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Autore: spongebobina    09/07/2007    5 recensioni
Un luogo può nascondere ben altro da ciò che sembra all'apparenza...
Josephine lo proverà sulla sua pelle quando una sera, durante un temporale, entrerà in quello che credeva un bosco "normale", rendendosi conto di quanto poco conosca quel posto e di quante insidie esso nasconda...
LA MIA PRIMA STORIA...VI PREGO COMMENTATE E CRITICATE SE CE N'E' BISOGNO!! LASCIATE TANTE RECENSIONI, VOGLIO SAPERE CIO' CHE PENSATE PER MIGLIORARE!! GRAZIE MILLE!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1

1. COSA ACCADDE DURANTE IL TEMPORALE

L

e grosse nubi temporalesche e ricche di pioggia che avevano iniziato ad ammassarsi, nere e viola, già da quella mattina, stavano dando il meglio di loro.

In una casa in pietra ai margini di un boschetto, una ragazza era distesa sul letto nella sua camera mentre leggeva un libro il cui titolo diceva Le grandi avventure nei mari del Sud di Sir Gahna.

Un lampo illuminò a giorno la stanza, rischiarata solamente dalla fioca luce di una candela posta sul comodino, e il tuono che seguì fu così forte che sembrava dovesse spaccare il cielo da un momento all’altro.

Josephine non vi badò, tanto era presa dal suo libro (che era il suo preferito. Lo adorava perché sognava anche lei un giorno di avere delle avventure come quelle di Sir Gahna, che viaggiava a bordo di un bellissimo veliero, incontrando la gente più strana, e visitando posti esotici e lontani). Non vi badò più di tanto anche perchè adorava il temporale, trovando in esso rumori rilassanti: la pioggia che batteva contro i vetri della sua camera, una finestra delle stanze del piano di sotto che sbatteva a causa del vento e il rombo di qualche tuono lontano.

Mentre Josephine sfogliava una delle ultime pagine, qualcosa echeggiò nell’aria fresca della pioggia, un rumore che in realtà non aveva niente a che fare con i classici suoni del temporale: un grido, o almeno così le era parso, flebile e lontano.

La ragazza alzò gli occhi dal libro. Tese le orecchie, trattenendo il respiro, nella ricerca di qualche altro rumore. Ma l’unico era la pioggia che continuava a frustare le finestre.

Corrugando la fronte, ritornò alla sua lettura.

Un altro minuto e rieccolo di nuovo, adesso più forte e acuto di prima.

Questa volta Josephine ne era sicura: quel grido non era frutto della sua immaginazione.

Chiuse il libro e si mise a sedere.

Prese in mano la candela, uscì dalla stanza e scese le scale di legno che portavano al piano di sotto. Prese una torcia elettrica e uscì di casa.

Fuori la luce sembrava scomparsa del tutto, tanto che non sembravano le tre del pomeriggio, ma già il crepuscolo.

Puntò la luce davanti a lei, ma nel giardino non c’era nessuno. Magari si era confusa, forse non era un grido, ma il miagolio di un gatto impaurito.

Tuttavia per essere più sicura, decise di andare a dare un’occhiata vicino al boschetto, così rientrò e andò in cucina, dove si trovava una porta secondaria che dava direttamente sul bosco.

La cortina fumosa creata dalla pioggia battente era talmente fitta che non si riuscivano neanche a distinguere le sagome dei maestosi alberi secolari.

I suoi grandi occhi castani scrutavano nell’oscurità: niente.

La pioggia batteva con tutta la sua violenza sulla grancassa che era il bosco e anche riuscire a distinguere un rumore sarebbe stato impossibile.

Fu proprio nel momento in cui stava per rientrare in casa che Josephine vide qualcosa, e per poco il cuore non le scoppiò nel petto per la paura.

Un lampo illuminò il panorama, e in quei pochi secondi che il cielo si era rischiarato la vide: una donna.

Alta (sicuramente più del normale) e magra, i capelli neri, lisci e lunghi mettevano in risalto il viso bianco come la porcellana (per non dire come la morte, che penso sia più appropriato!).

Indosso aveva un vestito chiaro dal quale si intravedevano le perfette forme del suo corpo. Era lungo fino ai piedi, ma lasciava scoperte le braccia bianchissime.

Una mano della donna era tesa verso Josephine come per chiederle aiuto.

Poi tutto venne riavvolto nell’oscurità.

Josephine rimase immobile, incapace di pensare e agire. Non fu tanto quella donna a spaventarla, quanto i suoi occhi color del ghiaccio: stupendi e terribilmente spaventosi allo stesso tempo. Uno sguardo fisso ed enigmatico, che anche a tutta quella distanza, era riuscito a incuterle un terrore vivo, mai provato in vita sua: l’aveva fatta sentire debole e impotente, scaraventata in un profondo oblio, ma soprattutto, che l’aveva fatta sentire

(cos’era quell’altra sensazione?)

quasi morta.

