di puro divertimento il ragazzo al suo fianco.
L’espressione che apparve sul viso dei Draco, scambiata da Ginevra per imbarazzo, fu di diversa natura. Dopo un lasso di tempo parso infinito e una considerevole somma sparita dalle sue mani, Draco aveva rivisto quella scintilla di vera vivacità che cercava.
Ricambiò la frase provocatoria della ragazza con uno dei suoi enigmatici sorrisi, sperando di farle arrovellare il cervello nel tentativo capire cosa gli passare per la testa, ma erano arrivati a destinazione e gli occhi della ragazza erano persi sulla figura della villa davanti a loro.
Fosse stata anche una settimana intera in quella casa non le sarebbe bastato il tempo per vederla tutta. Ginevra abituata al suo comodo appartamento di cinquanta metri quadrati, calpestabili molti meno, si sentiva dispersa in quelle stanze dall’alto soffitto e talmente grandi che i mobili faticavano a riempirle del tutto.
“Vieni” ordinò con poco grazia Draco avviandosi lungo la grande scalinata davanti alla porta d’entrata. Ginevra non fece caso al tono o ai modi del ragazzo, si era vista trattare molto peggio ma questo nuovo cliente la turbava. La guardava in modo strano, sembrava quasi che la esaminasse.
 
Se poco prima aveva deciso con fermezza di lasciarlo senza respiro ora doveva complimentarsi con sé stessa. Era rimasto senza colore. Arrivati in un piccolo salottino del secondo piano lui si era seduto su una pesante poltrona di velluto verde e quasi non la guardava.
Aveva camminato piano fino a lui, mentre con gesti lenti ma decisi si slacciava i jeans facendoli poi scivolare sulle snelle gambe una volta arrivata davanti a lui. La maglietta di cotone seguì ben presto i pantaloni sul pavimento lasciando Ginevra con gli abiti tanto attentamente scelti. La leggera sottoveste di seta bianca le fasciava il corpo con impalpabile perfezione, lasciando bene intravedere il completo rosa pastello che indossava sotto. Rimase ferma sotto quello sguardo di ghiaccio per interi minuti ma non mosse un muscolo. Non poteva, si sentiva inchiodata da quegli occhi che con piacevole e tremenda lentezza percorrevano ogni più nascosta parte di lei. Per un istante le parve di vedere il desiderio bruciare dentro quello sguardo ma la porta finestra del terrazzo si spalancò e il fresco vento estivo la distolse dai suoi pensieri.
“Esci” mormorò Draco alzando brevemente una mano in direzione del terrazzo. Questa volta però non aveva il suono di un ordine, ma sembrava una calma richiesta.
Ginevra indietreggiò finché avvertì la fredda pietra grigia solleticarle i piedi nudi. Normalmente si sarebbe chiesta quale stano gioco avesse in mente ma la ragione non funzionava più. Sentì lontana una musica avvicinarsi mano a mano che raggiungeva il centro del terrazzo e quando si fermò la melodia era arrivata fino a lei, chiara e sonora.
“Balla”
La voce di Draco le arrivò sotto forma di flebile sussurrò e lei non esitò un solo istante. Forse le aveva fatto qualche strana magia ma sapeva che se le avesse detto di buttarsi lei lo avrebbe fatto. Cominciò a muoversi, seguiva il ritmo della musica con esperta sintonia ma qualcosa non andava. Il suo corpo non rispondeva più al richiamo delle percussioni, lo sentiva stonare come se ballasse una musica tutta sua. Poi capì. Lei stava sentendo quello che faceva. Poteva avvertire chiaramente il movimento della mano aperta sul ventre o il piede scivolare lento all’indietro. Cosa mai le aveva fatto questo uomo? Scioccata da sé stessa rimase immobile lasciando che solo la sottoveste ballasse sospinta da un impertinente vento.
Qualcosa le cadde sulla guancia per poi scivolare veloce verso il collo e sparire assorbito dalla lieve seta attorno al seno. Arrivarono altre gocce dopo quella e presto tutta la sua pelle fu percorsa da piccoli fiumiciattoli diretti a terra. Guardò per istinto verso l’alto ma non vide nuvole arrabbiate cariche di pioggia. Lassù c’erano solo un’infinità di luminose stelle e una sottile luna a falce come unica fonte di luce.
“Cosa?” balbettò confusa Ginevra aprendo il palmo della mano per accogliere una tonfa goccia.
“Balla. Balla per me”
Questa volta la voce giunse limpida e forte, e il cuore che Ginevra credeva spento, fece un inaspettato e doloroso balzo.
Chiuse gli occhi e ascoltò la musica. Non era come quella assordante e metallica del Red Illusion. Questa melodia sembrava venire apposta per lei da paesi dall’altra parte del mondo, con flauti e tamburi uniti a formare un suono melodico e coinvolgente.
Prese a danzare con calma, non dirigeva il suo corpo da un bel po’ di tempo e doveva abituarsi. Fece in fretta. Quella musica era inebriante e presto perse la cognizione del luogo, le pietre che talvolta le graffiavano i piedi non venivano considerate e i capelli ormai fradici erano lasciati liberi di ondeggiare seguendo le sue mosse. Il suo stesso sangue fremeva dalla voglia di muoversi, era tanta la voglia di sfogarsi dopo tutti gli anni di letargo che temette di scoppiare. Aprì gli occhi di scatto e lo guardò. Come era possibile, decine di uomini le erano stati talmente vicini da poter vedere ogni sfumatura dei suoi occhi, e ora questo ragazzo venuto dal nulla la sconvolgeva fino alle ossa  fissandola da cinque metri di distanza. Quello sguardo apparentemente privo di emozioni la stava infuocando, attrazione e desiderio crescevano sempre più dentro di lei e la sua danza si fece via via più vitale. Stava scoprendo quelle emozioni conosciute solo a parole e il piacere era tanto intenso da tramortirla. Cadde sulle ginocchia e curvando il busto all’indietro si riempì di vita. Poteva vedere i capelli mollemente abbandonati sulla pietra come uno splendido tappeto rosso, e qualche ciocca rimasta attaccata alla pelle umida disegnava gotici ricci sul seno quasi scoperto. Si sentì bella. Per la prima volta fu consapevole dell’effetto che avevano la sua pelle lucida di pioggia e i suoi fianchi sinuosi sulla persona seduta a guardarla da lontano.
Con snervante lentezza tornò in piedi lasciando cadere a terra la sottoveste zuppa d’acqua.
Un attimo dopo stava baciando il ragazzo che le aveva ridato la vita perduta. Fosse stato anche solo per una notte, o solo per qualche ora poco importava. Ma Draco Malfoy non aveva intenzione di lasciarla andare. Era rimasto su quella poltrona anche troppo a lungo invidiando ogni singola goccia che lesta accarezzava quella pelle morbida. Con pazienza aveva liberato la marionetta dagli invisibili fili, e il risultato era stato molto più soddisfacente di quanto si sarebbe mai aspettato.
“Dillo” mormorò il ragazzo scendendo a baciarle il collo umido di pioggia “dillo che ballerai solo per me”
“Solo per te” bisbigliò Ginevra prima di unire le labbra a quelle di Draco ancora una volta. Sapeva che non sarebbe più stata capace di danzare al Red Illusion, la sua danza ora apparteneva a questo ragazzo di cui non sapeva neppure il nome.
Draco strinse a sé quel piccolo corpo che aveva davanti, così fragile in apparenza, ma capace di aprire le porte dell’inferno davanti a lui. La desiderava e non solo per una sera, in mezzora era diventato drogato di lei. Dipendente da quella sua energia di vita.
“Dimmi che sei mia” sussurrò piano lasciando una scia di baci dove prima c’era stata una spallina del reggiseno.
La sentì irrigidirsi un poco e poi due calde mani portarono il suo viso verso quei limpidi occhi verdi.
“Sempre e mai” sentenziò con dolcezza Ginevra prima di lasciarsi cadere sul divano poco distante.
 
