Autore (su EFP e sul forum): Mimi-chan18 (sul forum e Mimi18 (su EFP)
Titolo: Lost in the echo
Pacchetto Numero, Lettera e Colore: Coppia n° 3, genere song fic,
colore blu
Personaggi/pairing: Naruto Uzumaki, Ino Yamanaka più sporadiche
apparizioni di: Sas’ke Uchiha, Shikamaru Nara, Choji Akimichi e (in maniera
molto marginale) Kiba Inuzuka
Genere: Sentimentale, malinconico, fluff, song fic (Lost in the echo,
Linkin Park)
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot, creata su missing-moments, un leggero What if?
Sia per il ritorno di Sas’ke, che per i momenti del passato con Ino e Naruto
Introduzione: Naruto, in procinto di diventare insegnante, è preso dal
panico. Solo una persona può schiarirgli le idee, attraverso il potere dell’eco
sorda dei ricordi
Note dell'autore (se ce ne sono): Non so bene come presentare questa
storia. La verità è che l’atmosfera si amalgama con il tempo, inizialmente può
assomigliare a qualcosa di drammatico, per poi arrivare al Naruto che tutti
abbiamo conosciuto. Di per sé il prompt ‘parole’ è il centro della storia -
così come del titolo - in quanto Naruto fin da piccolo è stato perseguitato da
parole di scherno, fino all’arrivo di Ino. Spero lo si possa apprezzare.
Per quanto riguarda il luogo (l’Accademia) una
sola scena è esterna, perché in una fic su Naruto sarebbe stato impossibile non
inserire l’Ichiraku, ma la vicenda si svolge comunque in Accademia in quanto
quello è solamente un ricordo. (: Buona lettura.
Felicemente seconda, ringrazio Soly Dea per il
giudizio positivissimo. <3
LOST IN THE ECHO
Se mai avessero
domandato a Naruto come ricordava l’Accademia, lui avrebbe avuto una sola
risposta in testa: muri troppo grigi, pavimenti in legno le cui schegge gli
avevano trafitto i piedi e caotica.
Nella sua testa rimbombava
il coro di voci dei suoi compagni, le loro risate, le loro urla. Tutto ciò che
aveva vissuto tra quelle mura, nel bene o nel male, era impresso nella sua
testa.
Era strano, ora,
trovarsi seduto ad una scrivania a fissare i banchi posti ordinatamente di
fronte a sé. Quello era il luogo in cui sedeva Iruka-sensei, una volta, da cui
l’aveva chiamato ripetutamente a fare brutte figure di fronte a tutti.
Ora ridacchiava al
ricordo di se stesso, così stupidamente imbranato ed incapace di eseguire una tecnica
qualsiasi, ma un tempo non era stato semplice per lui.
Naruto strinse le
palpebre, sentendo le rughe degli occhi intensificarsi, nello sforzo di
cancellare dalla propria memoria un’eco sorda, che sbatteva contro le pareti
della mente ogni qual volta i bambini correvano per i corridoi dell’Accademia,
urtandolo.
You were that foundation
Never gonna be another one, no.
“Mostro, mostro,
mostro!”
Naruto Uzumaki aveva
sei anni e i bambini, dietro di lui, lo rincorrevano con i secchi pieni di
spazzatura. Erano parole cattive quelle che lo perseguitavano, qualunque angolo
svoltasse, parole che sapevano di odio e di terrore.
Nessuno lo osservava
odiandolo in silenzio, quelli che avrebbero dovuto essere bisbigli gli
penetravano le orecchie come urla, e le dita che si sollevavano per additarlo
ferivano più delle sbucciature che doveva curarsi da solo - o che qualcun
altro* avrebbe curato per lui.
Correva, Naruto,
correva veloce ormai. Aveva imparato dove gli ostacoli si facevano più
fastidiosi e dove nascondersi, perché quella scena accadeva ripetutamente.
La settimana prima un
bambino dall’aria massiccia l’aveva afferrato per la collottola della
maglietta, costringendolo a mangiare un sasso. Naruto aveva pianto dal mal di
pancia tutta la notte, vomitando il ramen che aveva provato a cucinarsi da
solo, bruciandosi le dita magre.
Quella prima ancora,
qualcuno aveva scritto sul suo banco una brutta parola, che Hinata Hyuuga aveva
cancellato con il palmo delle proprie mani, balbettando scuse anche se non era
colpa sua.
Aveva un vago ricordo
degli sguardi dei sensei dell’Accademia, di fronte a quegli atti, ma nessuno
aveva mai provato a muovere davvero un dito.
