Poco a poco, si fece strada dentro me la lontana idea di tornare a
casa. Idea che fino ad allora era stata utopica, sbiadita, ma allo
stesso tempo tanto desiderata: quante volte avevo immaginato di rimettere piede
al porto di Kodama, quante volte avevo fantasticato
sulla sorpresa che avrebbe avuto la mia famiglia nel vedermi arrivare.
Loro, loro che non sapevano nemmeno dove diavolo ero stato duranti quei
cinque lunghi anni, loro che avevano solo una piccola percezione del mio ruolo all'interno
del governo mondiale, loro ai quali mi ero vietato di pensare, perché se vuoi
essere un esperto membro di un'organizzazione segreta non devi avere né passato
né scrupoli a tormentarti.
E forse ero proprio diventato un killer spietato, forse non mi avrebbero
neanche riconosciuto, forse chiudere in un cassetto i ricordi fa sì che quando
li riapri ti cadano addosso in modo così violento da seppellirti sotto il loro
peso...
Ma quando scoprimmo che Kodama era vicina,
decidemmo subito di dirigerci lì: non ci pensai due volte a fiondarmi a casa,
ormai rappresentava una sorta di meritato riposo dopo un lavoro che mi era
sembrato ininterrotto.
Così, dopo qualche giorno di navigazione, raggiungemmo finalmente il
paradiso: non mi sembrava vero...era davvero giunto il momento di
ricongiungermi con la mia terra.
Ricordati di Kodama in festa, del porto addobbato
e delle grandi imbarcazioni che sovrastavano regine tutte le altre, del vento
fresco e dell'inconfondibile profumo del pane appena sfornato...sogno o son
desto?
Non appena sbarcammo, prendemmo immediatamente a camminare per le vie della
città e tutto mi parve proprio come l'avevo lasciato: i ladri travestiti da
imprenditori, la villa del sindaco, la chiesa centrale, le casette a schiera...le
casette a schiera.
Mentre i miei colleghi si guardavano ancora attorno, balzai come un felino
sul tetto rosso di un'abitazione "Giraffone!" mi chiamò Jabura dal basso "Ti sembra il momento di fare
stronzate?"
Il vento cercò di portarmi via il cappello "Sì" mormorai assorto,
godendomi lo spettacolo da sogno che si poteva ammirare da lassù "Questo è
proprio il momento adatto per le stronzate"
"Oi oi Jabura!
Ricordati che Kaku non vede il suo villaggio da
cinque anni!"
"E allora? Anch'io non vedevo l'isola in cui mi ero allenato da tanto
tempo, eppure non ho fatto tutte queste moine, quando..."
L'aria e i gabbiani che mi sfrecciavano accanto mi fecero perdere le parole
dell'uomo-lupo, ma non le rimpiangevo: in un istante ero tornato un
diciassettenne, ero libero, libero come un gabbiano in volo e non vedevo l'ora
di saltare sempre più in alto, sempre più in alto come il vento di montagna...
Eccola, era tornata quell'aria familiare a dare adito ai miei polmoni, il
tempo non era mai passato, ero lì come lo ero sempre stato anche quand'ero
lontano e quei tetti li cercavo nei tetti di Water Seven, speranza insistente
messa a tacere dal senso del dovere e dall'imposizione personale.
Sorvolai la piazza, il parco, la vecchia scuola, il centro storico, per poi
distinguere l'invitante profumo della panetteria. Fermai i miei salti e feci un
respiro profondo: ci siamo.
Con cautela, scesi dal tetto sotto gli sguardi sorpresi dei passanti che
solo in quel momento cominciarono a capire chi fossi, dopodiché entrai nel
negozio senza troppe cerimonie.
E i nostri cuori persero tre battiti, mentre ci guardavamo negli occhi e
pian piano ci riconoscevamo...
Diversi panini caddero rovinosamente a terra, sfuggiti alla presa di mia
madre divenuta improvvisamente nulla, e svariate monete li raggiunsero subito
dopo, quando anche mia sorella si fu accorta del mio ingresso.
"KAKU!" tuonarono entrambe, dimenticandosi completamente dei
clienti e correndo ad abbracciarmi, quasi travolgendomi.
"Oh, mio Dio!" pianse mia madre "Sei davvero tu?"
