Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Mimi18    19/12/2012    6 recensioni
“Hai bisogno di qualcosa?”
Ino piegò le labbra in una smorfia, infastidita dal suo tono freddo. “Ti offro un ramen”.
“Non credo che…”
“Non è una domanda la mia”.
(NaruIno)
Seconda classificata al contest 'Tutti pazzi per Naruto' indetto da Soly Dea e vincitrice dei premi per IC e stile.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autore (su EFP e sul forum): Mimi-chan18 (sul forum e Mimi18 (su EFP)
Titolo: 
Lost in the echo
Pacchetto Numero, Lettera e Colore: 
Coppia n° 3, genere song fic, colore blu
Personaggi/pairing: 
Naruto Uzumaki, Ino Yamanaka più sporadiche apparizioni di: Sas’ke Uchiha, Shikamaru Nara, Choji Akimichi e (in maniera molto marginale) Kiba Inuzuka
Genere: 
Sentimentale, malinconico, fluff, song fic (Lost in the echo, Linkin Park)
Rating: 
Giallo
Avvertimenti: 
One-shot, creata su missing-moments, un leggero What if? Sia per il ritorno di Sas’ke, che per i momenti del passato con Ino e Naruto
Introduzione: 
Naruto, in procinto di diventare insegnante, è preso dal panico. Solo una persona può schiarirgli le idee, attraverso il potere dell’eco sorda dei ricordi
Note dell'autore (se ce ne sono): 
Non so bene come presentare questa storia. La verità è che l’atmosfera si amalgama con il tempo, inizialmente può assomigliare a qualcosa di drammatico, per poi arrivare al Naruto che tutti abbiamo conosciuto. Di per sé il prompt ‘parole’ è il centro della storia - così come del titolo - in quanto Naruto fin da piccolo è stato perseguitato da parole di scherno, fino all’arrivo di Ino. Spero lo si possa apprezzare.

Per quanto riguarda il luogo (l’Accademia) una sola scena è esterna, perché in una fic su Naruto sarebbe stato impossibile non inserire l’Ichiraku, ma la vicenda si svolge comunque in Accademia in quanto quello è solamente un ricordo. (: Buona lettura.

Felicemente seconda, ringrazio Soly Dea per il giudizio positivissimo. <3

 

 

 

 

 

LOST IN THE ECHO

 

 

 

Se mai avessero domandato a Naruto come ricordava l’Accademia, lui avrebbe avuto una sola risposta in testa: muri troppo grigi, pavimenti in legno le cui schegge gli avevano trafitto i piedi e caotica.

Nella sua testa rimbombava il coro di voci dei suoi compagni, le loro risate, le loro urla. Tutto ciò che aveva vissuto tra quelle mura, nel bene o nel male, era impresso nella sua testa.

Era strano, ora, trovarsi seduto ad una scrivania a fissare i banchi posti ordinatamente di fronte a sé. Quello era il luogo in cui sedeva Iruka-sensei, una volta, da cui l’aveva chiamato ripetutamente a fare brutte figure di fronte a tutti.

Ora ridacchiava al ricordo di se stesso, così stupidamente imbranato ed incapace di eseguire una tecnica qualsiasi, ma un tempo non era stato semplice per lui.

Naruto strinse le palpebre, sentendo le rughe degli occhi intensificarsi, nello sforzo di cancellare dalla propria memoria un’eco sorda, che sbatteva contro le pareti della mente ogni qual volta i bambini correvano per i corridoi dell’Accademia, urtandolo.

 

You were that foundation
Never gonna be another one, no.

“Mostro, mostro, mostro!”

Naruto Uzumaki aveva sei anni e i bambini, dietro di lui, lo rincorrevano con i secchi pieni di spazzatura. Erano parole cattive quelle che lo perseguitavano, qualunque angolo svoltasse, parole che sapevano di odio e di terrore.

Nessuno lo osservava odiandolo in silenzio, quelli che avrebbero dovuto essere bisbigli gli penetravano le orecchie come urla, e le dita che si sollevavano per additarlo ferivano più delle sbucciature che doveva curarsi da solo - o che qualcun altro* avrebbe curato per lui.

Correva, Naruto, correva veloce ormai. Aveva imparato dove gli ostacoli si facevano più fastidiosi e dove nascondersi, perché quella scena accadeva ripetutamente.

La settimana prima un bambino dall’aria massiccia l’aveva afferrato per la collottola della maglietta, costringendolo a mangiare un sasso. Naruto aveva pianto dal mal di pancia tutta la notte, vomitando il ramen che aveva provato a cucinarsi da solo, bruciandosi le dita magre.

