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Autore: Leannel    14/07/2004    0 recensioni
Storie delle vite passate di Leannel e compagni. In questa primo incontro tra lei e Reimer
Genere: Avventura, Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Reimer percepì il leggero frusciare del vento sulle frasche

Introduzione

 

 

 

CCCIAAAAAAAAAAOOOOOOO a tutti!!! Anche se vi arriverà in ritardo sappiate che questa e l’altra su Reimer sono state scritte in momenti molto vicini.

Il carattere della cosa è molto simile a quello precedente. La storia tratta di Talmaye e Salmaye e di come conoscano Leannel e Reimer. È meno movimentata da un punto di vista fisico della prima. non ci sono veri e propri combattimenti. In realtà si parla di bambini per cui non sarebbe stato bello fargli combattere contro Reimer o Leannel. Notare come, apparte Galadriel io mi stia lentamente allontanando dal mondo classico tolkeniano. Reimer è sempre più bello e forte. È sempre più il mio tipo. Forse l’uomo dei miei sogni. Mi piace molto anche Talmaye, però. La storia dei gemelli è molto toccante. L’ho sognata. Anche se all’inizio era nata da una cosa simile di sayuki. Per Salmaye mi sono ispirata ad una persona che conosco veramente. È un bel personaggio. In Leannel non appare tanto una bella persona. Forse perché ancora non conoscevo la ragazza sulla quale l’ho costruito. E non conoscevo una persona tanto forte. In effetti alla sua prima apparizione non sembra molto forte, ma lo è e questo è l’importante.

Sempre in ‘Leannel’ ho scritto che lei forse non aveva mai visto il volto di un bambino. Qua sotto Tal e Sal sono nomati come tali. In effetti quando scrivevo quelle cose in ‘Lea’ pensavo ad un bambino nel vero senso della parola. Un neonato, insomma.

Un altro punto che non capirete è il rapporto tra Lea e Rei. Sembra che si amino, poi non sembra più e così via. La cosa sarà chiarita. Comunque il loro non è amore convenzionale. Come ho già scritto volevo trattare di una mia forte amicizia. Forse questa lo è ancora di più dato che Rei è quasi l’unico amico di Lea e si comportano in maniera strana.

Buona lettura

 

 

A tutte quelle persone incredibilmente forti che superano le loro croci semplicemente affrontandole.

 

A tutte le persone che non riescono ad affrontare le loro croci

 

A tutti i piccoli Talmaye e Salmaye che stanno leggendo queste righe

 

With love

Zoozy


I gemelli

 

 

Reimer percepì il leggero frusciare del vento sulle frasche. Stava sognando di combattere contro un improbabile se stesso, vestito di bianco. Odiava questo genere di sogni. Quei sogni cui tutti cercavano di dare un senso logico senza mai riuscirvi. Strano che si fosse svegliato. Reimer dormiva piuttosto pesantemente. Quei boschi gli avevano riportato la voglia di dormire. Come la voglia di vivere. Davvero strano, pensò. Si sedette. Ora le testa girava leggermente. Era stato svegliato da un sogno. Non aveva più voglia di stare a sedere. Voleva dormire di nuovo. Il sole non era ancora sorto. E nessuno oltre Leannel, era sveglio a quell’ora. Voleva solo un po’ di riposo. Un po’ di riposo prima che il padre di Leannel gli affidasse il compito di seguirla, apertamente o di nascosto, in uno dei suoi assurdi viaggi. Reimer era certo che Leannel percepisse la sua presenza anche quando non avrebbe dovuto. Ma in fondo bastava che fosse Thranduil a pensarla in un certo modo. Tornò sdraiato con la testa tra le mani. Ora fissava il cielo chiaro. Non ricordava quanto potesse essere meraviglioso il cielo subito prima dell’alba. Forse era il posto. Forse aveva fatto davvero bene a seguire Leannel, quella volta, forse aveva fatto bene a seguire il suo istinto. Si, aveva fatto la cosa migliore. Forse tutti quei mortali lo opprimevano davvero. O forse stava solo giocando alla volpe e l’uva. Ma il cielo sereno di quel luglio caldo era davvero meraviglioso. Si, lo era. Reimer sorrise socchiudendo gli occhi. Poi si girò di profilo. Non c’era dubbio sul fatto che avesse bisogno di dormire. Ma fu nello stesso gesto che si accorse del motivo che lo aveva portato a svegliarsi. Sulla sua guancia sinistra scricchiolò della carta sottile. Carta elfica. Ma cosa diavolo ci faceva della carta elfica accanto al suo bel profilo sinistro?

Nessuna folata di vento, quindi. Solo un messaggio. Una lettera. I caratteri elfici. Scritto con minuzia. Un grande signore. Uno di quei signori dai nomi altisonanti che aveva sempre odiato. Non aveva idea di cosa si trattasse. Ma adesso era diventato più che altro un fatto personale. Chiunque fosse riuscito a porre una lettera a suo fianco senza che se ne accorgesse era un nemico conto il quale doveva combattere.

‘Sto diventando vecchio’ pensò ‘si fanno in molti quelli capaci di battermi’

afferrò la lettera di carta bianco panna.

Leannel era scritto  a caratteri argentei. Quindi era per lei. La lettera. Evidentemente il mittente lo aveva sottovalutato. Ma ora era più importante che Leannel venisse a sapere della faccenda della lettera. Non tutti i particolari. Non quelli che Reimer riteneva imbarazzanti e disonorevoli. Ma doveva passarla nelle mani del destinatario. Solo poi avrebbe scoperto con chi doveva combattere. Chi l’aveva sfidato. Probabilmente aveva firmato la sua condanna a morte. Ma Reimer restava uno cui non era facile far prendere la mano. Rimase tranquillo in apparenza. E si avviò passeggiando nelle aule della sua signora.

