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Autore: Ella_Sella_Lella    24/12/2012    0 recensioni
In un futuro dove la Terra non è più solo degli Uomini. Una razza aliena dominate ha assoggettato il continente Euroasiatico e quello Africano, preparandosi a dominare anche quello Americano ed Australiano. Ma mentre si preparano a ciò, un gruppo di ribelli organizza colpi e rivolte. Ed altrove nella solitudine, un gruppo di fuggiaschi sono costretti a separarsi ed incontrarsi nell'arco di una vita che troppo presto li ha costretti ad abbandonare l'età della dolce innocenza.
Dalla Prima Storia:
Per cento anni c'era stata la pace. Poi erano tornati i Parfati. Non importava quale fosse stato l'anno corrente prima di quello, se sarebbe dovuto essere considerato il trecentesimo dall'arrivo dei Waffle. Dopo la seconda venuta dei Parfa, l'anno zero era sato riscritto.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Segreto



6 dCdP





Sei anni dopo l'arrivo dei Parfati. Lizebelfh Vergh aveva quattordici anni, viveva nella capitale di Kornov, l'avamposto dell'impero degli uomini delle stelle sulla terra. Aveva vissuto fino a quel momento una vita ad alto rischio di mortalità e non ancora le era chiaro come avesse fatto fino ad allora a sopravvivere. Aveva cambiato spesso compagni di viaggio, di quei tempi viveva con la waffle completa Fesarya, erano finite a lavorare a Villa Blanchate, una delle massime strutture d'alloggio, appartenente ad una nobile ed altolocata famiglia Parfate, che essendo situata in una zona di villeggiatura offriva ospitalità ad altre rinomate personalità politiche.






Era davanti allo specchio come ogni mattina, aveva ringraziato l'entità del Ghurzah(1) perchè assomigliasse molto più a suo padre che a sua madre, con la pelle olivastra dei mortali, mancava delle due piccole strisce nere ed i suoi occhi erano verdastri, sebbene avessero la forma più waffle, le labbra sfortunatamente erano cianotiche, così come i capelli di cobalto, il sangue sulle sue vene era di una tonalità bluastra molto strana per gli umani. Così come ogni mattina, passava tempo a colorare le labbra di rosso e si assicurava che la tintura d'inchiostro mantenesse i capelli neri. Era stata MonaGretchen una parfata ad aiutarla nel nascondere le sue evidenti differenze, avevano pressappoco la stessa età e la figlia del Signor Blanchete aveva preso sotto la sua ala protettiva lei e Fesarya. Riteneva ignobile la politica persecutiva e razzista dei Parfati, una qualità che Lizebhelf trovava a dir poco rara in quelli della sua specie.





Fesarya era già pronta nei vestiti in bianco lattice della servitù, lei era per intero una waffle ed era praticamente impossibile passare per altro, aveva tinto pure lei i capelli di un tenue castano, riempito le labbra di colorante e nascosto i segni neri, così come l'infuocato colore delle iridi, ma era un umana ben poco credibile. La porta della stanzetta in cui erano stipate si era aperta improvvisamente, ad entrare erano stati due schiavetti umani della loro stessa età, un maschio ed una femmina, erano stati venduti dalle loro famiglie per due treccine d'ottone ed una d'oro, da cinque centimetri ciascuno, lui , mentre lei per una treccina d'argento di ben trentacinque centimetri, un prezzo alto per una fanciulletta. Il ragazzo si chiamava Nerf, aveva i capelli color ruggine, gli occhi scuri e lievemente a mandorla, con la pelle abbronzata, dietro il suo orecchio era tatuato il suo numero, perchè fosse ovvio che appartenesse a qualcuno. La ragazzina invece si chiamava Dendera, era molto alta, ed era probabile che nelle sue ossa corresse il bronzo fuso dei Loya, vista la capigliatura spessa e d'orata, così come la statura, ma il sangue degli uomini dei metalli doveva essere scomparso da molto tempo dal suo diretto corredo genetico, altrimenti Dendera si sarebbe ritrovata nei campi ad est a farsi rasare la testa e non a servire nella capitale. "E' arrivato il veemena(2) Dahargh. Sarebbe meglio che non veda Fesa, Lizby tu vieni con noi" aveva detto Dendera con un sorriso mesto e poco amorevole, anzi molto spaventato. Vivevano assieme da cinque mesi, cominciavano ad affezionarsi; Nerf particolarmente, una volta Lizebelfh li aveva visti scambiarsi un bacio nelle cantine dei vini di Olfhe(3).






