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Autore: spongebobina    20/07/2007    1 recensioni
Un luogo può nascondere ben altro da ciò che sembra all'apparenza...
Josephine lo proverà sulla sua pelle quando una sera, durante un temporale, entrerà in quello che credeva un bosco "normale", rendendosi conto di quanto poco conosca quel posto e di quante insidie esso nasconda...
LA MIA PRIMA STORIA...VI PREGO COMMENTATE E CRITICATE SE CE N'E' BISOGNO!! LASCIATE TANTE RECENSIONI, VOGLIO SAPERE CIO' CHE PENSATE PER MIGLIORARE!! GRAZIE MILLE!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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2. UNO STRANO RISVEGLIO

D

elle voci parlavano indistinte lontano pronunciando parole che Josephine sentiva a malapena.

- Non può rimanere qui… - sentì quasi come un sussurro.

- Ma non possiamo neanche portarla indietro…per ora deve restare…deve curarsi…

Le voci erano ovattate, come ovattato era il rumore dello scoppiettio di un fuoco che bruciava in un camino poco distante.

Aprì lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per mettere a fuoco la vista.

Aveva un terribile mal di testa, e toccandosela con una mano scoprì di avercela completamente fasciata, come anche il braccio destro.

Si guardò intorno.

La stanza in cui si trovava era piccola e accogliente, con pareti di pietra marrone.

Una di esse era occupata da una grande libreria piena di libri fino a scoppiare (piccoli, grandi, vecchi e nuovi, con copertine colorate o nere come la notte). Su un’altra parete vi erano appesi dei quadri raffiguranti paesaggi stupendi: boschi, lunghe distese erbose, montagne, colline e uno (che diventò presto il suo preferito) con l’immagine di una nave che filava su un mare liscio come l’olio, la prua color argento e le vele bianche con il disegno di un sole dorato e la sagoma di un unicorno nero al centro.

Dall’altra parte della stanza c’erano due porte, una che portava nelle camere da letto e l’altra nella cucina, dove stavano parlando i tre sconosciuti, a porta leggermente socchiusa. In mezzo alla sala c’era un grande tavolo di legno con intorno quattro sedie dello stesso materiale, e sopra di esso un bel vaso di camelie rosa e bianche fresche, il cui profumo inondava tutta la stanza.

Josephine era distesa su una materasso morbidissimo, posto in un angolo della stanza il più vicino al camino. Accanto a lei c’era un piccolo mobiletto in legno che serviva da comodino. Sopra c’erano un bicchiere e un paio di bottigliette, una dal contenuto color lampone, e un’altra dal contenuto bianco come il latte.

Cercò di alzarsi, ma non riuscì a muovere la gamba destra, probabilmente anch’essa ferita “o peggio, rotta” come pensò la ragazza.

I borbottii in lontananza si spensero, e Josephine sentì un rumore di passi venire dalla sua parte. La porta della cucina si aprì e Josephine vide una donna sbucare sulla soglia.

Il viso rotondeggiante e roseo era incorniciato da lunghi capelli lisci color rosso rubino raccolti sulla nuca in un elegante chignon, gli occhi erano grandi e di un bel verde smeraldo.

Josephine rimase colpita dal suo vestito. Arrivava fino ai piedi e aveva maniche lunghe. Era semplice nel complesso, niente disegni e merletti, di un bel verde bottiglia, stretto in vita da una cintura marrone, però non aveva mai visto in vita sua una persona che vestisse in quel modo alquanto bizzarro.

- Oh, siano ringraziati gli dèi. Sei sveglia finalmente! Presto ragazze, venite, la nostra ospite si è svegliata – disse voltandosi verso la cucina.

Josephine vide altre due figure sbucare da dietro la donna.

Una (senz’altro la più bella e anche la più giovane tra le tre) aveva lunghi capelli lisci biondi che arrivavano a metà schiena e occhi color del mare, l’altra, invece, aveva capelli riccioli castano scuro lunghi fino alle spalle e occhi dello stesso colore. Lei, invece, doveva essere la più anziana, almeno da quello che potevano confermare le rughe nel viso.

“Ma dove sono finita? Nel posto dei vestiti stravaganti?”

Proprio come per la prima donna, Josephine rimase colpita nuovamente solo dai vestiti.

“Ma come sono vestite?” si domandò, ripensando ai blu jeans, alle t-shirt e alle scarpe da ginnastica che solitamente portava.

Anche la donna con i capelli riccioli, proprio come l’altra, portava un vestito lungo. Questo a differenza del primo, però, era color porpora, con degli ornamenti dorati intorno alla fine della manica. Non portava cinture.