 

Leannel aveva l’aria tranquilla. Forse l’aria più tranquilla che si riuscisse a ricordare sul suo viso. Erano Reimer e Legolas e Miriel. Era tutta quella pace. Tutta quella pace che detestava. Era inutile. Adesso avrebbe preferito tornare al travaglio di qualche tempo prima. Non era certo questo il genere di pace che andava cercando. Sebbene esistesse un genere di pace adatto alla sua persona. Scoccò la freccia, che si andò a puntare nel centro esatto del bersaglio. Era troppo facile colpire un bersaglio immobile, pensò. C’era davvero bisogno di una missione degna di questo nome. Di una missione che quel vecchio stupido di suo padre le offrisse. Avrebbe mentito per andarsene. Ma per andarsene dove ormai? Conosceva le sue terre come nessun altro. e se avesse chiesto di andarne fuori suo padre avrebbe fatto in modo che Reimer la seguisse. E poi certo, non cercava un viaggio tranquillo durante il quale chiedersi l’utilità della propria esistenza.

Un’altra freccia. Lo stesso centro si dovette dividere in due frecce. Nonostante tutto non amava particolarmente l’arco. Uno strumento piuttosto anonimo. Doveva poter guardare negli occhi chi uccideva. Era una donna di spada. Era una donna crudele, infondo.

Il terzo colpo volò in una direzione indecifrabile. Leannel gli sentiva. Dei passi. Silenziosi, ma li sentiva. La freccia attraversò i capelli di lui che rimase fermo, impassibile.

“Non attaccare prima di conoscere l’identità del tuo nemico”

“La prossima volta, Reimer” rispose “pensavo stessi dormendo”

“Era quello che avrei voluto. Ma io sono stato sfidato. E questa è chiaramente indirizzata a te”

le porse la lettera bianco panna. Con aria stupita Leannel si avvicinò al bersaglio, staccando le due frecce. Si avvicinò e prese la lettera.

“Di chi è?”

“Non lo so. Una figura che mi ha preso allo scoperto. Stavo dormendo”

“E non te ne sei accorto? Stai diventando vecchio. Oppure il tuo avversario è molto forte.” Reimer sorrise annuendo.

Leannel aprì il sigillo sottile di ceralacca. Riconosceva bene la grafia del mittente:

Cara Leannel

  Signora di Bosco Atro

Mi scuso per la maniera scortese con la quale vi è stato recapitato il messaggio. Colui che lo ha portato è anche motivo della mia lettera. O meglio uno dei motivi. Perché i motivi sono due. Portate con voi anche il vostro servitore, o meglio guardia del corpo, Reimer, e ditegli che avrà la sua vendetta.

 

Saluti, ci vedremo presto alle mie dimore

Galadriel”

Incredibile quanto la signora di lorien riuscisse a leggere nei loro pensieri.

“E’ passato molto tempo dall’ultima volta che andasti” disse Reimer. Leannel fece qualche passo avanti a lui, poi si voltò, sorrise

“So benissimo che lo fai solo per te stesso” rispose lei. Anche Reimer sorrise. Un compagno prezioso, pensò Leannel. Prezioso anche quando lottava per se solo. Reimer non era una persona particolarmente altruista.

 

Galadriel fissava il tramonto, cercando nelle stelle la risposta alle sue domande. Non credeva di essere ancora capace di porsene. Ma infondo era una sensazione che aveva dimenticato. E le aveva fatto bene viverla di nuovo. I ragazzini erano arrivati dal nulla. E non sembravano avere intenzione di andarsene. Ragazzini. Erano comunque elfi. E non avevano sicuramente meno di una cinquantina d’anni. Anche se in confronto a lei, una delle più antiche tra i viventi, erano davvero dei bambini. Temeva per la loro vita. Temeva per quella di Leannel. Non riusciva a provvedere neppure a se stessa, come avrebbe fatto con tra le mani quelle di altri due? O forse la sottovalutava solamente. O sottovalutava i due ragazzini.

In quel momento passi chiari nel lungo e luminoso corridoio di legno bianco.

“Ho fatto quello che mi avete chiesto. Adesso potete ritenervi contenta”

“Lo sono. Arriverà presto. Tieniti pronto”

 

Leannel trasse un respiro. Certi messaggi ermetici dalla signora di Lorien non la convincevano affatto. Berehid era una cavallo ancora acerbo. Feren era morto poco tempo prima dopo aver consumato fino alla fine il tempo che gli era concesso. Reimer stesso lo aveva scelto al posto suo. Era andato a Rohan e aveva scelto il nuovo cavallo della stirpe dei guerrieri. Perché questo era Berehid, un guerriero. Un guerriero che combatteva senza mai fermarsi. E soprattutto senza essere mai sconfitto.

Posò la sella di cuoio scuro sulla schiena corvina del cavallo.

“Partiamo allora” mormorò la voce secca di Reimer

“Avevo intenzione di partire sola”

“Un primo luogo tuo padre non lo permetterebbe mai. In secondo ho tanto diritto quanto te di sconfiggere chi mi ha sfidato”

“Non ti facevo tanto vendicativo”

“Lo sono” Reimer rise. Forse non era vendicativo. Ma doveva vedere negli occhi chi era riuscito a farlo tanto arrabbiare. Leannel si voltò di nuovo verso il suo cavallo nero.

“Un bell’animale. Ho fatto bene a fidarmi di te” disse mentre saliva sul dorso di Berehid. Reimer rise di nuovo. Leannel non aveva capito, o forse non voleva far capire, che il cavallo non era comune. Proprio per il fatto di appartenere alla stirpe dei guerrieri lo rendeva differente da ogni altro cavallo vivente. Lo rendeva quasi immortale. Gli era possibile vivere incredibilmente a lungo. Per lo meno Leannel avrebbe sofferto il meno possibile.

