Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Leannel    16/08/2004    0 recensioni
Storie delle vite passate di Leannel e compagni. In questa primo incontro tra lei e Reimer
Genere: Avventura, Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Saltò bruscamente all’indietro

Introduzione

 

 

Ok ok ci siamo. Premetto che per un motivo e per un altro adoro questo scritto breve.  Forse per Reimer, o forse perché si ha modo di conoscere più approfonditamente i personaggi principali. Leannel non è messa molto in risalto, per esempio. La sua presenza c’è sempre. Si percepisce chiaramente. Ma soprattutto  si parla di amore, di amicizia, di fratellanza, di perdizione e di cambiamento.

La storia in pratica è quando i ragazzi sono costretti a portare con loro Morien. Nella fiction non è tanto tangibile il fatto che quesi tutti siano consapevoli della verità per quanto riguarda Morien.

Non c’è una scelta precisa al fatto che sia affidata da Cirdan. E sono consapevole che molti di voi non ameranno l’immagine che ho dipinto di lui. Semplicemente me lo sono inventato. Ho pensato ad un Cirdan che nessuno avesse mai pensato.

Poi c’è il fatto che lui nei tre stramaledetti film, non compare. Per cui nessuno di noi ne ha un’idea precisa. E poi neppure nei libri se ne parla molto. Un elfo completamente pazzo non è qualcosa di tanto impossibile, infondo.

E poi c’è un altro pezzo su cui avrete da ridire. La scatola nera. Reimer e il suo percorso di perdizione. Il fatto è che a me piacciono gli uomini, deboli con se stessi e forti con gli altri, tristi e malvagi. Reimer non era abbastanza debole né abbastanza malvagio. Lo è diventato. Ho inventato una droga addirittura. Un mio amico è rimasto molto contrariato. Secondo lui è impossibile che gli elfi si droghino. Comunque fate finta che siano funghi allucinogeni o roba simile. Forse sono stata condizionata dalle ‘tre stimmate di Palmer Eldricht’ o come diavolo si scrive, che è il romanzo bellissimo che sto leggendo.

E poi c’è Salmaye. Una volta una mia prof ha detto che per dei ragazzini è sorprendentemente facile vedere la differenza distinta che c’è tra bene e male, tra giusto  e sbagliato. Questo è il segreto di Salmaye.

Talmaye è incredibilmente complesso. Mi piace molto. All’apparenza è forte e menefreghista. Eppure ha una sua anima debole, lievemente masochista. Ed è garbatamente acuto. Mi piace. Mi piacciono tutti e tre.

La cosa bella di Morien è che è tanto dolce da far si che anche Leannel, così dura, così disperata, l’ami immediatamente. Diventa il suo giocattolo. Più di quanto non lo sia mai stato Reimer. Qualcosa di molto strano. Mi piace molto quando dice che Salmaye rimpiange per tutta la vita di non aver ricambiato il bacio di Crise. Gli da qualcosa di più mortale. E anche quando si taglia i capelli. Comunque ora basta, è meglio che leggiate.

 

A tutti quelli che si perdono

 

A tutti quelli che distinguono immediatamente il bene dal male

 

A tutti quelli distrutti dal dalle loro stesse capacità

 

E a quelli che riescono a dare luce ai loro cuori

 

Questa è per tutti i Reimer, i Talmaye, i Salmaye ed i Morien del mondo

 

With love

 

Zoozy

 

 

 

Un Ragazzo

 

 

Saltò bruscamente all’indietro. Ora come mai riteneva impossibile quella sorta di combattimento che gli era stato presentato come un allenamento. Afferrò violentemente quella strana arma che non aveva nulla di elfico e che gli era stata regalata da Reimer, suo maestro, qualche tempo prima. Una lama a doppio taglio nel vero senso della parola. Aveva infatti due punte scure al centro delle quali una fascia di pelle bianca che costituiva l’impugnatura. Si guardò velocemente attorno. Pensava di aver seminato il suo maestro. Eppure era l’esatto contrario. Reimer aveva seminato Salmaye che infatti non riusciva più a vederlo. Bruscamente Reimer gli fu alle spalle e gli puntò contro la lunga arma rotondeggiante.

“Sembra che debba vincere io anche questa volta” disse con aria di superiorità.

“Non mi sembra un onore vincere contro il tuo allievo che ha una mano legata dietro la schiena ed i piedi tra loro”

“Forse non un onore, ma certo un divertimento” Reimer sorrise. Salmaye sentì di odiarlo. Balzò di nuovo velocemente all’indietro. Reimer rise di nuovo. Il suo allievo non era male, per essere un ragazzino.

Salmaye si disse che se quello era davvero il suo maestro era sicuramente un sadico. Quell’allenamento era impossibile. Combatteva da appena un quarto d’ora e già sapeva che avrebbe perso. Di solito durava più a lungo. Ora era allo scoperto. Il bosco dalle basse fronde lasciava libero spazio a tutta la luce che il sole fosse disposto a lasciar illuminare quei luoghi, di cui in realtà Salmaye non conosceva nulla. Reimer gli fu immediatamente avanti sempre sfoderando la sua spada. Le due lame si incrociarono e striderono.

“Non hai la stessa forza che nella mano destra” disse Reimer, disarcionando l’avversario. Salmaye si gettò all’indietro, ormai disarmato. E fu in questo salto all’indietro che da solo fece in modo di terminare il suo duello. Un arbusto. I due piedi legati inciamparono e Salmaye cadde rovinosamente.

“Maledetto” mormorò “questo incontro non ha nulla di valido” Reimer sorrise e, sempre più sadicamente puntò la lama d’argento contro il collo dell’avversario.

“Sei stato tu a chiedermi di diventare più forte di Talmaye”

“Non è vero” rispose Salmaye “ti stai solo annoiando. Ed io sono il tuo capro espiatorio”

Reimer rise, abbastanza forte da dare un certo senso di stupidità al suo interlocutore. Poi si inginocchiò, spostando la lama, e slegando i nodi che imprigionavano Salmaye.

“Non era affatto comodo combattere con una gamba sola disponibile” Reimer allungò la mano ed aiutò Salmaye ad alzarsi. Era cambiato moltissimo in poco tempo. Adesso era quasi alto come lui. I capelli erano ancora lunghi, ma non aveva mai smesso di legarli nell’indistricabile coda. Gli occhi erano diventati ancora più blu, ma si erano colorati di una voglia di vivere che a Reimer risultava quasi irreale. Era molto bello. Come suo fratello dopotutto. Erano identici. L’unica cosa a differenziarli veramente, oltre all’intenso amore per la birra di Talmaye, era la posizione del neo che avevano in volto. In uno sotto il mento, a destra; mentre per l’altro, nella stessa posizione a sinistra.

“Sei durato piuttosto a lungo, per essere te.” Reimer conosceva abbastanza bene Salmaye da sapere che se lo avesse adulato, questi avrebbe smesso proverbialmente di allenarsi. In realtà le differenze tra lui e suo fratello erano poco più che accennate. Ma era moto più pratico convincerlo di essere inferiore a Talmaye.

Salmaye scosse la casacca verde.

“Quando tornerà Talmaye?” sussurrò. Era quasi una giornata che rimanevano nello stesso accampamento. Una cosa inusuale, soprattutto quando il loro capitano, Leannel, non era presente. In realtà la lettera che era arrivata al sire di Bosco Atro era indirizzata unicamente a Reimer ed i suoi compagni. Inoltre Thranduil non avrebbe mai concesso a sua figlia di portare a compimento una missione che, se non pericolosa, avrebbe sicuramente avuto dei risvolti politici. Certamente questo non era il problema principale, dato che ai risvolti politici aveva unico accesso e predominio Talmaye, che oltre ad essere dotato di un’eloquenza non comune, era incredibilmente intelligente.

Reimer si tolse il lungo cappotto di consunta pelle nera. Poi si sedette. Erano ad Ovest. Non aveva idea di quanto potesse essere bello il tramonto tanto all’ovest.  Si sedette e Salmaye lo seguì.

“Chiariscimi che cosa ci facciamo qui” disse con aria seccata.

“Cirdan il carpentiere in persona ci ha convocati”

“No, aveva convocato solo te”

“Vedrai che non ha nulla di importante da comunicarmi. E poi per Talmaye sarà solo un divertimento”

“Forse hai ragione…” Salmaye fissò il tramonto per qualche istante

“Penso ci vorrebbe qualcosa di più impegnativo per Leannel” disse Reimer. Leannel. Era incredibile come il pensiero di Reimer la raggiungesse sempre. Salmaye era pienamente consapevole di non essere troppo intuitivo, Ma non aveva mai capito cosa legasse quei due elfi.

“Sempre Leannel… Chissà come sta ora?” disse Salmaye. Reimer lo squadrò un istante. Salmaye era semplicemente vitreo. Chiunque avrebbe potuto leggere nei suoi pensieri che non era questo ciò che gli frullava per la mente.

“Cosa c’è?” chiese con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

“Mi stavo chiedendo” Reimer era l’unica persona oltre a Talmaye ed a Leannel che riuscisse a fargli dire esattamente ciò che  aveva bisogno di sapere. Pensò che doveva essere uno stolto se erano solo queste le persone importanti per lui. “mi chiedevo di Leannel. Mi chiedevo se tu l’ami”

Reimer rimase un istante in silenzio. Poi sul suo viso si dipinse una strana espressione, come se non avesse creduto di sentire quello che aveva sentito. Si voltò fissò per un istante gli occhi del compagno.

