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La grande opera di Watsuki
ha affascinato, commosso, divertito e incantato. Ma ora la storia del Samurai
vagabondo è terminata. È tempo di iniziare la storia di Kenji e
Shinya.
Questi due personaggi mi
hanno sempre affascinato. Nonostante di Kenji abbiamo solo una breve apparizione
alla fine del 28 volume e di Shinya null’altro che una citazione nell’epilogo ho
sempre immaginato con fascino i due figli dei grandi Kenshin e Yahiko. Divisi e
uniti dall’eredità di entrambi i padri: La Spada
Shinuchi.
E’ un peccato non poter
conoscere la loro storia…quindi eccola…
Una Storia dell’era
Meiji. Fatemi sapere se vi piace e se, secondo voi devo continuarla ^^. Grazie e buona lettura.
Il Genpuku
Mancato
“Padre!
Ascoltami!”
Kenshin si volse di
scatto alzando lo sguardo dalla bacinella del bucato e osservò il ragazzo con
sguardo interrogativo: “Cosa c’è Kenji?”
“Da oggi ho 15 anni!”
esclamò il ragazzo mettendo le mani sui fianchi con sguardo serio e
deciso.
Kenshin raccolse i panni
bagnati e si alzò con il pesante cesto tra le braccia: “Lo
so.”
Kenji rimase in silenzio
come se si aspettasse che il genitore continuasse a parlare.
Ma Kenshin avanzò verso
i fili da stendere passandogli accanto, fischiettando un motivetto allegro,
senza null’altro proferire.
Kenji si voltò verso di
lui con volto adirato: “Non far finta di nulla! Lo sai! E’ tempo del
Genpuku!”
Kenshin, che si stava
apprestando a stendere, si bloccò per qualche attimo…poi però riprese e dandogli
la schiena disse: “No, non credo.”
Il ragazzo lo guardò
sgranando gli occhi: “Cosa significa?”
Kenshin sospirò e si
volse verso di lui: “Kenji…” sorrise dolcemente “hai ancora tanta strada da fare
prima di diventare un uomo…lo sai.”
Kenji rimase di sasso a
quelle parole…il suo volto espresse il disprezzo più totale: “E questo perché lo
hai deciso tu?!”
“Ascolta
Kenji…”
“Non ascolto un
accidente! Ormai ho 15 anni! Perché ti rifiuti di mettermi alla prova? Perché
non posso prendere il tuo posto? Non posso
avere…”
Lo sguardo di Kenshin si
fece cupo: “Dunque era a questo che volevi arrivare…vuoi
Shinuchi.”
Kenji abbassò lo sguardo
e strinse i pugni, poi riprese fiato e ricominciò a parlare: “Beh…anche se
fosse? Non ne ho forse il diritto? Sono tuo
figlio!”
Kenshin scosse il capo
tristemente: “Questo non ha importanza…”
Kenji stentò a
trattenere la rabbia: “Mi fai un torto padre! E tu lo sai! Mi hai detto che
mettesti via la spada anni fa con l’intenzione di non sfoderarla mai
più!”
Kenshin rimase in
silenzio.
“Non ci credo neanche un
po’! Se così fosse perché continui ad allenarti con la
shinai?”
Il volto del genitore si
trasformò in un sorriso: “Sai Kenji…il Kenjutsu con la shinai è davvero
divertente!” esclamò semplicemente.
Kenji lo fulminò con lo
sguardo: “Padre…tu sei in possesso di una lama unica al mondo! Perché non me la
vuoi cedere? Perché non vuoi nemmeno farmela
vedere?”
Kenshin continuò a
stendere senza proferire null’altro: “Te l’ho detto…ormai appartiene al
passato…lasciala perdere…piuttosto, sei in ritardo per la lezione del
pomeriggio.”
Il ragazzo a quelle
parole sbuffò e si voltò con fare indifferente: “Scordatelo…in quella palestra
io non ci vado più!”
Kenshin si voltò verso
di lui con sguardo estremamente serio:
“Perché?!”
“Non fare finta di non
saperlo padre!”
“Dovresti portare più
rispetto al tuo maestro…è un ottimo
spadaccino.”
“Yahiko Myojin? Non
farmi ridere!”
“Kenji! Attento a come
parli! Quella che insegna è l’arte della tua
famiglia.”
Kenji si morse un labbro
discostando lo sguardo: “La scuola Kamiya Kasshin non è l’arte della mia
famiglia…”
Kenshin lo osservò
freddamente: “Cosa vorresti dire?”
“Che l’ho studiata solo
per fare un favore a mia madre…ma, una scuola che mira a far vivere la gente…
Sono solo sciocchezze!”
Kenshin respirò a fondo.
Mentre osservava suo figlio che si inginocchiava dinnanzi a lui: “Padre ti
prego…insegnami la scuola Hiten…la tecnica più
potente…”
“La tecnica
assassina!”lo interruppe il samurai parlando
freddamente.
“Io devo diventare forte
padre per…”Kenji abbassò lo sguardo “Per poter meritare l’onore di essere il
figlio di Battosai.”
Al sentire quel nome a
Kenshin si gelò il sangue nelle vene…quanto tempo era che non lo sentiva. E ora,
proprio suo figlio lo chiamava così…la cicatrice sulla guancia ormai pallida e
quasi sparita gli parve bruciare come un tempo. Ma forse era solo
un’impressione.
Si abbassò e prese per
le spalle il figlio facendolo rialzare lo guardò dritto negli occhi e
sorridendogli gli disse: “Diventalo Kenji…diventa
forte…”
Il ragazzo sorrise
eccitato e speranzoso.
“Con la scuola Kamiya
Kasshin.”
Concluse Kenshin con un
tono che non ammetteva repliche. Si voltò. Raccolse il cesto vuoto e si diresse
verso casa.
Kenji rimase immobile a
fissare il vuoto.
Non prenderò più lezioni da quel buffone! Mai più! Non
lo sopporto! Si permette di insegnare la scuola di mia madre con tanta libertà e
a lui va tutto il rispetto di mio padre…manco fosse loro figlio!
Dannazione!
Da quando ho memoria lo vedo entrare e uscire da casa
nostra, insegnare nella nostra palestra e andare in giro ad esibire la nostra
scuola con tanta superbia.
Il ragazzo rifletté con
rabbia fissando il terreno…l’immagine del suo giovane maestro impressa nella
mente…lui! Che gli aveva sempre sottratto il rispetto di suo
padre!
…Yahiko
Myojin…
“Kenji! Cosa fai qui è
tardi?” La voce di un dolce rimprovero materno interruppe i suoi pensieri e lo
svegliò come da un sogno.
Kaoru affacciata dalla
finestra che dava sul cortile di casa lo osservava con sguardo severo: “Perderai
la lezione se non ti dai una mossa!” esclamò la donna mentre si stringeva un
nastro tra i capelli.
“Ho capito madre! Vado subito!” Rispose il ragazzo uscendo dal cortile e prendendo a correre verso la palestra.
Ripensandoci...non è una cattiva idea andare in palestra in fondo...Aspettami Yahiko-Sensei...sto arrivando...