 

I due compagni cavalcavano ormai da ore, se non da giorni. In quella speciale compagnia le parole non erano abusate. In effetti non parlavano d quando erano partiti. Il sole caldo del tramonto illuminava le loro nuche. Leannel cavalcava con notevole grazia, nonostante il suo cavallo non avesse sostato che poche volte. Il cavallo di Reimer non era certo al livello di quello della sua signora. Ma non aveva certo bisogno di fermarsi. Erano così vicini, in realtà. Le poteva vedere le aule chiare di Galadriel.

Iol sole poteva illuminare solo quei luoghi con una tale intensità. Leannel amava dal più profondo della sua anima quella luce. Quella luce che sembrava venire dal passato, cui Galadriel era sicuramente più legata che al proprio presente.

“Mi fermo. Troppo a lungo il mio cavallo ha seguito il tuo. Non penso che continuerà con questo passo ancora per molto.” Leannel non si voltò. Ora il sole ed il vento non glielo permettevano. Vi era legata indissolubilmente. Quei boschi. E Reimer non era tipo da curarsi di certe cose. Così fece quanto aveva detto.

Non era certo colpa del suo cavallo se Reimer aveva deciso di fermarsi.  Era quel luogo. Tanto Leannel l’amava, tanto Reimer lo odiava. Gli odiava. Quegli odiosi elfi dai nomi altisonanti. E lo ricordava bene. Il viso di lei, Galadriel, col suo viso chiaro e lontano, quel giorno tanto tempo addietro. Quando quegli elfi avevano deciso di riunirsi per decidere del suo avvenire. E poi cos’avevano deciso? Niente. Perché lo avevano lasciato solo.

aveva detto con la sua voce pacata. Poi era venuto il suo compagno, col volto indurito dal tempo

Così era stato. E così Reimer era divenuto diverso. Era divenuto il maledetto. Reimer non era tipo0 da amare di dare colpe inutili a chi non le meritasse. Ma quegli elfi avevano potuto farlo essere come gli altri. Avevano imposto se stessi a lui. E gli faceva male dover fare qualcosa per loro.

“Mi avevano detto che non eravate un elfo vendicativo” disse una voce chiara e sottile dalle fronde scure “ma mi avevano anche detto che sareste venuto”

“Dunque siete voi colui che mi ha sfidato” rispose Reimer “Ora gradirei che vi identificaste”

“Io non sono nessuno” rispose dura la voce. Il figura sottile uscì allo scoperto. La figura non era più di un bambino. Agli occhi di un mortale poteva sembrare poco più di un diciassettenne. Ma Reimer, che non era tale, sapeva che non poteva avere meno di cinquant’anni. E a quanto poteva leggere erano stati cinquant’anni di sofferenze.

“Il mio nome è maledetto” disse la voce

“No, non lo è. Sei solo un ragazzino”

“Se fossi un mortale sarei vecchio e saggio”

“Sembra che tu non lo sia” rispose Reimer “Sei un elfo. E per un elfo è incredibilmente difficile essere vecchio e saggio. Come essere maledetto” Reimer rimase un istante in silenzio. Non credeva che le parole fossero davvero sue come non credeva di essere lui stesso a star sorridendo benevolmente. Egli stesso era maledetto. O almeno si riteneva tale. Non credeva che tutto sarebbe potuto cambiare così velocemente. Leannel gli aveva dato la sua pace, se era questo il modo di chiamarla.

“Mio fratello l’ha sognata, colei che ti ha accompagnato. Ma io non conosco il nome di quest’uomo vendicativo” il ragazzino aveva cambiato discorso. Ora era la luce di Lorien ad illuminarlo. Reimer lo poteva vedere. Era alto e molto esile. I tratti femminei e i lunghi capelli scuri. Ma ciò che più lo colpì furono gli occhi di lui. Di un blu profondo e allo stesso tempo impenetrabile. Solo un uomo come Reimer sarebbe riuscito a leggervi tanto dolore. Sembrava che fosse confuso. Sembrava che si fosse costretto ad essere forte ogni istante della sua breve vita. Reimer si sentì triste. Come da tempo non accadeva. E da quell’istante comprese che non sarebbe tornato solo con Leannel da quella missione.

 

Leannel cavalcava. Quei luoghi riuscivano a renderla immensamente felice. Dimenticava la sua missione. Dimenticava chi fosse. Quale fosse il suo nome. Qual’era il suo nome?

“Quella principessa

dagli occhi grigio mare

Chi è?

Conoscete il suo nome?

E’ Leannel. È la principessa triste.

È lei che cavalca silenziosa

Cosa porterà il suo arrivo?”

Una voce sottile. Bella e melodiosa. Ma il testo mancava di fantasia. Non una bella storia. La sua storia. Senza accorgersene era arrivata alla dimora di Galadriel. E quella voce. Penetrante.

“Chi sei?” Leannel non era in condizione di non perdere la pazienza. La spaventava, qualcuno che la conoscesse senza averle mai parlato. Perché non aveva mai sentito quella voce. L’avrebbe ricordata. “Come sai chi sono io?”

“Vi ho sognata.” Rispose la voce seduta tra le fronde di un albero. “spesso la signora di queste terre ha fatto il vostro nome”

“Non mi avete risposto” sembrava che non ne avesse nessuna intenzione. Silenzio. Leannel non lo sopportava. Come non sopportava di essere presa in giro. Sapeva bene da quale albero venisse la voce. E non le fu affatto difficile raggiungerla. In pochi istanti fu davanti alla voce, seduta su di un ramo, e puntò il coltello al collo della voce.

“Sarebbe un peccato impedire che tu canti di nuovo” disse “non prendermi in giro” rimase immobile. Per la prima volta stava puntando un coltello al collo di un bambino. Il bambino rimase con la stessa espressione immobile e persa.

“Ti prego fallo” disse. Era la stessa voce. Quella voce che Leannel aveva amato dal primo istante. Avrebbe fatto qualunque volta per rendere felice quella voce. Ma si accorse che gli occhi blu profondo del bambino, dall’aspetto androgino ed i capelli scuri, legati in una coda semplice, erano pieni di lacrime. Non l’avrebbe mai uccisa.

