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Autore: yoshimoto    20/12/2012    1 recensioni
Il quindici ottobre duemilaotto, verso le cinque del pomeriggio, Claire era uscita da scuola con lo zaino arancione fosforescente alle spalle. Come ogni giorno aveva accuratamente evitato la strada principale per l’uscita dall’edificio ed era sgattaiolata verso la lunga strada che portava alla fermata del suo bus, sempre intenta a vivere nel suo mondo.
Dall’altro lato della strada, sua sorella cercava in ogni modo di stringere amicizia con quanti più ragazzi possibile: non era da lei comportarsi come una civettuola, ma per entrare nella grazie del gruppo di adolescenti più popolari avrebbe dovuto farlo. Si voltò mezzo secondo verso l’altro lato della strada, sorridendo al fatto che Claire stesse bene da sola e che quindi non si sarebbe dovuta avvicinare a lei.
Quello che, però, la piccola Murray non si sarebbe mai aspettata giunse come un tornado, quasi a buttare giù la porta della sua vita per la tanta forza con cui arrivò.
Claire era morta. Claire era stata investita per colpa sua.
L’aveva lasciata da sola, si era dimenticata della sua amata sorellina. Come aveva potuto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Harry, 
so che sei occupato e che piuttosto di starmi a sentire preferiresti, che so, giocare a calcio o semplicemente oziare. Non vorrei mai che ti annoiassi, non vorrei mai che tu ti senta a disagio in nessun modo.
Può sembrare un controsenso ma ho bisogno ancora di parlarti, sperando di non darti davvero noia.
Ho riparlato con la dottoressa Miles che mi ha consigliato ancora di starmene in compagnia della mia famiglia finchè tutto non si aggiusta. Sono andata da lei un paio di settimane fa e mi ha raccomandata di stare calma, seguendo alla lettera la lista di medicinali da prendere.
Non sono pazza, capisci? Loro dicono così, ma io non lo sono.
Non sanno nemmeno che io ho un amico, che sei tu, mentre pensano che io sia sola e che non abbia amici, che viva in un mondo tutto mio, che i miei attacchi siano dovuti al cervello che non funziona per bene, che il mio cuore non batte se non per farmi sopravvivere.
Harry, non ce la faccio più.
Ti ho raccontato della mia situazione e io non sono nemmeno sicura che tu la legga e la commenti a mente, se ne parli con qualche tuo amico – ammesso che tu ne abbia: non vorrei che anche tu sia come me – o cestini la mail come niente fosse. Spero con tutto il cuore che questi miei pensieri non vadano persi, sarebbe un brutto colpo per me. Sarebbe come sentirsi ancora rifiutata, per l’ennesima volta.
Due giorni fa a scuola ero seduta al mio solito posto accanto alla finestra e un ragazzo mi si è avvicinato. Gli ho sorriso, ingenua come sono, e lui è scappato, forse spaventato. Ma io cosa ho fatto? Lo saprò mai?
Mia sorella Sophie, che ha due anni in meno di me, dice che sono un’idiota. Papà non lo vedo mai, è sempre fuori per non so cosa, ma di certo lo fa apposta: credo voglia evitare di starmi alle calcagna come, invece, fa la mamma. Questa, infatti, non mi lascia un momento libera: di notte controlla che non abbia gli incubi, a pranzo mi scruta spingendomi a mangiare e durante la scuola lascia il posto al professor Peters.
Tu ora ti starai chiedendo – ammesso che tu stia leggendo: che cosa me ne importa?
Non lo so, non so cosa tu c’entri. Non so nemmeno cosa mi abbia spinta a scriverti per tutto questo tempo. Ho solo provato a sentirmi indipendente e credo che solo grazie a questa strana amicizia sia riuscita a estraniare i miei problemi. Forse è perché non ti conosco che riesco a portar fuori tutto quel che mi tengo dentro.
Ho paura, sono sola, non voglio più esserlo.
Non hai il mio recapito, certo, per questo ti scriverò io al più presto.
Ci pensi? Magari ci conosciamo e nemmeno lo sappiamo, magari sai che sono la “ragazza pazza” e ti allontani anche tu da me. Come darti torto, dopotutto. Tutti lo fanno, perché non dovresti anche tu?
Spero di scriverti con la stessa cadenza che sto avendo da un paio d’anni a questa parte.

 

Tua – per modo di dire – “ragazza pazza”

 

 

 

«Claire non è tornata a casa ieri sera»
Una frase che mise a tacere un’intera classe al quarto anno di scuola superiore, la peggiore per giunta.