Poi rise. Molto più forte di quanto non avesse fatto durante il loro combattimento. Salmaye non seppe se essere confuso o arrabbiato. Reimer era una persona molto complessa. Salmaye non seppe neppure leggere una risposta.

“Allora?” mormorò

“La tua purezza mi sconvolge” rispose Reimer sempre ridendo. Ora lo sapeva. Non poteva fare a meno di essere arrabbiato. Si alzò in piedi.

“Cosa?” gridò. Ma il suo sguardo fu catturato da qualcos’altro. una figura scura in lontananza.

“C’è Tal” disse, calmandosi.

Reimer pensò che nessuno all’infuori di Salmaye sarebbe riuscito ad accorgersi dell’arrivo di suo fratello. Grazia ed eleganza. Talmaye era un’immortale molto complesso. La stessa luce triste aveva albergato da sempre nei suoi occhi. Eppure ora sorrideva con quello sguardo brillante che gli permetteva di prendere chiunque alla sprovvista.

Anche adesso sorrideva. Salmaye comprese che suo fratello doveva aver raggiunto quello che voleva raggiungere. Non seppe dirsi però se questo era positivo o meno.

“Com’è andata allora?” disse Reimer, anche lui alzandosi in piedi. Talmaye aveva il volto più sereno che Salmaye gli avesse mai visto dipinto in volto. Non era affatto normale. C’era qualcosa.

“In realtà” disse la voce suadente e fredda allo stesso tempo di Talmaye “in realtà non mi è stato detto niente.” ora il sorriso di Talmaye era ancora più sereno. Mentre sul viso di Reimer si leggeva chiaramente dell’irrequietezza. “Il signore di queste terre dice che non parlerà con altri che con te, Reimer” Reimer sospirò. Non aveva nessuna voglia di parlare con Cirdan o con chiunque altro. Cirdan rimaneva uno dei quei pomposi elfi dai nomi altisonanti.

“Avanti Reimer! Non è come pensi. Cirdan è un elfo complicato e particolare. E sembra molto deciso. Forse vuole parlare con te perché sei originario di queste terre.” Salmaye si sentì improvvisamente tagliato fuori. Si era sempre sentito inferiore nei confronti di suo fratello. Reimer fece cenno di no col capo. Lui era originario del Nord.“Ma personalmente non lo credo. In compenso” Talmaye sorrise con tutta la forza delle sue guance “sono riuscito ad ottenere di farci ospitare per qualche tempo” Salmaye rise quanto suo fratello se non di più. Erano anni che non visitavano un posto tanto lontano dal Reame boscoso. Solamente ora gli dispiaceva che Leannel non fosse potuta venire. Forse Reimer avrebbe ordinato loro di non parlarne. Non sarebbe stata la prima volta.

“Dov’è che andiamo?” chiese Salmaye.

“A palazzo. La casa di Cirdan è meravigliosa” Salmaye si avvicinò ai tre cavalli e ne slegò le briglie dall’albero cui erano legati. Reimer fece cenno a Talmaye di smontare quel poco tendaggio che avevano costruito per passare la notte. Talmaye fece cenno di si col capo. Fissò per un istante Reimer. Era strano. Visibilmente turbato. Decise che gli avrebbe parlato poi. Afferrò le redini del suo cavallo, che gli porgeva suo fratello e salì sul dorso del cavallo grigio. I due compagni lo seguirono tra le fronde scure del paesaggio che si avviava alla notte. Talmaye rallentò e si avvicinò a Reimer.

“Cosa vuoi?” mormorò l’uomo scuro. “Qualunque cosa tu voglia chiedermi non è bene che Salmaye la conosca”

“Salmaye dorme.” Rispose freddo Talmaye “mi consideri dunque uno stupido”

“Se considerassi te come tale allora non dovrei avere considerazione di alcuno” Talmaye sorrise. Attese che Reimer facesse lo stesso. Ma non accadde. Reimer non sorrise. Rimase impassibile. Talmaye non era particolarmente sensibile. Ma era sagace. E conosceva Reimer meglio di chiunque altro. Era diventato quasi suo padre in tutto quel tempo. Quello stesso padre che aveva ucciso. Ma a Talmaye non piacevano certe forme di sdolcinatezza.

“Quell’uomo, Cirdan. È diverso da ogni altro con cui io abbia mai avuto a che fare. È sibillino. Ogni sua parola ne nasconde un’altra, e un’altra ancora.”

“Cosa c’entro io. Cosa sei riuscito a leggere nei suoi occhi?”

“Leggere nei suoi occhi. Tu parli senza alcuna cognizione. I suoi occhi. Sembrano scolpiti nel ghiaccio. Più impenetrabili di quanti mai ne abbia visti. Sono bellissimi. Non come quelli di Leannel. No, sono molto diversi. La loro unica espressione è la stanchezza. Sembra essersi consumato” Talmaye si passò la mano sulla tempia.

“Eppure se mi hai chiesto di parlare significa che sei stato talmente abile da leggervi”

“In realtà volevo sapere se tu sai qualcosa di quello che ti dirà. Il tuo sguardo è divenuto cupo. Ma forse il motivo è solamente che egli ti ricorda cose lontane.”

“Si, è così” Reimer sorrise

“Dopo aver letto negli occhi di una creatura come Cirdan, i tuoi sono semplici come un libro aperto”

“Quindi sei riuscito.. ti ho sottovalutato”

“Ora cominci ad avere paura della nostra sfida?”

“Non essere stupido. Dimmi cosa hai letto”

“Ho letto molta stanchezza. Ho letto un segreto oscuro.. forse una persona. Penso che abbia qualcosa di cui non ha intenzione di prendersi le responsabilità. Sarà un grosso peso.”

“Una persona”

“Ho sentito il suo cuore gridare un nome, Morien. Ma non so dirti altro. avrei auto bisogno di un incontro più lungo. Penso si sia accorto delle mie abilità. Per questo ha voluto allontanarmi.”

Reimer fissò il buio in silenzio per qualche tempo.

“Chi affiderebbe una vita a me?” mormorò.

“Tu sai tenere molto bene i segreti. Ma fa attenzione. Caricherà le tue spalle di un grosso peso.” Talmaye sorrise. “Salmaye sembra contento di rimanere qui”

“Si, lo è. Era da molto che non lasciavamo il Reame Boscoso. Eppure tu ti senti triste”

“Leannel vorrebbe essere con noi. E poi non sappiamo cosa potrebbe accadere. Lei è sola. E Leannel è molto cambiata”

“No, non è cambiata. È proprio questo il suo difetto maggiore. Leannel non cambia mai.”

“Ma noi l’amiamo per questo”

“Si, lo facciamo.” Reimer sorrise di nuovo. Ora sembrava quasi divertito. “tuo fratello mi ha chiesto se l’amo” Talmaye rise allo stesso modo.

“E’ molto ingenuo. Però a pensarci bene, ritengo che avresti bisogno di amare”

“Tutti hanno bisogno di amare”

“No, tu più degli altri. Hai bisogno di essere libero. Non lasciare che la storia antica continui ad influenzarti sempre.”

“Pensare che c’è chi dice che sei freddo e distaccato. Mi sembri fin troppo buono, Talmaye. Non siete tanto diversi voi due” sorrise ancora “ e tu, nessuna delle tue donne è morta a quanto ne so”

“Vedi io non sono fatto per le cose durature” Talmaye rise sinceramente, tornando a porsi alla testa della piccola compagnia. Reimer rallentò e legò assieme le briglie del suo cavallo con quelle del cavallo di Salmaye. Si avvicinò alla figura piegata.

“La prossima volta dormi veramente, oppure non ascoltare” sussurrò. Salmaye sbuffò.

 

Il giovane uomo elfo aveva perso il conto delle ore passate a cavallo. Pensava che la casa del signore di quelle terre fosse molto più vicina. Evidentemente Talmaye aveva scoperto tutto quello che sapeva in molto poco tempo. La luce del sole comparve magicamente all’orizzonte. Se il tramonto era stato bello, nell’alba c’era sempre qualcosa di più poetico. Alzò la testa nera dal collo del cavallo bruno e lo vide. Il grande palazzo bianco. A suo confronto quello della Bianca dama era piccolo e  buio. E poi, in lontananza, c’era il grande blu. Non lo aveva mai visto, Salmaye, il mare. La luce rossa illuminava le mura candide che rifrangevano lo stesso colore. Talmaye scambiò qualche parola con l’uomo che era di guardia al castello. Una bella armatura d’argento lucente. Salmaye pensò che fosse innaturale. Un elfo con un armatura.

“Si, ho fatto quello che il tuo signore mi ha detto. Ora deve darmi dove dormire e da mangiare. Poi potrà parlare col Maledetto, come ha chiesto”

L’elfo dalla armatura lucente, che Salmaye stava iniziando ad invidiare, gli fece cenno di passare, senza mai abbandonare l’inespressività del suo volto.

Reimer attraversò la porta scura seguito dai suoi compagni. Era passato molto tempo dalla volta in cui aveva parlato a Galadriel. Ebbene, solo il cortile di quella reggia gli ispirava le stesse sensazioni. Si chiese cos’avrebbe fatto quando avrebbe visto Cirdan. Si sentì improvvisamente insicuro. Freddo. Solitudine. Ma poi si voltò e vide bene in viso Talmaye, la sue espressione preoccupata, e Salmaye, forse contrariato, ma comunque con la sua aria perfetta di inconsapevolezza. E si disse che non c’era nulla che non avrebbe potuto superare.

l’elfo dall’armatura lucente afferrò Salmaye per un polso.