Vecchi e troppo
concentrati sul passato, non provavano compassione per un bambino maltrattato
senza apparente motivo.
“Ehi, mostro, dove ti
sei nascosto?!”
Naruto avvicinò
maggiormente le ginocchia ossute al petto, tremando come una foglia. Che
volessero fargli mangiare la spazzatura, quel giorno?
Una parte di sé voleva
ribellarsi a quelle angherie, lo voleva davvero, ma il terrore che poi
sarebbero raddoppiate bloccava sempre le sue azioni di ribellione. Non
scalciava se veniva afferrato, non mordeva se le mani dei bambini gli tiravano
la bocca e non ricambiava i pugni che riceveva.
Era un bravo bambino
Naruto, però veniva chiamato mostro e nemmeno lui sapeva perché.
“Sta’ fermo qui e non
ti muovere fino a quando non te lo dico”, era stata una bambina a parlare,
perché nonostante il timbro maschile e la spinta brutale con cui l’aveva
costretto a terra, indossava una gonnellina a fiori.
“Ehi, voi, CRETINI!”
Aveva un caschetto di
capelli biondi più chiari dei suoi ed era alta, nonostante ricordasse di averla
vista nella propria classe con la bambina che piangeva spesso.
“Se rovinate le piante
che ho appena piantato, vi farò assaggiare ad uno per uno il loro veleno!”
Ino. Si chiamava Ino,
ed era un brutto nome per una bambina, ma in quell’istante Naruto, che tremava,
pensò che le calzasse a pennello.
Sentì i bambini
borbottare, ma altri passi avvicinarsi a quelli di Ino e poi il silenzio. Le
parole cattive erano svanite nel nulla, così come gli insulti, i sassi e la
spazzatura.
“Shikamaru, tiralo
fuori di lì, probabilmente se l’è fatta addosso”, ordinò Ino perentoria e con
le mani sui fianchi, proprio come avrebbe fatto una mamma.
Con un “Sempre e solo
seccature quando combini qualcosa, Ino” Shikamaru Nara, il pigro, quello che in
classe dormiva sempre, afferrò Naruto per le ascelle e lo tirò fuori dal
cespuglio.
Siccome Shikamaru era
un bambino davvero magrolino, caddero entrambi.
“Seccature, solo
seccature”, disse Shikamaru schiacciato da Naruto, che arrossì colpevole.
Ino, invece, batté un
piedino in terra.
“Perché cavolo non
reagisci, tu?! Non posso mica difendere tutti qui!”
Aveva gli occhi
azzurri - un azzurro così bello Naruto non l’aveva mai visto - assottigliati,
forse un po’ arrabbiati, ma le sue labbra rosse non era strette in nessuna
morsa severa.
Sembrava più grande di
tutti loro, nonostante fosse esile.
“Mi picchierebbero”,
spiegò Naruto pulendosi i pantaloncini, “e io non ho i soldi per comprarmi
sempre i cerotti”.
Se possibile, Ino
assottigliò maggiormente gli occhi e Shikamaru fu raggiunto da un bambino
grasso, che in classe mangiava sempre patatine.
“Parole! Se tu
reagissi, quegli stupidi capirebbero che hanno trovato pane per i loro denti!”
Urlò.
Naruto capì che ad Ino
piaceva urlare, non le piaceva il silenzio, e questo sembrava infastidire terribilmente
Shikamaru.
“Ma…”
“Niente ma, non farmi
arrabbiare! Tu e Sakura vi piacereste proprio!”
Ino, avvicinandosi,
fece una cosa che nessuna bambina avrebbe mai dovuto fare. Prese i testicoli di
Naruto tra le mani, strizzandoli con forza e facendolo urlare.
“Oh, allora, come dice
il mio papà, ce l’hai le palle”.
Ghignava, mentre
Naruto boccheggiava sconvolto.
“Picchiali, fai vedere
loro che sei forte! Non posso mica difenderti ancora io, tu sei un maschio!”
E come era arrivata,
Ino se n’era andata. Quella bambina, decretò Naruto, era fuori di testa.
Tuttavia, sentendo il
calore invaderlo al ricordo delle sue parole, Naruto decise che si sarebbe
difeso. E che nessuno l’avrebbe più considerato un mostro.
I ricordi, le
sensazioni, i discorsi, le frasi, i sorrisi, i volti, le voci. Tutto ciò si
mescolava nella testa di Naruto, creando un caos che nessuno sarebbe mai
riuscito ad ordinare, nessuno, nemmeno lei con le sue mani sui fianchi e
le guance gonfie di indignazione.