La ragazza bionda, invece, aveva un paio di pantaloni aderenti infilati in un paio di stivali alti fino al ginocchio, e un maglione largo, stretto sui fianchi da una cintura di pelle. Tutto rigorosamente nero.

Josephine la osservò. Era davvero bellissima e a occhio e croce doveva avere circa la sua età. Era alta e snella, la pelle del viso chiara e tendente al rosa sugli zigomi.

Gli occhi azzurri, però, erano fissi e severi, che non promettevano nulla di buono, e Josephine fu costretta a distogliere presto lo sguardo.

- Finalmente! Come ti senti? – domandò la donna con i capelli riccioli.

- Ho avuto giorni migliori. – rispose sforzandosi di sorridere.

- Non ne dubito. – disse sorridendo la prima donna che le aveva parlato.

- Da quanto tempo sono qui? – domandò Josephine.

Le si avvicinarono.

– Sono due settimane che dormi ininterrottamente. Non davi accenni né di miglioramento né di peggioramento. - rispose quella con i capelli riccioli e mentre lo diceva sollevò delicatamente la testa della ragazza e le fece bere il liquido color lampone. Era in assoluto la cosa più buona che avesse mai assaggiato. Dolce come il miele, dissetante come l’acqua e caldo come un tè bollente. La ragazza, non se ne stupì, si sentì subito molto meglio, ma la testa continuava a farle male.

- Non mi ricordo niente. – disse Josephine, con un tono come per scusarsi.

- Non ti devi preoccupare, – disse quella con i capelli rossi come se avesse captato il disagio della ragazza – è più che normale con la botta che hai preso...

- Devi ringraziare gli déi se sei ancora viva. – la ragazza bionda finalmente parlò, il tono duro, esattamente come i suoi occhi profondi.

Josephine non capiva proprio.

Perché mai la guardava in quel modo? E parlava in quel modo? Con quel tono così aspro? Come se fosse stata colpa sua se quell’albero le fosse caduto addosso!

Nessuno disse niente a questa affermazione, ma Josephine notò che la donna con i capelli riccioli aveva mandato all’altra un occhiata furente.

- Abbiamo cercato di fare il possibile, – proruppe quella con i capelli rossi frettolosamente, per allentare la situazione carica di tensione – ti abbiamo bendato e steccato la gamba. Ma hai riportato anche diverse ferite, e specialmente non abbiamo gli strumenti adatti in caso di fratture o cose simili. Però non ti devi preoccupare, -aggiunse vedendo l’espressione cupa di Josephine – abbiamo provveduto di già a chiamare il Vecchio. Vedrai, saprà curarti bene e tempo qualche settimana potrai tornare a casa tua.

Quella bionda soffocò uno sbuffo in un colpo di tosse.

– Hai qualcosa da dire Fedora?

– Si, Ofelia (era il nome della donna con i capelli riccioli), in effetti ho qualcosa da dire. – era appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate, e guardava l’altra con una certa aria da sufficienza, come di chi la sa lunga su qualcosa. - Mi fate davvero ridere con tutto quest’ottimismo, lo sapete?

- Fedora, ne abbiamo già parlato… - Ofelia cominciava a perdere la pazienza, glielo si leggeva chiaramente in faccia e dalle mani che si stringevano sempre di più in pugni.

- Ofelia cara, - disse l’altra con un sorriso di scherno – sei la più anziana tra di noi, ma quanto a saggezza lasci proprio desiderare… E tu Drusilla, smettila di diffondere false speranza nella gente e di vedere del buono laddove non esiste: mi disgusta questa cosa.

Drusilla, la donna dai capelli rossi, emise un gemito di paura portandosi al contempo una mano sulle labbra. Era una donna molto sensibile, che cercava con i suoi modi calmi e pacifici, di risolvere sempre tutto. E proprio come aveva detto Fedora, riusciva a vedere del buono dappertutto, addirittura anche nei sassi (così le diceva l’altra per prenderla in giro).

L’affermazione di Fedora la lasciò impietrita, e se Josephine l’avesse conosciuta meglio, avrebbe giurato che in quel momento si stava astenendo dal piangere, trattenendo con tutte le sue forze le lacrime, unicamente per la presenza di un estraneo.

- Fedora, stai esagerano!! – Ofelia iniziava ad alzare la voce.

- Mi disgusta la vostra convinzione ottusa, – continuò Fedora, incurante di quello che le era stato appena detto – la convinzione che lei è morta, quando non lo è affatto…

- E a te chi ti da la certezza che non sia realmente morta? – la interruppe Ofelia. – L’hai vista per caso? È risorta dalle sue ceneri come le fenici? L’HAI VISTA?  – urlò.