“Voi due avete una destinazione diversa. Il mio signore ha detto che vuole che siate portati alle vostre stanze” Salmaye sbuffò. Non aveva alcuna intenzione di obbedire agli ordini di quell’elfo. Talmaye sorrise e fece cenno di si col capo. Salmaye si tranquillizzò. I due fratelli seguirono l’elfo, lasciando Reimer solo.

L’elfo trasse un profondo respiro. Non aveva alcuna voglia di essere solo. Senza un motivo preciso gli tornarono alla mente le parole di Galadriel al loro incontro

‘Non deve essere semplice avere Leannel come padrona ’  in effetti non lo era. Anche adesso, in quello che era qualcosa a metà tra una missione ed un viaggio di piacere, non poteva fare a meno di chiedersi cosa stesse facendo Leannel. A volte si era chiesto perché dovesse essere lui a preoccuparsi per Leannel, e non Legolas o chi per lui. A volte aveva visto Leannel in lacrime e si era chiesto a cosa servisse un fratello debole come il principe. Ma poi si era sempre risposto che non era così. Semplicemente Legolas era egocentrico. E forse non era abbastanza forte. E  poi c’era Miriel. Una fanciulla graziosa. Non era esattamente il tipo di Reimer. Ma era molto buona. Forse era lei a renderlo insofferente al dolore di Leannel.

Reimer fu riportato bruscamente alla realtà. Passi lontani. Più di un passo. Erano tre. Nel tempo che alzò il volto, la prima, piccola, sottile, avvolta in un drappo scuro. Inciampò sulle caviglie di Reimer.

“Scusate” mormorò frettolosamente. Reimer fece per alzarsi ed aiutarla, ma le altre due figure lo fecero prima di lui. Dal profondo cappuccio nero, due occhi castani gli sorrisero in segno di gratitudine. Due occhi castani che non avrebbe dimenticato facilmente. Seguendo quegli stessi occhi castani il suo sguardo di alzò. Un uomo molto bello, dai lineamenti duri ed i lunghi capelli neri. E poi i suoi occhi.

Sembrano scolpiti nel ghiaccio, pensò.  Solo ora Reimer poteva rendersi conto di quanto Talmaye avesse ragione. Quegli occhi scolpiti nel ghiaccio lo fissavano. Quegli occhi severi. Non erano tristi, anche su questo Talmaye aveva avuto ragione. Erano stanchi, ma non tristi. Eppure  quella parola che il suo cuore avrebbe dovuto gridare Reimer non la sentiva.

Stupido, si disse, era chiaro chi fosse Morien.

“Sarà meglio che voi veniate con me.” Disse l’elfo con la sua voce profonda “In così poco tempo avete visto fin troppo. I vostri compagni saranno guidati da altri” Reimer si alzò dalla sedia rossa chiedendosi perché un grande re come Cirdan non avesse mandato altri al suo posto per chiamarlo. Si rispose che doveva essere una casualità.

Lo osservò alle sue spalle. I lunghi ricchi abiti, tra il bianco e l’argento. Il passo veloce. Forse troppo. Reimer pensò che dovesse essere teso.

Camminarono per qualche tempo. Poi, giunti ad una porta bianca, due servi vestiti di verde li superarono e l’aprirono. Cirdan fece un cenno sottile col capo. I due servi sorrisero e si sedettero ai lati di una lunga scalinata di marmo. Il re raggiunse il suo trono.

Reimer sorrise. Non era affatto diverso dagli altri elfi pomposi dai nomi altisonanti che aveva incontrato. Anzi, forse ne era il maggior esponente. Si chiese di nuovo cosa mai potesse volere da lui.

 

Talmaye giunse subito dopo il suo accompagnatore. L’elfo toltosi l’elmo della bella armatura lucente, si appoggiò allo stipite della porta, con aria annoiata. Salmaye cominciava davvero a non sopportarlo.

“Questa è la vostra stanza e quella a fianco è del vostro amico scuro. Sono comunicanti per mezzo del giardino. Ma badate che non potrete restare a lungo qui ospiti. Queste dimore sono fatte solo per coloro che ci abitano”

“Non temere” rispose Salmaye “Non resteremo a lungo. Questo tipo di accoglienza non c’è affatto gradita” Talmaye gli lanciò un occhiata significativa e sospirò. Sorrise all’elfo dell’armatura ed entrò.

I passi si allontanavano.

“Siamo qui per Reimer, non per cercare grane”

“Perché tu lo sopporti? Non essere ipocrita”

“Non sono ipocrita. Sono diplomatico. E tu cerca di non essere stupido.”

“Forse per essere diplomatici è necessario essere ipocriti” mormorò Salmaye piuttosto contrariato.

 

 

Leannel  sentì l’ennesima lacrima fredda scorrere veloce sulle sue guance bianche. Quelle lacrime che avevano il sapore sciocco della sua stupidità. Avrebbe dato qualunque cosa per fermarle. Forse si sarebbe uccisa. No, Reimer e gli altri sarebbero dovuti tornare indietro, e l’avrebbero vista morta. Sarebbe stato orribile. Un’altra lacrima cadde lentamente a monito della sua stupidità. Stropicciò il viso e si alzò in piedi. Non aveva nessuna voglia di continuare a piangere, da sola. Improvvisamente sentì freddo. Non credeva che sarebbe mai riuscita a sentire freddo in una notte di giugno. Ma sapeva bene che c’era una motivazione al suo freddo. Una motivazione stupida e puerile. Erano anni che non si sentiva tanto sola. erano anni che tutti e tre i suoi compagni non se ne andavano soli in un posto tanto lontano che per Leannel fosse impossibile raggiungerli.

Trasse un profondo respiro. Li aveva sentiti. I passi leggeri.

“Neppure oggi sei venuta a cena” dissero Legolas e la sua voce ruvida.

“No, neppure oggi.” Leannel non lo sopportava. La sua inutile apprensività. Suppose che a Legolas non importasse niente in realtà. Sbagliava. Sapeva bene di sbagliare.

“Non pensare quello che non dovresti” da tempo si era resa conto di essere cristallina per suo fratello. A volte si sentiva oltrepassare dello sguardo severo dei suoi occhi verdi.

“Tu non sei nessuno per dirmi cosa pensare”

“Reimer è stato chiamato e nostro padre non avrebbe mai lasciato che tu andassi tanto lontano.”

“E’ già tanto che nostro padre mi lasci libera di scegliere l’aria che voglio respirare” Legolas rimase in silenzio. Un pensiero veloce corse nella sua mente.

“Scappa” mormorò “Fuggi di notte e non tornare mai più indietro” Ora era Leannel ad essere rimasta in silenzio. Non avrebbe mai immaginato Legolas capace di pensare una cosa simile e tanto meno di parlarne. Ma conosceva già la risposta e suo fratello con lei. Si immaginò per un istante, libera da ogni vincolo. Ma poi comprese che così facendo avrebbe rinnegato tutto ciò in cui aveva creduto. Si doveva fare quello che si doveva fare. E lo avrebbe fatto ancora, e ancora, fino alla fine. Non avrebbe mai più potuto vedere Legolas e tutti gli immortali cui teneva. Sorrise.

“Non mi è concesso, di essere libera” Una breve pausa “va ora, e lasciami sola. Ci sono altre lacrime stupide che devo versare”

 

Reimer si sentì improvvisamente piccolo. Un elfo bellissimo e dall’aspetto eterno adesso l’osservava. Gli occhi impenetrabili di Reimer sembravano un po’ meno impenetrabili.

“Siediti” disse con voce ferma. Reimer si sedette. “Ti senti solo. Ti chiedi dove siano i tuoi compagni. Ti chiedi cosa ci fai qui. Ma più di ogni altra cosa, è quella donna a preoccuparti”

Reimer sentì come se quell’uomo avesse avuto in mano tutta la sua vita. Si sentiva legato. Stretto. Se quell’uomo avesse chiuso le mani lo avrebbe stritolato. Per la prima volta nella sua vita fu sicuro di avere paura.

“Cosa?” Cirdan non l’ascoltò. Continuò il suo discorso.

“Una donna. No, non una donna, Leannel. E poi, non l’ami neppure. Lo so bene che tipo di donne ti piacciono Reimer.” Il signore bianco si alzò e gli si avvicinò. Sorrise. Reimer si sentì come inchiodato alla sedia di velluto rosso. “Sono altre le donne che ami. Sono nobili d’animo. Di una bellezza lontana. Quasi puerile. Molto forti e molto dolci allo stesso tempo. Nonostante non esistano le donne dolci. Sono troppo sottili e sibilline. L’estremo contrario di Leannel, invero. Leannel così bella e così disperata” La mano del bianco sfiorò il viso duro di Reimer che si trasse indietro.

“Cosa vuoi da me” Reimer gridò. Fu come se si fosse svegliato da un incubo. Erano gli occhi. Gli occhi di quell’immortale che lo comandavano. Si disse che quello non era il suo ruolo. Non era bravo nei rapporti coi signori dai grandi poteri. Questo era compito di Talmaye. Si chiese come Talmaye avesse fatto a resistere tanto a lungo e a leggere negli occhi di quell’uomo.

“Ti sei svegliato? Non a tutti è concesso di svegliarsi. Eppure è riuscito a due nello stesso giorno. Credevo che Leannel fosse più stupida.” Trasse un profondo respiro, allontanandosi. “Ed è proprio perché sei riuscito a svegliarti da solo che adesso smetterò di torturarti.” Reimer annuì col capo.

