Granelli di sabbia
Grimmauld Place, agosto 1971
Sirius
Black non si era mai sentito del tutto normale,
ma doveva ancora capire se effettivamente la colpa fosse o non fosse sua. Non
che passasse le giornate ad autocommiserarsi, ma spesso dentro di lui si
svolgeva una lotta silenziosa; una parte di lui, quella più orgogliosa,
attribuiva le frequenti liti coi genitori all’idiozia di quest’ultimi, l’altra,
quella insidiosa, quella che lo infastidiva enormemente, lo tormentava per la
sua incapacità di mostrare buon viso a cattivo gioco, per la sua incapacità di
impedire che la rabbia fuoriuscisse in un torrente di arroganza. La parte
orgogliosa era sicuramente quella con più argomentazioni, ma quella insidiosa
finiva, nonostante tutto, per avere la meglio nei momenti di apparente quiete
successivi alla tempesta. Quando ormai il danno era fatto, dopo che vi erano
state urla e grida e che le porte erano state sbattute, quando Sirius si
ritrovava ancora una volta solo in camera sua, era quello il momento in cui la
parte insidiosa cominciava a farsi strada nei suoi pensieri e a pungerlo
malignamente; sei il solito imbecille,
gli diceva, parli sempre a sproposito.
Sirius
finiva col sentirsi in colpa, e odiava questo più delle urla, degli schiaffi e
delle porte sbattute. Il suo era un senso di colpa rabbioso e impotente, perché
incapace di suggerire una qualsiasi soluzione. Il suo era anche un senso di
colpa difficilmente comprensibile e carico di contraddizioni, perché le sue
rispostacce e le sue provocazioni erano giuste
ma anche terribilmente sbagliate.
Le
cose non erano andate sempre così; a parte la severa educazione che gli era
stata impartita e i frequenti bisticci col fratello minore, la sua prima
infanzia era trascorsa tranquillamente, in una maniera assolutamente normale.
Poi qualcosa era cambiato. Improvvisamente non era più un bambino piccolo.
Improvvisamente gli venivano fatti dei discorsi,
e i suoi genitori si aspettavano che lui si comportasse in un determinato modo e che mostrasse di
avere determinate convinzioni.
La purezza del sangue, continuava a blaterare sua
madre. Per quanto si sforzasse, Sirius non riusciva neanche minimamente a
capire il punto di vista della famiglia, figurasi il renderlo uno dei
fondamenti della sua esistenza. Quello della purezza del sangue era un concetto veramente troppo lontano dalla
mentalità di Sirius, e quindi Sirius non poteva fare a meno di infiammarsi
ogniqualvolta venisse fatto anche solo un commento maligno nei confronti di
persone a lui sconosciute. Ma perché si arrabbiava tanto? Perché provava tutto
quel disprezzo nei confronti di chi l’aveva messo al mondo? Non poteva
semplicemente stare zitto? Non poteva
semplicemente lasciare che le cose gli scivolassero addosso?
No,
non poteva. O meglio, non ci riusciva. Era più forte di lui. E quindi si
sentiva diverso, e si arrabbiava ancora di più, e rispondeva ancora peggio.
La
sua vita a casa era un inferno, ed era colpa sua.
***
L’atmosfera,
al numero dodici di Grimmauld Place, era tesissima già da quella mattina.
Sirius se ne era accorto, e aveva fatto del suo meglio per tenersi fuori dai
guai e dalla vista; sapeva bene che se in casa si covavano malumori, allora la probabilità per lui di scatenare qualche
casino era veramente alta.
Era
rimasto buono e tranquillo in camera sua per tutto il giorno, aveva persino
evitato accuratamente di dare fastidio a Regulus. Poi però arrivò l’ora di
cena.
Quando
Sirius raggiunse la sala da pranzo, si rese subito conto che le cose non erano
affatto migliorate. I suoi genitori non solo non degnarono né lui né Regulus di
uno sguardo, ma erano anche tutti intenti a discutere sottovoce, e l’argomento,
Sirius lo capiva dalla fronte corrugata del padre e dai modi nervosi della
madre, non doveva essere affatto piacevole. Sirius e Regulus si scambiarono
un’occhiata sorpresa, poi presero posto e iniziarono a mangiare, in silenzio.
Intanto
Orion e Walburga continuavano a discutere, e Sirius avrebbe fatto meglio a
continuare a rimescolare i broccoli nel piatto, piuttosto che prestare
attenzione a quello che si stavano dicendo. Da quello che riusciva a intendere,
qualcuno in famiglia si era messo nei guai. Tese le orecchie e finalmente
riuscì a distinguere, fra i sussurri, Andromeda
e disonore nella stessa frase.
Voltò di scatto la testa in direzione dei suoi genitori. Sua madre se ne
accorse. Lo fissò.
«
Forse faremmo meglio a parlarne più tardi, Orion » disse lentamente Walburga. «
Sirius, Regulus, finite di mangiare e poi andate nelle vostre stanze. Niente
discussioni. »
«
Cosa è successo ad Andromeda? » chiese istintivamente Sirius. Sentiva qualcosa
di spiacevole prendere vita nel suo stomaco, ed era abbastanza sicuro che non
fossero i broccoli.
