Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Gelidha Oleron    22/12/2012    1 recensioni
Ventitré come i miei anni.
Ventitré come le stagioni in cui ero stato lontano dalla mia Sophie.
Ventitré come i passi che feci per raggiungere l'indegno.
Ventitré come i secondi che mi separavano dalla morte.
(CP9: KAKU.)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaku
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Poco a poco, si fece strada dentro me la lontana idea di tornare a casa. Idea che fino ad allora era stata utopica, sbiadita, ma allo stesso tempo tanto desiderata: quante volte avevo immaginato di rimettere piede al porto di Kodama, quante volte avevo fantasticato sulla sorpresa che avrebbe avuto la mia famiglia nel vedermi arrivare.

Loro, loro che non sapevano nemmeno dove diavolo ero stato duranti quei cinque lunghi anni, loro che avevano solo una piccola percezione del mio ruolo all'interno del governo mondiale, loro ai quali mi ero vietato di pensare, perché se vuoi essere un esperto membro di un'organizzazione segreta non devi avere né passato né scrupoli a tormentarti.

E forse ero proprio diventato un killer spietato, forse non mi avrebbero neanche riconosciuto, forse chiudere in un cassetto i ricordi fa sì che quando li riapri ti cadano addosso in modo così violento da seppellirti sotto il loro peso...

Ma quando scoprimmo che Kodama era vicina, decidemmo subito di dirigerci lì: non ci pensai due volte a fiondarmi a casa, ormai rappresentava una sorta di meritato riposo dopo un lavoro che mi era sembrato ininterrotto.

Così, dopo qualche giorno di navigazione, raggiungemmo finalmente il paradiso: non mi sembrava vero...era davvero giunto il momento di ricongiungermi con la mia terra.

Ricordati di Kodama in festa, del porto addobbato e delle grandi imbarcazioni che sovrastavano regine tutte le altre, del vento fresco e dell'inconfondibile profumo del pane appena sfornato...sogno o son desto?

Non appena sbarcammo, prendemmo immediatamente a camminare per le vie della città e tutto mi parve proprio come l'avevo lasciato: i ladri travestiti da imprenditori, la villa del sindaco, la chiesa centrale, le casette a schiera...le casette a schiera.

Mentre i miei colleghi si guardavano ancora attorno, balzai come un felino sul tetto rosso di un'abitazione "Giraffone!" mi chiamò Jabura dal basso "Ti sembra il momento di fare stronzate?"

Il vento cercò di portarmi via il cappello "Sì" mormorai assorto, godendomi lo spettacolo da sogno che si poteva ammirare da lassù "Questo è proprio il momento adatto per le stronzate"

"Oi oi Jabura! Ricordati che Kaku non vede il suo villaggio da cinque anni!"

"E allora? Anch'io non vedevo l'isola in cui mi ero allenato da tanto tempo, eppure non ho fatto tutte queste moine, quando..."

L'aria e i gabbiani che mi sfrecciavano accanto mi fecero perdere le parole dell'uomo-lupo, ma non le rimpiangevo: in un istante ero tornato un diciassettenne, ero libero, libero come un gabbiano in volo e non vedevo l'ora di saltare sempre più in alto, sempre più in alto come il vento di montagna...

Eccola, era tornata quell'aria familiare a dare adito ai miei polmoni, il tempo non era mai passato, ero lì come lo ero sempre stato anche quand'ero lontano e quei tetti li cercavo nei tetti di Water Seven, speranza insistente messa a tacere dal senso del dovere e dall'imposizione personale.

Sorvolai la piazza, il parco, la vecchia scuola, il centro storico, per poi distinguere l'invitante profumo della panetteria. Fermai i miei salti e feci un respiro profondo: ci siamo.

Con cautela, scesi dal tetto sotto gli sguardi sorpresi dei passanti che solo in quel momento cominciarono a capire chi fossi, dopodiché entrai nel negozio senza troppe cerimonie.

E i nostri cuori persero tre battiti, mentre ci guardavamo negli occhi e pian piano ci riconoscevamo...

Diversi panini caddero rovinosamente a terra, sfuggiti alla presa di mia madre divenuta improvvisamente nulla, e svariate monete li raggiunsero subito dopo, quando anche mia sorella si fu accorta del mio ingresso.