Quella prima ancora, qualcuno aveva scritto sul suo banco una brutta parola, che Hinata Hyuuga aveva cancellato con il palmo delle proprie mani, balbettando scuse anche se non era colpa sua.

Aveva un vago ricordo degli sguardi dei sensei dell’Accademia, di fronte a quegli atti, ma nessuno aveva mai provato a muovere davvero un dito.

Vecchi e troppo concentrati sul passato, non provavano compassione per un bambino maltrattato senza apparente motivo.

“Ehi, mostro, dove ti sei nascosto?!”

Naruto avvicinò maggiormente le ginocchia ossute al petto, tremando come una foglia. Che volessero fargli mangiare la spazzatura, quel giorno?

Una parte di sé voleva ribellarsi a quelle angherie, lo voleva davvero, ma il terrore che poi sarebbero raddoppiate bloccava sempre le sue azioni di ribellione. Non scalciava se veniva afferrato, non mordeva se le mani dei bambini gli tiravano la bocca e non ricambiava i pugni che riceveva.

Era un bravo bambino Naruto, però veniva chiamato mostro e nemmeno lui sapeva perché.

“Sta’ fermo qui e non ti muovere fino a quando non te lo dico”, era stata una bambina a parlare, perché nonostante il timbro maschile e la spinta brutale con cui l’aveva costretto a terra, indossava una gonnellina a fiori.

“Ehi, voi, CRETINI!”

Aveva un caschetto di capelli biondi più chiari dei suoi ed era alta, nonostante ricordasse di averla vista nella propria classe con la bambina che piangeva spesso.

“Se rovinate le piante che ho appena piantato, vi farò assaggiare ad uno per uno il loro veleno!”

Ino. Si chiamava Ino, ed era un brutto nome per una bambina, ma in quell’istante Naruto, che tremava, pensò che le calzasse a pennello.

Sentì i bambini borbottare, ma altri passi avvicinarsi a quelli di Ino e poi il silenzio. Le parole cattive erano svanite nel nulla, così come gli insulti, i sassi e la spazzatura.

“Shikamaru, tiralo fuori di lì, probabilmente se l’è fatta addosso”, ordinò Ino perentoria e con le mani sui fianchi, proprio come avrebbe fatto una mamma.

Con un “Sempre e solo seccature quando combini qualcosa, Ino” Shikamaru Nara, il pigro, quello che in classe dormiva sempre, afferrò Naruto per le ascelle e lo tirò fuori dal cespuglio.

Siccome Shikamaru era un bambino davvero magrolino, caddero entrambi.

“Seccature, solo seccature”, disse Shikamaru schiacciato da Naruto, che arrossì colpevole.

Ino, invece, batté un piedino in terra.

“Perché cavolo non reagisci, tu?! Non posso mica difendere tutti qui!”

Aveva gli occhi azzurri - un azzurro così bello Naruto non l’aveva mai visto - assottigliati, forse un po’ arrabbiati, ma le sue labbra rosse non era strette in nessuna morsa severa.

Sembrava più grande di tutti loro, nonostante fosse esile.

“Mi picchierebbero”, spiegò Naruto pulendosi i pantaloncini, “e io non ho i soldi per comprarmi sempre i cerotti”.

Se possibile, Ino assottigliò maggiormente gli occhi e Shikamaru fu raggiunto da un bambino grasso, che in classe mangiava sempre patatine.

“Parole! Se tu reagissi, quegli stupidi capirebbero che hanno trovato pane per i loro denti!” Urlò.

Naruto capì che ad Ino piaceva urlare, non le piaceva il silenzio, e questo sembrava infastidire terribilmente Shikamaru.

“Ma…”

“Niente ma, non farmi arrabbiare! Tu e Sakura vi piacereste proprio!”

Ino, avvicinandosi, fece una cosa che nessuna bambina avrebbe mai dovuto fare. Prese i testicoli di Naruto tra le mani, strizzandoli con forza e facendolo urlare.

“Oh, allora, come dice il mio papà, ce l’hai le palle”.

Ghignava, mentre Naruto boccheggiava sconvolto.

“Picchiali, fai vedere loro che sei forte! Non posso mica difenderti ancora io, tu sei un maschio!”

E come era arrivata, Ino se n’era andata. Quella bambina, decretò Naruto, era fuori di testa.

Tuttavia, sentendo il calore invaderlo al ricordo delle sue parole, Naruto decise che si sarebbe difeso. E che nessuno l’avrebbe più considerato un mostro.