“Spero che adesso vorrai rispondere alle domande di cui conosci la risposta” disse.

“Si, penso che lo farò. Altrimenti il tuo viaggio sarebbe stato inutile”

Reimer si alzò in piedi, stupendosi della sua stessa forza. Il re bianco si sedette di nuovo, senza smettere di fissarlo

“Io so qual è la tua vera vocazione, Reimer. La tua vera vocazione non è la battaglia, non è insegnare a due fanciulli elfo. Non è neppure consolare per sempre una dama bellissima. La tua vera vocazione è la menzogna, Reimer” l’elfo rimase stupito. Cosa significavano quelle parole. Cosa sapeva davvero Cirdan. Se l’era sempre immaginato molto differente. Meno eccentrico. “E le vocazioni, vanno coltivate. E poi il caso ha voluto che io abbia bisogno di qualcuno con la tua stessa vocazione.”

Reimer lo guardò un istante nelle iridi gelide e sia accorse di non vedere lo stesso elfo. Un velo di preoccupazione l’aveva coperto.

“Il suo cuore gridava un nome,  Morien” sussurrò Reimer. Gli occhi di Cirdan divennero persi

“Come sai certe cose”

“Leannel non è una stupida” Cirdan sorrise. Aveva capito che l’intuizione non era di Reimer, ma del suo compagno.

“Lascia che io parli ora, dato che in realtà non sai niente” Reimer annuì. Ora sapeva di avere di nuovo in mano le redini della sua mente.

“Morien è un nome oscuro. Non delinea il sesso di chi lo porta. Bensì ne delinea la stirpe. Morien è il nome che acquisirono i discendenti di Feanor, quando le ere  volsero a questa. Morien è il più maledetto dei nomi elfici”

Reimer rimase in silenzio. Non avrebbe mai pensato una cosa del genere. Non credeva sarebbe riuscito mai ad incontrare qualcuno che fosse nato maledetto.

“Ricordo la prima volta che l’ho vista. Altri la volevano morta. Altri ancora volevano rinchiuderla. Ma tu hai già visto i suoi occhi, Reimer. Oh, si, li hai visti. Come può una creatura tanto pura e semplice rappresentare davvero una minaccia.” Cirdan si fermò un istante, riprendendo fiato. Aveva raggiunto il massimo dell’enfasi. Reimer pensò che fosse davvero differente da come lo aveva immaginato. Forse si era innamorato della ragazzina. Per un istante Reimer ebbe pena di lui. Solo poi si ricordò che quella creatura avrebbe dovuto essergli superiore.

“Dissi che l’avrei uccisa io stesso. E la condussi qui. Ed è qui che è nascosta ormai da molti inverni”

“E ora avete bisogno del mio aiuto. Dimmi perché”

“Mi hanno scoperto. La uccideranno. E forse uccideranno anche me per averla nascosta.”

“E cosa vorreste fare? Vorreste che Leannel la tenesse con se e venisse uccisa lei al vostro posto?”

“Nessuno mai la cercherebbe da Leannel. Perché Leannel è libera. Al mio contrario. E poi non vorrei che lei la tenesse con se. Voglio che tu lo faccia” Reimer rimase in silenzio. Quell’uomo decisamente non gli piaceva.

“Date per scontato che davvero io possieda un talento come quello della menzogna. Leannel lo possiede. E anche Talmaye, forse di più.”

“Forse l’avrei dato a Leannel, un tempo. Ma è diventata arida e sciocca. E  Talmaye, è solo un ragazzino.”

Reimer trasse un profondo respiro. Non capiva e non voleva capire. Ma soprattutto non aveva nessuna voglia di prendersi la responsabilità di una vita sulle spalle.

“Morien, ora puoi entrare” mormorò Cirdan, sedendosi di nuovo. La ragazza fece il suo ingresso. Era minuta. Dall’altezza non la si sarebbe detta un elfo. Lunghe vesti nere, molto ingombranti. I capelli, nero opaco. E poi i suoi occhi. Si, gli aveva già visti. Gli occhi soffici di una bambina. Quasi fossero da sempre stati pieni di lacrime. Morien spostò il viso. Non le andava di essere fissata. Reimer fu come svegliato da un sogno. Si rese conto che in realtà era da molto tempo che non sognava.  Adesso non aveva più alcuna pena del signore bianco.

“Dovrai mentire sin dall’inizio. Ai tuoi compagni dirai che è un ragazzo. E per loro sarà sempre questo. Nessuno alle tue terre conosce la sua stirpe. E l’importante è che tu non cambi il suo nome” Reimer non capì nemmeno questo, ma ora si era accorto di non avere nessuna voglia di capire. Ora aveva solamente voglia di riposare. Forse più avanti le avrebbe parlato. O forse avrebbe fatto meglio a dire ‘gli avrebbe parlato ’.

“Ora ho solo bisogno di vedere le mie stanze ed i miei compagni.” Cirdan sorrise.

“Forse ti sono state rivelate troppe verità in una volta. Sarà comunque Morien e condurti dove deve.”

Reimer pensò che Cirdan volesse complicargli le cose. Si alzò e camminò lentamente verso la porta. Morien lo seguì. I due furono presto fuori. Rimasero a lungo in silenzio.

“Mi dispiace che sia capitato a te” sussurrò la ragazza dai lineamenti leggeri. Reimer si voltò con lo sguardo perso. “il mio nome. La mia sorte. Perdonami” sussurrava. Reimer si rese conto che negli occhi di lei erano lacrime.

“Non devi chiedermi scusa. Suppongo che la mia vita sia spossante abbastanza per viverla in due. L’unico vero problema sarà che dovrai fare la conoscenza di Leannel. È molto particolare”

“Anche tu sei molto particolare. Mi hai accettato nella tua vita” la ragazzina sorrise. Reimer sentì di aver già visto quel sorriso da qualche parte.

“Ci sono cose che non possono essere evitate, vanno solamente accettate”

Morien lo fissò incerta. Quell’uomo era diverso da chiunque avesse mai incontrato.

“Io vorrei solo non fare del male, semplicemente vivendo” Reimer la fissò. Era bellissima.

“Non pensare una cosa del genere. Sono certo che non è così” il volto duro di Reimer e quello dolce di Morien si sfiorarono. Reimer si trasse all’indietro.

Reimer aprì la porta marrone scuro ed entrò nella sua camera. Lanciandosi sul letto si chiese fin dove potesse arrivare la sua stessa stupidità.

 

Talmaye era piuttosto teso. Aveva litigato con suo fratello e per di più Reimer non si vedeva. E poi c’era qualcos’altro. sentiva freddo. Temeva per Reimer. Qualcosa di strano gli era accaduto. Doveva vederlo.

“Farai meglio a mangiare qualcosa, Talmaye, e ad essere meno teso. Reimer è forte, non gli succederà nulla.”

“Tu non valuti mai tutte le possibilità. Questo posto non mi piace. Inizio a pensare che avrei fatto meglio a non chiedere di farci venire qui. Forse sarebbe stato meglio rimanere nel bosco.” Mormorò Salmaye. Talmaye si sedette.

“Avanti adesso calmati.” Talmaye si lasciò cadere sul letto.

Passi. Poi un leggero tonfo. Era Reimer. Talmaye si alzò di scatto. Suo fratello seguì con lo sguardo i suoi movimenti. Ora era fuori dalla stanza. Salmaye rimase in silenzio, solo nella stanza.

 

Il freddo viso di Reimer fu bagnato da lacrime calde. Non ricordava il sapore delle lacrime. Tutto ciò cui era pronto era scomparso. Sentì il bussare sul vetro della finestra. Non voleva vedere nessuno. I colpi si fecero più forti e veloci. Reimer vide in volto chi era a bussare. Talmaye. Talmaye col viso più preoccupato che gli avesse mai visto. E Talmaye non si preoccupava facilmente. Reimer aprì la portafinestra.

“Perché sei stato tanto tempo a parlare con quell’uomo?”

“Mi ha costretto. Avevi ragione in ogni tuo ragionamento. C’è un ragazzo che manderà con noi. Si chiama Morien”

“E perché piangi, Reimer” Talmaye si avvicinò all’uomo scuro.

“Mi spiace, ma non posso dirtelo.” Il viso di Talmaye divenne scuro. Reimer sapeva perfettamente che se avesse voluto Talmaye avrebbe potuto leggere con semplicità nei suoi occhi neri. Ma se glielo avesse chiesto, non lo avrebbe fatto. 

Reimer fece cenno di no col capo. Evidentemente gli aveva chiesto di non leggere nei suoi pensieri. Talmaye sospirò.

“Posso sapere quello che è successo” disse

“C’è un nuovo compagno che tornerà a casa con noi. Il suo nome è Morien, lo vedrete se camminerete in queste aule.” Talmaye si voltò tornando verso la portafinestra. Si disse che non era decisamente nel suo stile, preoccuparsi.

“Pensi che Leannel si arrabbierà?” mormorò voltandosi

“C’è qualche probabilità che non lo faccia?” rispose il più vecchio dei due. Talmaye lasciò la camera. Attraverso il giardino, giunse alla stanza più grande. Si guardò intorno, aspettandosi una battuta stupida di suo fratello. Si guardò di nuovo attorno. La stanza era vuota. Ma non aveva voglia di essere preoccupato. Salmaye sarebbe tornato, prima o poi.