“Mamma mia”, disse Ino
aprendo la porta di scatto e facendola sbattere, “vederti qui da solo mi mette
depressione”.
Un sorriso increspò le
labbra secche e leggermente rovinate di Naruto, mentre lei entrava nell’aula
con il suo nuovo taglio di capelli, un caschetto biondo che evocava l’eco di
ricordi di quell’Accademia.
“Depressione? Pensavo
che una come te non provasse un simile stato d’animo”, commentò Naruto
appoggiandosi allo schiena della sedia, lasciando che Ino gli si sedesse
comodamente sulle ginocchia.
“Questo perché sono
una testa leggera, no?”
Gli occhi azzurro
chiaro - era sempre la cosa più bella che avesse mai visto, quella, immutata -
erano ammiccanti. Pareva essere la donna più maliziosa del mondo, ma Naruto
notò come le gote si fossero tinte di un lieve color pastello non appena le sue
mani callose le avevano sfiorato il fianco in un abbraccio distratto.
“Certo, una vera e
propria sciupa uomini”, Naruto aveva una voce ridacchiante, come sempre nei
momenti in cui lei gli stava vicino. Erano terribilmente sdolcinati e sciocchi
insieme, stupidamente impensabili un tempo.
“Quante parole stupide
che escono dalla bocca del popolo”, Ino gli si era avvicinata in cerca
di un bacio.
Un bacio lento, che
non aveva nulla di sensuale e tutto d’amore, e la pelle di Ino sotto i
polpastrelli parlava. Pareva chiedere di essere toccata, massaggiata, stretta,
amata. Ogni angolo del corpo di Ino parlava, anche quando stava zitta.
“Sei per caso
agitato?”
Naruto parve soppesare
la frase, incerto, prima di scrollare le spalle.
“Sas’ke sarà migliore
di me anche questa volta”, sospirò sconfitto, pensando che nemmeno sotto
tortura avrebbe mai ammesso qualcosa di così imbarazzante di fronte
all’interpellato.
L’odio/amore che
provavano nei confronti dell’altro non era minimamente scomparso, e a volte
Naruto tendeva ancora qualche attentato alla vita di Sas’ke, che finiva con le
urla di Hinata e successivo svenimento e con un bernoccolo sulla sua testa da
parte di Ino.
“Oh, certo, vuoi dire
come lo è stato quando ha salvato Konoha?” Domandò Ino scettica, inclinando
leggermente il capo verso destra, ed il suo caschetto si mosse ipnotico.
“Beh”, cominciò
Naruto.
“O quando ha
abbandonato tutti?” Lo interruppe lei.
“No, io…”
“O quando ha cercato
di ammazzarti?”
“Quella volta…”
“O forse quando
l’altro giorno mi ha ignorata e hai dovuto aiutarmi tu a portare gli
scatoloni?”
“Beh, ti stavi
trasferendo da me”.
“Parole. Quando Hinata
si è trasferita da lui, io le ho dato una mano”, specificò Ino piccata,
imbronciando le labbra.
Era bruttina così, ma
Naruto sorrise, afferrandole il volto tra le mani.
“Sei una rompipalle”.
Ino strizzò a sua
volta le guance di Naruto, con più pressione e l’intenzione di fargli male.
“E tu cosa diavolo
hai, nh?”
Naruto sospirò: non le
si poteva nascondere nulla.
“A volte ricordo
quando tutti avevano paura di me”, spiegò, sentendo la gola riarsa. Ino si era
fatta improvvisamente silenziosa, nonostante gli occhi stessero ancora
parlando.
La guardò come per
cercare qualche parola di conforto, ma già sapeva che da Ino non ne avrebbe
avute.
“E mi chiedo come
sarebbe se uno di loro dovesse subire la stessa sorte”.
Back up, no, I’ll
hold myself.
Naruto grattò con la
spugna il numero inconsueto di scarabocchi sulla propria porta. Quella era la
quarta volta in un mese. I bambini avevano smesso di picchiarlo e rincorrerlo
da quando aveva iniziato a ribellarsi, tirando pugni e strappando capelli, ma
niente impediva loro di fare scherzi di nascosto.
Sbuffò, ignorando per
l’ennesima volta la vicina di casa anziana che sbirciava dall’uscio della
porta, come se stesse compiendo una qualche marachella. Eppure, Naruto era
sempre stato un buon vicino, non aveva mai combinato nulla e, nonostante avesse
sette anni, puliva sempre le scale e il corridoio una volta al mese.