«
Ti ho detto di non— »
«
Cosa è successo ad Andromeda? » ripeté Sirius, questa volta scandendo più
lentamente le parole. Regulus gli lanciò una pessima occhiata.
«
Piccolo arrogante » sibilò sua madre, gli occhi ridotti a fessure. « Come ti
permetti? »
«
Modera i toni, ragazzo » continuò severamente suo padre. I suoi occhi erano
così penetranti che per un attimo Sirius dovette distogliere lo sguardo; temeva
più suo padre di sua madre, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere. «
Tua cugina Andromeda ha avuto la brillante idea di fuggire con un Sanguesporco » disse sottolineando
l’insulto. « Dubito che la rivedrai ancora. »
Ci
fu un attimo di silenzio. Sirius impallidì.
«
Come sarebbe a dire— »
«
Sarebbe a dire, » si intromise
rabbiosamente Walburga, « che Andromeda ha gravemente disonorato la nostra
famiglia! È stata diseredata! »
Sirius
si sentì svuotato. Andromeda era una delle poche persone della famiglia con cui
si sentiva veramente a suo agio, una delle poche con cui riusciva a parlare
liberamente, senza il timore di essere redarguito. Sua cugina aveva alcuni anni
più di lui, aveva già finito la scuola in effetti, e Sirius la vedeva come una
sorta di figura materna. Proprio una settimana prima lo aveva consolato dopo
una violenta ramanzina della madre, tenendogli la testa sul suo grembo,
accarezzandolo…
«
Ma non ha fatto nulla di male— » tentò debolmente di dire.
«
Niente di male, dici? » urlò sua madre, « Niente di male! Mi chiedo cosa tu abbia
in testa, Sirius! »
«
Ma— » tentò di dire Sirius, « ma è vostra nipote! Come fate a dire che— »
«
Non è più nostra nipote! Andromeda non è più degna di essere una Black! »
Ancora
silenzio. Walburga fissava il figlio respirando affannosamente, gli occhi pieni
di rimprovero. Sirius sentì la rabbia montargli dentro in un attimo, la sentì
sostituire il doloroso senso di vuoto.
«
Bene, » disse velenosamente, « vorrei essere altrettanto fortunato. »
Ecco,
l’aveva fatto di nuovo. Ma questa volta non ebbe neanche il tempo di mordersi
la lingua. Suo padre avanzò verso di lui con una velocità sorprendente, e,
prima ancora che Sirius riuscisse a farsi schermo con un braccio, lo
schiaffeggiò con violenza.
«
In camera tua. Subito. » ordinò Orion. Il suo tono non ammetteva repliche.
*
Sirius
era sdraiato disordinatamente sul suo enorme letto a baldacchino, braccia
scomposte e dita che tormentavano il costosissimo copriletto di seta. Fissava
ormai da qualche minuto l’enorme lampadario d’argento al centro della stanza,
cercando di concentrare la sua attenzione sulla fioca luce delle candele
piuttosto che sul forsennato palpitare nel suo petto. Sentiva il dolore pulsare
sulla sua guancia sinistra, e sulle sue labbra c’era ancora l’inconfondibile
sapore del sangue, ma Sirius tentava ostinatamente, e vanamente, di ignorarli.
Era
strano; si sentiva sfinito, ma allo stesso tempo aveva una voglia matta di
prendere a pugni ogni centimetro della sua stanza. Li odiava tutti; il padre, la madre, quello stupido di Regulus,
incapace di fare una considerazione propria…
La
porta della camera di aprì. Sirius, improvvisamente disturbato nel flusso
vorticoso dei suoi pensieri, si mise di scatto a sedere, aspettandosi di veder
comparire sua madre o suo padre. Ma ad indugiare sull’uscio c’era suo fratello.
Per
qualche secondo nessuno parlò. Sirius si chiese perché Regulus gli stesse
scrutando così meticolosamente il viso, poi si ricordò di quanto la sua faccia
dovesse assomigliare ad un pomodoro maturo, e arrossì.
«
Che cavolo vuoi? » sbottò.
Regulus
esitò per un attimo. « Volevo vedere come stavi » disse semplicemente. Sembrava
preoccupato.
Sirius
sbuffò. « Sì, certo. Sto benissimo.
Adesso perché non corri da nostra madre, Principino?
Vai a consolarla— »
«
Non fare il cretino » lo interruppe Regulus, improvvisamente arrabbiato. « E
non chiamarmi così. »
«
Così come, Principino? » continuò
Sirius, beffardo. Era sempre così; se i suoi se la prendevano con lui, lui dopo
se la prendeva con Regulus. Sirius si sentiva bastardo, ma non poteva farne a
meno. Era come una vendetta; se lui veniva costantemente rimproverato e umiliato,
allora qualcuno doveva pagare. E chi
meglio di Regulus? Chi meglio del suo fratellino, il piccolo di casa, quello
che non deludeva mai nessuno stupido genitore? Regulus non sarebbe stato poi
così male, se non fosse stato designato come il fottutissimo metro di paragone
della vita di Sirius. A volte andavano persino d’accordo.