Quando i tre arrivarono nella sala principale di villa Balchette. Una struttura ambigua ed falciforme, un tempo era uno dei nuovi edifici subito dopo l'assalto Chrachoom che aveva portato le case a Bunker di sicurezza, con una struttura più fresca ed avanguardista. La sala principale era interamente bianca, funzionante per intero da sola con un intelligenza artificiale, attivata solo dal calore vivo della gente. Era preceduta da un ampio ingresso con i pannelli di lievitazione per salire su tutti i piani. Sopra i divanetti di pelle nera, probabilmente appartenete a qualche specie rara, torturata e massacrata dalla gente parfata, era accomodata l'intera famiglia Blanchate. L'uomo aguzzo e maligno, la moglie seria ed imperscrutabile, la figlia più piccola Lamber e la maggiore MonaGretchen. "Dunque il Veemena sta per arrivare. Non deve assolutamente pentirsi di essere venuto" aveva stabilito la signora con voce ferma, se non avessero fatto esattamente come lei aveva ordinato, le conseguenze sarebbero state orribili.





Quando arrivarono, tutta la servitù era radunata lì per dare il benvenuto alla famiglia così aspettata. Il Veemena Alhan Dahargh era un uomo di mezz'età, con i capelli bianchi. Aveva tutte le caratteristiche parfato, la pelle perlata e lucida, gli occhi a nespola cangianti a seconda della luce, o grigio intenso o nero profondo, la labbra appena squamose, le orecchie allungate, alte ed appunta. Non era venuto da solo, era venuto con la sua consorte non troppo bella, la figlia maggiore abbastanza carina ed il figlio più piccolo. Un ragazzo d'alta statura con i capelli bruni e lo sguardo intenso. Una persona davvero difficile da cui allontanare la vista secondo Lizby, nonostante fosse un membro della razza parfata, poteva risultare gradevole alla vista. "Sono bruni" sussurrò Nerf con un tono di voce davvero basso, perchè non fosse considerata insubordinazione; una volta una sua amica, Frael, le aveva detto che i colori dei capelli parfati riconducevano alla propria origine. Nell'emisfero nord centrale, del pianeta di Hirvagda Parfa, la loro casa natia, esisteva la popolazione dalle chiome scure; questo colore di capelli era molto più altolocato e pregiato del rosso dell'est, il castano dell'ovest ed il biondo del sud. I Blanchete erano biondi e castani, poichè avevano mischiato la stirpe del sud e dell'est. Non era poi così un crimine, ma dallo sguardo che il Veemena lanciava loro doveva essere quasi del tutto convinto di dover valere più di loro, così come sua moglie e sua figlia, il più piccolo non tradiva emozioni. "Costa!"disse alla fine Alhan andando in contro all'altro uomo ed i due si strinsero in un freddo abbraccio professionale.





Erano giorni che i Dahargh alloggiavano nelle stanze della villa. La figlia maggiore, Maony, era sempre con Lamber e 'Gretchen, il figlio maschio era per fatti suoi spesso, intento sempre a leggere sulla tavoletta, Dendera aveva detto che era sempre interessato ai vecchi libri di storia o temi d'attualità, si chiamava Cheos, un nome etnico a pensiero di Lizby. Doveva servirgli la colazione come ogni mattina. Prendeva sempre i frutti di cristallo degli alberi del tramonto peyot, uova di Goona fritta e carne secca e sottile, non voleva però sapere di che animale - o alieno - fosse.