Non gli era chiaro
perché solamente una strana donna dai lunghi capelli nero cenere l’aiutasse, ma
ciò non lo infastidiva.
Grattava con forza,
Naruto, quando Iruka-sensei, il nuovo maestro della sua classe da una
settimana, gli picchiettò sulla spalla.
“Che è successo?”
Naruto sbuffò, non gli
piacevano gli insegnanti. “Mi hanno scarabocchiato la porta”, spiegò con
ovvietà, indicando le parole scurrili che imbrattavano il legno verde e la
targa con il cognome ‘Uzumaki’.
“Non sono delle belle
cose da dire”, constatò l’uomo con il viso contratto in una smorfia, mentre
Naruto continuava a grattare la spugna contro quelle lettere.
Erano rosse, come il
sangue, e attiravano l’attenzione proprio come avevano fatto i suoi capelli
biondi, in mezzo a tutte le teste scure.
“Perché non ne hai mai
parlato agli insegnanti?”
Naruto bloccò la mano,
mentre qualche goccia d’inchiostro cadeva sul pavimento dai suoi palmi sporchi.
Qualcuno in lontananza cacciò una risata stridula e qualcun altro piangeva, ma
il bambino rimaneva immobile con gli occhi impiantati sulle parole ‘mostro’ e
‘muori’.
“Loro sapevano già e
non hanno fatto nulla”.
Solo una bambina - una
bambina più alta di lui, ma così magra da sembrare un giunco - aveva provato ad aiutarlo. Era stata crudele
e gli aveva fatto male, ma solo lei era riuscita ad infondergli un po’ di
coraggio.
“A nessuno interessa”,
continuò Naruto riprendendo a pulire, “a nessuno. Quindi se ne vada”.
Iruka-sensei lo
osservò: era un bambino gracile, con le guance graffiate e le sbucciature sulle
ginocchia. Nonostante quelle angherie, però, i suoi occhi azzurri non erano
lucidi ma fermi e decisi.
Sorrise,
inginocchiandosi di fronte a lui. “Hai mai assaggiato il ramen dell’Ichiraku?”
Domandò dandogli un buffetto e prendendo la seconda spugna dal secchio.
Iniziò a pulire,
mentre Naruto si fermava. “No, non ho soldi per pagarlo”.
“Allora ci andremo
dopo aver finito qui, offro io”.
Naruto sentì lo stesso
calore che aveva provato quel giorno, quando Ino gli aveva parlato per la prima
volta.
Scendendo le scale a
due gradini per volta, al fianco di Iruka-sensei, Naruto era felice per la
prima volta.
Notò di sfuggita una
bambina dal caschetto biondo le braccia sui fianchi, che esortava l’amica dai
capelli color pastello a non piangere.
La notò per un
secondo, ma Naruto sorrise.
Ino osservò la ruga di
espressione sul viso maturo di Naruto. I pugni erano chiusi, appoggiati ai suoi
fianchi magri, mentre il silenzio surreale fu interrotto dalla sua
impossibilità dall’esimersi dal commentare.
“Avrebbero te”.
Lui la guardò con un
sorriso amaro, notando come le labbra di Ino assomigliassero ad un cuore. Aveva
dimostrato in più occasioni di essere maturata in quegli anni, dopo il numero
consistente di perdite che entrambi avevano subito, ma talvolta la positività
di Ino era fuori tema.
Accarezzò la sua
coscia lasciata nuda dalla corta minigonna - la sua vanità era rimasta intatta
- e sospirò.
“Non sono mai stato
troppo attento ai particolari, se ricordi”, le disse arricciando il naso ed i
graffi sulle guance risaltarono particolarmente a quel gesto.
Ino ridacchiò
divertita, abbracciandolo di slancio.
“Credo che non avessi
minimamente notato nemmeno che la storia tra Sas’ke e Hinata è nata sotto il
tuo naso”, spiegò con un sorriso grande negli occhi, mentre anche Naruto
ricambiava.
“O il fatto che tu
fossi innamorata di me”.
Ino arrossì, se
possibile, stringendogli i capelli in una morsa ferrea.
“Non dirlo come se
fosse un vanto”, aveva una voce leggermente più acuta, e Shikamaru mesi prima
gli aveva spiegato che Ino usava quel timbro nei momenti in cui l’imbarazzo era
tale da farla sbiancare.
Adorava quando Ino si
mostrava timida, ma d’altro canto amava anche quando vedeva le sue labbra
imbronciarsi e le sue guance gonfiarsi per la stizza, diventando quasi
impossibile da gestire.
“Lo è”.
Ino sbatté le ciglia
chiare, per poi accarezzargli una guancia.