 

Il quindici ottobre duemilaotto, verso le cinque del pomeriggio, Claire era uscita da scuola con lo zaino arancione fosforescente alle spalle. Come ogni giorno aveva accuratamente evitato la strada principale per l’uscita dall’edificio ed era sgattaiolata verso la lunga strada che portava alla fermata del suo bus.
Aveva giocato un po’ con i lisci capelli biondicci ed aveva canticchiato qualcosa di sconosciuto persino a sé stessa. Poco dopo aveva intravisto una massa di ragazzi venire dalla sua parte e, spaventata, si era nascosta dietro al cassonetto più vicino.
Era timida ed estremamente chiusa. Non aveva mai avuto amici e, comunque, nessuno le aveva mai facilitato il compito. Era cresciuta sotto una sfera di cristallo tenuta docilmente in ordine da parte dei suoi genitori, il signore e la signora Murray, che erano tanto gentili quanto iperprotettivi.
Non concedevano alla propria figlia nemmeno un momento d’aria da sola, poiché anche nei momenti in ci erano assenti, la ragazza veniva seguita da professori o medici o da sua sorella minore.
Claire aveva oltrepassato allegramente il giardino di fronte alla fermata ed aveva intravisto la sua sorellina mentre rideva con le sue amiche. Aveva provato una punta d’invidia, ma poi si era rintanata nel suo mondo ed aveva già dimenticato il motivo del suo rammarico momentaneo.
Dall’altro lato della strada, sua sorella cercava in ogni modo di stringere amicizia con quanti più ragazzi possibile: non era da lei comportarsi come una civettuola, ma per entrare nella grazie del gruppo di adolescenti più popolari avrebbe dovuto farlo.
Accanto a lei, a sua insaputa, Theodore McDermott e Sarah Sullivan erano intenti a parlar male di sua sorella, indicandola palesemente con l’indice e sussurrando parole che l’avrebbero fatta arrabbiare.
Si voltò mezzo secondo verso l’altro lato della strada, sorridendo al fatto che Claire stesse bene da sola e che quindi non si sarebbe dovuta avvicinare a lei.
Le voleva bene, certo, ma quando la metteva in imbarazzo davanti ai suoi amici non andava bene. Una volta Claire urlò a tutto il bus che sua sorella aveva una cotta pazzesca per un certo Edward e che avrebbe fatto di tutto per lui. Dopo una risata generale dei passeggeri e un pianto da parte della più piccola delle due, quest’ultima le aveva rivolto parole di disprezzo.
«Claire, sei un’idiota»
E Claire se l’era presa, ovviamente non per molto. Se lo dimenticò qualche minuto dopo, riprendendo con i suoi soliti discorsi senza senso.
La ragazza tornò ad ascoltare i discorsi sul ballo di Natale di quell’anno da parte delle sue nuove amiche, salendo tutta presa dal momento sul bus già quasi pieno.
«Quindi io opterei per un abito bianco, che metta in risalto la mia carnagione abbronzata, che dici?»
Alexandra Chapman le aveva posto la domanda del secolo, a cui ovviamente rispose affermativamente.
«Sono arrivata» aggiunse poi, baciando su entrambe le guance la ragazza mulatta che le aveva tenuto compagnia fino a quel momento.
«Ci si becca domani a scuola!»

 

Quello che, però, la piccola Murray non si sarebbe mai aspettata giunse come un tornado, quasi a buttare giù le porte della sua vita per la tanta forza con cui la notizia arrivò.
Claire era morta. Claire era stata investita per colpa sua.
L’aveva lasciata da sola, si era dimenticata della sua amata sorellina. Come aveva potuto?

 

All’entrata di casa, come ogni giorno, Rose Murray, l’adorabile donna che aveva dato alla luce le due sorelle, stava annaffiando i fiordalisi che tanto amava curare. Si era girata verso il cancello e, dopo aver visto la minore delle figlie trotterellare allegra verso di lei per darle un bacio sulla guancia le chiese dove sua sorella fosse.
Gli occhi della ragazza strabuzzarono e non riuscì a dir niente.
Claire non c’era e lei non sapeva dove fosse.
«Sophie» l’aveva richiamata sua madre, già in crisi «dov’è tua sorella? Si è nascosta? Vuole farmi uno scherzo?»
Sophie continuò a fissare il vuoto a lungo, mentre le urla di sua madre cercavano di riportarla alla realtà.
Solo la chiamata della polizia rese noto ad entrambe ciò che, effettivamente, era accaduto.
Claire era stata trovata nel bel mezzo della strada, sanguinante. Era stata investita da un'auto ed era volata di un bel po' di metri lontana dal punto in cui era stata colpita.
Sophie non se lo sarebbe mai perdonata.
L'idiota era lei.

  
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