"Fratellone!" anche Kyoko mi bagnò la
felpa "Sapevo che saresti tornato!"
Cercai di reprimere le lacrime e mi sforzai invece di ridere, ridere a
crepapelle per quell'affetto ritrovato "Sono felice di vedere che state
bene" il periodo trascorso nella CP9 mi aveva insegnato a controllare le
mie emozioni "Kyoko! Sorellina, quanto sei
cresciuta!"
La sedicenne fece una giravolta, sorridendo soddisfatta "Però gli
insetti sono sempre il mio piatto preferito!"
"Questa volta sei tornato per restare, spero" esclamò mia madre,
asciugandosi gli occhi lucidi.
"Mamma, ho portato gli strumenti di legno che mi avevi..." la
voce alle nostre spalle si bloccò, inghiottita, strangolata non appena tutti e
tre ci voltammo verso la porta. I clienti erano tutti usciti, soltanto un
ragazzo più giovane di me di qualche anno e che mi assomigliava terribilmente
si era appena pentito di aver attirato la nostra attenzione.
"Milo..." mormorai con un filo di voce.
"Kaku..." fece lui di rimando,
abbassando lo sguardo.
Mia madre mi diede una gomitata, così mi avvicinai a mio fratello e, ormai
senza più riserva, lo strinsi in un forte abbraccio e a quel punto, malgrado
gli sforzi da professionista, l'acqua non ne volle sapere di restare nei
condotti lacrimali "Mi sei mancato, coglione!"
"Anche tu!" riuscii a sentire un certo tremolio anche nella sua
voce "Ma resterai sempre un presuntuoso del cavolo, sapu-Kaku!"
In un istante, anche Kyoko e la mamma furono
accanto a noi e completammo il quadro di una famiglia che per troppo tempo era
stata separata: il mio sogno più ricorrente, era ormai tornato ad essere la
semplice, naturale e meravigliosa realtà.
E il mio cuore rischiava di esplodere dal petto, troppe volte l'avevo
incatenato e costretto ad eseguire gli ordini del suo intransigente e severo proprietario.
Ora, finalmente, poteva considerarsi di nuovo libero: libero di sprizzare nuova
linfa vitale, libero di non avere più segreti e misteri da nascondere.
Ci vedi, papà, da lassù?
"Dovete conoscere i miei amici" dissi con entusiasmo
"Abbiamo lavorato e viaggiato insieme e per un po' resteranno su
quest'isola"
"Sono curiosa di vederli, fratellone! Sono tutti forti come te? E tu
quanto sei migliorato dall'ultima volta?"
Scoppiai a ridere "Sono certo che ti piaceranno un sacco"
E in effetti non mi sbagliavo: Kyoko adorò gli
altri membri della CP9 a prima vista e anche da parte loro ci fu subito
simpatia (soprattutto tra Milo e Jabura, che parvero
essere fatti l'uno per l'altro), mia madre per l'occasione decise di chiudere
la panetteria e farci accomodare tutti a casa.
"...e Sophie?" osai finalmente chiederle sottovoce.
"E' in casa ad aspettarti" mi posò una mano sulla spalla,
cercando d'infondermi un po' della sua sicurezza.
Chiusi gli occhi e sospirai: avrei dovuto essere pronto...avevo immaginato la
scena tante di quelle volte, eppure ero sicuro che sarei rimasto spiazzato
ugualmente.
Preparazione psicologica, vieni a mancare giusto nel momento del bisogno e
mi abbandoni inerme, senza difese di fronte all'inevitabile.
Sophie ebbe la stessa reazione di cinque anni prima: sgranò gli occhi
marroni osservandomi, il suo sguardo non conobbe gli altri e, dopo un attimo di
scombussolata esitazione, si gettò tra le mie braccia "Ti amo" mi
baciò profondamente, stringendomi il collo e lasciando che la stringessi
anch'io, trasmettendole tutto il mio calore "Ti amo anch'io"
Le sue labbra avevano lo stesso amorevole sapore di sempre e la strinsi
ancora più forte, fino a pensare di poterle fare del male.
"Insomma, dateci un taglio!" sbottò Milo "Non avrete mica
intenzione di farne un altro?"