 

 

I ricordi, le sensazioni, i discorsi, le frasi, i sorrisi, i volti, le voci. Tutto ciò si mescolava nella testa di Naruto, creando un caos che nessuno sarebbe mai riuscito ad ordinare, nessuno, nemmeno lei con le sue mani sui fianchi e le guance gonfie di indignazione.

“Mamma mia”, disse Ino aprendo la porta di scatto e facendola sbattere, “vederti qui da solo mi mette depressione”.

Un sorriso increspò le labbra secche e leggermente rovinate di Naruto, mentre lei entrava nell’aula con il suo nuovo taglio di capelli, un caschetto biondo che evocava l’eco di ricordi di quell’Accademia.

“Depressione? Pensavo che una come te non provasse un simile stato d’animo”, commentò Naruto appoggiandosi allo schiena della sedia, lasciando che Ino gli si sedesse comodamente sulle ginocchia.

“Questo perché sono una testa leggera, no?”

Gli occhi azzurro chiaro - era sempre la cosa più bella che avesse mai visto, quella, immutata - erano ammiccanti. Pareva essere la donna più maliziosa del mondo, ma Naruto notò come le gote si fossero tinte di un lieve color pastello non appena le sue mani callose le avevano sfiorato il fianco in un abbraccio distratto.

“Certo, una vera e propria sciupa uomini”, Naruto aveva una voce ridacchiante, come sempre nei momenti in cui lei gli stava vicino. Erano terribilmente sdolcinati e sciocchi insieme, stupidamente impensabili un tempo.

“Quante parole stupide che escono dalla bocca del popolo”, Ino gli si era avvicinata in cerca di un bacio.

Un bacio lento, che non aveva nulla di sensuale e tutto d’amore, e la pelle di Ino sotto i polpastrelli parlava. Pareva chiedere di essere toccata, massaggiata, stretta, amata. Ogni angolo del corpo di Ino parlava, anche quando stava zitta.

“Sei per caso agitato?”

Naruto parve soppesare la frase, incerto, prima di scrollare le spalle.

“Sas’ke sarà migliore di me anche questa volta”, sospirò sconfitto, pensando che nemmeno sotto tortura avrebbe mai ammesso qualcosa di così imbarazzante di fronte all’interpellato.

L’odio/amore che provavano nei confronti dell’altro non era minimamente scomparso, e a volte Naruto tendeva ancora qualche attentato alla vita di Sas’ke, che finiva con le urla di Hinata e successivo svenimento e con un bernoccolo sulla sua testa da parte di Ino.

“Oh, certo, vuoi dire come lo è stato quando ha salvato Konoha?” Domandò Ino scettica, inclinando leggermente il capo verso destra, ed il suo caschetto si mosse ipnotico.

“Beh”, cominciò Naruto.

“O quando ha abbandonato tutti?” Lo interruppe lei.

“No, io…”

“O quando ha cercato di ammazzarti?”

“Quella volta…”

“O forse quando l’altro giorno mi ha ignorata e hai dovuto aiutarmi tu a portare gli scatoloni?”

“Beh, ti stavi trasferendo da me”.

“Parole. Quando Hinata si è trasferita da lui, io le ho dato una mano”, specificò Ino piccata, imbronciando le labbra.

Era bruttina così, ma Naruto sorrise, afferrandole il volto tra le mani.

“Sei una rompipalle”.

Ino strizzò a sua volta le guance di Naruto, con più pressione e l’intenzione di fargli male.

“E tu cosa diavolo hai, nh?”

Naruto sospirò: non le si poteva nascondere nulla.

“A volte ricordo quando tutti avevano paura di me”, spiegò, sentendo la gola riarsa. Ino si era fatta improvvisamente silenziosa, nonostante gli occhi stessero ancora parlando.

La guardò come per cercare qualche parola di conforto, ma già sapeva che da Ino non ne avrebbe avute.

“E mi chiedo come sarebbe se uno di loro dovesse subire la stessa sorte”.

 

Back up, no, I’ll hold myself.

 

Naruto grattò con la spugna il numero inconsueto di scarabocchi sulla propria porta. Quella era la quarta volta in un mese. I bambini avevano smesso di picchiarlo e rincorrerlo da quando aveva iniziato a ribellarsi, tirando pugni e strappando capelli, ma niente impediva loro di fare scherzi di nascosto.