“Chi sei tu?” chiese Leannel sillabando le parole.

 

Reimer era solo. Non capiva come fosse possibile che fosse arrivato prima di Leannel. In qualche modo lo spaventava il fatto che lei fosse sola. E lo spaventava anche quello di dover entrare solo in Lorien. E nonostante la preoccupazione si facesse strada in lui si sentiva felice. Non era davvero un uomo vendicativo. Il ragazzino era libero ora. Ma cosa avesse ritardato Leannel, lui non lo sapeva. Ed era l’angoscia a prendere il posto delle sua domande. Lasciò il cavallo. Ora doveva trovarla. Leannel. Camminò per qualche tempo. Ma era facile sapere che non era molto lontana. Leannel era sempre stata attratta dall’acqua, quando era triste. Era sola sulla riva del Nimrodel dalle acque argentee. Stava piangendo.

“Leannel” disse lui “penso che ci stiano aspettando”

“Aspetteranno ancora.” rispose lei asciugandosi le lacrime. Reimer non si era comportato con qualcuno come faceva con Leannel. Si sedette accanto a lei.

“Che è successo, capitano?”

“Oggi pensavo di essere felice. Eppure un bambino con la voce più meravigliosa che io abbia mai sentito mi ha chiesto di ucciderlo.” Reimer comprese che Leannel non avrebbe smesso d piangere. Passò la mano accanto alla spalla di lei.

“Era un bambino.” Leannel pianse più forte “non aveva più di cinquant’anni e parlava come se fosse stato già morto.” Leannel la strinse e avvicinò la sua fronte a quella di Leannel.

“Non è questo. Che ti prende”

“Anche io la cerco. Ma quante volte ho io i suoi anni? Quante volte? E qual è la risposta? Il mondo è brutto Reimer!”

“Non lo è. Non lo è, stai tranquilla. Non ancora.” rispose lui “E’ per loro che siamo qui.”

“Loro?”

“Ho incontrato colui che mi ha sfidato. Devono essere fratelli. Ma non mi ha detto il suo nome.”

“Neppure l’altro l’ha detto a me” Leannel si asciugò le lacrime. Sembrava che fosse passata

“E’ per loro che Galadriel ci ha detto di venire”

“E’ probabile. Pensa che ci somiglino. A te per la loro storia e a me per la loro debolezza.”

“Quello che mi ha parlato non era affatto un debole. Diventerà un uomo incredibilmente intelligente.” Reimer sorrise “E poi, non lasceremo che diventino come noi”

“Saranno forti. Torneranno con noi a casa” Leannel si alzò in piedi “ora Galadriel ha smesso di aspettare”

 

“Chi sono i ragazzini?” disse Leannel sulla soglia della sala più chiara del palazzo ora illuminata dalla luce del tramonto.

“Non pensavo che avessi smesso di salutare”

“Ci sono cose più importanti di ‘salutare’” rispose con voce dura.

“Già” Galadriel stava bagnando i fiori sul balcone. Una figura che non le si addiceva decisamente. Sorrideva, ma come sempre il suo sorriso era colmo di angoscia. Solo una volta Leannel credette di vederla sorridere davvero. Ma sarebbe passato molto tempo ancora.

“Entrate” disse. Lo stile telegrafo ed ermetico di Galadriel non era mai cambiato. E non aveva mai smesso di lasciarla stupefatta. Come non riusciva a spiegarsi il fatto che la signora di quelle terre avesse percepito la presenza di Reimer alle sue spalle.

Leannel entrò in silenzio, seguita da Reimer. Per la prima volta il guerriero elfo si sentiva in profonda difficoltà. Ma pensò che avrebbe affrontato Galadriel come aveva sempre fatto per ogni altra cosa. L’avrebbe lasciata passare senza farsi toccare. Ma forse con Galadriel non avrebbe funzionato.

“Non ti sentire a disagio, Reimer, perché della complessità del nostro rapporto solo mia è la colpa” Galadriel. La voce armoniosa e triste. Le parole scelte con cura. Galadriel.

Reimer abbassò il capo. Si disse che non sarebbe mai riuscito ad odiare quel pomposo elfo dal nome altisonante.

“Li avete incontrati?” disse la bianca dama

“Si” rispose Reimer, parlando per la prima volta “entrambi”

“E conoscete i loro nomi?”

“Non ce li dissero. Uno mi chiese di ucciderlo e l’altro a Reimer di sfidarlo. Noi rifiutammo entrambi. Ma il loro nome non vollero dircelo.”

“I loro nomi sono Talmaye e Salmaye. Ma non gli conosco dalle loro labbra. Essi non avevano mai parlato a nessuno straniero o meno che fosse.”

“Talmaye e Salmaye.. altrove ho sentito i loro nomi. Sono del Nord. Mi dissero che c’era una minaccia laggiù, tempo fa. Ma poi venni a Sud con Leannel e non ne seppi più nulla” Reimer si era seduto su di una sedia bianca, ricamata finemente.

“Ebbene, qual è la loro storia” interruppe Leannel che detestava quella certa chiave discorsiva che stavano affrontando “E qual è la nostra parte nella loro storia?”

“Loro padre fu convocato da Elrond. Venne mandato a Sud, tra i mortali e nel male più grande. Ma tornò molto cambiato. Dissero che non era tornato alle aule di Elrond. Tornò alle sue dimore. E dissero che entrato nel suo palazzo andò a cercare sua moglie e l’uccise. Poi cercò i suoi due figli. Aveva intenzione di ucciderli. Ma quello che ti ha sfidato, Reimer, quello, ha ucciso suo padre. Per salvare se stesso e chissà quanti altri elfi. Di contro non sapremo mai cos’avesse visto loro padre. E di contro ancor maggiore, i due figli divennero solitari e presero a vagare per i boschi. Abbandonarono il loro regno. Fin quando non fu deciso che non era giusto. E gli alti elfi si riunirono. E siccome già sbagliai una volta” il suo sguardo si spostò su Reimer, finche i loro occhi s’incontrarono “decisi che sarebbero venuti con me. Ma da quando sono qui la situazione non è cambiata. Non parlano, mangiano molto poco, e dormono sugli alberi. Salmaye soffre mentre Talmaye è divorato dal rimorso. L’uno sembra essere l’unica ragione di vita dell’altro” Leannel pensò che fosse molto triste. Erano solo dei bambini.poi pensò che la sua stessa storia non era molto differente. E pensò che davvero lei e Reimer avrebbero dovuto impedire che quei due bambini diventassero come loro.