Il rombo del tuono la ridestò.

Il cuore ritornò alla sua normale velocità, e il cervello riprese a lavorare.

“Ma che cosa…?”.

La sua mente si sdoppiò. “Era un fantasma?” si domandò la prima parte. “Josephine cosa stai dicendo? I fantasmi non esistono.” Rispose la seconda, quella razionale. “Ma allora cos’era? Magari solo un illusione ottica…” e mentre pensava ciò accadde una cosa strana: le sue gambe cominciarono a muoversi, ma quest’azione non venne comandata dal suo cervello. Sembrava piuttosto una di quelle bambole che camminano attraverso l’impulso di un telecomando. Era come se qualcuno, proprio come una marionetta, la muovesse verso quella macchia nera e informe che era il bosco. Gli occhi inespressivi, proprio come quelli di una bambola di porcellana, guardavano davanti senza realmente osservare le cose.

La pioggia battente le appiccicò il maglione di lana addosso, una sensazione che lei odiava. Eppure non si accorse di nulla.

Come non si accorse della pioggia che le cadeva copiosa sul viso, infradiciandole i capelli castani.

Uscì dal cancello e attraversò il piccolo sentiero acciottolato che separava la sua casa dal bosco. Il terreno cominciò a salire, e le pietre vennero sostituite da soffice erba.

Molto, ma molto lentamente, come se avesse pesanti macigni sulle braccia, puntò la torcia nel luogo dove un attimo prima era apparsa la donna.

Non sapeva cosa aspettarsi, ma ebbe un tuffo al cuore

(di sollievo o dispiacere?)

quando vide che non c’era più, svanita nel nulla, così come era comparsa.

Josephine non si fermò ed entrò nel bosco, la pioggia era diminuita perché attutita dalle grandi chiome degli alberi.

I piedi nudi si inoltravano sul terreno insidioso, coperto di fango e foglie che nascondevano radici e arbusti che facevano inciampare la ragazza.

Lei, però, sembrava non curarsene minimamente, si rialzava e continuava a camminare, senza alcun lamento, come se nulla fosse. E altre molte volte cascò e si rialzò.

C’era un silenzio irreale in quel bosco, non un solo rumore, né qualche verso di animali notturni. Niente.

Ma Josephine sembrava non capacitarsene.

La pioggia era cessata del tutto e i tuoni si erano ridotti a rumori ovattati in lontananza.

Fu all’ora che la ragazza si ridestò, come se si fosse appena svegliata da un sogno, e gli occhi riacquistarono la loro naturale lucidità.

Si guardò intorno e capì di essersi addentrata troppo.

Si era persa.

“E adesso che faccio?”

Davanti a lei aveva tre scelte: ritornare indietro, andare avanti o rimanere lì fino a che qualcuno non fosse passato.

Lo sconforto la investì ancora di più quando apprese che tutte le possibilità erano da bocciare.

Non poteva tornare indietro, non sapeva neanche come ci era arrivata laggiù.

E come poteva andare avanti? Punti di riferimento neanche a parlarne. Avrebbe solo peggiorato la situazione.

Aspettare qualcuno? E a quale matto sarebbe venuta in mente l’idea di passare da quelle parti? Sarebbe rimasta lì, immobile, per tutta la sua vita nella futile attesa.

Si tolse il maglione di lana, infastidita dal prurito che le arrecava, e il freddo la investì in pieno.

Voleva mettersi a piangere, e dopotutto come biasimarla? Era da sola, infreddolita e fradicia dalla testa ai piedi, in un posto sperduto per giunta.

Non si fece vincere dalle emozioni tuttavia, si accovacciò e iniziò a pensare cosa fare.

Fu in quel momento che sentì uno strano rumore, come quello di un legno che si spezza, ma molto più forte e acuto.

Josephine si era voltata appena in tempo per vedere un grosso pino, sorpassato un attimo prima, che le veniva incontro.

Si rialzò frettolosamente ma fece un solo passo prima che l’albero la colpisse lo stesso.

Cadde a terra dolorante e poi divenne tutto buio.

 

 

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L'autrice scrive...........

 

QUESTO È IL PRIMO CAPITOLO DELLA MIA STORIA. PRESTO METTERÒ ANCHE IL SEGUITO, CHE STO RIGUARDANDO E RICORREGGENDO.

SPERO CHE INTANTO, ALMENO L’INIZIO VI SIA PIACIUTO E CHE LA FINE DI QUESTO CAPITOLO VI ABBIA INTRIGATI A LEGGERE IL SEGUITO!

INTANTO ASPETTO LE VOSTRE RECENSIONI, NON CI VUOLE MOLTO TEMPO PER LASCIARE COMMENTI, QUINDI FATELO!!!

GRAZIE MILLE, AL PROSSIMO CAPITOLO!!!

 

  
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