"KAKU!" tuonarono entrambe, dimenticandosi completamente dei clienti e correndo ad abbracciarmi, quasi travolgendomi.

"Oh, mio Dio!" pianse mia madre "Sei davvero tu?"

"Fratellone!" anche Kyoko mi bagnò la felpa "Sapevo che saresti tornato!"

Cercai di reprimere le lacrime e mi sforzai invece di ridere, ridere a crepapelle per quell'affetto ritrovato "Sono felice di vedere che state bene" il periodo trascorso nella CP9 mi aveva insegnato a controllare le mie emozioni "Kyoko! Sorellina, quanto sei cresciuta!" 

La sedicenne fece una giravolta, sorridendo soddisfatta "Però gli insetti sono sempre il mio piatto preferito!"

"Questa volta sei tornato per restare, spero" esclamò mia madre, asciugandosi gli occhi lucidi.

"Mamma, ho portato gli strumenti di legno che mi avevi..." la voce alle nostre spalle si bloccò, inghiottita, strangolata non appena tutti e tre ci voltammo verso la porta. I clienti erano tutti usciti, soltanto un ragazzo più giovane di me di qualche anno e che mi assomigliava terribilmente si era appena pentito di aver attirato la nostra attenzione. 

"Milo..." mormorai con un filo di voce.

"Kaku..." fece lui di rimando, abbassando lo sguardo.

Mia madre mi diede una gomitata, così mi avvicinai a mio fratello e, ormai senza più riserva, lo strinsi in un forte abbraccio e a quel punto, malgrado gli sforzi da professionista, l'acqua non ne volle sapere di restare nei condotti lacrimali "Mi sei mancato, coglione!"

"Anche tu!" riuscii a sentire un certo tremolio anche nella sua voce "Ma resterai sempre un presuntuoso del cavolo, sapu-Kaku!"

In un istante, anche Kyoko e la mamma furono accanto a noi e completammo il quadro di una famiglia che per troppo tempo era stata separata: il mio sogno più ricorrente, era ormai tornato ad essere la semplice, naturale e meravigliosa realtà.

E il mio cuore rischiava di esplodere dal petto, troppe volte l'avevo incatenato e costretto ad eseguire gli ordini del suo intransigente e severo proprietario. Ora, finalmente, poteva considerarsi di nuovo libero: libero di sprizzare nuova linfa vitale, libero di non avere più segreti e misteri da nascondere.

Ci vedi, papà, da lassù? 

"Dovete conoscere i miei amici" dissi con entusiasmo "Abbiamo lavorato e viaggiato insieme e per un po' resteranno su quest'isola"

"Sono curiosa di vederli, fratellone! Sono tutti forti come te? E tu quanto sei migliorato dall'ultima volta?"

Scoppiai a ridere "Sono certo che ti piaceranno un sacco"

E in effetti non mi sbagliavo: Kyoko adorò gli altri membri della CP9 a prima vista e anche da parte loro ci fu subito simpatia (soprattutto tra Milo e Jabura, che parvero essere fatti l'uno per l'altro), mia madre per l'occasione decise di chiudere la panetteria e farci accomodare tutti a casa.

"...e Sophie?" osai finalmente chiederle sottovoce.

"E' in casa ad aspettarti" mi posò una mano sulla spalla, cercando d'infondermi un po' della sua sicurezza.

Chiusi gli occhi e sospirai: avrei dovuto essere pronto...avevo immaginato la scena tante di quelle volte, eppure ero sicuro che sarei rimasto spiazzato ugualmente.

Preparazione psicologica, vieni a mancare giusto nel momento del bisogno e mi abbandoni inerme, senza difese di fronte all'inevitabile.

Sophie ebbe la stessa reazione di cinque anni prima: sgranò gli occhi marroni osservandomi, il suo sguardo non conobbe gli altri e, dopo un attimo di scombussolata esitazione, si gettò tra le mie braccia "Ti amo" mi baciò profondamente, stringendomi il collo e lasciando che la stringessi anch'io, trasmettendole tutto il mio calore "Ti amo anch'io"

Le sue labbra avevano lo stesso amorevole sapore di sempre e la strinsi ancora più forte, fino a pensare di poterle fare del male.

"Insomma, dateci un taglio!" sbottò Milo "Non avrete mica intenzione di farne un altro?"

