THE BALLAD OF TEMPERANCE AND DJ
Capitolo diciassettesimo
Where would you go if I told you ‘I love you’ and then walked away?
Temp era a scuola come tutte le
mattine quando la custode super svogliata entrò in classe per avvisare che
c’era un suo parente che la attendeva all’entrata principale. Sorpresa e incuriosita,
la ragazza si catapultò all’ingresso e ci mancò poco che urlasse:
«DJ che ci fai qui?!»
«Sono venuto a trovarti!» disse lui
facendo spallucce «E dovevo portarti una cosa…» proseguì alzando la mano e
facendo notare un pacchetto.
«Cosa è?» chiese curiosa.
«La merenda… sono andato dal McDonald’s
a prenderti qualcosa!»
La biondina sgranò gli occhi:
«Sei venuto fin qui per portarmi
la merenda?»
«Beh sì, ma c’è dell’altro…» disse
rufolando nelle tasche alla ricerca di qualcosa. «Eccolo!» esclamò infine dopo
minuti interminabili di ricerca. Estrasse dal giacchetto un I-phone 5 e glielo
porse. Temp sembrava non capire così DJ si affrettò a spiegare: «Beh, tua
sorella se ne andrà nel giro di poco e ho pensato che per rimanere in contatto
tu avessi assolutamente bisogno di un telefono, visto che l’altro te l’hanno
requisito! Ti ho comprato questo perché così ce l’abbiamo uguale!»
«DJ ma quanto cazzo hai speso?!
Non posso accettare!» disse rimettendoglielo in tasca.
«Con un telefono dell’uno ci
possiamo al massimo chiamare! Qui invece c’è anche Skype e così ci possiamo
vedere più spesso!» spiegò, mettendolo nella sua tasca.
Temp sospirò incrociando le braccia
e mettendo il muso. Il chitarrista si abbassò per entrere nel campo visivo
della bionda e disse:
«Sei tanto arrabbiata?» chiese,
come per voler ricordare la volta che lei lo chiese a lui.
«Un pochino…»
«Mettiamola così: adesso siamo
pari!» disse baciandola.
«Ok… Via ora vado o mi daranno per
dispersa! Ci sentiamo!» disse la ragazza voltandogli le spalle.
DJ l’afferrò per il polso
costringendola a voltarsi nuovamente e la serrò nel suo abbraccio.
«Non sono arrabbiata!» cercò di
convincerlo Temp.
«Ti amo» disse il moro guardandola
negli occhi.
La bionda smise di respirare, le
guance avvamparono e una lacrima scese inaspettata.
«Anche io» rispose con voce
tremolante.
DJ la baciò con foga tanto che si
schiantarono, senza volerlo, contro la reception ma non si accorsero di niente,
e furono costretti a interrompersi quando qualcuno, dopo essersi schiarito la
voce, disse:
«Non mi pare il luogo più adatto
per questo genere di cose.»
‘Stupida vecchia!’ pensò
acidamente Temp ‘Rovinare il momento più bello della mia vita per dire questa
cazzata!’
«Ci scusi tanto,» disse DJ «ma noi
giovani non riusciamo proprio a contenerci!»
La donna gli tirò un’occhiataccia
e se si allontanò, voltandosi di tanto in tanto per vedere se il tipo se ne
fosse andato.
«Arrivederci!» urlò il chitarrista
rivolgendosi alla donna che stava svoltando l’angolo. La campanella suonò «Ci sentiamo!»
disse a Temp con tanto di occhiolino.
«Non posso… ho musica!»
«Interessante… se mi vedi
comparire come professore di musica sappi che l’altro è sempre vivo, l’ho solo
rinchiuso nello sgabuzzino!»
Quel pomeriggio a Chicago…
Izzy era andato a prendere Penny
all’aeroporto, da bravo chitarrista tassista quale era, per poi accompagnarla
all’ospedale, dove la futura dottoressa aveva appuntamento per portare dei
documenti relativi alla sua futura e prossima assunzione. Stradlin, come tutti
gli uomini, era rimasto in macchina ad aspettare e, per ammazzare il tempo,
fumava una sigaretta dietro l’altra. Quando Penny fece ritorno l’uomo si sentì
riavere: stava morendo di noia e in linea genereale stava fumando un po’
troppo.
«Scusami, ti ho fatto aspettare un
bel po’…» esordì lei.
«Ho ammazzato il tempo come meglio
potevo» rispose Izzy spengendo l’ultima sigaretta e salendo in auto.
Una volta arrivati a casa del
chitarrista, Penny iniziò ad essere nervosa.
«Non avrei voluto scomodarti così
tanto!»
«Se vuoi farti una doccia il bagno
è in fondo a destra, abbiamo un’ora prima di andare a cena.»
Non era certo la risposta che
Penny si aspettava, dubitò perfino che l’avesse sentita ma non disse altro e si
rinchiuse nel bagno. Fece velocemente, si sistemò come meglio poteva e
raggiunse il moro che era spaparacchiato sul divano a guardare la tv con il
cane addormentato sulle gambe.
«Già fatto?» chiese stupito. Lei fece
cenno di sì con la testa e si accomodò accanto a lui. «Il tuo fidanzato super
geloso sa che sei qui?» domandò.
«Sa che sono a Chicago, ma non che
sono qui da te, e comunque mi sono lasciata…»
Izzy non rispose, cosa che
dopotutto rientrava nella normalità, e i due rimasero a guardare la tv per un
altro po’. Infine andarono al ristorante.
«Non avresti dovuto prenotare,
avrei cucinato io!»
«Vuoi continuare a elencare le
cose che non avrei dovuto fare?» chiese divertito.
«Se sarà necessario per farmi
sentire meglio sì.»
Il ristorante aveva una vista
spettacolare che dava sul lago illuminato. Il panorama era talmente bello che
Penny aveva intenzione di fare una passeggiata dopo cena per fare anche qualche
foto.
«È proprio bello... con tutte
queste luci!» disse la ragazza.
«Sì, molto romantico.» disse il
moro accorciando le distanze. Penny sentiva qualcosa agitarsi nello stomaco, ma
era sicura che non fosse il pasto che aveva appena consumato. Inoltre iniziò a
pensare che essere seduti vicino e non uno di fronte all’altro non fosse stata
un’idea geniale «Quando ti laurei?» chiese l’uomo.
«Tra una settimana esatta.»
«Nervosa?»
«In questo momento sì, ma non
credo dipenda dalla laurea…»
Il chitarrista la guardò negli
occhi.
«E da cosa?»
«Indovina…»
Izzy finalmente si decise e la
baciò. La situazione degenerò forse anche troppo in fretta, o almeno questo è
ciò che sicuramente accadde nei pantaloni di Stradlin, che chiese:
«Andiamo a casa?»
Penny rise e poi rispose:
«Volevo prendere il caffè,
l’ammazzacaffè, tanto paghi tu, e volevo anche fare una passeggiata sulle
sponde del lago… puoi andare in bagno!»
«Sarebbe sospetto se sparissimo
tutti e due quando dobbiamo pagare il conto.»
«E va bene, se proprio non riesci
a resistere!» disse la mora con aria suadente e gli fece l’occhiolino.