“Nonostante tu sia un
completo idiota”, gli disse mordendosi poi il labbro incerta nella pausa,
“credo tu sia una bella persona e questo lo penso da sempre”.
Forse un po’ si era
emozionato di fronte a quella confessione sincera ed aperta: Ino insolitamente
mostrava un lato dolce a lui, salvo occasioni eccezionali come quella, e Naruto
amava più i loro battibecchi su chi dovesse apparecchiare e chi dovesse stare
sopra durante il sesso.
I don’t back up, I don’t
back down
I don’t fold up, and I don’t bow
I don’t roll over, don’t know how
Qualcuno dall’alto
dell’aula aveva iniziato ad urlare parole che, da tempo, Naruto aveva sentito
raramente.
Se ne stava con la
testa appoggiata al banco mentre Choji Akimichi raccoglieva il secondo rotolo
di pergamena lasciato cadere. Doveva eseguire una tecnica semplice come quella
della Moltiplicazione del Corpo - a lui sarebbe sicuramente
riuscita, era un genio! - ma il massimo che aveva ottenuto, unendo le dita, era
stato far vibrare la propria pancia.
“Sfigato”, gli avevano
detto, e Choji un po’ si era agitato. Ora le sue mani tremavano e non riusciva
a tenere le dita unite. Balbettava senza convinzione, mentre Iruka intimava il
silenzio.
Naruto, guardandosi
intorno, notò che sia Shikamaru che Ino non erano presenti.
Ci fu un altro scoppio
di risate quando Choji Akimichi lasciò cadere per la terza volta il rotolo a
terra, Iruka era indeciso sul da farsi e Naruto, notando la sua vicina di banco
agitarsi, sbuffò.
“Idioti!” Strillò
senza ritegno, sbattendo una mano sul banco. Hinata Hyuuga al suo fianco quasi
cacciò un urlo, mentre anche Kiba Inuzuka aveva tappato la bocca ad un suo
vicino di banco dall’aria insopportabile.
Non che lui e Naruto
andassero d’accordo, ma Kiba si era sempre tenuto lontano dagli scherzi che
facevano al biondo, gli anni prima.
“Non tutti sono in
grado di eseguire perfettamente ogni tecnica! Choji mica è destinato a
diventare Hokage come il sottoscritto!”
Shikamaru e Ino, con
un numero consistente di fotocopie tra le braccia, erano entrati in aula in
quel momento.
“Quindi smettetela di
ridere e fatelo voi, geni dei miei stivali! Quando sarò Hokage vi farò pentire
tutti di aver riso!”
Iruka sospirò, mentre
Ino allungava le fotocopie verso di lui. La ragazza scosse la lunga coda
bionda, guardando Naruto negli occhi: le sue labbra - erano carnose, a Naruto
piacevano un sacco - si piegarono in un sorriso soddisfatto.
Gli fece un
occhiolino, prima che Iruka dicesse di mettersi in fila per una prova a
sorpresa sulla Tecnica della Moltiplicazione del corpo.
Alla fine, le parole
di Naruto si rivelarono false, perché risultò imbranato anche più di Choji, ma
Ino, nonostante l’insulto che gli rivolse, non si sarebbe dimenticata il fuoco
negli occhi di Naruto.
Ino arricciò le dita
intorno ad una ciocca di capelli, sentendo l’improvviso silenzio nell’aula.
Voleva baciare Naruto, ma c’erano ancora parole che andavano pronunciate e non
taciute, soprattutto di fronte a quegli occhi bisognosi di risposte.
“Ricordi quando Sas’ke
se n’è andato?”
Naruto annuì, indeciso
se stringerla più forte o meno. Adorava la pelle di Ino sotto i polpastrelli,
forse aveva anche voglia di fare l’amore con lei, in quel momento, ma d’altro
canto voleva anche sentire cosa avesse da dire.
Sospirò la ragazza,
schiacciandogli nuovamente le guance tra i palmi delle mani. Erano leggermente
sudate, ma a Naruto non infastidivano. “Ti hanno dato tutti dello stupido, ma
io avrei fatto la stessa cosa se fosse stata Sakura a sparire”.
Questo lo sapeva già,
ma il cuore riuscì a battergli più forte ugualmente. Notò con piacere il
rossore sulle gote di Ino, ma i suoi occhi erano così sinceri che trattenne la
voglia di prenderla in giro.
“Mi hai portato dei
fiori”.
Ino inarcò un
sopracciglio, di fronte a quella frase.
“Sapevi che ero stata
io?”
