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Autore: Luth11    24/12/2012    0 recensioni
" La gente, e quindi anche voi, miei piccoli esseri umani, si apre troppo poco. Sotterrate tutto sotto orgoglio, stupidità, apparenze, infinita stupidità...insomma avete capito. Vi ho osservato attentamente e ho deciso che devo porre rimedio a questa grave, gravissima crisi di astinenza da verità e sincerità! "
" Ehm, Cassy...Ti sei resa conto che stai parlando del genere umano come se tu non ne facessi parte? " chiese Alex.
La ragazza lo liquidò con un gesto della mano.
" Si. Ma bhe...è una cosa un po' diversa. "
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa lettera in realtà avrebbe un destinatario preciso, ma no, non la spedirei mai a lei. Perchè sono orgogliosa, perchè ci sto ancora uno schifo, perchè nonostante le voglia tutto il bene di questo mondo sono ancora arrabbiata, perchè sono mesi che non ci parliamo, perchè...perchè.

Già scriverla però è un inizio, no? Un giorno poi magari la manderò davvero, sistemerò le cose, un giorno, forse...

Non prendermi per pazza, tutto quello che scriverò da qui in poi non è rivolto a te, non sentirti tirato, o tirata (?) in causa. Devo solo scriverlo.

 

'Forse per certi versi avevi ragione, sai?

 

Non sono più la bambina con i ricci biondi, quella che aveva paura dell'acqua e poi si è innamorata del mare, quella che si attaccava alla manica del tuo giacchetto. Semplicemente non sono proprio più una bambina, credo.

E si, ho fatto i miei danni, i miei errori, ho sbagliato i miei calcoli, ho lasciato andare.

Non so esattamente cosa mi succeda, o perchè, ma come se non importasse più niente, o meglio, non riuscissi più a tenere niente.

Te, lui, tutti gli altri, lo studio, i miei.

Non sono più la ragazzina che andava bene a scuola, quella di cui erano tutti orgogliosi, non sono più nemmeno 'la ragazza della vela', o quella che tirava fuori un libro nascosto tra i quaderni di scuola e semplicemente spariva. Non sono più la ragazza che amava, che sembrava non voler stare a sentire nessuno, nemmeno la realtà, e sembrava quasi riuscire ad averla vinta su tutto quello che le urlava: 'No, non ce la farai, non ce la puoi fare. L'unica cosa che farai sarà ferirti'.

Ora sono solo quel quasi.

E' da quasi due anni che il quaderno verde resta a giocare con la polvere su un vecchio scaffale, quel quaderno che non è ancora finito, trovandomi a (dover) essere grande prima di poterci riuscire, a finirlo (ad esser grande)

Forse è solo questo il problema, una mattina mi sono svegliata, quattordicenne e liceale, e non ero pronta. Mi sono arrangiata, ho continuato a ridere, a dire che me la sarei cavata, che me la stavo cavando, che alla fine si, andava tutto bene, e invece andava tutto via, lasciando un nulla da far invidia a quello di Fantàsia. La conosci la 'storia infinita' tu, conosci quel nulla. Bene, ora è come se ce l'avessi, come se mi stesse divorando.

 

Ora mi dibatto in cerca di non cosa, è come afferrare il fumo a mani nude, come le ore insonni passate a rincorre pensieri. O sono loro che rincorrono me?'

 

 

 

Era la mia migliore amica. Sai quella che conosci da una vita? Quella che ti ha visto alzarti sulle tue gambe per la prima volta, che ti ha tenuto la mano per quattordici anni, quella che sembra più un personaggio di un libro che una persona reale?

Credo che pochi abbiamo la fortuna di avere accanto qualcuno così, io ho avuto lei, e sono stata probabilmente una delle persone più fortunate per questo, ma ora l'ho persa. Persa. Lei.

Io e lei, non noi, non più noi. Non riesco ancora ad accettarlo, a realizzarlo, a metabolizzare. Lei che mi odia, lei che mi fa ferita. E come se fossero concetti inconcepibili insieme, lei e tutto questo casino.

Però tra tutte le cose orribili, in tutto l'odio che mi ha riversato a dosso qualcosa di vero c'era.

Sono cambiata.