Le nostre labbra si lasciarono lentamente, come se una vecchia certezza ci
avesse invasi da lontano, dopodiché notai una bambina che si nascondeva dietro
la porta della camera da letto. Calò il silenzio: Sophie mi sorrise dolcemente,
cercando probabilmente d'incoraggiarmi, poi m'inginocchiai e mi misi anch'io ad
osservare quella piccola persona che mi stava scrutando di nascosto.
"Io sono Kaku" cercai di dire con il
tono più affabile del mondo e allungai una mano.
Pian piano, la bambina prese coraggio e si fece avanti timorosa, stringendo
tra le braccia un buffo orsacchiotto rosa. Ne avevo visti di bambini, ma quella
era certamente la più bella del mondo: i suoi capelli erano color dell'oro e i
suoi occhi sembravano cioccolato fuso, per di più non c'era ombra dei miei
tratti squadrati sul suo volto, ma soltanto una carnagione bianca e dei
lineamenti gentili che la rendevano la copia esatta di Sophie. Me ne rallegrai.
"Papà?" si fermò ad un palmo da me e non seppi dire se per lo sguardo
che mi rivolse, o per il tono con cui me lo chiese, oppure per la parola in sé,
ma sentii il cuore balzarmi in petto.
Infatti riuscii solamente ad annuire debolmente, sentendomi gli sguardi di
tutti i presenti addosso "Ciao, Eleanor" sussurrai.
La piccola abbozzò un sorriso, ma invece di toccare la mia mano, fece
scivolare le minuscole dita sul mio naso "Dici un sacco di bugie,
papà?"
Non potei fare a meno di ridere e, dietro me, percepii anche altre risate
"Qualche volta" confessai.
A quel punto, Eleanor mostrò i primi dentini e mi abbracciò, felice come
una Pasqua: restai sorpreso da quel contatto, ma poi mi sciolsi anch'io,
trascinato dal suo amore infantile e facendole sentire il mio amore paterno ed
incondizionato.
Un attimo dopo, accanto a noi ci fu anche Sophie, suggellando
quell'abbraccio e ricordandomi che, ormai, di famiglie ne avevo due.
"Coraggio, ragazzi" ci riscosse mia madre, anche se avrei giurato
di vedere una lacrima sul suo volto "Sarete affamati, accomodatevi a
tavola"
Non seppi dire chi fosse più infantile tra mia sorella e mia figlia, le
quali si divertivano a giocare con la stramba capigliatura di Blueno e con la cerniera di Fukuro,
mentre Milo sghignazzava con Jabura, Califa conversava con Sophie e Kumadori
aiutava la mamma a servire le pietanze con tanto di grembiule casalingo.
Soltanto Rob Lucci se ne stava taciturno e in
disparte ma io sapevo che in fondo, ma proprio in fondo, un po' faceva piacere
anche a lui stare in nostra compagnia.
Fu una cena piacevole e divertente, nonostante le continue richieste di
parlare del nostro lavoro e del perché ci trovassimo tutti lì: mi sembrò di
essere tornato ai vecchi tempi, ma con la presenza di nuove, straordinarie
persone.
Quando tutto fu finito e i piatti lavati, io e Sophie andammo a mettere a
letto Eleanor "Si è fatto molto tardi, non è abituata" sorrise sua
madre, mentre osservava divertita il mio tenerla tra le braccia addormentata.
Adagiai con delicatezza il corpicino sul letto e, spegnendo la luce,
uscimmo dalla stanza "Ti ha amato dal primo momento" risuonarono
gradevoli le parole di Sophie ai miei timpani "L'hai conquistata con una
semplice risata, proprio come me"
Mi venne da sorridere, mentre entravamo nella nostra camera e la ragazza si
sedeva sul letto "Quanto mi sei mancata" la baciai con passione,
allungando le mani sulle sue cosce e lasciando che mi avvolgessero.
"Mi sei mancato anche tu" rispose al mo
tatto, offrendomi il collo e facendo sì che le mie labbra si posassero
fameliche anche lì.
Per qualche assurdo motivo, credevo che sarebbe stata intimorita dai
muscoli che avevo sviluppato durante l'addestramento, ma dovetti convincermi
del contrario: Sophie mi saltò letteralmente addosso, tastando quelle nuove
forme e spogliandomi più velocemente del dovuto.