Sbuffò, ignorando per l’ennesima volta la vicina di casa anziana che sbirciava dall’uscio della porta, come se stesse compiendo una qualche marachella. Eppure, Naruto era sempre stato un buon vicino, non aveva mai combinato nulla e, nonostante avesse sette anni, puliva sempre le scale e il corridoio una volta al mese.

Non gli era chiaro perché solamente una strana donna dai lunghi capelli nero cenere l’aiutasse, ma ciò non lo infastidiva.

Grattava con forza, Naruto, quando Iruka-sensei, il nuovo maestro della sua classe da una settimana, gli picchiettò sulla spalla.

“Che è successo?”

Naruto sbuffò, non gli piacevano gli insegnanti. “Mi hanno scarabocchiato la porta”, spiegò con ovvietà, indicando le parole scurrili che imbrattavano il legno verde e la targa con il cognome ‘Uzumaki’.

“Non sono delle belle cose da dire”, constatò l’uomo con il viso contratto in una smorfia, mentre Naruto continuava a grattare la spugna contro quelle lettere.

Erano rosse, come il sangue, e attiravano l’attenzione proprio come avevano fatto i suoi capelli biondi, in mezzo a tutte le teste scure.

“Perché non ne hai mai parlato agli insegnanti?”

Naruto bloccò la mano, mentre qualche goccia d’inchiostro cadeva sul pavimento dai suoi palmi sporchi. Qualcuno in lontananza cacciò una risata stridula e qualcun altro piangeva, ma il bambino rimaneva immobile con gli occhi impiantati sulle parole ‘mostro’ e ‘muori’.

“Loro sapevano già e non hanno fatto nulla”.

Solo una bambina - una bambina più alta di lui, ma così magra da sembrare un giunco -  aveva provato ad aiutarlo. Era stata crudele e gli aveva fatto male, ma solo lei era riuscita ad infondergli un po’ di coraggio.

“A nessuno interessa”, continuò Naruto riprendendo a pulire, “a nessuno. Quindi se ne vada”.

Iruka-sensei lo osservò: era un bambino gracile, con le guance graffiate e le sbucciature sulle ginocchia. Nonostante quelle angherie, però, i suoi occhi azzurri non erano lucidi ma fermi e decisi.

Sorrise, inginocchiandosi di fronte a lui. “Hai mai assaggiato il ramen dell’Ichiraku?” Domandò dandogli un buffetto e prendendo la seconda spugna dal secchio.

Iniziò a pulire, mentre Naruto si fermava. “No, non ho soldi per pagarlo”.

“Allora ci andremo dopo aver finito qui, offro io”.

Naruto sentì lo stesso calore che aveva provato quel giorno, quando Ino gli aveva parlato per la prima volta.

Scendendo le scale a due gradini per volta, al fianco di Iruka-sensei, Naruto era felice per la prima volta.

Notò di sfuggita una bambina dal caschetto biondo le braccia sui fianchi, che esortava l’amica dai capelli color pastello a non piangere.

La notò per un secondo, ma Naruto sorrise.

 

Ino osservò la ruga di espressione sul viso maturo di Naruto. I pugni erano chiusi, appoggiati ai suoi fianchi magri, mentre il silenzio surreale fu interrotto dalla sua impossibilità dall’esimersi dal commentare.

“Avrebbero te”.

Lui la guardò con un sorriso amaro, notando come le labbra di Ino assomigliassero ad un cuore. Aveva dimostrato in più occasioni di essere maturata in quegli anni, dopo il numero consistente di perdite che entrambi avevano subito, ma talvolta la positività di Ino era fuori tema.

Accarezzò la sua coscia lasciata nuda dalla corta minigonna - la sua vanità era rimasta intatta - e sospirò.

“Non sono mai stato troppo attento ai particolari, se ricordi”, le disse arricciando il naso ed i graffi sulle guance risaltarono particolarmente a quel gesto.

Ino ridacchiò divertita, abbracciandolo di slancio.

“Credo che non avessi minimamente notato nemmeno che la storia tra Sas’ke e Hinata è nata sotto il tuo naso”, spiegò con un sorriso grande negli occhi, mentre anche Naruto ricambiava.

“O il fatto che tu fossi innamorata di me”.

Ino arrossì, se possibile, stringendogli i capelli in una morsa ferrea.

“Non dirlo come se fosse un vanto”, aveva una voce leggermente più acuta, e Shikamaru mesi prima gli aveva spiegato che Ino usava quel timbro nei momenti in cui l’imbarazzo era tale da farla sbiancare.

