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Autore: Roxar    22/12/2012    9 recensioni
Lui sa che lei non sa.
«Orsù, compari, dovrete convenire con me che gli scrittori avevano un certo culo nelle faccende amorose».
Lei non sa che lui sa.
«Chi mai potrebbe mandarti questi telegrafici post-it anonimi, Lily? Sicura che non sia una trovata di “Vanity Witch”?»
Lui sa e non ci sta.
«Violeresti la legge numero 15: Uso improprio dei gufi».
Lui sa ma non ce la fa.
«Compare, tu stai cercando di dirmi che tenterai di conquistare la Bertuccia con biglietti anonimi? Ti prego, ti prego, lasciami qui a morire dal ridere fino a che non mi si torceranno le budella in gola».
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Dal capitolo 2: PS: La tua fantasia è come te: imbarazzante.
Dal capitolo 4: «Il prezzo. Ho scordato di staccare il cartellino col prezzo dal regalo per Evans».
Dal capitolo 5: Da quel giorno, la sessualità di Sirius Black venne ampiamente messa in discussione.
Dal capitolo 8: «Puoi evitare di svenire? Ho bisogno di conforto».
Dal capitolo 9: «Vuoi complimentarti per la mia ragazza-procione?»
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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2. Capitolo I

Idee discutibilmente geniali sulle quali Remus ha qualcosa da ridire.

 

 

 

 

Accadde mentre James Potter – riottoso e sfacciato Caposcuola Grifondoro – sturava il tredicesimo water, quello al secondo piano.

Accadde così, semplicemente, senza preambolo alcuno: estrasse – con giusto disgusto – l’oggetto di tanta otturazione e lo fissò inebetito, domandandosi come un foglio di pergamena appallottolato potesse trattenere tanti, ehm, escrementi sul pelo dell’acqua.

E quindi, dicevo, accadde: fissò quel pezzo di carta rancido e macero e l’idea lo folgorò.

La sensazione fu familiare, fastidiosa anche; la stessa, conosciuta vertigine che si provava nell’affondare nell’aria vuota da almeno tre metri d’altezza, con lo stomaco che faceva l’hula hoop intorno all’intestino retto.

 

Fantastica idea, pensò.

 

Solo dopo avrebbe scoperto che i suoi amici l’avrebbero ritenuta un po’ meno fantastica.

 

 

 

 

°         °         °

 

 

 

 

«Sei consapevole che infrangerai un’importantissima legge scolastica, sì?»

 

Remus Lupin sollevò il pennino dalla pergamena e si voltò, il gomito poggiato sullo schienale della sedia.

Ora, badino bene i lettori, non capitava quasi mai che Remus interrompesse la sacra stesura di un tema per dedicarsi con tanta passione all’idiozia last-minute del compagno.

James lo prese come un pessimo segno.

 

«Tu non dovresti tipo essere il mio amico sempre pronto ad appoggiarmi?»

 

«Stai parlando di Sirius, mi spiace».

 

«Chi parla di me?»

L’interpellato rientrò in camera giusto in quel preciso momento, in perfetto tempismo per udire il proprio nome.

Remus ricapitolò velocemente la faccenda, aggiungendo quel tocco di dramma e gravità tipico di lui.

Sirius si perse in un eccesso di risate e James ebbe qualche difficoltà a capire se fosse concorde o meno.

 

«Che ne pensi?» domandò quindi e Sirius si schiarì la gola, in un patetico tentativo di ritornare composto.

 

«Compare, tu stai cercando di dirmi che tenterai di conquistare la Bertuccia con biglietti anonimi? Ti prego, ti prego, lasciami qui a morire dal ridere fino a che non mi si torceranno le budella in gola— va bene, va bene, smettila di guardarmi a quel modo; penso che non ti ci vedo nei panni di uno scrivano, ecco».

 

«Ma non sarebbe propriamente così. Si tratterebbe di brevi biglietti» spiegò appassionato, domandandosi perché nessuno cogliesse la genialità e la potenzialità di quel piano tanto semplice ed essenziale.

 

«Mi riesce ugualmente difficile, scusa».

 

«Comunque», s’intromise Remus, ragionevole, «violeresti la legge numero 15: Uso improprio dei gufi».

 

«Sono pronto a correre il rischio» intervenne rapidamente, mettendolo a tacere.

 

Sirius e Remus si scambiarono una veloce occhiata da non-posso-credere-che-faccia-realmente-sul-serio, pur animati da sentimenti assai differenti.

 

«Orsù, compari, dovrete convenire con me che gli scrittori avevano un certo culo nelle faccende amorose» disse infine e quando nessuno ebbe più nulla da ridire, James dichiarò il piano ufficialmente approvato.