Non so esattamente quando, ma l'ho fatto. Credo sia stata una cosa graduale, quasi impercettibile, iniziata quando sono entrata al liceo, tre anni fa. Lì sono come un pesce fuor d'acqua. Lì mi sono sempre sentita sbagliata, fuori posto, demotivata, stanca. E lentamente ho perso la voglia di combattere. Ho smesso prima di scrivere, poi di interessarmi davvero alla gente, poi di arrabbiarmi e alla fine di leggere. Ci sono stati dei mesi in cui sono stata l'equivalente di un vecchio e mal ridotto sacco vuoto. Completamente, desolatamente vuoto.

Io sono sempre stata quella timida e impacciata con chi non conoscevo bene, quella che viene scelta per ultima per le squadre a ginnastica, quella invisibile, quella su cui si fanno battute. Ma alla fine mi ero ritagliata il mio spazio, mi ero lasciata vedere un po' di più per quella che ero, avevo alzato la voce qualche volta, mi ero difesa, mi ero sentita amata, avevo trovato sicurezza in quaderno verde un po' sgualcito e in paio d'occhi nascosti dietro lenti rotonde. Non gli occhi di un ragazzo, no, quella del mio 'amore' adolescenziale, che poi era un'amore vissuto in modo infantile ( a volte mi chiedo se sono mai cresciuta nella mia testa, io.) è tutt'altra storia. Quegli erano gli occhi di un folle, noi lo chiamavamo “il sognatore”, di colui che mi aveva rivelato che una penna e un foglio- o un bordo di quaderno, un tovagliolo, un post-it, il palmo di una mano- bastano a salvarti, a darti protezione, sicurezza, un' 'arma' contro il mondo. Ma non prendo in mano quel quaderno da tre anni, una penna ogni tanto si, ma quel quaderno non era come un pezzo di carta qualsiasi. C'era qualcosa di... magico. Non saprei spiegarlo, è quel genere di cose che devi provare.

Ho lasciato scivolare via tutte le persone più importanti della mia vita, ho smesso di essere la colla che teneva insieme il gruppo in cui ero cresciuta, ho smesso di lottare (di essere).

Li ho visti ogni giorno più distanti e non ho mosso un dito. Quelle due ragazzine bionde con cui ho costruito la mai infanzia tra prugni che diventavano rifugi, crakers al pomodoro, aquiloni, bombe al cioccolato e acqua di mare. Quelle due ragazzine che ragazzine non sono più, sono diventate grandi e quasi estranee, e io ho smesso di chiedergli come stai, come stai davvero? Ho smesso di togliergli di bocca quella sigaretta che non sapevano aspirare e l'ho presa a mia volta, ho smesso di sentire mia madre urlare perchè tenevo sempre il telefono occupato per raccontargli anche le cose più idiote, per sentire anche quelle più banali.

Le mie due omonime. Le mie due meravigliose omonime, così diverse noi tre, così vicine noi tre, libere e legate. Loro son sempre lì, ancora lì, ma è come se qualcosa fosse diverso. Manca il vedersi ogni giorno tra muri gialli e vecchi termosifoni blu, mancano le cene disastrate e i bicchieri vuotati tutti d'un sorso. Manca la geografia che alla fine non si studiava, le cose confidate, i quaderni scambiati, le riunioni in quel parco un po' malmesso, i biscotti. Manca la loro costante meravigliosamente abituale presenza.

Ho lasciato andare tanta gente, davvero troppa, per ultimi 'il sognatore' e quell'amore un po' infantile di cui ti ho parlato prima.

Il 'sognatore è sempre lì' ma io sono come una figlia ormai cresciuta, uscita di casa, che torna si, ma non è più la stessa cosa. Quella non 'è' più la tua casa, quella 'era' la tua casa, e piano piano la nostalgia, i cambiamenti, il peso delle parole scavano, scavano fiumi e gole profonde, paurosamente profondi. Di quelli che se dall'alto guardi giù lo stomaco ti si contorce tutto per le vertigini.

E alla fine lui. Non sono nemmeno così sicura che fosse amore. Io sono una di quelle persone che nell'amore ci crede, fermamente, ma non sono così sicura di saper amare, o di sapermi innamorare, io. Dico che ho voglia di pizza e poi mi vedi con il barattalo di gelato e il cucchiaio da minestra in mano come fosse un'arma, posso passare dal buon umore più schifoso e totale al pessimismo più abissale nel giro di un battito cardiaco. Insomma, sono l'incoerenza (e tante altre cose) come posso dire 'ti amo' e sapere che non ho cambiato idea mezzo secondo dopo?