Adorava quando Ino si mostrava timida, ma d’altro canto amava anche quando vedeva le sue labbra imbronciarsi e le sue guance gonfiarsi per la stizza, diventando quasi impossibile da gestire.

“Lo è”.

Ino sbatté le ciglia chiare, per poi accarezzargli una guancia.

“Nonostante tu sia un completo idiota”, gli disse mordendosi poi il labbro incerta nella pausa, “credo tu sia una bella persona e questo lo penso da sempre”.

Forse un po’ si era emozionato di fronte a quella confessione sincera ed aperta: Ino insolitamente mostrava un lato dolce a lui, salvo occasioni eccezionali come quella, e Naruto amava più i loro battibecchi su chi dovesse apparecchiare e chi dovesse stare sopra durante il sesso.

 

I don’t back up, I don’t back down
I don’t fold up, and I don’t bow
I don’t roll over, don’t know how


Qualcuno dall’alto dell’aula aveva iniziato ad urlare parole che, da tempo, Naruto aveva sentito raramente.

Se ne stava con la testa appoggiata al banco mentre Choji Akimichi raccoglieva il secondo rotolo di pergamena lasciato cadere. Doveva eseguire una tecnica semplice come quella della Moltiplicazione del Corpo - a lui sarebbe sicuramente riuscita, era un genio! - ma il massimo che aveva ottenuto, unendo le dita, era stato far vibrare la propria pancia.

“Sfigato”, gli avevano detto, e Choji un po’ si era agitato. Ora le sue mani tremavano e non riusciva a tenere le dita unite. Balbettava senza convinzione, mentre Iruka intimava il silenzio.

Naruto, guardandosi intorno, notò che sia Shikamaru che Ino non erano presenti.

Ci fu un altro scoppio di risate quando Choji Akimichi lasciò cadere per la terza volta il rotolo a terra, Iruka era indeciso sul da farsi e Naruto, notando la sua vicina di banco agitarsi, sbuffò.

“Idioti!” Strillò senza ritegno, sbattendo una mano sul banco. Hinata Hyuuga al suo fianco quasi cacciò un urlo, mentre anche Kiba Inuzuka aveva tappato la bocca ad un suo vicino di banco dall’aria insopportabile.

Non che lui e Naruto andassero d’accordo, ma Kiba si era sempre tenuto lontano dagli scherzi che facevano al biondo, gli anni prima.

“Non tutti sono in grado di eseguire perfettamente ogni tecnica! Choji mica è destinato a diventare Hokage come il sottoscritto!”

Shikamaru e Ino, con un numero consistente di fotocopie tra le braccia, erano entrati in aula in quel momento.

“Quindi smettetela di ridere e fatelo voi, geni dei miei stivali! Quando sarò Hokage vi farò pentire tutti di aver riso!”

Iruka sospirò, mentre Ino allungava le fotocopie verso di lui. La ragazza scosse la lunga coda bionda, guardando Naruto negli occhi: le sue labbra - erano carnose, a Naruto piacevano un sacco - si piegarono in un sorriso soddisfatto.

Gli fece un occhiolino, prima che Iruka dicesse di mettersi in fila per una prova a sorpresa sulla Tecnica della Moltiplicazione del corpo.

Alla fine, le parole di Naruto si rivelarono false, perché risultò imbranato anche più di Choji, ma Ino, nonostante l’insulto che gli rivolse, non si sarebbe dimenticata il fuoco negli occhi di Naruto.

 

Ino arricciò le dita intorno ad una ciocca di capelli, sentendo l’improvviso silenzio nell’aula. Voleva baciare Naruto, ma c’erano ancora parole che andavano pronunciate e non taciute, soprattutto di fronte a quegli occhi bisognosi di risposte.

“Ricordi quando Sas’ke se n’è andato?”

Naruto annuì, indeciso se stringerla più forte o meno. Adorava la pelle di Ino sotto i polpastrelli, forse aveva anche voglia di fare l’amore con lei, in quel momento, ma d’altro canto voleva anche sentire cosa avesse da dire.

Sospirò la ragazza, schiacciandogli nuovamente le guance tra i palmi delle mani. Erano leggermente sudate, ma a Naruto non infastidivano. “Ti hanno dato tutti dello stupido, ma io avrei fatto la stessa cosa se fosse stata Sakura a sparire”.

Questo lo sapeva già, ma il cuore riuscì a battergli più forte ugualmente. Notò con piacere il rossore sulle gote di Ino, ma i suoi occhi erano così sinceri che trattenne la voglia di prenderla in giro.