 

 

 

 

°         °         °

 

 

 

 

Lily Evans odiava Erbologia.

Odiava la terra che s’incuneava sotto le unghie, odiava l’impossibilità di rimuoverla subito del tutto – passavano giorni prima che anche l’ultima traccia scomparisse – odiava l’olezzo nauseabondo del letame che le impregnava i vestiti, odiava tutte quelle raccapriccianti creature con istinti molto poco amichevoli.

 

La odiava perché spesso la Belkins – nerboruta docente ultrasettantenne – la accoppiava a James Potter, giacché secondo la donna i due possedevano l’affinità necessaria per quel tipo di attività.

 

Lily non seppe mai cosa la Belkins intendesse con affinità necessaria. Probabilmente – ed è solo una mera supposizione – alludeva al doversi forzatamente e reciprocamente salvarsi un arto di fondamentale importanza, come un braccio, o una gamba o addirittura i testicoli di James (sì, che i lettori ci credano o meno, Lily una volta dovette salvare anche quelli; solo un anno dopo se ne sarebbe detta compiaciuta e sollevata).

 

Quel giorno, comunque, la creatura era più raccapricciante del solito.

La Vergatumscorea era una pianta assai particolare: mostrava un’aperta ed inequivocabile passione per gli uomini e, al contrario, nutriva propositi omicida verso le sventurate compagne di banco.

E dal momento che la Belkins mirava all’integrazione tra ragazze e ragazzi, tutte le ragazze presenti furono in potenziale pericolo per la durata di quella lezione e per le altre tre successive.

 

«Oh, ma che piccolina gradevole. Ciao, tesoro, ciao».

Che James Potter fosse un imbecille l’aveva capito approssimativamente dai primi sette secondi dopo la sua conoscenza, ma che fosse un così tale imbecille, ad onor del vero, non lo aveva neppure sospettato.

Detto Potter, difatti, aveva proteso l’indice arcuato sotto il collo dell’orrenda pianta e lì grattava affettuosamente, come se fosse alle prese con un tenero cucciolo di Terranova.

 

«Le ragazze sono pregate di interagire con la pianta; nonostante le apparenze, la Vergatumscorea può perfino sviluppare una sottile forma di tolleranza verso gli umani di sesso femminile, per cui, studentesse, non abbiate timore» cantilenò la docente con quel suo forte accento del Devonshire, la quale però badava bene dal tenersi lontano dai vegetali.

 

«Potter» lo chiamò con insolito fare cospiratorio.

 

«Mmh?»

 

«Occupati di questa robaccia e salterai le ronde per tre giorni».

 

Potter ci rifletté. Tempo libero extra, tempo in più per limare i dettagli della sua ultima buffoneria.

 

«Sei».

 

«Cinque».

 

«Quattro e  non se ne parla più».

 

«Andata».

 

Lily Evans odiava Erbologia poiché pareva l’unica cosa, in un universo tanto imprevedibile e disordinato, in grado di metterla in accordo con Potter.

Forse, e dico forse, se avesse saputo cosa il giovane Potter aveva in serbo per lei, non sarebbe certo stata così collaborativa e disposta al compromesso.

 

 

 

 

°         °         °

 

 

 

 

L’incipit era sempre stato un gran problema.

Capitava sempre: nei temi, nei compiti a sorpresa, nelle interrogazioni e anche in quella corrispondenza anonima cui stava per dare il via.

Anzitutto occorreva contraffare la calligrafia, così che Lily Evans non arrivasse a lui.

Occorreva poi essere suadenti abbastanza da invitarla a rispondere, ma non troppo, così da mon essere scoperto.

Infine, occorreva una firma, un nome falso qualsiasi, così che la magia gettata sui gufi fosse elusa.

 

Fu solo dopo molti minuti e diverse occhiate sospettose da parte di Vitious che James Potter creò il primo di – si sperava – una lunga serie di biglietti.

 

«Fa’ vedere» ordinò Sirius Black, tendendo la mano. James si guardò attorno prima di depositare il pezzo di carta sul palmo del compagno.

Black fece finta di mostrarsi assai interessato ad un paragrafo della pagina del libro.

 

«Sembrerebbe credibile» decretò infine.

 

«Sembrerebbe» convenne l’altro con un sorriso soddisfatto poco prima che Vitious gli intimasse di far silenzio.

 

 

 

 

°         °         °

 

 

 

 

La cena fu particolarmente sontuosa, quella sera. O almeno, a Lily parve tale.

Scrutò distrattamente il tavolo dei Grifondoro e solo allora si accorse della mancanza di Potter. Poi ricordò che era da qualche parte al sesto piano, a sturare water otturati.