“Quindi?” mormorò

“Dovrete parlargli. Dovranno tornare con voi a Bosco Atro, tra qualche tempo.” Leannel annuì fece un cenno col capo, si voltò per poi uscire dalla stanza.

“Eccola, la nostra prima missione importante” disse a Reimer, alle sue spalle.

 

Reimer pensò che Galadriel era una donna molto maliziosa od una molto intelligente. Non era comune che due elfi dormissero nella stessa stanza di un palazzo tanto grande, insieme, senza avere un rapporto amoroso che li legasse. Eppure quello era stato il loro caso. E se Galadriel fosse stata una donna maliziosa avrebbe avuto molte cose da pensare. In fondo a Reimer faceva molto più piacere stare in una sola grande camera dal grande giardino, che in una più piccola da solo. Perché in realtà il sentimento che legava lui e Leannel non aveva nome. E allo stesso modo non aveva peso, non aveva forma. Non era amore. Non era un qualche legame fraterno. Pareva che fossero identici eppure abbastanza lontani da non togliere l’uno all’altro la libertà di cui aveva bisogno.

Leannel fece i primi passi dentro la stanza chiara. Era stanca, in viso. Si sedette sul letto grande.

“Devo vederlo” Reimer la guardò confuso. Leannel era solitamente una persona piuttosto arida. Non era facile che i sentimenti scorressero veloci nelle sue vene. Eppure con quel bambino era stato diverso. Reimer comprese. C’erano sempre delle cose diverse.

“Vuoi che lo mandi a cercare?”

“No, arriverà” a volte Leannel si chiedeva se Reimer avesse spontaneamente acquisito quella forma di servilità. A volte sembrava che più che un confidente fosse una guardia del corpo. Questa era una di quelle volte. Non che a Leannel non piacesse. Magari a qualcun altro avrebbe dato ordini impossibili, o fatto altre cose puerili del genere. Ma Reimer era Reimer. E Leannel amava Reimer in modo differente da ogni altro.

Reimer capì quello che Leannel diceva. Forse era vero. Ma non gli andava di stare fermo. Quel posto lo rendeva inquieto.

“Va, se vuoi. Hai un conto da regolare..” disse Leannel distogliendolo dai suoi pensieri.

“Non posso regolare un conto con un ragazzino, ma forse gli parlerò.”

“Comunque sia, non ti chiedo di restare qui” Reimer annuì debolmente. Sorrise tra se e se. Giunto sulla porta si voltò verso la compagna. Era bellissima quando non era certa di ciò che le veniva in volto. In quel momento concepì che non era possibile che Leannel fosse davvero una persona tanto arida da non essere mai riuscita ad amare. Le luci attorno a lui si fecero opache. Reimer camminava solo nel corridoio di fronte alla stanza. O forse non era la stessa stanza. Chissà dov’era.

 

Leannel appoggiò il capo alla spalliera del letto. Trasse un profondo respiro.

“E’ solo un ragazzino” si disse “anzi sono due”. Vero. Erano due. Due ragazzini. Non uno. Non aveva ancora visto gli occhi di colui che aveva ucciso suo padre. Gli occhi freddi di chi è cresciuto prima del tempo. Gli occhi di chi aveva scelto prima del tempo. Leannel pensò a cosa avrebbe fatto se suo padre avesse ucciso sua madre e avesse puntato il pugnale contro Legolas. Probabilmente non le sarebbe stato tanto difficile uccidere suo padre. Si sentì crudele. Non era una brutta sensazione dopo tutto. Amava uccidere e odiava suo padre. Le due cose andavano d’accordo. Questo era orribile. Si disse che era una stupida. Forse non l’avrebbe mai ucciso per solo rispetto. Forse. Leannel si ricordò di detestare i ‘se’ ed i ‘forse’. Era stata una giornata pesante.

Si alzò e si sedette nel giardino. Era bello. Molto piccolo. In fondo non le interessava.

Passi. Passi lenti leggeri ma decisi. Nonostante avesse sonno Leannel gli sentiva chiaramente. Non conosceva quel passo. Non l’aveva mai sentito.

“Chi siete?” mormorò. Il volto magro si affacciò dalla portafinestra. Un elfo molto giovane. Quasi un ragazzino. Non poteva avere più di cinquant’anni. Aveva già visto quel viso. Ma era stato molto diverso. Ora inspiegabilmente quel viso si era dipinto di forza. Di gioia. Quel volto di quello stesso bambino che ore prima le aveva chiesto di ucciderlo era solare. Era forte. Era Salmaye. Non poteva essere lo stesso. Forse il fratello di cui parlava Reimer. No, era Salmaye. Era lui. Non aveva lo sguardo freddo. Il suo sguardo era pieno di lacrime versate al fine di rimarginare le ferite. Sembrava che in parte le ferite si fossero rimarginate. Leannel pensò che magari avrebbe potuto farlo anche lei qualche volta, piangere per rimarginare le ferite, e poi, sorridere.

“Io devo chiedervi scusa” disse la voce flebile del ragazzino. Quella voce bellissima. Leannel lo guardò un istante. Aveva i capelli legati. Come la prima volta. “Avrete avuto un’idea sbagliata di me, oggi.” Leannel fece cenno di no col capo. Non c’era nulla di strano. Per lei. Per lei che aveva cercato di uccidersi in più di un’occasione. Ma pensò fosse meglio non parlarne.