“Mi hai portato dei fiori”.

Ino inarcò un sopracciglio, di fronte a quella frase.

“Sapevi che ero stata io?”

Naruto annuì, appoggiando il capo al petto della ragazza. “I fiori li ho sempre collegati a te, Ino, anche quando eri una piccola saputella antipatica ed acida”.

 

Ino se ne stava appoggiata al muro, avevano quindici anni e Naruto stava al centro della stanza e dell’attenzione. Qualcuno borbottava frasi sconnesse, mentre persone come Shikamaru illustravano in maniera concisa e seccata il piano d’azione.

“Neji, tu occupati della porta a nord insieme a Sakura e Lee, mentre io e Ino controlleremo quella ad est”, la bionda annuì: sapeva che avrebbe fatto coppia con lui, nessuno avrebbe potuto esaltare la sua forza come sapeva fare Shikamaru, ma la sua attenzione era ancora per Naruto.

I pugni erano serrati lungo i fianchi, pareva che le vene dovessero esplodere da un momento all’altro, ma nessuno lì se ne voleva preoccupare. C’era la guerra, volevano lui, perché avrebbe dovuto essere tranquillo?

Quando Shikamaru e Sakura diedero la buona notte a tutti, intimando chiaramente di trovarsi alle postazioni scelte puntuali, la bionda aspettò Naruto accanto all’uscio della porta.

Si scontrò quasi contro di lei, ma si fermò giusto in tempo per evitarla. Sollevò gli occhi di scattò, guardandola.

“Hai bisogno di qualcosa?”

Ino piegò le labbra in una smorfia, infastidita dal suo tono freddo. “Ti offro un ramen”.

“Non credo che…”

“Non è una domanda la mia”.

Mezzora dopo Naruto era seduto al suo fianco, imbarazzato e arrabbiato, mentre Ino gustava il proprio ramen e di tanto in tanto gli lanciava qualche occhiata curiosa.

“Sai”, esordì pulendosi la bocca, “credo che qualche volta dovresti sfogarti”.

Le bacchette di Naruto caddero sul bancone, mentre qualcuno a sua volta rompeva un bicchiere e Teuchi imprecava tra sé, prendendo uno straccio.

Il ragazzo si mordicchiò un labbro già screpolato, prima di voltarsi a guardarla, in bilico sullo sgabello.

“Credo anche che dovresti smetterla di pensare a te stesso come il principale motivo di questa guerra”, continuò Ino guardandosi le unghie, “tutti noi non saremmo qui se non ci fossi tu”.

“Non sareste nemmeno…”

“A questo punto? Oh, Naruto”, Ino sorrise melliflua, “se non fossi stato tu quel bambino, quindici anni fa, sarebbe stato un altro”.

Forse Naruto a quell’eventualità qualche volta ci aveva davvero pensato, ma mai nessuno aveva pronunciato tali parole con così tanto distacco ed indifferenza. Ino, di fronte a lui, aveva un graffio sulla guancia e due cerotti a coprirle gran parte del collo, eppure era con lui a spiegargli qualcosa che ancora Naruto rifiutava di accettare.

“Siamo stati fortunati, Naruto”, continuò e questa volta lo guardò negli occhi, “e mi sento una persona orribile a pensarlo, sapendo quello che hai passato”.

Gli occhi azzurri di Ino erano carichi di scuse, forse la ragazza era anche un po’ in imbarazzo, ma Naruto non ci fece caso. Era la prima volta che il suo cuore batteva per una ragazza che non fosse Sakura, e Ino profumava di fiori.

“Non so se sarò alla altezza di questa cosa”.

Sentì la mano di Ino stringere la sua, sotto il bancone dell’Ichiraku, e si stupì di quanto fosse caldo. Nella sua vita aveva toccato poche volte la pelle di Ino, ma aveva sempre percepito la sua morbidezza come una carezza piacevole. Forse, si disse, fu per questo che sentì le aquile nel proprio stomaco.

“Dov’è finita la tua sicurezza?”

Lui sbatté le palpebre. Era una frase imbarazzante da dire, ma nulla era più reale. “Forse è seduta qui accanto”.

Rimasero con le mani unite fino alla chiusura del locale. Teuchi li aveva visti, ma non aveva osato commentare: pensava che la Yamanaka e Nara avessero una storia, ma scrollò le spalle. Si era evidentemente sbagliato.

Una volta giunti di fronte a casa di Ino, Naruto le sorrise. “Diventerò Hokage”.

La ragazza ritrovò la sua aria sarcastica, scostandosi i capelli dal viso.