Naruto annuì,
appoggiando il capo al petto della ragazza. “I fiori li ho sempre collegati a
te, Ino, anche quando eri una piccola saputella antipatica ed acida”.
Ino se ne stava
appoggiata al muro, avevano quindici anni e Naruto stava al centro della stanza
e dell’attenzione. Qualcuno borbottava frasi sconnesse, mentre persone come
Shikamaru illustravano in maniera concisa e seccata il piano d’azione.
“Neji, tu occupati
della porta a nord insieme a Sakura e Lee, mentre io e Ino controlleremo quella
ad est”, la bionda annuì: sapeva che avrebbe fatto coppia con lui, nessuno
avrebbe potuto esaltare la sua forza come sapeva fare Shikamaru, ma la sua
attenzione era ancora per Naruto.
I pugni erano serrati
lungo i fianchi, pareva che le vene dovessero esplodere da un momento
all’altro, ma nessuno lì se ne voleva preoccupare. C’era la guerra, volevano
lui, perché avrebbe dovuto essere tranquillo?
Quando Shikamaru e
Sakura diedero la buona notte a tutti, intimando chiaramente di trovarsi alle
postazioni scelte puntuali, la bionda aspettò Naruto accanto all’uscio della
porta.
Si scontrò quasi
contro di lei, ma si fermò giusto in tempo per evitarla. Sollevò gli occhi di
scattò, guardandola.
“Hai bisogno di
qualcosa?”
Ino piegò le labbra in
una smorfia, infastidita dal suo tono freddo. “Ti offro un ramen”.
“Non credo che…”
“Non è una domanda la
mia”.
Mezzora dopo Naruto
era seduto al suo fianco, imbarazzato e arrabbiato, mentre Ino gustava il
proprio ramen e di tanto in tanto gli lanciava qualche occhiata curiosa.
“Sai”, esordì
pulendosi la bocca, “credo che qualche volta dovresti sfogarti”.
Le bacchette di Naruto
caddero sul bancone, mentre qualcuno a sua volta rompeva un bicchiere e Teuchi
imprecava tra sé, prendendo uno straccio.
Il ragazzo si
mordicchiò un labbro già screpolato, prima di voltarsi a guardarla, in bilico
sullo sgabello.
“Credo anche che
dovresti smetterla di pensare a te stesso come il principale motivo di questa
guerra”, continuò Ino guardandosi le unghie, “tutti noi non saremmo qui se non
ci fossi tu”.
“Non sareste nemmeno…”
“A questo punto? Oh,
Naruto”, Ino sorrise melliflua, “se non fossi stato tu quel bambino, quindici
anni fa, sarebbe stato un altro”.
Forse Naruto a
quell’eventualità qualche volta ci aveva davvero pensato, ma mai nessuno aveva
pronunciato tali parole con così tanto distacco ed indifferenza. Ino, di fronte
a lui, aveva un graffio sulla guancia e due cerotti a coprirle gran parte del
collo, eppure era con lui a spiegargli qualcosa che ancora Naruto rifiutava di
accettare.
“Siamo stati
fortunati, Naruto”, continuò e questa volta lo guardò negli occhi, “e mi sento
una persona orribile a pensarlo, sapendo quello che hai passato”.
Gli occhi azzurri di
Ino erano carichi di scuse, forse la ragazza era anche un po’ in imbarazzo, ma
Naruto non ci fece caso. Era la prima volta che il suo cuore batteva per una
ragazza che non fosse Sakura, e Ino profumava di fiori.
“Non so se sarò alla
altezza di questa cosa”.
Sentì la mano di Ino
stringere la sua, sotto il bancone dell’Ichiraku, e si stupì di quanto fosse
caldo. Nella sua vita aveva toccato poche volte la pelle di Ino, ma aveva
sempre percepito la sua morbidezza come una carezza piacevole. Forse, si disse,
fu per questo che sentì le aquile nel proprio stomaco.
“Dov’è finita la tua
sicurezza?”
Lui sbatté le
palpebre. Era una frase imbarazzante da dire, ma nulla era più reale. “Forse è
seduta qui accanto”.
Rimasero con le mani
unite fino alla chiusura del locale. Teuchi li aveva visti, ma non aveva osato
commentare: pensava che la Yamanaka e Nara avessero una storia, ma scrollò le
spalle. Si era evidentemente sbagliato.
Una volta giunti di
fronte a casa di Ino, Naruto le sorrise. “Diventerò Hokage”.
La ragazza ritrovò la
sua aria sarcastica, scostandosi i capelli dal viso.
“Pensi che avrei perso
tempo con te, se non ne fossi stata sicura?”