Draco Malfoy fu svegliato dal freddo vento della mattina. La leggera coperta che si era gettato addosso poco prima di addormentarsi non era di alcuna utilità. Grattandosi la testa con le dita fra i capelli arruffati, cercò con gli occhi la bella danzatrice rossa. Nessun segno di vita, se non per un debole bagliore bianco fuori sul terrazzo. Per terra, al centro del balcone, Ginevra aveva piegato con cura la sottoveste bianca e lasciato un piccolo foglio di carta sopra, fermato da un sasso perché non volasse via con il vento.
 
Se chiudi in trappola un animale selvatico
puoi star certo che morirà.
Ma se lo lasci libero
nove volte su dieci tornerà a casa.
 
Draco tornò in casa con un ghigno sulle labbra e di lì a poco sarebbe scoppiato in una sonora risata. Quella sera lasciò la porta finestra del piano inferiore aperta. Stava aspettando una gatta e sapeva che stava già arrivando. Avrebbe ballato solo per lui, su un terrazzo, bagnata da una finta pioggia, illuminata da milioni di stelle e da una bianca luna.
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutti! Sono tornata con una nuova storia! Cosa ne dite vi piace? So che forse il tema non è dei più originali ma mi sono tolta uno sfizio scrivendola. Spero di avere reso al meglio le emozioni dei personaggi, se così non fosse vi prego di dirmelo! Ad ogni modo sarei felicissima se la storia risultasse bella e leggibile! Mi scuso in anticipo per i sicuri errori di grammatica o sintassi.
Volevo aggiungere che la frase sul biglietto lasciato da Ginevra non è di mia invenzione, ma è tratta dal libro ‘Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop’ di Fannie Flagg che fra l’altro consiglio a tutti. Ho preferito non inserire le dovute spiegazioni sotto la frase perché sembrava che spezzasse il racconto.
Ringrazio in anticipo tutti coloro che vorranno lasciare un piccolo commento. Grazie mille!
A presto un bacio!  Giulia.

 

  
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