Cheos era composto seduto sul lungo tavolo di magmda, un materiale plastico importato dai Parfati, fuori nella veranda di cemento, che dava sulla visuale della città di solo acciaio di Kornov. Aveva posato il vassoio, mentre lui leggeva un qualche articolo, aveva sollevato appena gli occhi verso di lei, poi senza il minimo avviso, mentre Lizby lì dava le spalle per uscire, si era trovata la mano di lui sul collo, che l'aveva spinta con le ginocchia a terra e lo sguardo rivoltò al pavimento. Cheos non aveva lasciato la presa ed aveva mosso i suoi capelli per scoprire il retro orecchie per vedere se ci fosse o meno il tatuaggio degli schiavi. Non lo trovò. "Costa Blanchete non assumerebbe mai servi" aveva detto con tono sprezzante prima di lasciar andare la presa, Lizby si era sollevata repentina nel panico più assoluto, si fingeva schiava, per ordine di MonaGretchen che aveva cercato di salvarla. Cheos l'aveva guardata, occhi neri e profondi, per via della luce nascosta dalla cappa scura di fumo che impediva al sole di arrivare, "Non andartene" aveva detto, così la meticcia aveva annuito. Il parfato aveva preso il bicchiere d'acqua dal vassoio e l'aveva lanciato sul viso della ragazza, perchè con l'acqua colasse via la tintura minima delle labbra, così che il colore cianotico delle labbra fosse ben evidente. Cheos ridacchiò mellifluo, "L'attaccatura dei tuoi capelli è blu, le tue labbra anche. Sei una meticcia, eh?" domandò sarcasticamente e retoricamente lui, Lizby abbassò lo sguardo. Questa volta era davvero finita, l'importante era non tradire Fese, sarebbe finita nelle carceri al sud solo lei. "Non ho mai visto un'altra meticcia della tua età in così buone condizioni" aveva constatato, "quanti anni hai?" la sua voce sembrava più dolce, "Quattordici" aveva bisbigliato Lizby, con un tono di voce davvero minimo. Cheos aveva sorriso, "Davvero incredibile. Sei anni dal colpo e non sei mai stata presa. Sei anche più piccola di me" aveva detto davvero incredulo il parfato, ora la meticcia poteva stabilire che quel sorriso sornione che si era aperto sul volto del Veemena era davvero divertito. "Il tuo nome?" domandò poi, mentre cominciava a mangiare la carne e le uova, "Lizebelfh Vergh" aveva detto quella davvero spaventa. Ne era certa, quella era la fine.






Il ricco alieno non aveva cambiato di non nulla il suo sorriso, neanche un po', "Bel nome. Era una guerriera che guidò contro lo sbarco di Parfati nelle coste del profondo sud. Una waffle. Bel onore era per la vostra specie, bell'onere per te" aveva detto Cheos, Lizby era rimasta nel silenzio più assoluto, il modo in cui aveva definito la sua razza, con un termine così scientifico, ma sputato fuori come se tra la stirpe della ragazza e quella di una qualunque belva non ci fosse alcuna differenza. Come se lei stessa fosse poco più di una cuccioletta. Il figlio del Veemena continuò a fargli domande, non chiese come fosse arrivata lì, come si spacciasse così facilmente per una schiavetta, lì chiese da dove venisse e per quanto tempo si fosse nascosta nelle fogne. "Phellam(4). Due anni scarsi" aveva risposto fredda Lizby. Il tempo nelle fogne le aveva arrecato più dispiaceri che altro, era stato in quei cunicoli bui, che erano vissuti come animali spaventati, cacciati fino allo stremo, doveva si era lasciata scivolare via dalle mani tutta la sua famiglia. E la sua città, l'ultima fugace occhiata l'aveva gettata sei anni prima, mentre saliva sulla navetta per attraversare la pozza-di-mare, ma non dimenticava la sua città; Phellam era il suo piccolo Gordan(5) , quel luogo che nei sogni riusciva a raggiungere ed essere felice, ricordava le spiagge d'orate, l'acqua verdastra; non c'era verde, non c'erano antichità ne novizie, edifici non più vecchi di cent'anni non più nuovi di quaranta, ma lì c'era tutto quello di cui necessitava. Tutto quello che ora non aveva più. Cheos l'aveva guardata, non sorrideva più, aveva semplicemente due profondi occhi neri seri, la studiava; poi sentenziò: "Vai. Non dirò nulla", Lizby annui. Forse potevano esistere più parfati con onore, forse no.