Le nostre labbra si lasciarono lentamente, come se una vecchia certezza ci avesse invasi da lontano, dopodiché notai una bambina che si nascondeva dietro la porta della camera da letto. Calò il silenzio: Sophie mi sorrise dolcemente, cercando probabilmente d'incoraggiarmi, poi m'inginocchiai e mi misi anch'io ad osservare quella piccola persona che mi stava scrutando di nascosto.

"Io sono Kaku" cercai di dire con il tono più affabile del mondo e allungai una mano.

Pian piano, la bambina prese coraggio e si fece avanti timorosa, stringendo tra le braccia un buffo orsacchiotto rosa. Ne avevo visti di bambini, ma quella era certamente la più bella del mondo: i suoi capelli erano color dell'oro e i suoi occhi sembravano cioccolato fuso, per di più non c'era ombra dei miei tratti squadrati sul suo volto, ma soltanto una carnagione bianca e dei lineamenti gentili che la rendevano la copia esatta di Sophie. Me ne rallegrai.

"Papà?" si fermò ad un palmo da me e non seppi dire se per lo sguardo che mi rivolse, o per il tono con cui me lo chiese, oppure per la parola in sé, ma sentii il cuore balzarmi in petto.

Infatti riuscii solamente ad annuire debolmente, sentendomi gli sguardi di tutti i presenti addosso "Ciao, Eleanor" sussurrai.

La piccola abbozzò un sorriso, ma invece di toccare la mia mano, fece scivolare le minuscole dita sul mio naso "Dici un sacco di bugie, papà?"

Non potei fare a meno di ridere e, dietro me, percepii anche altre risate "Qualche volta" confessai.

A quel punto, Eleanor mostrò i primi dentini e mi abbracciò, felice come una Pasqua: restai sorpreso da quel contatto, ma poi mi sciolsi anch'io, trascinato dal suo amore infantile e facendole sentire il mio amore paterno ed incondizionato.

Un attimo dopo, accanto a noi ci fu anche Sophie, suggellando quell'abbraccio e ricordandomi che, ormai, di famiglie ne avevo due.

"Coraggio, ragazzi" ci riscosse mia madre, anche se avrei giurato di vedere una lacrima sul suo volto "Sarete affamati, accomodatevi a tavola"

Non seppi dire chi fosse più infantile tra mia sorella e mia figlia, le quali si divertivano a giocare con la stramba capigliatura di Blueno e con la cerniera di Fukuro, mentre Milo sghignazzava con Jabura, Califa conversava con Sophie e Kumadori aiutava la mamma a servire le pietanze con tanto di grembiule casalingo.

Soltanto Rob Lucci se ne stava taciturno e in disparte ma io sapevo che in fondo, ma proprio in fondo, un po' faceva piacere anche a lui stare in nostra compagnia.

Fu una cena piacevole e divertente, nonostante le continue richieste di parlare del nostro lavoro e del perché ci trovassimo tutti lì: mi sembrò di essere tornato ai vecchi tempi, ma con la presenza di nuove, straordinarie persone.

Quando tutto fu finito e i piatti lavati, io e Sophie andammo a mettere a letto Eleanor "Si è fatto molto tardi, non è abituata" sorrise sua madre, mentre osservava divertita il mio tenerla tra le braccia addormentata.

Adagiai con delicatezza il corpicino sul letto e, spegnendo la luce, uscimmo dalla stanza "Ti ha amato dal primo momento" risuonarono gradevoli le parole di Sophie ai miei timpani "L'hai conquistata con una semplice risata, proprio come me"

Mi venne da sorridere, mentre entravamo nella nostra camera e la ragazza si sedeva sul letto "Quanto mi sei mancata" la baciai con passione, allungando le mani sulle sue cosce e lasciando che mi avvolgessero.

"Mi sei mancato anche tu" rispose al mo tatto, offrendomi il collo e facendo sì che le mie labbra si posassero fameliche anche lì.

Per qualche assurdo motivo, credevo che sarebbe stata intimorita dai muscoli che avevo sviluppato durante l'addestramento, ma dovetti convincermi del contrario: Sophie mi saltò letteralmente addosso, tastando quelle nuove forme e spogliandomi più velocemente del dovuto.