«
Pensi che dispiaccia solo a te per Andromeda?! »
«
Così sembra! »
«
Solo perché non mi metto a fare storie, non vuol dire che— »
«
Fare storie?! Tu non ti azzardi
neanche a soffiarti il naso, se prima non ricevi il consenso di nostra madre! »
Si
guardarono in cagnesco. Infine Regulus sospirò. « Sono loro gli adulti, Sirius.
Se hanno preso questa decisione, un motivo ci sarà. »
Sirius
si sentì riempire di nuova rabbia. « Il motivo è che sono tutti un branco di
idioti! Credono di essere migliori di chiunque altro! Toujours Pur, un mucchio di fesserie! »
Regulus
non sembrava impressionato, o almeno non sembrava impressionato quanto Sirius
avrebbe voluto.
«
Ascolta, » disse piano il fratello minore, « mamma e papà sono veramente
arrabbiati, questa volta. Se continui ad urlare ti sentiranno… Non vuoi
prenderle ancora, vero? »
Sirius
lo guardò con odio. « Lo sai, lo faccio solo per intrattenerti » disse con
sarcasmo. « So che adori vedermi alla gogna. »
«
Non dire idiozie » affermò Regulus, l’espressione del volto estremamente seria.
« Non mi piace per niente. »
Sirius,
che non si aspettava minimamente una risposta del genere, non ebbe nulla da
ribattere, ed era la prima volta dopo tanto tempo. Si limitò a mascherare in
malo modo la sorpresa con un’espressione imbronciata. E Regulus dovette
accorgersi di aver aperto una piccola breccia nel muro di orgoglio e sdegno
messo su da suo fratello, perché, contro ogni precauzione, gli si avvicinò e si
sedette con lui sul materasso.
«
Ti fa ancora male? » chiese inaspettatamente, gli occhi che indugiavano sul
labbro gonfio e spaccato di Sirius.
Sirius
sbuffò; era tipico di suo fratello fare domande imbarazzanti come se nulla
fosse. « No » mentì. Si lasciò cadere all’indietro e la sua testa rimbalzò sul
materasso. Regulus fece lo stesso. Restarono qualche minuto così, senza dire
niente. Alla fine Sirius iniziò a sentirsi un po’ idiota, e avrebbe sicuramente
detto a suo fratello di andarsene, se prima quello non se ne fosse uscito con
un: « Ti ricordi quando facevamo finta di essere su una scialuppa durante una
tempesta? »
«
Mh? » fu la distratta risposta.
«
Non ti ricordi? » chiese stupito Regulus. « Quando non riuscivo a dormire o
facevo un brutto sogno, venivo in camera tua e facevamo un gioco. Il letto era
una scialuppa e— »
Sirius
alzò un sopracciglio, Regulus arrossì lievemente. « Lascia perdere » si
affrettò a dire.
In
realtà Sirius si ricordava benissimo. Erano passati solo pochi anni da quando
facevano quello stupido gioco, eppure sembrava essere trascorsa un’eternità. A
quell’epoca non ci si aspettava da lui il degno
comportamento di un rampollo purosangue. A quell’epoca se litigava con
Regulus era solo perché si comportava come un fratello maggiore rompiballe, o perché Regulus si comportava come un fratello minore rompiballe. A
quell’epoca poteva sentirsi al sicuro semplicemente fingendo di combattere il
mostro marino sotto al letto.
Sirius
si stupì quando si rese conto di non essere più arrabbiato. Ora si sentiva
malinconico, però.
«
Sirius? »
«
Che c’è? »
«
Fra qualche settimana te ne vai ad Hogwarts… »
Era
una frase soffiata che tentava di mascherarsi, di essere disinvolta. Sirius
osservò il fratello e seppe con certezza di non essere il solo a sentirsi
malinconico. Ma lasciò comunque che il silenzio gli rimbombasse nelle orecchie.
Note
dell’autrice:
Wow,
è da quasi cinque anni (!) che non pubblico niente su EFP. Ma qualche tempo fa
ho ritrovato il bisogno di scrivere, e quindi eccomi qua, sono tornata a
tartassare i personaggi della Rowling. Diciamo che, tra l’apertura di
Pottermore, l’uscita de Il Seggio Vacante e l’atmosfera natalizia,
mi è venuta la nostalgia e ho pensato di scrivere questa fiction incentrata sui
miei personaggi preferiti, ossia quelli della Old Generation.
Il
titolo Granelli di sabbia vuole
alludere al modo in cui ho pensato la fiction. La storia non è infatti lineare,
ma vuole descrivere singoli momenti (partendo sempre dalle informazioni che la
Rowling ci ha dato sui Malandrini e sugli altri personaggi).
Ho
scritto già diversi capitoli… quindi penso che riuscirò ad aggiornare puntualmente
una volta alla settimana (o almeno questa è l’intenzione ^//^).
Spero
che la storia vi piaccia e che mi lasciate il vostro parere! *-*
Claire