Nelle loro stanze Fese era schiacciata sul pavimento con Nerf mentre si baciavano clandestini, l'entrata della meticcia, lì aveva allarmati, si erano allontanati in fretta lividi in volto, "Sono io" aveva gracchiato Lizby con una voce tutt'altro che lieta, camminando a passi ciechi verso il suo letto, si era seduta ed era rimasta così. Non aveva battuto ciglia o aperto parola, ne alle domande della compagna di sventura ne a quelle del servetto. Nel tardo pomeriggio, quando i lampioni esterni avevano cominciato ad illuminare le vie della capitale, MonaGretchen era entrata negli alloggi degli schiavi, con una smorfia stizzita sul volto. I capelli castani chiari cascanti sopra le orecchie oblunghe, vestita di vernice scura, che risaltava sulla pelle perlata, "Mia madre è nervosa, perchè i suoi servi non arrivano" aveva urlato la parfata, lei rischiava più di tutte loro, i soldati parfati non amavano e tolleravano chi nascondeva ricercati. Nerf annuì e si defilò dalla stanza, così come Lizby si sollevò dal letto e si apprestò ad uscire, "Servi anche tu, Fese" aveva detto con un tono più moderato la signora. Le due ricercate si apprestarono a precedere la loro amica, perchè alla fine non c'era assolutamente altro modo per definire quella ragazza. Si erano incontrate al mercato, mentre cercavano di rubare delle noci parfate, lei era uscita per accompagnare Dendera ed assicurarsi prendesse il giusto frutto esotico che faceva impazzire suo padre. Era rimasta toccata dalle due, funzionava così per lei, trovava incredula la politica razziale applicata dalla sua gente, sapeva bene che in futuro lei avrebbe combattuto con tutta se stessa per la libertà.










Lizby aveva continuato a lavorare tranquillamente nella villa Blanchete, continuando le sue abituali funzioni. Pulire, servire e recarsi al mercato. Una mattina era con Dendera, che riusciva sempre a rimediare dai commercianti umani qualche frutta succosa fuori prezzo, sbattendo i grandi occhi scuri con quel suo sorriso quasi ipnotico. C'era un ragazzo delle campagne, che accompagnava sempre una vecchia signora, che alla meticcia ricordava la sua Neshen'ka(6) umana, con quell'aria bonaria e gentile, era sempre così allegro e spigliato, sorrideva sempre languido a Dendera, una volta una poco più che soldatina di gavetta gli aveva tirato un orecchio, erano entrambi umani, ma lei sembrava più Ayarda(7) che altro, ma a Lizby lei non piaceva, portava cucito in petto sull'uniforme la P rossa del governo Parfata. "Prima che capisse fossi una schiava, provava a parlarmi" aveva rivelato una volte la bionda, cominciando ad indicare dei cristalli peyot al commerciante di frutta. Lei aveva sorriso malinconica, le vicissitudini amorose erano cose che nella vita di una fuggiasca non erano state neanche contemplate, l'anno precedente, quando aveva stanziato nel sobborgo di Oklanof(8), aveva incontrato un ragazzetto, si erano detti che in un altro tempo ed in un'altra vita avrebbero avuto un radioso futuro. Ma lì o in qualunque altro modo, non avrebbero avuto nulla.