E così mi gettai a capofitto tra le sue grazie, dimenticando il resto del
mondo per un istante, il lavoro, Water Seven, Cappello di Paglia, Enies Lobby, Roronoa Zoro, tutto
in un vorticoso turbine che si azzerò nella femminilità della mia donna...
"C'è una cosa che devo mostrarti" avvertii Sophie con tono serio.
Lei sorrise "Una cosa eccitante?"
Scoppiai a ridere "No, ma spero ti piaccia ugualmente" mi
sbottonai il colletto della camicia "Non spaventarti"
L'espressione della fanciulla si fece pensierosa, ma dopo che mi fui
trasformato trattenne a stento la sorpresa "Tesoro, cosa ti è
successo?"
Nel giro di un secondo, si era ritrovata di fronte un'enorme giraffa
imbarazzata "Beh..." dissi piano "E' stato un regalo del mio ex
capo. Ti piace?"
Sophie si portò le mani alla bocca, arrossendo lievemente, ma poi proruppe
in una sonora risata "Assolutamente sì!"
"Su, non ridere" fu il mio turno di arrossire "Piuttosto,
credi che ad Eleanor farà paura?"
Si portò un dito sotto il mento, ma continuò ad avere quell'adorabile sorriso
divertito "Possiamo fare un tentativo"
E infatti dopo lo sbalordimento iniziale, Eleanor si mostrò tutt'altro che
spaventata: anzi, volle subito salirmi in groppa e fare un giro sul suo nuovo
animaletto.
"Tieniti forte, tesoro" le suggerii con apprensione, al che la
bambina si aggrappò al mio dorso e fu ben felice di sfrecciare con me nella
zona immediatamente fuori casa.
Poi, improvvisamente, comparve mia madre con un bastone tra le mani e me lo
puntò contro con aria minacciosa "Lascia subito la piccola, brutto
giraffone!"
"Mamma, sono io!" cercai di scansare i suoi colpi evitando di
attaccarla, mentre Eleanor se la rideva, beata.
"Ora ti faccio vedere io, brutto..."
"Mamma!"
Quando finalmente mi riconobbe, erano già accorsi tutti gli altri e risero
di gusto in coro, facendomi arrossire ancora di più "Figliolo, perdonami,
non potevo immaginare!"
"Certo, mamma, certo"
"La gioia di ritrovarsi una giraffa come figlio" rise
sfacciatamente Jabura.
"E come padre!" lo seguì a ruota Milo.
I giorni trascorsero veloci e spaventosamente belli, così tanto da temere
di svegliarmi dal sogno da un momento all'altro; spesso io e Sophie ci
ritrovavamo a letto senza nulla di speciale da dirci, ma semplicemente a godere
l'uno della compagnia dell'altra, forse in questo modo avremmo compensato gli
anni in cui eravamo stati lontani; e quello era proprio uno di questi momenti,
una mattina in particolare, in cui nessuno dei due aveva voglia di alzarsi:
quando Sophie si decise a farlo, tra uno sbadiglio e l'altro, si avvicinò alla
finestra che dava sul porto e mi rivolse una domanda alquanto strana
"Tesoro, aspettavi visite?"
"Cosa?" feci distrattamente e, dopo che mi fui alzato anch'io, la
raggiunsi e le cinsi i fianchi.
"Cosa sono tutte quelle navi?" chiese ancora, con lo sguardo
stranito puntato fuori dalla finestra.
Tutt'a un tratto, anche i miei occhi si posarono sul panorama in
lontananza: sul mare si stagliavano bianche le vele di una larga moltitudine di
vascelli.
Le mie mani scivolarono dal corpo della donna, mentre un'espressione
sconvolta prese forma sul mio viso "Sophie..." riuscii a dire
debolmente "Chiama Lucci e gli altri...la battaglia non è ancora
finita" ©
Chiedo
scusa per il ritardo: questo capitolo ha richiesto un po’ di lavoro in più!
Spero vi sia piaciuto, anche se quando l’ho scritto mi sembrava più lungo xD avrete notato i riferimenti al capitolo in cui Kaku torna a Kodama dopo qualche
mese dall’addestramento, e il rapporto di complicità che si è creato tra Milo e
Jabura.
Non
amo molto il fluff, ma che ci volete fare, l’aria natalizia contagia proprio
tutti! Buon Natale J