“Pensi che avrei perso tempo con te, se non ne fossi stata sicura?”

 

Won’t forget how I got this far

 

Probabilmente, in un’occasione normale, Naruto al ricordo avrebbe imbronciato le labbra screpolate e avrebbe sottolineato quanto quelle parole suonassero ricche di intenzioni poco pure.

“Per questi bambini sarà un onore averti come insegnante”, spiegò Ino alzandosi dalle ginocchia di Naruto e veleggiando per l’aula, voltando di tanto in tanto il viso per guardarlo.

Il caschetto di capelli biondi si muovevano al ritmo dei suoi passi, si sedette all’ultimo banco dell’ultima fila, quello vicino alla finestra.

“Perché non provi?”

Aveva appoggiato il meno sul palmo della mano, guardandolo fisso negli occhi nonostante Naruto riuscisse a scorgere la sua figura solamente in modo parziale.

Cercò di schiarirsi la voce, sentendo il sangue affluire alle gote.

“Siamo qui oggi…”

Ino lo interruppe, sollevando la mano. “Non siamo ad un matrimonio, a meno che tu non voglia chiedermi di sposarti”, Naruto sollevò un sopracciglio preso in contropiede dal sorriso mellifluo di Ino.

Si schiarì nuovamente la voce, chiedendosi cosa avrebbe fatto Sas’ke come presentazione. Probabilmente avrebbe detto il proprio nome e si sarebbe seduto, iniziando a leggere un brano.

Non ricordava nemmeno come Iruka-sensei si fosse presentato, forse avrebbe dovuto usare lo charme di Jiraya-sama? O magari arrivare in ritardo come Kakashi.

Non si era reso conto che, nel frattempo, Ino si era issata in piedi sui banchi e camminava avanti e indietro come se fosse stata una modella, gettando poi per terra il giubbino da jounin.

Si fermò a metà tra l’unione di due banchi, puntandogli un dito contro.

“Smettila di pensare o ti andrà in fumo il cervello! Lo sappiamo tutti che non sei un pensatore, ma sei più per l’azione!”

Naruto sbatté le palpebre un paio di volte, prima di sorridere.

“Come te, no?”

 

Naruto boccheggiò di fronte alle parole che Ino gli aveva appena rivolto, sadica, mentre insieme stavano sistemando dei fascicoli nella biblioteca dell’Accademia.

“Come sarebbe che hai visto Sai e Sakura vicino al fiume da soli?” Domandò sconvolto, mentre Ino si sollevava sulle punte e riponeva un tomo viola di medie proporzioni tra altri due libri.

Erano nella fase di praticantato lei, Naruto, Sas’ke e Kiba. L’anno prima era toccato a Shikamaru e TenTen diventare insegnanti e poi capigruppo di genin insubordinati, ora era il loro turno.

Ignorando la bocca aperta di Naruto, Ino tornò al tavolo prendendo altri tre libri tra le braccia.

“Erano insieme e Sai le circondava le spalle con un braccio”, spiegò paziente, indecisa se tenere per sé il libro dalla copertina gialla o riporlo con gli altri.

Naruto era sconvolto, ma non per questo si esimette dall’aiutarla. Afferrò due libri, riponendoli a caso, voltandosi poi nuovamente verso Ino. Aveva il ciuffo che le copriva l’occhio destro e un baffo di polvere sulla guancia, ma era così carina che aveva sentito lo stomaco gorgogliare di piacere quando Kiba e Sas’ke se l’erano svignata per lasciare a loro il lavoro sporco.

“Non vedo perché la cosa ti sconvolga tanto”, proruppe Ino con un broncio.

“Beh, lei è la mia Sakura-chan”.

Ino sventolò una mano a mezz’aria come per scacciare una mosca, roteando poi i calamitanti occhi azzurri. Non aveva arricciato le labbra, ma Naruto sapeva che avrebbe voluto farlo.

“Sono due settimane che pensi a come chiedermi di uscire, Shikamaru ha cantato”, spiegò piccata, “e mi chiedo come tu non mi possa essere ancora saltato addosso, visto che siamo soli da un’ora”.

Il grande salvatore di Konoha, spavaldo, con un passato drammatico alle spalle, un numero spropositato di vittorie, il grande orgoglio di Konoha, si ritrovò bloccato contro uno scaffale a cinque centimetri da Ino Yamanaka. La stessa Ino Yamanaka che anni prima gli aveva strizzato i testicoli.