Won’t forget how I got
this far
Probabilmente, in
un’occasione normale, Naruto al ricordo avrebbe imbronciato le labbra
screpolate e avrebbe sottolineato quanto quelle parole suonassero ricche di
intenzioni poco pure.
“Per questi bambini
sarà un onore averti come insegnante”, spiegò Ino alzandosi dalle ginocchia di
Naruto e veleggiando per l’aula, voltando di tanto in tanto il viso per
guardarlo.
Il caschetto di
capelli biondi si muovevano al ritmo dei suoi passi, si sedette all’ultimo
banco dell’ultima fila, quello vicino alla finestra.
“Perché non provi?”
Aveva appoggiato il
meno sul palmo della mano, guardandolo fisso negli occhi nonostante Naruto
riuscisse a scorgere la sua figura solamente in modo parziale.
Cercò di schiarirsi la
voce, sentendo il sangue affluire alle gote.
“Siamo qui oggi…”
Ino lo interruppe,
sollevando la mano. “Non siamo ad un matrimonio, a meno che tu non voglia
chiedermi di sposarti”, Naruto sollevò un sopracciglio preso in contropiede dal
sorriso mellifluo di Ino.
Si schiarì nuovamente
la voce, chiedendosi cosa avrebbe fatto Sas’ke come presentazione.
Probabilmente avrebbe detto il proprio nome e si sarebbe seduto, iniziando a
leggere un brano.
Non ricordava nemmeno
come Iruka-sensei si fosse presentato, forse avrebbe dovuto usare lo charme di
Jiraya-sama? O magari arrivare in ritardo come Kakashi.
Non si era reso conto
che, nel frattempo, Ino si era issata in piedi sui banchi e camminava avanti e
indietro come se fosse stata una modella, gettando poi per terra il giubbino da
jounin.
Si fermò a metà tra
l’unione di due banchi, puntandogli un dito contro.
“Smettila di pensare o
ti andrà in fumo il cervello! Lo sappiamo tutti che non sei un pensatore, ma
sei più per l’azione!”
Naruto sbatté le
palpebre un paio di volte, prima di sorridere.
“Come te, no?”
Naruto boccheggiò di
fronte alle parole che Ino gli aveva appena rivolto, sadica, mentre insieme
stavano sistemando dei fascicoli nella biblioteca dell’Accademia.
“Come sarebbe che hai
visto Sai e Sakura vicino al fiume da soli?” Domandò sconvolto, mentre Ino si
sollevava sulle punte e riponeva un tomo viola di medie proporzioni tra altri
due libri.
Erano nella fase di
praticantato lei, Naruto, Sas’ke e Kiba. L’anno prima era toccato a Shikamaru e
TenTen diventare insegnanti e poi capigruppo di genin insubordinati, ora era il
loro turno.
Ignorando la bocca
aperta di Naruto, Ino tornò al tavolo prendendo altri tre libri tra le braccia.
“Erano insieme e Sai
le circondava le spalle con un braccio”, spiegò paziente, indecisa se tenere
per sé il libro dalla copertina gialla o riporlo con gli altri.
Naruto era sconvolto,
ma non per questo si esimette dall’aiutarla. Afferrò due libri, riponendoli a
caso, voltandosi poi nuovamente verso Ino. Aveva il ciuffo che le copriva
l’occhio destro e un baffo di polvere sulla guancia, ma era così carina che
aveva sentito lo stomaco gorgogliare di piacere quando Kiba e Sas’ke se l’erano
svignata per lasciare a loro il lavoro sporco.
“Non vedo perché la
cosa ti sconvolga tanto”, proruppe Ino con un broncio.
“Beh, lei è la mia
Sakura-chan”.
Ino sventolò una mano
a mezz’aria come per scacciare una mosca, roteando poi i calamitanti occhi
azzurri. Non aveva arricciato le labbra, ma Naruto sapeva che avrebbe voluto
farlo.
“Sono due settimane
che pensi a come chiedermi di uscire, Shikamaru ha cantato”, spiegò piccata, “e
mi chiedo come tu non mi possa essere ancora saltato addosso, visto che siamo
soli da un’ora”.
Il grande salvatore di
Konoha, spavaldo, con un passato drammatico alle spalle, un numero spropositato
di vittorie, il grande orgoglio di Konoha, si ritrovò bloccato contro uno
scaffale a cinque centimetri da Ino Yamanaka. La stessa Ino Yamanaka che anni
prima gli aveva strizzato i testicoli.