Sogghignò nel suo bicchiere di Succo di Zucca.

 

«Trovi che io sia ingrassata?» piagnucolò Mary MacDonald, apparendo dal nulla.

Mary aveva le fattezze e gli atteggiamenti di un folletto. Silenziosa come un felino, aveva la straordinaria capacità di piombare ovunque senza recare alcun rumore. Di terrorizzare a morte chiunque, anche.

I suoi occhioni azzurri da cane bastonato, quella sera, erano lucidi.

Mary era di una sensibilità e di una vanità scioccanti.

 

«Non direi» replicò Lily, addentando una fetta della sua torta.

 

«Rebecca Undersee dice di sì».

 

«Rebecca Undersee ha un quoziente intellettivo pari a meno diciotto ed è una Serpeverde; mi sorprenda che tu le dia ancora retta, dal momento che sono anni che ti perseguita a quel modo».

 

Mary sorrise un po’ – meglio, sollevò l’angolo destro della bocca – e mangiucchiò un pezzo di toast al prosciutto.

Poi, dimenticato l’alterco con la Serpeverde, si lanciò in una chiassosa discussione con alcune Grifondoro del terzo anno circa le nuove tendenze in fatto di moda promosse da certe importanti, esclusive boutique di Parigi.

 

Lily si sentì pervadere da un’intensa ondata di indignazione e incredulità: la fuori c’era una guerra ma, ehi!, la moda era sopra ogni cosa.

La grande pendola, comunque, batté nove rintocchi e capì che era ora di andare.

Mosse un poco la mano per richiamare l’attenzione di Remus – sostituto, come convenuto dal compromesso, di Potter – e quando lui annuì s’alzò in piedi, congedandosi con un sorriso stropicciato rivolto a nessuno.

 

 

 

 

°         °         °

 

 

 

 

«Forse tu puoi dirmi perché James si è auto-esonerato dalle prossime tre ronde» buttò Remus nel mezzo di una scala che virava dolcemente verso destra.

Lily si umettò le labbra.

La sottile arte della menzogna – per dirla alla Potter maniera – non era una sua prerogativa.

 

«Oh, ha un qualche problema».

 

«Tipo?» insisté, perché raramente James Potter aveva un qualche problema che lo esonerasse dalle ronde, specialmente se esse erano condotte assieme a Lily Evans detta “La Bertuccia”, appellativo gentilmente forgiato da Sirius, che abbracciava l’aspetto morale e fisico della ragazza; diffidente, selvaggia e pragmatica nel suo modo di fare e rossa di capelli, come il pelo di una bertuccia.

 

«Non lo so, Remus. Non ha voluto dirmelo» mentì spudoratamente e goffamente, ma Remus, di buon animo, decise di non pressare oltre la ragazza, prendendo comunque l’appunto mentale di indagare su quell’ambiguo comportamento dell’amico.

Prima quell’assurda storia di voler improvvisare una corrispondenza (non) anonima con Lily, poi l’evasione delle ronde; insomma, James Potter era più strano del solito.

 

«Senti», iniziò lei, decisa a cambiare discorso, «che ne dici di ispezionare il terzo piano? A quanto pare c’è sempre qualche Serpeverde in giro e questo non mi piace».

 

Remus annì. Era un piacere poter trascorrere delle ore con Lily, disintossicarsi da tutta la stupidità dei suoi amici con una sana, buona dose di zelo e responsabilità.

 

 

 

 

 

°         °         ° 

 

 

 

Il professor Silente percorreva placidamente il perimetro del suo studio, carezzando distrattamente coi polpastrelli i suoi gingilli d’argento.

Indeciso sul da farsi, esaminò nuovamente la pergamena gettata sulla scrivania.

 

Il fatto era che, come tutti i professori, Silente aveva delle preferenze e non era certo un mistero che James Potter rientrasse nelle sue grazie.

Sin dalla prima malefatta del ragazzino aveva imparato ad apprezzare lo spirito vivace e un po’ rivoluzionario, nonché quell’intelligenza che lo elevava al di sopra dello standard di Hogwarts.

Eccellente nel settanta percento delle materie, Potter era un’anima da plasmare per tempo, lentamente e costantemente, così da fare di lui un pronto guerriero da arruolare una volta fuori da Hogwarts.

 

Scoccò una nuova occhiata alla missiva generatosi automaticamente – come sempre accadeva quando una magia all’interno del castello veniva infranta o elusa. Il testo recitava:

 

 

Violazione di: Incantesimo Anti-Anonimato da parte di: Potter, James Charlus - Grifondoro, anno VII°.