“Non è successo. Io non ho alcuna idea di voi”

“Talmaye dice che Galadriel vi ha già detto tutto”

“Talmaye ha ragione. Non ho bisogno che tu mi parli di tuo padre”

Il ragazzino sorrise. Era molto bello. Forse più del suo canto. Il sorriso dipinto in un volto tanto sofferente. Una sintesi perfetta di quello cui Leannel non sapeva dare nome. Una sintesi perfetta della forza. Salmaye. La pesona più forte che Leannel avesse mai conosciuto.

“E’ una donna molto buona.” Disse il ragazzino, sempre sorridendo. “ci ha portato qui con buone intenzioni.”

“Ma siete distanti. Avete bisogno di altro.” il bambino sorrise di nuovo. Non era un sorriso imponente o invadente. Era devastante. Il sorriso di un cuore lacerato. Leannel si sentiva oppressa. Meritava forse questo bambino tutto i dolore che aveva subito?  Rabbia. Per la prima volta Leannel ebbe voglia di piangere per qualcuno all’infuori di se stessa. No, non era una persona arida. Talmaye si sedette accanto a Leannel. Non si faceva molti problemi a prendere confidenza.

“Cos’avevi?” chiese Leannel

“Mio fratello. Ieri sera se n’è andato. E ancora non avevo potuto rivederlo. Quando mio fratello non dorme con me faccio dei brutti sogni. Non so se lo si può definire ‘dormire’” Leannel aveva appena conosciuto qualcuno che sognasse come lei. Era molto strano. La faceva sentire un po’ meno sola. Ma le faceva sentire quanto fosse ingiusta la vita.

“Cosa sogni?”

“Sogno cose brutte, cose tristi”

“Tuo padre?”

“Si, poi ci sono altre cose. Cose che non conosco. Persone.” La fissò un attimo negli occhi grigi smaltati di blu “Ti ho sognata ieri notte. Mentre ti chiedevo di uccidermi.”

“Sarei una cosa brutta” disse Leannel sorridendo. Il ragazzino sorrise a sua volta nonostante Leannel si fosse resa conto che ridere forse non era la cosa migliore. “No, suppongo di essere una cosa triste” lo sguardo di lei si perse. “Cosa farete, tu e tuo fratello?”

“Non tocca a me decidere cosa faremo. Certe cose sono di sua competenza.” Leannel sorrise di nuovo. Quel bambino era incredibilmente puro. Incredibilmente tenero. Come avrebbe mai potuto ucciderlo?

“Di sua competenza…si. Allora suppongo che dovrò parlare a questo vostro rigidissimo fratello”

 

Reimer si appoggiò al muro. Era da molto tempo che non si sentiva così. La testa girava e la vista era offuscata. Sentiva come un grosso peso gravargli sul petto ed il respiro si era fatto affannoso. Si appoggiò con la schiena strisciando, per poi cadere  a terra. Seduto. La testa non faceva meno male. Maledetta, stupida Leannel. Era colpa sua. Era quel posto. Era quel posto. Erano gli elfi. I pomposi elfi dai nomi altisonanti. Erano le mura candide di quel palazzo. Come se avesse bevuto per tutta òla serata precedente. E fino a prova contraria non era così. Era molto tempo che non faceva una bevuta degna di quel nome, pensò. Ma si accorse che non aveva più la forza di pensare. chissà  cos’era.

“Voi… Reimer non siete certo nelle migliori condizioni” era la voce sobria di Galadriel. Per un attimo l’aveva scambiata per Leannel. La loro tonalità di voce non era poi tanto differente.

“Non ho bisogno di essere giudicato”

“Chissà cos’avete. Forse vi basterebbe avere un po’ di riposo. Non dev’esser facile avere Leannel come padrona.”

“Leannel non è la mia padrona. Leannel è nata dal mio stesso albero” lo sguardo di Reimer era diventato duro. Evidentemente non aveva alcuna voglia di parlare con Galadriel, bianca dama di Lorien.

“Non avete ancora dimenticato..” si abbassò in ginocchio e afferrò il braccio di lui, passandolo attorno alle sue spalle.

“Come avrei potuto”

“Sbagliano. Voi siete un uomo molto vendicativo” la voce della dama aveva assunto come un tono di rimprovero.

“Dove mi portate?”

“Alle vostre stanze. Allora fui costretta ad abbandonarvi. Ma eravate forte. I ragazzini nuovi non saranno abbandonati.” Per la prima volta Reimer abbassò lo sguardo. Quella donna aveva il potere di metterlo a disagio. Non ne parlò ma infondo pensava che non era molto bello che volessero lasciare a loro i due bambini. Forse Galadriel lo sapeva. Senza bisogno che Reimer ne parlasse. Reimer si rese nuovamente conto di essere tropo stanco per pensare.

Galadriel lo condusse alla porta della stanza chiara. L’elfo non avrebbe mai creduto che Galadriel l’avrebbe accompagnato veramente.

“lei mi aveva mandato a chiamare l’altro fratello” mormorò Reimer, chiaramente allo stremo delle sue forze.

“Quel ragazzino è un mistero. Penso che allora non potrete riceverlo entro questa sera.” Galadriel sorrise. Reimer lesse in quel sorriso un numero indefinito di sentimenti, che tutti assieme prendevano nome proprio. E nonostante Reimer non conoscesse questo nome il suo cuore fu pervaso da altrettanti sentimenti.  

Galadriel bussò. Reimer l’osservò un istante, appoggiato contro mil muro chiaro. Non aveva mai visto bussare a quel modo. Era irreale. Lontana e candida. Era diversa da ogni altro. per un attimo si chiese come era riuscito ad odiarla per così tanto tempo. Quell’essere che sembrava tanto capace di fare del male, dall’alto della sua candidezza.

Leannel aprì la porta. Nei suoi occhi una luce strana. Gli ricordava un po’ quando si erano conosciuti.