 

Salmaye conosceva abbastanza bene suo fratello da sapere che se non lo avesse trovato nella sua stanza, dopo essersi preoccupato inutilmente per Reimer, non l’avrebbe cercato. A volte si chiedeva se solo per lui Talmaye fosse tanto prevedibile. E si rispondeva di si. Aprì la porta scura. L’aria era più calda fuori dalla sua stanza. Aveva fame. Un corridoio qualsiasi l’avrebbe portato dove voleva. Al massimo avrebbe chiesto. Poi lo vide . Un ragazzino dalle vesti ingombranti ed i lunghi capelli corvini. Immobile, fissava il vuoto, gli occhi spenti, forse velati di lacrime. Salmaye si avvicinò.

“Salve, qual è il vostro nome? Ho bisogno del nome di una guida. Temo di essermi perduto.” Salmaye sorrise. Il ragazzino si sforzò di sorridere. Salmaye notò che non aveva degli occhi comuni. Erano come privi di peccato. Innocenti. Ma una strana luce vi brillava. Come avesse scoperto qualcosa che non sapeva combattere. Salmaye si meravigliò della sua stessa perspicacia. Quel ragazzino era cristallino. Forse più di lui stesso.“Scusatemi, non devo essere arrivato in un buon momento” sorrise di nuovo e si voltò

“No, aspettate.” Disse la voce flebile del ragazzino “Aspettate. Vi porterò dove vorrete”

“Ditemi chi siete e cos’avete. Non ho intenzione di parlare con un signor nessuno”

“Il mio nome è Morien. Sono uno dei fidi del signore bianco. E per quanto riguarda le mie lacrime, non è facile sapere che si dovrà abbandonare le terre nelle quali si è vissuto per tutta la vita” Mentì. Sentiva che quella menzogna col tempo sarebbe diventata più pesante. E quel ragazzo col quale parlava aveva un viso buono. Avrebbe preferito non mentirgli. Ma aveva sperimentato sulla sua pelle che anche le persone buone cambiavano dopo aver compreso da dove venisse il suo nome.

Morien sorrise più sinceramente.

“Lasciare la tua casa? Dove hai intenzione di andare?” Morien sorrise. Non aveva mai incontrato qualcuno come Salmaye.

“Vengo con voi” Salmaye sorrise

“Scusa, ho fatto la figura dello stupido.” Disse sconsolato “per un motivo o per un altro sono sempre l’ultimo a sapere le cose” Morien rise fragorosamente. Per quanto fragorosamente potesse farlo. Salmaye rise con lui.

 

In non molto tempo Reimer riuscì a tranquillizzarsi. Era riuscito a calmare Leannel in condizioni ben peggiori ed il non riuscire a farlo con se stesso sarebbe stato umiliante. Si alzò di nuovo in piedi, uscì in giardino e fissò il sole che albeggiava. Ora era chiaro quello che avrebbe dovuto fare. Non c’era tempo per perdersi dietro a una ragazzina. Dovevano andare a casa. Leannel l’avrebbe giudicata subito, dall’alto del suo piedistallo di tristezza e la vita sarebbe andata avanti. Morien doveva arrivare subito dove nessuno la conosceva. Inoltre era certo di non piacere al signore bianco. Dovevano tornare a casa, il più presto possibile. Certamente la cosa non sarebbe piaciuta a Talmaye.

Bussò alla portafinestra di Talmaye  e Salmaye. Salmaye non c’era. Talmaye dormiva. A parte tutto Talmaye dormiva sempre. Ed era sempre strano capire come un immortale così assurdo, così sibillino e diabolico, potesse dormire tanto sovente e tanto dolcemente.  Bussò di nuovo. Talmaye con le guance rosate e la frangia sugli occhi si stiracchiò e si avvicinò alla porta, poi aprì.

“Ora puoi parlarne?”

“Non potrò mai” Talmaye sospirò.

“Allora che ci fai qui” disse

“La notizia che ti darò non ti soddisferà affatto”

“Dobbiamo andarcene, non è vero?”

Reimer rimase in silenzio, stupito, e successivamente fece cenno di si col capo. In quel momento Talmaye si sentì morire. Era stato davvero faticoso arrivare ad una stanza ed un paio di pranzi. Ma lesse negli occhi di Reimer, oltre che una tristezza profonda, una grande stanchezza. E forse non era nella sua volontà andarsene tanto presto. Sospirò.

“Suppongo che dovremo trovare mio fratello adesso”

“Si, e non lui solo”

“Ci penso io” Reimer sussurrò un lento si e lo ringraziò. Solo qualche minuto più tardi gli venne in mente di chiedersi come avrebbe fatto Talmaye a trovare Morien. Ma Talmaye era imprevedibile sotto ogni punto di vista e forse avrebbe trovato Morien in un modo o nell’altro. Sperò con tutto se stesso che Talmaye non capisse cos’era scritto negli occhi castani di Morien.

 

“Sai, sei il primo elfo che incontro che porta i capelli legati” disse Morien, senza abbandonare il suo sorriso pacifico, quando ebbe finito di masticare un morso del grosso pezzo di pane che aveva in mano.

“Io e mio fratello siamo identici. È l’unico modo per differenziarci” rispose Salmaye, ancora masticando. Morien sorrise di nuovo. Poi il suo sguardo divenne falsamente malizioso.

“Non ti credo” disse “Tu lo fai.. per differenziarti dagli altri elfi! Ma certo! Sono un maledetto genio”

Salmaye sorrise. In effetti era vero. I capelli lunghi erano faticosi e affatto originali. Forse la storia della somiglianza era davvero solo un modo stupido per riuscire ad essere diverso.

“Penso che faresti meglio a tagliarli se ho ragione”

“Tagliarli?” disse una voce dal buio “Nessun elfo ha mai avuto i capelli corti!”

“Oh, c’è sempre una prima volta, stupido Talmaye!”

“Stupido Talmaye” rispose il primo, ancora avvolto dall’ombra di quelle cucine “Stupido a me? E me lo stai dicendo tu, che mangi pane di grano duro con una ragazza nelle cucine di chi ci ha ospitati?”  Morien sgranò gli occhi. Il cuore nel suo petto smise di battere.

“Cos’hai detto, stupido fratello? Una ragazza? Questi è Morien, ed è uno dei fidi del signore di queste terre. E verrà con noi a casa. Stavamo facendo conoscenza”  Morien riprese a respirare. Rise.

“Un ragazzo..” ora Talmaye era tra loro. La luce soffusa della candela che Morien aveva acceso illuminava anche il suo viso alto. Fissò Morien per un istante. “Un ragazzo” ripetè.

 

Reimer aveva riunito tutto ciò che si erano portati dietro e se n’era andato alle stalle. Sapeva che Talmaye l’avrebbe intuito, o forse  che senza accorgersene vi si sarebbe recato naturalmente. Talmaye era molto particolare. Reimer si sedette sulla paglia sporca della stalla, accanto al suo bel cavallo grigio. Lo fissò per un istante. Cos’avrebbe dovuto fare? Come avrebbe potuto curarsi da solo da quello sfregio che si era aperto nella sua anima scura? Chi l’avrebbe mai aiutato se lui non avesse potuto mai rivelargli la verità? Basta. Basta pensare. Ora desiderava con tutto se stesso provare quel po’ di menefreghismo che rende le cose più facili. Si chiese perché. Perché provava quel sentimento assurdo ed ingombrante. Chiuse gli occhi. Le palpebre erano calde. In pochi istanti si abituò a quel calore. Sembrava che la testa dovesse esplodere. Due occhi di un azzurro tagliente. Questi comparvero nella sua mente, con violenza. Un naso sottile, lebbra rosee. E poi, infine, lunghi capelli castano chiaro. Era Miriel. La sua Miriel. Pensava che avrebbe smesso di sognarla dopo tutti gli anni infiniti che erano passati. Evidentemente si sbagliava. Osservò di nuovo la profondità di quegli occhi azzurri. Cercò di sfiorare la pelle di porcellana di quel viso bianco. Erano anni che non riusciva a farlo. Anni che non sfiorava quel viso di porcellana. Eppure quando la sua mano lo sfiorò, il viso divenne un altro. divenne quello dolce di una bambina. No, non era una bambina. I suoi occhi, nonostante avessero cambiato colore, mantenevano la stessa medesima espressione. I capelli corvini e gli occhi castani. Era Morien. Reimer sbattè la nuca contro il muro dietro di lui. Si chiese di nuovo perché. Una lacrima scivolò sulle sue guance stanche in quel momento il passo lieve di Talmaye, quello deciso di Salmaye e quello soffice di Morien fecero il loro ingresso nelle stalle di Cirdan. Reimer sorrise falsamente.

“Ci hai messo un sacco di tempo. Ero stanco di aspettarvi” si alzò. In quell’istante Talmaye seppe che mentiva.

“Che facciamo” disse “andiamo subito a casa?”

“Penso sarebbe la cosa migliore” rispose Reimer.

Salmaye rimase stupito di come Reimer e Talmaye parlassero attraverso sotterfugi. E di quanto questo gli portasse ad essere scortesi. Si volse verso Morien

“Tu ce l’hai un cavallo?”disse

Morien annuì.

“Andiamo a prenderlo” mormorò Salmaye “Lasciamo soli i due grand’uomini” Morien non comprese. Salmaye sembrava offeso.

L’afferrò per un polso e si allontanò.

“Che ti prende?” mormorò Morien

“Non gli sopporto quando fanno così. Si credono superiori a chiunque altro” Morien pensò che Talmaye fosse un ragazzino. Ma questo non era un demerito.