Come posso, io?

Comunque, amore o no, era lui. E all'inizio era solo una di quelle cotte estive, passeggere- o che meglio, dovrebbero essere passeggere- di quelle su cui ci ironizzi anche un po', di quelle che sanno tanto di amore impossibile.

E' buffo il modo in cui è iniziata.

Lui era (è) bello, davvero bello. Ma la prima cosa che ho pensato quando l'ho visto è stato ' Ti prego no, l'ennesimo ragazzino pieno di se. Piuttosto mi sotterro da sola nella sabbia'

Poi ci ho parlato e, non lo so spiegare ( di nuovo) aveva qualcosa di tremendamente giusto, tremendamente meraviglioso. Forse la gentilezza con cui mi aveva chiesto qualcosa che non ricordo più, forse gli occhi dello stesso colore del mare, il mio amato mare. Fatto sta che quegl' occhi non me li sono più levati dalla testa. Continuavo a dire che sarebbe passata, ma non passava. E intanto era passata l'estate, due mesi in cui non l'avevo più visto ne sentito, eppure restava lì, indesiderato coinquilino della mia mente. Poi un giorno d'ottobre c'ho parlato di nuovo e non ho più saputo smettere. Ho continuato per tre anni tra domande, insicurezze, ' ti voglio bene' quasi rubati, esultanze e lacrime; tra baci e fughe, domande e non riposte; lui che mi diceva di non credere all'amore e io che cercavo di dimostrargli il contrario; tra perdersi e ritrovarsi, sorrisi e la consapevolezza che mi conosceva come nessun'altro e paura quando se ne andava di nuovo. E i baci alla fine son diventati pelle, e le fughe son rimaste le stesse, le fughe come i ritorni. E forse lo sapevo che eravamo una di quelle storie bellissime, che avrebbero potuto essere ancora più belle, ma che son destinate a iniziare. Forse lo sapevo che non mi avrebbe mai amata, che ogni volta che si avvicinava un po' di più poi sarebbe scappato, però ingenuamente ho sempre creduto che sarebbe tornato sempre ( per sempre). Magari come amico, uno di quelli con cui vai tranquilla, tanto per l'amore (o quel che è) ci siete già passati. Uno di quelli che conoscono tutto, davvero tutto, ma sono ancora lì.

E invece lui è andato.

E' finito tutto, con un prevedibilissimo clichè – se non fosse stato per questa indegna fine la nostra sarebbe stata una bellissima storia, da raccontare-

Lui si è innamorato alla fine, dopo discussioni, tentativi, dimostrazioni, mezze confessioni, e tutto il resto. Si è innamorato, di un'altra.

Ed era così ovvio,e crudele forse. Ma io, per la prima volta coerente con me stessa, non potevo far altre che essere felice per lui, e sperare che fosse davvero quello il motivo.

Che stupida sono, eh?

Ma è finita, finita, forse l'importante è questo. Forse è ora di rimettere insieme i pezzi, andarsi a riprendere vita e persone, urlare qualche vaffanculo e non riallacciare più solo le scarpe, per andare (scappare) via, ma anche i rapporti, quelli meravigliosi e poi distrutti.


Note dell'autrice:
Rieccomi, dopo non so quanto tempo. Lei è Elizabeth (lasciate perdere, è Lis). E quel genere di ragazza terribilmente disillusa e terribilmente innamarata, coerente come qualcuno che va al mare a bagnari si piedi durante le vacnaze di Natale, altrettanto sana di mente ( ma infondo chi lo è, qui?) altrettanto sola, altrettanto persa, altrettanto minuscola. Sarà uno dei personaggi con la storyline più dettagliata. La vederete con questa famosa migliore amica, ci saranno delle righe di Cassy su di lei, forse qualche flashback sul suo passato.
Per ora è tutto credo.
Buona viglia a tutti <3
' Don't let muggles get you down'
Tu scendi dalle stelle, oh fieeeerobeeeecco *se ne va saltellando*
 

  
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