“Il vostro compagno sta male. Penso che basterà che dorma.” Reimer le lanciò uno sguardo furtivo. Galadriel sorrise.

Leannel con la fronte aggrottata fissava ora Reimer mentre lo accompagnava a sedersi sul suo letto. Reimer si sdraiò passando una mano sopra la fronte.

“Cos’è successo?” chiese lei, seduta accanto a Reimer

“Che è successo  a te” rispose lui “di tanto importante da far dormire un ragazzino nel mio letto”

 

Leannel sospirò. Reimer era letteralmente crollato. Si chiese cosa l’avesse portata a pensare che il suo compagno potesse non avere limiti. Reimer era un elfo comune, dopotutto. E non doveva essere semplice stare accanto ad una come lei. Non aveva neppure aspettato la sua risposta. Leannel sapeva che non avrebbe dormito. Non sapeva quello che era successo a Reimer, e questo l’infastidiva. Solo più tardi avrebbe sviluppato una sorta di apatia.

Ora fissava il ragazzino, Salmaye, disteso nel letto candido di Reimer. Era un ragazzino molto strano. Leannel sapeva che non avrebbe potuto separarsene. Era candido come la neve. Leannel cercò di ricordare quanto potesse essere fredda e candida la neve. Era passato molto tempo. Da quando era andata al nord e aveva visto la neve. Forse Reimer la ricordava più nitidamente.

Leannel mise su la casacca nera di Reimer ed aprì la porta sottile. La tranquillità non era certo parte del suo ambiente ideale.

Passeggiò. Non si ricordava bene quei luoghi. Infondo era sempre stato così. Ogni volta. Era sempre stato come un sogno. Le voci erano lontane ed i colori confusi. E poi c’era sua madre. Gli occhi della donna elfo si velarono di lacrime. Ma sua madre era morta davvero molto tempo addietro.  E Leannel vide di nuovo Galadriel e Miriel e quei pochi elfi che sapevano della sua esistenza unirsi a lei in quel breve segno di lutto. Infondo sua madre era già morta una volta. Per molti. Leannel pensò che la sua fosse davvero gente stupida.

Ora era fuori dal palazzo. Ora vagava per il bosco che attraversato dalla luce del giorno era risultato tanto differente da come appariva ora. Faceva un po’ freddo, ora. Leannel aveva deciso di dimenticare il discorso del non avere freddo. Forse in realtà non era un elfo. O forse erano tutti gli elfi a mentire. Il fatto rimaneva. Lei aveva freddo. Ora come in passato. E  le piaceva, avere freddo.

“Chi siete” una voce tagliente da un albero sulla sua testa. Un corpo esile atterrato al suolo. Un pugnale sottile al collo di Leannel “Chi siete per portare tanto scompiglio nelle nostre viste?”

Leannel trasse il suo pugnale bianco e disarcionò quello della figura

“Il mio nome penso che lo conosciate. Per il resto non era mia intenzione portare scompiglio. Mio obiettivo era anzi l’opposto” Con movimenti tanto veloci che l’occhio faticava a seguirli Leannel puntò il pugnale bianco alla gola del ragazzino. Troppo tardi si rese conto di aver esagerato. E si rese conto anche che il suo avversario non era da sottovalutare. Il ragazzino scomparve per riapparire alle spalle di lei. Nonostante tutto Leannel rimaneva più veloce e lo costrinse a cadere a terra.

“Finalmente ci conosciamo” Leannel sorrise allungando la mano. Il ragazzino non accettò il suo aiuto. “Anche se controvoglia ora noi dovremo parlare” mormorò Leannel.

 

Salmaye alzò il viso caldo dal cuscino candido. Si chiedeva come avesse potuto addormentarsi. Stava parlando con una donna bellissima. E si era addormentato come uno stupido. Era già accaduto una volta. Con Galadriel. Forse le donne belle gli facevano venire sonno. E lui che pensava di essere un materialista. Sorrise. A volte si faceva paura da solo. Era entrato nel letto di una delle donne elfo più belle mai nate. E ora rideva solo. Si alzò in piedi. Afferrò quel nastro che Leannel si era curata di togliergli prima di coricarlo. Non gli piaceva affatto avere i capelli lunghi. Aveva sempre pensato di tagliarli, una volta o l’altra. Ma vivendo alla corte di Galadriel, la più convenzionale delle dame elfiche, non ne aveva mai avuto la possibilità. Si guardò intorno. Leannel non c’era. Salmaye era triste. Si guardò attorno di nuovo. Non era solo. C’era un’uomo vestito di quelli che non dovevano essere i suoi abiti da notte. Dormiva spossatamene nel letto di Leannel. Salmaye si avvicinò. L’elfo era molto bello. Gli ricordava un po’ suo padre. Non era una bella cosa infondo. Suo padre era un mostro. Reimer era un uomo forte, duro e autoritario. Ma certo non era un mostro.

L’uomo scuro si mosse. Forse aveva sentito il suo respiro, pensò Salmaye. Doveva essere un guerriero. Il ragazzino saltò all’indietro per cadere a terra. Se era un guerriero ora l’aveva sentito sicuramente. Difatti Reimer, dall’aria stordita si era alzato a sedere. Passò le dita sugli occhi e  fissò lo sguardo impenetrabile sulla figura del bambino.

“Tu sei Salmaye” disse. Il ragazzino annuì. “Avresti fatto meglio a riflettere prima di piombare nella sua vita”

 

Leannel si rese conto che lo sguardo del ragazzino ricordava incredibilmente quello di qualcun altro. Leannel gli aveva detto di entrare nel palazzo, ma il ragazzo aveva reagito solamente agitando il capo. Sembrava non averne intenzione.

“Se vuoi che ti porti via con me farai meglio a parlare” disse lei. Non capiva perché Talmaye avesse preso questo atteggiamento. Reimer non aveva detto che era un ragazzo remissivo. Eppure questa era la realtà. Il ragazzino sedeva a terra e sembrava non aver alcuna intenzione di parlare.