Josephine sobbalzò leggermente, Fedora, contrariamente, ostentava il suo sorriso di scherno.

- E SMETTILA DI SORRIDERE E AVERE QUELL’ARIA DA CHI SA TUTTO!!!

Il sorriso di Fedora svanì, lasciando posto a uno sguardo duro e  pieno di rancore.

- Tu, invece, hai visto il suo corpo, immagino. – rispose invece con tutta calma. – Non prendermi in giro Ofelia, e non prendere in giro nemmeno te stessa! Ricordi bene quello che fece quando era al comando, le stragi che fece solo per dissetare la sua sete di potere. Ricordi bene la sua potenza e la sua forza. Un essere del genere non può essere di sicuro morto.

- Ah no? E come pensi possa essere uccisa?

- Non stiamo facendo congetture per combatterla, Ofelia. Ti sto solo chiedendo di aprire definitivamente gli occhi.

- I miei occhi sono ben aperti, Fedora! – alzò la voce.

Fedora rise di gusto. - Non vedresti un problema neanche se ti ballasse davanti!

- Cento anni di silenzio non ti hanno detto nulla? Se fosse stata ancora viva, secondo te avrebbe aspettato cento anni? A che scopo???

- Ti dico io cosa mi dicono cento anni di silenzio: tornerà, e sarà più potente di prima.

Le labbra di Ofelia si incresparono in un sorriso, questa volta rise lei di gusto.

Fedora divenne rossa. Sembrava una teiera in abolizione, e Josephine sapeva che stava per scoppiare. Le nocche delle mani stringevano le braccia conserte fino a diventare bianche.

- Mi deludi Ofelia! – il tono, invece, era nuovamente e stranamente calmo. – Mi deludi fortemente!

Non aggiunse altro, prese il mantello e uscì sbattendosi la porta alle spalle facendo tremare i quadri sulla parete.

Ofelia sbuffò, socchiudendo un secondo gli occhi. Drusilla invece, rimase a fissare la porta. Josephine voleva solamente sprofondare nelle viscere delle terra.

- Ti prego di scusarci, - Ofelia ruppe quel silenzio riempito solo dai crepitii del fuoco - siamo proprio delle maleducate. Non devi sentirti in imbarazzo. Spetta a noi.

Josephine scosse il capo: - non è nulla, sul serio…

Le due sorrisero. – Comunque io sono Ofelia, e lei è mia sorella Drusilla. Fedora è la nostra sorella più giovane…oh, che stupide, non sappiamo neanche il tuo nome.

- Josephine, mi chiamo Josephine.

– Bene, Josephine, - disse Drusilla con un largo sorriso, quasi come se non fosse successo nulla - ora faresti meglio a riposarti, domani verrà il Vecchio e dovrai farti vedere almeno riposata, altrimenti se la prenderà con noi. – le fece l’occhiolino - Tieni, bevi un po’ di questo, passerai una notte tranquilla e priva di dolori.

E così dicendo le alzò la testa e le fece bere il liquido bianco. Contrariamente al primo, era amaro, e faceva venire una sete terribile.

Facendo un po’ di smorfie, lo bevve tutto e sprofondò tra le coperte addormentata.

 

 

Un vento ghiacciato pungeva violentemente il viso di Fedora. La ragazza respirò più volte a pieni polmoni guardando in cielo, dove le nuvole che si stavano ammassando nuovamente preannunciavano un’altra nevicata durante la notte.

Era furiosa, terribilmente in collera con le sue sorelle!

Perché non capivano? Perché si ostinavano in quell’ottusa convinzione?

Dopo aver camminato su e in giù per diverse volte si fermò e si sdraiò sull’erba coperta di neve, incurante del freddo che faceva.

Osservò le nuvole muoversi velocemente, nascondendo quei pochi squarci di cielo pieni di stelle.

I respiri si condensavano in sbuffi di fumo bianco, e fu in quel momento che notò una cosa.

Corrugando la fronte si alzò in piedi, per osservare meglio.

Non poteva essere. Non credeva ai propri occhi.

E sul suo viso le si dipinse un espressione mista tra terrore e trionfo.

 

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L'autrice scrive...........

SPERO NUOVAMENTE CHE ANCHE QUESTO CAPITOLO VI SIA PIACIUTO!

ASPETTO COME SEMPRE VOSTRE RECENSIONI, E COLGO L’OCCASIONE PER RINGRAZIARE CHI GIA’ ME NE HA LASCIATE. QUINDI GRAZIE A:

SUPERPIGO

CRISTIE


  
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