“Avere dei segreti che non possono essere rivelati non significa sentirsi superiori.”

Salmaye sospirò

“Qual è il tuo cavallo, quindi?”

“Se non vuoi parlarmene almeno fa in modo che risulti meno evidente” disse Talmaye con lo sguardo duro.

“Ci proverò, Tal. Ma ora smettila. Ti comporti come una donna gelosa”

Talmaye immaginò se stesso come lo aveva descritto Reimer. Rise.

“Si, hai ragione” mormorò.

Morien e Salmaye furono presto di ritorno. Il cavallo di Morien era davvero molto bello. Il cavallo più candido che Talmaye avesse mai visto. Proprio lui che detestava i cavalli bianchi.’A cosa serve un cavallo bianco se poi si sporca?’diceva. comprese di essersi sbagliato. Morien era già sul cavallo.

Un ragazzo, pensò Talmaye.ancora non si arrendeva all’idea che chiara balzava alla sua mente. Un ragazzo.

“Siamo pronti” disse Reimer. I tre elfi furono presto sui propri cavalli. La compagnia partì.

 

La notte era calata veloce. Reimer attese che Talmaye e Salmaye dormissero. A dire il vero anche Morien dormiva ed il solo cavallo di Reimer guidava gli altri. Ma ciò non era importante. Si avvicinò al cavallo bianco.

“Morien” sussurrò. L’elfa sussultò. Si stropicciò gli occhi.

“Arriveremo presto” continuò Reimer “e presto avrai la tua sfida”

“E’ Leannel, la mia sfida?”

“Dipende dai punti di vista”

Morien comprese. La sfida potevano essere i suoi sentimenti nei confronti di quell’uomo, le immense menzogne che sarebbe stata costretta a raccontare a chiunque le fosse intorno. D’altra parte Leannel era un ostacolo tangibile. Morien abbassò lo sguardo. Reimer prese lievemente il mento di lei tra le dita e fece in modo che lo guardasse negli occhi. Tutto questo non rientrava nella sua volontà. Il suo corpo si muoveva indipendentemente. La fissò un istante negli occhi.

Morien mormorò “Perché?” socchiuse gli occhi. Le loro labbra s i sfiorarono. Si trasse poi all’indietro. Reimer piangeva. Quelle lacrime che decisamente non si addicevano al suo viso. Lo baciò ancora. Le sfiorò le labbra col dito indice. Ora non piangeva più.

“Non c’è nessun ostacolo che non potremo affrontare” in quel momento Morien cadde di nuovo addormentata. Da quando era nato possedeva quella speciale capacità. E non c’era alcun perché. Né un percome. Succedeva in certi momenti. Quando ne aveva bisogno. O meglio non poteva farne a meno.

 

L’alba. Reimer non dormì per tutta la notte, assalito da quel misto assurdo tra gioia, passione, dolore e amarezza. Talmaye si avvicinò al cavallo scuro di Reimer.

“Quanto credi che manchi?”

“Due ore al massimo” rispose Reimer.

“Stavo pensando che Leannel si sentirà sfidata”

“Forse hai ragione”

“Infondo anche se non ci è dato sapere il perché, tu sei il protettore di Morien. E fino ad ora sei stato quello di Leannel. Riuscirai a interpretare entrambi i ruoli?”

“Direi piuttosto a intraprendere entrambi i lavori”  Talmaye rise. Reimer fece lo stesso. Poi, il più giovane dei due, fissò per un istante Morien. Reimer pensò che forse era già a conoscenza delle incomprensioni che avrebbe causato. Soprattutto se rapportata a un’incomprensibile come Leannel.

Passarono le due ore che Reimer aveva previsto.

Anche Salmaye era sveglio adesso, anche se piuttosto intontito. Morien dormiva ancora profondamente. Salmaye avvistò la porta dei giardini del palazzo reale.

“Come le presenterai Morien?” mormorò verso Reimer

“Glielo presenterò e basta” rispose questi. Salmaye rimase con lo stesso identico dubbio di un minuto prima.

il cavallo di Reimer nitrì e s’impennò. Talmaye bussò sulla grande porta in legno di quercia.

“Chi giunge al portale che da all’ovest?” disse una voce altisonante

“Siamo noi, Talie” rispose Talmaye. La porta si aprì. Salmaye si chiese come riusciva Morien a dormire ancora. le si accostò.

“Siamo arrivati” sussurrò. Morien si stropicciò la fronte. Si guardo attorno. Non era mai uscita dal suo palazzo. E non aveva mai visto delle porte così grandi aprirsi.

“Passando di qui” disse Talmaye a Reimer “arriveremo direttamente alle stanze del capitano. A volte penso che tu sia pazzo”

“Forse hai ragione” rispose Reimer “Ma se deve conoscere Morien lo farà immediatamente”

“Quindi” riprese Talmaye “Tu sei di quelli che corrono incontro alla loro sentenza, cercando di conoscerla ed espiarla il prima possibile. Come si dice? Per togliersi il pensiero”

“Si, forse è così. Non tutti sono bravi come te a  pensare”

“Questo non c’entra affatto”

Reimer si portò avanti col cavallo. Talmaye detestava lasciare i discorsi a metà. E Reimer lo sapeva bene.

L’elfo scuro salutò con un cenno tutti i guardiani, dalla sella del suo cavallo bruno. Tutti i viandanti lasciarono i loro cavalli nelle stalle della principessa.

I due gemelli si tennero indietro. La porta di Leannel si avvicinava pericolosamente.

“E’ pazzo?” sussurrò Salmaye

“Lo è” rispose il fratello. Morien rimase perplessa. Non era possibile che il capitano Leannel fosse davvero così terribile. O forse era peggio. Forse Leannel era solo innamorata di Reimer. Morien pensò che se così fosse stato sarebbe stato terribile.

Si accostò a Salmaye

“Senti Sal” mormorò la sua voce sottile “Tu credi che Leannel sia innamorata di Reimer” Salmaye rise. Aprì la bocca per rispondere. Ma era troppo tardi. La porta in legno d’ebano di Leannel era dinnanzi ai loro occhi

“Non ora” le rispose.

 

Leannel si rigirò nel letto. Percepiva la loro presenza. La presenza di quelle persone che le erano incredibilmente care. Ma c’era qualcosa che non andava. Come un piccolo errore di battitura in un libro bellissimo. Gli conosceva alla perfezione i passi dei suoi compagni. E c’era un intruso. Erano quattro. Un passo quasi impercettibile. Camminava accanto a Salmaye. No, ora si avvicinava a qualcun altro. a Reimer. Chi era questa persona? Perché camminava con Reimer? Reimer le apparteneva. Reimer le serviva. Sarebbe morta senza Reimer. Almeno così credeva.

“Eccoci mia signora” disse Talmaye bussando lievemente.

“Aprite” rispose Leannel.

Così fecero. La porta era socchiusa. Leannel doveva averli sentiti. Talmaye accennò un inchino con la testa. Prima che potesse piegarsi, però, Leannel gli fu al collo e l’abbracciò. Salmaye pensò che si fosse sbagliata. Che avesse visto male.

“Mi sei mancato, Tal” sussurrò. Eppure c’era qualcosa di innaturale. Salmaye non era tipo da accorgersi delle cose più del dovuto. Eppure Leannel aveva sempre abbracciato in quel modo solo Reimer. E poi c’erano i suoi occhi. Gli occhi velati di tristezza e di lacrime di Leannel erano colmi di disprezzo. E non erano rivolti verso Talmaye o verso di lui. Erano rivolti verso Reimer. Verso Reimer e verso il piccolo ragazzo che Reimer aveva al fianco destro e che guardava con gioia. Leannel non poteva sopportarlo. Reimer pensò che fosse una bambina.

“Tal, pensa tu alle presentazioni.” Reimer si voltò e se ne andò dalla stanza. Talmaye lo odiò per un istante.

“Vai, Salmaye, seguilo. Ed uccidilo se necessario, da parte mia” Talmaye era chiaramente arrabbiato. Reimer si era preso un impegno più grande di lui. E quando se n’era accorto era scappato. Stupido Reimer, pensò.

“Bene Leannel” riprese allontanandola “Questo ragazzo” si soffermò un istante su quella parola “Si chiama Morien. Ed egli è stato affidato a Reimer dal Carpentiere in persona”

Leannel sfoderò la sua collera.

“Quindi, Reimer si è preso un impegno grande come una vita e non mi ha detto nulla” si sedette. Talmaye aveva supposto una reazione più burrascosa. Leannel era infondo del tutto imprevedibile. Tenendosi la fronte con la mano disse

“Bene. Ora vattene. Lasciami sola. Sola col ragazzino” Leannel non sembrava arrabbiata, ma solo immensamente stanca ed addolorata.

Talmaye ubbidì. Se ne andò a sedere su una lastra di marmo bianco. Temette fortemente per Morien.

 

“Dove stai andando?” disse Salmaye col fiatone, giunto in fretta alle scale. Reimer aveva dimenticato quanto fosse veloce.

“La resistenza è sempre stata uno dei tuoi punti deboli” rispose

“Non fare lo scemo. Dove vai?”

“Vado lontano. Ho bisogno di allontanarmi da qui”

“Non mi hai ancora dato una risposta” Reimer stava salendo sul dorso del suo cavallo. Salmaye si impose davanti a questi. “Dove stai andando?” ripetè.

“Vado al sud, nelle terre degli uomini”

“Vai a bere? Talmaye mi aveva detto che lo facevi, ma non gli avevo creduto”

“Il nettare degli elfi non è liberatorio come la birra”

“Non hai bisogno di essere liberato. Quella è Leannel.”