“Hai capito?” Leannel si sedette accanto al ragazzino “Voglio che tu mi parli”

“A che pro dovrei parlarti? Per farmi accompagnare nelle tue dimore fredde e dovere abitare per sempre in un luogo sconosciuto, come ospiti? Ho già vissuto metà della mia vita in questo modo. Non ho intenzione di farlo ancora” Leannel rimase in silenzio. Era una delle prime volte che si sentiva sicura di qualcosa. O per lo meno più sicura del suo interlocutore. Pensò che Talmaye non parlasse affatto come un ragazzino. Pensò che Talmaye non avesse nulla di un ragazzino.

“Non vivrai a Bosco Atro come hai vissuto qui. Bosco Atro è la mia casa e tutti fanno quello che io gli dico di fare. Questa non è la mia casa ma tu farai esattamente quello che io ti dico di fare.” Leannel sorrise. Lo sguardo del ragazzino invece fu intristito, e a Leannel parve essersi riempito di lacrime. “Che succede?” chiese la dama

“Non avrò mai un'altra casa.” Il suo sguardo non era pieno di lacrime. Era alto. Come se avesse dovuto difendere il suo onore da qualche cosa. “Ho fatto qualcosa di troppo terribile”

“Non avevi altra scelta. Ho fatto cosa incredibilmente più terribili di quella che hai fatto tu, eppure io ho una casa. E voi verrete con me. E combatterete per me” Talmaye si sentì tranquillo. Solo ora vedeva Leannel. Solo ora che il sole stava sorgendo. Leannel era bellissima. E adesso sul suo volto era la cosa più simile ad un sorriso che Leannel riuscisse a ricordare.

“A mio fratello non piace combattere. Lui vuole solo cantare”

“Questo dovrà aspettare. Fin quando non sarò io a decidere il contrario voi farete esattamente quello che io vi ordinerò. Quando lo deciderò Salmaye potrà fare quello che preferisce.” Talmaye sorrise. Non era un bambino scostante e remissivo. Era molto triste. Ed era divorato dal rimorso. Ora riconosceva il suo sguardo. Uno sguardo simile a quello impenetrabile di Reimer. Pensò che in realtà non sapeva nulla del suo compagno. Perché negli occhi di Reimer avrebbe dovuto esserci rimorso?

“Dov’è mio fratello?” chiese Talmaye. Senza neppure accorgersene Leannel era volata lontano.

“Prepara la vostra roba, Salmaye è da me” Leannel si voltò “aspetta” mormorò “C’è altro che devi dirmi. Devi dirmi di tuo padre”

“Non so nulla. So solo che ho dovuto ucciderlo”

“Non cambiare mai” disse Leannel voltandosi di nuovo. Senza potersene accorgere una lacrima calda scorse sul suo viso chiaro.

 

Salmaye si sentì improvvisamente stupido. Reimer lo guardava dall’alto con lo sguardo più severo che riuscisse a ricordare.

“Avete combinato un bel caos, voi, tu, tuo fratello e Galadriel. Spero solo che il gioco valga la candela.” Reimer si alzò. Allungò la mano a Salmaye che sedeva ancora a terra. “Se non altro tu e tuo fratello siete fatti della stessa pasta. Sarete dei buoni allievi, mi auguro” L’elfo uscì frettolosamente dalla stanza chiara. Salmaye si chiese in che razza di guaio fossero andati a cacciarsi lui e suo fratello.

 

Reimer camminava velocemente. Sapeva perfettamente cos’avrebbe dovuto fare. E l’avrebbe fatto prima se la stanchezza non l’avesse fermato. Eccola. Leannel. Chissà cos’aveva fatto. Piangeva. Non la vedeva piangere da un sacco di tempo ormai. Si trovarono l’una di fronte all’altro.

“Ora penserai che sono una stupida” sussurrò Leannel “forse hai ragione” appoggiò il viso contro la spalla nera di Reimer.

“Che succede” rispose Reimer

“I Bambini verranno con noi”

“Questo non è un male, né qualcosa di stupido” Reimer passò la mano destra tra i capelli di Leannel.

“Quei bambini mi fanno male”

“No, non è così. Sono solo bambini. Non è una responsabilità eccessiva. Sono intelligenti.” Leannel trasse un profondo respiro. Si allontanò dalla spalla. Reimer sorrise. “Va a parlare con Galadriel. E poi va’ a preparare i cavalli” Leannel sorrise a sua volta

“E tu dove andrai?” chiese. Ma era tardi e Reimer se n’era andato. Leannel si chiese cosa avrebbe fatto quando lui l’avrebbe abbandonata davvero.

 

“Avete visto Talmaye?” chiese Reimer dall’aria impaziente. La serva, una piccola donna elfo dai capelli chiari arrossì dolcemente, facendo cenno di no col capo. Non era importante, pensò Reimer, l’aveva visto. Il ragazzino portava delle borse.

“Cosa fai?” chiese Reimer sarcastico

“Dobbiamo partire. È questo ciò che volevate”

“Si, è questo” Reimer prese a fumare del tabacco “Tu sei decisamente troppo piccolo” sorrise. Il ragazzino rispose allo stesso modo.

“Quindi mi insegnerai tu a combattere”

“Sembra di si. Ma non dovrò essere troppo bravo. Abbiamo un conto in sospeso. Aspetterò solo che tu sia abbastanza grande da risponderne”. Reimer si allontanò. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva leggero. I ragazzini erano solo una ventata di novità nella loro vita triste.

“Con chi abbiamo a che fare?” chiese Salmaye seduto dietro suo fratello.

“Non lo so.” Rispose il fratello dal volto scuro

“La cosa sembra comunque entusiasmante” Salmaye sorrise. Talmaye sorrideva sempre quando lo faceva suo fratello.

Sembrava davvero che ora fossero in quattro.

 

 

  
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