“Ho pagato Sas’ke perché se ne andasse da Hinata, mentre Kiba ha voluto un pugno prima di scappare dalla finestra”, continuò dando un soffio al ciuffo, che non si mosse minimamente.

Naruto deglutì.

“Perché?”

“Sei rimasto il solito idiota di sempre”, sussurrò Ino, “eppure una volta avresti agito e non ti saresti crucciato fino alla morte”.

Sapeva terribilmente di fiori, Ino, ma quando la baciò Naruto non capì davvero più nulla e si ritrovò a fare l’amore con lei mezzora dopo, mezzi sdraiati sul pavimento del suo appartamento.

Decisamente, era meglio non pensare troppo.

 

Kept respect up the vets stay their,
Let the rest be to tell they tale

“Hai capito che intendo?”

Naruto si prese il capo tra le mani, guardandola di sottecchi. “Mi sono venute in mente solo porcate, Ino, il tuo sedere che sculetta non aiuta”.

Dal canto suo, la ragazza torse il collo per guardarsi il sedere, ammiccando a se stessa con particolare voluttuosità.

“Ieri sera hai cantato per questo ben di dio”, gli fece notare, “e domani canterai per la mandria di piccoli piccioni che ti invaderanno l’aula”.

Saltò dal banco, inginocchiandosi poi tra le gambe di Naruto.

Fu una scena famigliare, ma non per quello che il ragazzo immaginò nella sua testa, ma perché Ino gli afferrò i testicoli e li strinse con forza. “O non hai le palle?”

Naruto cacciò un ringhio acuto, spingendola lontano da sé con un colpo.

“Sei impazzita?”

“Sei tu ad esserlo, quando non credi che chiunque in questo paese non fa altro che amarti, Naruto”.

Nuovamente, arrivò a pochi passi da lui.

“Forse sono un po’ gelosa, ma le mie non sono parole vuote”.

Accarezzò il suo viso.

“Nessuno potrebbe desiderare un maestro migliore di te, se Jiraya-sensei e tuo padre fossero qui, sarebbero fieri di quello che sei ora”.

Forse un po’ si commosse, ma Naruto non lo diede comunque a vedere. Si limitò a stringerle il collo con le braccia e a portarsi il volto di Ino al petto, sperando che potesse udire il battito accelerato del suo cuore.

Sentiva il suo profumo di fiori penetrargli nella pelle, e Naruto pensò di essere fortunato, perché Ino era scorbutica, manesca, irritabile, irritante e vanitosa, ma nessun’altra avrebbe mai saputo consolarlo come faceva lei. Con la giusta dose di cattiveria e di dolcezza, di cui ormai lui non avrebbe più potuto fare a meno.

 

*

 

 

“Quindi, dobe, sarai un maestro”.

Naruto guardò Sas’ke di sottecchi, mentre Ino e Kiba erano già al lavoro nelle loro aule.

Il biondo sorrise sbieco, mentre afferrava il registro e leggeva la serie di nomi scritti, notando come la metà di loro fosse figlia di persone a lui conosciute.

“Sarò più bravo di te, teme”.

Sas’ke sbuffò, superandolo. “Credici”.

Naruto sorrise, aprendo la porta, mentre la cappa sventolava a causa dell’aria e un ‘Buongiorno’ si levava dall’aula.

“Naruto Uzumaki, futuro Hokage di Konoha, piacere di conoscervi”.

 

Ino guardò Naruto preparare il ramen precotto con il microonde dell’Accademia, mentre lei se ne stava buona ad attendere.

Notò come fosse allegro, quel pomeriggio, finite le lezioni. Arricciò il naso a punta, appoggiando una mano sotto il mento.

“Accetto, Naruto”.

Lui si bloccò con i bastoncini in bocca, voltandosi a guardarla.

“Che?”

Con un ghigno, Ino si alzò e lo raggiunse, prendendo la propria porzione di ramen.

“Shikamaru ha cantato di nuovo, accetto di sposarti”.

Vedendolo boccheggiare rise di cuore, prima di gettargli le braccia al collo e baciarlo.

Ricordava sempre come all’inizio preferisse i mori dalla carnagione chiara, ma Naruto era cromaticamente ed esteticamente perfetto per lei. E con un futuro da Hokage.

“Posso almeno dirti che ti amo?”

E con un cuore così grande che, forse, avrebbe anche pianto nel pronunciare il proprio ‘Sì’.

 

Each word gets lost in the echo.

 

 

 

*grazie al potere rigenerante del chakra della volpe, intendo. (L)

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Mimi18