Lizby guardò alcuni frutti, erano rossicci, avevano una forma trapezoidale ed erano pieni di bolle, venivano da Walfhort, il pianeta natia dei Waffle, un posto da cui la sua pazza nonna materna era emigrata una vita prima, che sua madre aveva veduto solo una volta e che a lei era stato destinato come unica immagine onirica. Si chiamavano Fragole Bolla, o per lo meno così gli umani le avevano sempre chiamate, gli Ayardi le chiamavano Roha Aharda, bolla rossa, i Waffle non la chiamavano proprio, le aveva detto una volta sua madre, era un frutto della terrà dunque non aveva nome, un regalo degli dei per chi credeva nell'oltre terra, non la sua adorata madre e neanche lei. "Ne vuole, signorina?" aveva chiesto con un sorriso amichevole il venditore, umano nell'aspetto, Lizby aveva mosso il capo in segno di negazione, i signori Blanchete non volevano assolutamente che nella loro casa entrasse cibo Waffle. I Parfati avevano un avversione da quella razza assolutamente da sempre, forse perchè il primo contrattacco attuato dalla terra prima della guerra contro i Parfati era stato guidato dagli antenati e consanguinei di Lizebelfh, la loro personale unica vittoria. Ogni waffle si riscaldava il cuore con questo. "Un sacchetto, ne vuole un sacchetto" aveva detto una voce, sia la meticcia, sia la schiava, sia il venditore si erano voltati verso la voce, un parfato di statura alta con i capelli scuri e gli occhi di un profondo ed intenso grigio, Cheos. Il mercante aveva immediatamente eseguito l'ordine, non era stato un umano o altro a chiederlo, era stato un parfato con la chioma castana, figlio di uno dei Veemen più famosi del tempo. Pagato il sacchetto, Cheos l'aveva lasciato tra le mani della meticcia.







Una volta che fu andato via, Dendera si era voltato verso di lei, "Forse vuole comprarti. Sei gradevole" aveva detto quella, con parole incoraggianti ed amorevoli, "Forse" bisbigliò Lizby, abbassando lo sguardo sul sacchetto valutandolo di mangiarle o meno quelle fragole di bolle. Poi le mangiò, gustandosi quel dolce sapore; la frutta si scioglieva sul suo palato ed era da tanto tempo che non sentiva più una dolcezza simile. Le venne in mente la sua infanzia e quando sua madre preparava ciotole intere di quei dolci frutti. Ne offrì un po' anche a Dendera che fu più che felice di accettare, leccandosi le labbra rosee, agli schiavi non erano concessi frutti così succosi e dolci, uno massimo, ma non un intero sacchetto da poter divorate in libertà. Per Lizby però quelle bolle rosse avevano un retrogusto decisamente più amaro di quelle della sua infanzia, perchè erano un regalo di un parfata, che conosceva il suo segreto, che l'aveva in pungo. Solo MonaGretchen aveva mostrato caratteristiche oneste ed umane tra quelli della sua specie, Cheos non le aveva, Lizby non aveva visto bontà in quel ragazzo, vedeva in lui solo potere.



















- Per ogni riferimento Storico (non personale, ma generale vedere capitolo precedente)




(1) Ghurzah: Divinità Waffle, simile al nostro dio


(2) Veemena: membro del congresso Parfata.


(3) Olfhe: Città Pregiata del pianeta Natio Parfata


(4) Phellam: città immaginaria situata negli in torni di una costa tranquilla. Città precedentemente libera e abitata da più svariate creature.


(5) Eden Waffle


(6) Neshen'ka: Nonna in Waffle


(7) Ayarda: Abitante delle Aya – le montagne – non ne ho parlato nel prologo, ma ne sentirete parlare


(8) Oklanof: Sobborgo vicino le vecchie case Loya.
   
 
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