E così mi gettai a capofitto tra le sue grazie, dimenticando il resto del mondo per un istante, il lavoro, Water Seven, Cappello di Paglia, Enies Lobby, Roronoa Zoro, tutto in un vorticoso turbine che si azzerò nella femminilità della mia donna...

 

 

 

 

"C'è una cosa che devo mostrarti" avvertii Sophie con tono serio.

Lei sorrise "Una cosa eccitante?"

Scoppiai a ridere "No, ma spero ti piaccia ugualmente" mi sbottonai il colletto della camicia "Non spaventarti"

L'espressione della fanciulla si fece pensierosa, ma dopo che mi fui trasformato trattenne a stento la sorpresa "Tesoro, cosa ti è successo?"

Nel giro di un secondo, si era ritrovata di fronte un'enorme giraffa imbarazzata "Beh..." dissi piano "E' stato un regalo del mio ex capo. Ti piace?"

Sophie si portò le mani alla bocca, arrossendo lievemente, ma poi proruppe in una sonora risata "Assolutamente sì!"

"Su, non ridere" fu il mio turno di arrossire "Piuttosto, credi che ad Eleanor farà paura?"

Si portò un dito sotto il mento, ma continuò ad avere quell'adorabile sorriso divertito "Possiamo fare un tentativo"

E infatti dopo lo sbalordimento iniziale, Eleanor si mostrò tutt'altro che spaventata: anzi, volle subito salirmi in groppa e fare un giro sul suo nuovo animaletto.

"Tieniti forte, tesoro" le suggerii con apprensione, al che la bambina si aggrappò al mio dorso e fu ben felice di sfrecciare con me nella zona immediatamente fuori casa.

Poi, improvvisamente, comparve mia madre con un bastone tra le mani e me lo puntò contro con aria minacciosa "Lascia subito la piccola, brutto giraffone!"

"Mamma, sono io!" cercai di scansare i suoi colpi evitando di attaccarla, mentre Eleanor se la rideva, beata.

"Ora ti faccio vedere io, brutto..."

"Mamma!"

Quando finalmente mi riconobbe, erano già accorsi tutti gli altri e risero di gusto in coro, facendomi arrossire ancora di più "Figliolo, perdonami, non potevo immaginare!"

"Certo, mamma, certo"

"La gioia di ritrovarsi una giraffa come figlio" rise sfacciatamente Jabura.

"E come padre!" lo seguì a ruota Milo.

I giorni trascorsero veloci e spaventosamente belli, così tanto da temere di svegliarmi dal sogno da un momento all'altro; spesso io e Sophie ci ritrovavamo a letto senza nulla di speciale da dirci, ma semplicemente a godere l'uno della compagnia dell'altra, forse in questo modo avremmo compensato gli anni in cui eravamo stati lontani; e quello era proprio uno di questi momenti, una mattina in particolare, in cui nessuno dei due aveva voglia di alzarsi: quando Sophie si decise a farlo, tra uno sbadiglio e l'altro, si avvicinò alla finestra che dava sul porto e mi rivolse una domanda alquanto strana "Tesoro, aspettavi visite?"

"Cosa?" feci distrattamente e, dopo che mi fui alzato anch'io, la raggiunsi e le cinsi i fianchi.

"Cosa sono tutte quelle navi?" chiese ancora, con lo sguardo stranito puntato fuori dalla finestra.

Tutt'a un tratto, anche i miei occhi si posarono sul panorama in lontananza: sul mare si stagliavano bianche le vele di una larga moltitudine di vascelli.

Le mie mani scivolarono dal corpo della donna, mentre un'espressione sconvolta prese forma sul mio viso "Sophie..." riuscii a dire debolmente "Chiama Lucci e gli altri...la battaglia non è ancora finita" ©

 

 

 

Chiedo scusa per il ritardo: questo capitolo ha richiesto un po’ di lavoro in più! Spero vi sia piaciuto, anche se quando l’ho scritto mi sembrava più lungo xD avrete notato i riferimenti al capitolo in cui Kaku torna a Kodama dopo qualche mese dall’addestramento, e il rapporto di complicità che si è creato tra Milo e Jabura.

Non amo molto il fluff, ma che ci volete fare, l’aria natalizia contagia proprio tutti! Buon Natale J

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Gelidha Oleron