Infrazione rilevata per mezzo di: firma in calce recante black-word (Anonymous).

Infrazione avvenuta tramite gufo numero: 192

 

 

 

Silente si pizzicò il mento, ancora una volta sorpreso dell’efficacia di un incantesimo tanto elementare.

Aveva semplicemente creato una black-list di black-words, ossia parole per mezzo delle quali il malfattore incappava nell’incantesimo, e ne aveva trasmesso le informazioni contenute ad ogni gufo di sua proprietà.

Astutamente, aveva fatto leva su una delle straordinarie prerogative dei gufi: la somma conoscenza di ogni cosa, anche e perfino del contenuto delle lettere.

Informazione che essi non comprendevano, sicuro, ma che erano al contrario colte da chi li possedeva.

Da lì a metter su un tanto geniale stratagemma il passo era stato breve, avvantaggiato dal fatto che nessuno, professori esclusi, sapesse dell’esistenza di detta black-list.

Gli studenti, infatti, sapevano unicamente che tale legge scolastica poteva essere infranta solo senza l’avvenuto inserimento della firma in calce.

 

Vantare il proprio intelletto, comunque, non aiutò il vecchio Silente a decidere circa il giovane Potter.

Decise perciò di fare  ciò in cui era più votato: temporeggiare e pazientare, studiare la situazione e capire perché lo studente avesse avvertito il bisogno di infrangere la legge.

 

Un leggero tocco di bacchetta e il gufo numero centonovantadue varcò la finestra socchiusa e planò sinuosamente, in tondo, sino ad accovacciarsi educatamente sul trespolo di Fanny, fenice appena morta e prossima a risorgere.

 

Il gufo chiurlò sommessamente e i suoi ricordi circa quella misteriosa lettera di Potter volteggiarono nel Pensatoio per adagiarsi sul fondo.

Pochi secondi dopo, Silente, stranissimo a dirsi, si diede del fesso paranoico.

 

 

 

 

 


 

 

NdA: E mentre cerco di ritrovare la voglia di studiare perduta, vi propino il primo capitolo di questa long di discutibile valore.

Giusto un paio di precisazioni.

Innanzitutto, poiché sono assolutamente incapace di inventare nomi di cose/persone/luoghi di sana pianta, il nome della pianta ninfomane è stato gentilmente coniato da nals, con un provvidenziale riferimento, ehm, anatomico che le era addirittura sfuggito. Se è sfuggito anche a voi, bene, rileggete attentamente il nome della pianta.

Poi, Remus. Rileggendo il capitolo si ha l'impressione che il buon vecchio Remus detesti la simpatica stupidità dei suoi amici. In realtà la ama, solo che ha una dignità da mantenere integra.

Silente.  Ovviamente l'insulto che si rivolge scade nell'OOC, ma ho supposto che l'unico che possa insultare Silente (eccetto il Signore-Oscuro-senza-naso) è Silente stesso. E poi, diciamocelo, Silente ha fatto così tanti errori nella sua vita che sicuramente gli sarà capitato di insultarsi, maledirsi e quant'altro, quindi passatemi per buona questa cosa e andiamo avanti.

La magia anti-Anonimato. Spieghiamo. Ho supposto che Tom Riddle, ai suoi tempi immediatamente successivi a Hogwarts, avesse lasciato dei fedeli all'interno della scuola, gente pronta ad adempiere ad ogni sua richiesta. Gente che doveva comunicare con lui, anche.

Suppongo che dopo il fattaccio di Mirtilla, Voldemort non si sia affatto pentito e anzi, abbia tentato di rovinare la vita di quanti più Mezzosangue possibile, tramite ordini ai suoi servetti. Quindi una volta che Silente ha scoperto ciò ha preso provvedimenti, quale la magia anti-anonimato.

Il funzionamento di questa magia l'ho messo in piedi in due minuti, quindi se vi sembra poco credibile... avete ragione, ovviamente.

...

Ragazzi, che cura dei dettagli! Che fantasia! Potrei farmi addirittura i complimenti per la mia stessa imbecillità. Tant'è.

Cosa stavo dicendo? Ah, sì, la magia. Vi prego, accettate anche questa per buona.

Ultimissime cose: grazie a chi ha recensito, a chi ha messo la storia tra preferiti/ricordate/seguite (siete tutti invitati a recensire; io lo ripeto, non si sa mai), vi amo tutti.

Il prossimo aggiornamento sarà dopo le feste, sempre che i libri di Psicologia mi lascino uno sprazzo di sanità mentale.

Auguri a tutti e passate un Buon Natale. E mangiate, mangiate, mangiate!

 

 

Passo e chiudo.

   
 
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