“Leannel. Sempre Leannel. Non può sempre essere al centro dei miei pensieri”

“Non lo desidera neppure!”

“Questo tu lo dici. Non sei mai stato me”

“Hai ragione” silenzio “Ma..”

“Non parlare come tuo fratello, adesso”

“Voglio venire con te” Lo sguardo di Reimer divenne dubbioso e divertito.

“Voglio venire con te. Una volta hai portato Talmaye. Oggi porterai me”

“Promettimi che non parlerai come tuo fratello” Salmaye annuì. “Allora prendi veloce il tuo cavallo” Salmaye sorrise. Per una volta si era sentito più scaltro di Talmaye. E non aveva neppure avuto bisogno di uccidere Reimer.

 

“Tu, chi saresti?” chiese Leannel, languida, avvicinatasi a Morien.

“Io sono uno dei fidi del Carpentiere.”

“E che ci fai qui”

“Non mi è concesso saperlo” rispose. Mentì, ancora nulla la legava a quella donna.

“Quindi vuoi farmi credere di essere una di quelle persone che non sanno assolutamente niente” si avvicinò al suo volto. Morien fu sconcertata dalla sua unica, irruenta, sorprendente bellezza. Si disse che mai sarebbe stata bella come lei. E che non avrebbe dovuto mai preoccuparsene. Era un uomo, ora.

“Sappi che non ti credo” concluse la signora “Ma sei bello come un bambino e ti terrò con me. Infondo era necessario che Reimer trovasse qualcuno solo per se.” Le sfiorò il viso “Si, sei davvero molto bello. Resterai a mio fianco per sempre. Mi apparterrai.” Morien annuì. Ora capiva come gli altri suoi compagni riuscivano ad amare con tanta forza il capitano Leannel.

“Ora va da Talmaye e digli di non preoccuparsi. Non ti ho fatto del male.” Rise. Morien rispose allo stesso modo. Si alzò, accennò un inchino col capo ed uscì. Leannel l’aveva accettata.

 

Talmaye si chiese se aveva fatto bene a lasciare davvero Morien solo con Leannel. Comunque sembrava cha la sua reazione non sarebbe stata terribile. Questo non toglieva che si stesse tormentando. Perché Reimer e suo fratello non tornavano? E dov’erano andati? E perché Morien era dentro quella stanza da tanto tempo? Hai bisogno di una donna, pensò, e anche piuttosto velocemente.

“Siete tornati allora” disse una voce dietro di lui. Talmaye si voltò. Apparve un elfo bellissimo, dall’aspetto regale. Gli occhi chiari, verdi come la foresta, ed i capelli chiari, inusuali per quelle terre, ma che aveva ereditato da suo padre.

“Si, vostra maestà”

“Vostra Maestà?” rispose Legolas divertito “Chiami mia sorella ‘Lea’ e me ‘vostra maestà’?”

“Scusami, Legolas”

“Che ti prende? Sembri distrutto”

“Il viaggio è stato molto lungo. E poi..Reimer ha combinato qualcosa che non avrebbe dovuto”

“Parla più chiaramente con la tua ‘maestà’”

“Tu non sai perché Cirdan ci ha convocati” Legolas fece cenno di no col capo “C’è un ragazzino. Io non so il perché. Forse lo sanno solo Reimer ed il ragazzo. O forse lo sa solo Reimer. Insomma, gli ha affidato il ragazzino. E Reimer aveva intenzione di presentarlo subito a Leannel. Ma quando siamo entrati, Leannel ha fatto la stupida. Voleva provocare Rei, in pratica. Allora si è arrabbiato ed è fuggito. Ho ordinato a mio fratello di ucciderlo” Legolas rise tra se e se. Talmaye doveva essere molto agitato. E la questione doveva essergli molto a cuore. Non aveva mai parlato tanto confusamente. Ed aveva perso il suo solito menefreghismo.

“E,se tu sei qui” disse Legolas “dov’è questo ragazzino?”

“Leannel mi ha chiesto di lasciarli soli”

“Non è stata una bella mossa”

“Lo so, ma conosci Leannel”

“Si, la conosco” in quell’istante, Morien, rossa in viso, col suo sguardo perso costantemente uscì dalla camera. Entrambi gli elfi si stupirono che fosse illesa. Morien si stupì di essere fissata.

“Sto bene” mormorò

“Sta bene?” disse Legolas

“Sta bene” rispose Talmaye “Te la sei cavata ragazzino”

“Vado a parlarle” disse Legolas

“Chi era?” chiese Morien

“Il fratello di Leannel. Il principe Legolas”

“Non le somiglia affatto”

“Reimer dice che è stata lei stessa a fare in modo che questo sia avvenuto”

“Comunque non capisco la vostra preoccupazione. Leannel non è stata crudele né violenta”

“Ti sarai comunque accorta che non è ‘normale’”

“No, è molto superiore al normale” Talmaye rimase perplesso. Erano le stesse identiche parole con le quali l’aveva descritta lui, tanto tempo prima.

“Lo è. Penso che dovremo stare soli per un po’ di tempo”

“Dove sono andati Reimer e Salmaye”

“Non lo so, ma non torneranno presto” Morien si era seduta. Talmaye si avvicinò e la fissò negli occhi

“Lo so, che non sei un ragazzo. E so anche che nascondi qualcosa. Ma non indagherò oltre. E se lo farò lo terrò per me. Perché ho dato a Reimer la mia parola”

“Ti ringrazio.” Disse Morien abbassando il capo. Un istante di silenzio. Poi Talmaye riprese.

“Senti, a te piace leggere?”

“Si, ma è da molto che non lo faccio”

“Allora facciamo un patto” Morien annuì “Io ti do dei libri da leggere e ti insegno a parlare e tu..trovami una donna, ti prego. Sei così grazioso”

Morien rise. Pensò che chiunque fosse stato a far nascere dal suo ventre due individui tanto fenomenali doveva sentirsi veramente fiera. Solo poi scoprì che nessuno di coloro che avevano partecipato alla loro nascita era rimasto in vita.

 

“Come va?” chiese Legolas dolcemente “Ti sei comportata bene”

“So che ora rimarrò sempre più sola”

“No, non è vero. Reimer non sarà più il tuo giocattolo personale, ma sono orami tanti. Nostro padre non vorrà che chiami nessun altro.

“Si, e avrà ragione” Leannel si coricò di nuovo. Legolas pensò che anche con soli Talmaye e Morien avrebbe riposato e sarebbe rimasta a digiuno ancora per poco.

 

“Dove andiamo precisamente?” il vento soffiava forte nelle orecchie di Salmaye. Non sapeva che a Reimer piacesse in modo particolare correre sul suo cavallo. In quel momento ricordava in modo sorprendente Leannel. Il vento gli impediva quasi di respirare. Inoltre non era mai andato tanto a sud, dagli uomini. Ora erano gli occhi a bruciare. Decisamente non era abituato a cavalcare tanto velocemente. E soprattutto, Salmaye decisamente odiava cavalcare.

“Hai intenzione di rispondermi?” ripetè

Reimer non disse nulla. Salmaye giudicò questa, una risposta più che sufficiente. Nonostante comprendesse quanto Reimer fosse esasperato, Salmaye non era adatto alle cose fuori controllo. Quello era piuttosto Talmaye. Per un istante si chiese perché Reimer avesse voluto portare con se lui, fin troppo allegro e ignorante di tutto ciò che fosse più a sud di Lorien. Comunque sperava solamente che il viaggio sarebbe durato poco a lungo.

E dovette attendere ancora per qualche tempo.

Salmaye non immaginava che in un posto come quello potesse trovarsi una locanda, o qualunque cosa stessero cercando. Era nascosto da alcune sporgenze rocciose. Suppose che per trovarlo bisognasse conoscerlo. Si chiese come aveva potuto,Reimer conoscerlo, dato che prima di trasferirsi a Bosco Atro aveva abitato a Nord, in un luogo che neppure Leannel avrebbe saputo ritrovare. Forse qualcuno gliene aveva parlato. O forse lo aveva trovato da solo, per caso. In ogni caso forse glielo avrebbe chiesto.

Poi la vide. Era piuttosto grande. Una grande scatola nera fatta di legno antico, forse marcio. E decisamente non aveva un bell’aspetto. Pensò che non fosse un posto adatto ad un elfo. Reimer cavalcava lentamente. Aveva uno strano sorriso dipinto sulle belle labbra. Cavalcava come un re che torna alla sua dimora. Non gli piaceva affatto quel Reimer. Reimer legò la briglia scura del cavallo bruno ad un anello metallico. Scese con la solita grazia tagliente. Lo seguì Talmaye. Si chiese quanto tempo era passato da quando erano partiti. Ma non lo avrebbe chiesto.

Salmaye lo seguì in silenzio alla porta della scatola scura.

“Quanto resteremo?” mormorò.

“Sapevo che non avrei dovuto portarti con me” rispose Reimer, coprendosi il viso col cappuccio. Bussò. Poi lentamente spalancò la porta. Nel minor tempo che Salmaye potè mai calcolare un vecchio, evidentemente ubriaco, grasso e sporco, fu sulla figura perfetta di Reimer. Nello stesso tempo in cui l’aveva attaccato, la figura grassa si accasciò a terra, in un bagno di sangue. Reimer l’aveva ucciso. Salmaye si chiese perché, l’uomo che gli aveva insegnato ad uccidere solo quando strettamente necessario, aveva ucciso un uomo disarmato senza alcun ritegno.