“Ho pagato Sas’ke
perché se ne andasse da Hinata, mentre Kiba ha voluto un pugno prima di
scappare dalla finestra”, continuò dando un soffio al ciuffo, che non si mosse
minimamente.
Naruto deglutì.
“Perché?”
“Sei rimasto il solito
idiota di sempre”, sussurrò Ino, “eppure una volta avresti agito e non ti
saresti crucciato fino alla morte”.
Sapeva terribilmente
di fiori, Ino, ma quando la baciò Naruto non capì davvero più nulla e si
ritrovò a fare l’amore con lei mezzora dopo, mezzi sdraiati sul pavimento del
suo appartamento.
Decisamente, era
meglio non pensare troppo.
Kept respect up the vets
stay their,
Let the rest be to tell they tale
“Hai capito che
intendo?”
Naruto si prese il
capo tra le mani, guardandola di sottecchi. “Mi sono venute in mente solo
porcate, Ino, il tuo sedere che sculetta non aiuta”.
Dal canto suo, la
ragazza torse il collo per guardarsi il sedere, ammiccando a se stessa con
particolare voluttuosità.
“Ieri sera hai cantato
per questo ben di dio”, gli fece notare, “e domani canterai per la mandria di
piccoli piccioni che ti invaderanno l’aula”.
Saltò dal banco,
inginocchiandosi poi tra le gambe di Naruto.
Fu una scena
famigliare, ma non per quello che il ragazzo immaginò nella sua testa, ma
perché Ino gli afferrò i testicoli e li strinse con forza. “O non hai le
palle?”
Naruto cacciò un
ringhio acuto, spingendola lontano da sé con un colpo.
“Sei impazzita?”
“Sei tu ad esserlo,
quando non credi che chiunque in questo paese non fa altro che amarti, Naruto”.
Nuovamente, arrivò a
pochi passi da lui.
“Forse sono un po’
gelosa, ma le mie non sono parole vuote”.
Accarezzò il suo viso.
“Nessuno potrebbe
desiderare un maestro migliore di te, se Jiraya-sensei e tuo padre fossero qui,
sarebbero fieri di quello che sei ora”.
Forse un po’ si
commosse, ma Naruto non lo diede comunque a vedere. Si limitò a stringerle il
collo con le braccia e a portarsi il volto di Ino al petto, sperando che
potesse udire il battito accelerato del suo cuore.
Sentiva il suo profumo
di fiori penetrargli nella pelle, e Naruto pensò di essere fortunato, perché
Ino era scorbutica, manesca, irritabile, irritante e vanitosa, ma nessun’altra
avrebbe mai saputo consolarlo come faceva lei. Con la giusta dose di cattiveria
e di dolcezza, di cui ormai lui non avrebbe più potuto fare a meno.
*
“Quindi, dobe, sarai
un maestro”.
Naruto guardò Sas’ke
di sottecchi, mentre Ino e Kiba erano già al lavoro nelle loro aule.
Il biondo sorrise
sbieco, mentre afferrava il registro e leggeva la serie di nomi scritti,
notando come la metà di loro fosse figlia di persone a lui conosciute.
“Sarò più bravo di te,
teme”.
Sas’ke sbuffò,
superandolo. “Credici”.
Naruto sorrise,
aprendo la porta, mentre la cappa sventolava a causa dell’aria e un
‘Buongiorno’ si levava dall’aula.
“Naruto Uzumaki,
futuro Hokage di Konoha, piacere di conoscervi”.
Ino guardò Naruto
preparare il ramen precotto con il microonde dell’Accademia, mentre lei se ne
stava buona ad attendere.
Notò come fosse
allegro, quel pomeriggio, finite le lezioni. Arricciò il naso a punta,
appoggiando una mano sotto il mento.
“Accetto, Naruto”.
Lui si bloccò con i
bastoncini in bocca, voltandosi a guardarla.
“Che?”
Con un ghigno, Ino si
alzò e lo raggiunse, prendendo la propria porzione di ramen.
“Shikamaru ha cantato
di nuovo, accetto di sposarti”.
Vedendolo boccheggiare
rise di cuore, prima di gettargli le braccia al collo e baciarlo.
Ricordava sempre come
all’inizio preferisse i mori dalla carnagione chiara, ma Naruto era
cromaticamente ed esteticamente perfetto per lei. E con un futuro da Hokage.
“Posso almeno dirti
che ti amo?”
E con un cuore così
grande che, forse, avrebbe anche pianto nel pronunciare il proprio ‘Sì’.
Each word gets lost in
the echo.
*grazie al potere
rigenerante del chakra della volpe, intendo. (L)