Non ebbe tempo di mormorare un ‘cosa’ stupito che l’oste disse

“Temmer!” con voce rauca “Ormai era del tempo che non ti si vedeva”

Salmaye si guardò attorno. Nessuno era entrato prima o dopo di loro. Reimer evidentemente era Temmer. Lo guardò con aria interrogativa

“Già” rispose l’elfo scuro “Dei grossi affari mi hanno trattenuto lontano. Ma i sicari tornano sempre a casa”

Sicari? Salmaye si chiese se davvero il suo maestro era un sicario o se quella era soltanto una copertura.

“L’oste rise e con lui fecero lo stesso anche un paio di uomini a suo fianco. La taverna era certamente più puzzolente di qualunque altro luogo che Salmaye avesse mai visitato.

Fissò nuovamente Reimer per qualche istante. Chi sei? Si chiese. Il suo sguardo era cambiato. Era un altro. senza alcun dubbio. Eppure nel profondo di quegli occhi neri si leggeva che Reimer non era cambiato. Era lo stesso, infondo. Un sicario. Certe volte era evidente, che Reimer provasse piacere nell’uccidere orchi. Ma infondo erano questo. Solo orchi. Stupidi, crudeli, sporchi orchi. E non provava certo più piacere di quanto non facesse Leannel. Non capiva. Perché Reimer si faceva questo? Poteva davvero dargli il sollievo che cercava, fingersi qualcun altro?

“Chi è il ragazzino?” disse l’oste. La sua voce grossa e l’alito fetido svegliarono Salmaye dalle sue congetture.

Reimer rise e stropicciò i capelli lunghi di Salmaye.

“E’ mio figlio! L’avreste detto?” gli uomini attorno a l’oste risero

“Tuo figlio?” Disse uno “Non ha ereditato una sola goccia del tuo sangue!”

“Già. Guardate i suoi occhi! Forse è stata solo un’invenzione della donna che l’ha partorito!” ripetè l’oste ridendo. Salmaye si coprì il naso. L’odore era insopportabile.

“Rimarrai sempre il solito puttaniere!” disse una voce alle loro spalle. Salmaye comprese che chiunque avesse alle sue spalle doveva essere molto diverso dagli altri che stavano in quel postaccio. Non era una voce baritonale come le altre. Una voce sibillina, ma molto leggera.

Reimer era già voltato. Salmaye fece lo stesso. Era molto bello. Non avrebbe mai pensato di trovare uno come lui in un posto del genere. Un po’ come non si sarebbe aspettato di trovarci Reimer. Ma questi era di una bellezza differente. Era angelico. Etereo. E nonostante tutto chiaramente non era un elfo. Reimer sarebbe stato scambiato molto più facilmente in un puttaniere, un sicario o qualunque cosa simile. Se non si fosse saputo che era un elfo.

“Pensavo che non saresti arrivato oggi” disse Reimer abbracciando il ragazzo biondo.

“Tu mi devi della roba” rispose. Salmaye notò chiaramente che i due uomini si stavano scambiando un sacchetto molto piccolo. Reimer o Temmer o chiunque fosse gli diede del denaro. Poi gli si avvicinarono.

“Questo è Senner, ed è mio figlio”

Salmaye alzò due delle dita della mano sinistra.

“Che sguardo buono” disse l’uomo biondo, avvicinandosi. Ora li vedeva. Gli occhi di quell’uomo erano di un colore assurdo. Uno ricordava la pupilla di una gatto ed era giallo oro, rosso verso l’esterno. L’altro, il destro, era un normalissimo occhio blu.  

“Già. Ha preso da sua madre”

“Ti raggiungerò più tardi” il biondo si voltò. Salmaye non aveva mai pensato che qualcuno potesse credere che fosse davvero il figlio di Reimer. Erano decisamente stupidi, questi mortali.

“Lo hai portato per incattivirlo” disse uno di quegli uomini orribili

Reimer fece cenno di si col capo.

Poi fissò l’oste, estrasse il pugnale bianco e lo piantò sul bancone.

“Ora pensa a darmi una stanza”

L’uomo ubbidì. Sembrava avere una paura incontrollata di Reimer, nonostante la nascondesse grossolanamente. E anche Salmaye era spaventato. Il biondo, pensò, non mi piace affatto. È strano. Ma avrebbe aspettato di ritrovarsi solo con Reimer nella loro stanza.

 L’oste si allontanò col suo paso malfermo.

“Temmer?” mormorò Salmaye, seduto sul letto dalle coperte rosse

“Si, Temmer.” Rispose Reimer

“Non sapevo che tu avessi un'altra identità”

“Lo sapeva solo Talmaye”

“Hai ucciso quell’uomo senza alcun ritegno”

“Era grasso e povero, ed era un ubriacone. Gli ho fatto un piacere. E poi rientrava nella parte”

“Reimer, questo non sei tu”

“L’hai detto. Questo è Temmer” Salmaye si sentì come svuotato. Reimer era il suo unico punto di riferimento da una vita. “E tu, stupido ragazzino, farai meglio a coprire le tue orecchie di elfo se non vuoi che vengano tagliate. Questa gente è stupida ma è più ostile di quanto pensi”

“Non chiamarmi stupido! Sei tu lo stupido qui! Anzi, che ci facciamo noi qui?! Non starai meglio tornando a casa”

“Ancora non so se tornerò a casa. E comunque ti ho già detto che farai meglio a stare buono. Non fare il bambino. Capito Senner?”

Salmaye sospirò. Quello non era Reimer, solo qualcuno che ci assomigliava molto. In qualunque caso non lo era. Si sedette sul suo letto. Reimer se ne andò facendo cenno con la mano. Salmaye si lasciò cadere. Ripensandoci quel Reimer non era tanto lontano dal vero Reimer. Non era tanto impossibile. Poi si addormentò.

 

“Mi spiace Temmer, ma non posso farti un prezzo come questo dopo più di sei mesi che non vieni quaggiù” L’uomo, con la sua sfolgorante e crudele bellezza, gridò verso Reimer che, con lo sguardo perso sedeva in silenzio.

“Sei un mortale come gli altri” ripeté.

Ti taglierei tanto volentieri quella tua sciocca lingua mortale, pensava, se solo avessi idea di con chi hai a che fare.

“Mi serve”

“Serve a tutti quanti, e tutti quanti la pagano”

“Ma a me serve adesso”

“Ne vuoi troppa a un prezzo minimo”

“Che ti costa”

“Devo vivere anche io Temmer”

“Vivi sfruttando le debolezze delle persone, il loro dolore, le loro passioni. Siamo quello che i mortali definiscono amici. Ma tu decisamente non sei amichevole”

“Questo non c’entra” Reimer rise tra se e se. Sapeva di esercitare un fascino particolare su quel piccolo mortale. Era spaventato. Chiaramente si sentiva inferiore a lui.

“Hai sempre parlato troppo bene per essere un mezzo Gondoriano.”

“Ora tu dici cose che non hanno alcuna importanza. Dammi quello che voglio”

“Te ne darò quanta basta” il biondo prese dalla tasca due pelli contenenti dei pezzi di legno.

“E a mio figlio non pensi”

“Questa gente è stupida, ma io non sono come loro. Hai già portato un altro ragazzino identico qui, qualcosa come cinque anni fa. Anche allora aveva lo stesso aspetto e la stessa età. Nessuno se ne sarebbe accorto. L’oste è cambiato e gli uomini sono ubriachi per la maggior parte della loro sosta qui. Ma io non sono come loro” Reimer rise di nuovo. Non c’era niente di più ridicolo di qualcuno che si riteneva superiore a come fosse in realtà. Eppure per un istante lo assalì la paura. Paura che quell’uomo avesse scoperto che sia lui che Salmaye erano immortali. E che uccidesse Salmaye. Ma non era possibile.

“Ora vattene” disse al biondo

Salmaye si voltò di lato. Si chiedeva cosa fossero quelle stecche e cosa avesse intenzione di fare Reimer. Si chiese quando sarebbe tornato a casa. Si chiese perché fosse andato con lui.

“Alzati, ora” disse Reimer rivolgendoglisi.

“Non mi piace che tu sappia sempre se dormo o meno”

“Ti starai chiedendo” riprese Reimer “Cosa siano queste. Un paio di volte ho pensato di portarle a Gran burrone. Sono oro in legno. Forse servirebbero anche  a Leannel. Queste caro mio sono l’unica cosa che mi permette di non pensare.” Salmaye si ritrovò ancora più spaventato di prima.

Reimer trasse la stecca dal sacchetto e l’annusò

“Perché lo fai” quella di Salmaye non aveva più neanche il suono di una domanda “Leannel è tanto importante per te”

“Lo è. E per te sarà lo stesso. È un fardello impossibile da portare. Eppure io l’amo con tutto me stesso”

“Ma il tuo non è un amore convenzionale.”

“No, ma proprio l’amore ha reso tutto così insopportabile” Quelle parole per Salmaye rimasero per sempre un mistero. Salmaye pianse.

“Non masticare quella roba”

“Non fare lo stupido, piccolo mio. Trovati una ragazza, va da Cresius, e chiedigli di una ragazza. Non pensare a me stanotte. Non venire nemmeno qui a dormire. Non avrei dovuto portarti qui.” La mano ruvida di Reimer sfiorò il viso di Salmaye. Poi Si mise in bocca quello che gli aveva dato Cresius, il biondo, e  cadde addormentato. Salmaye decise che forse avrebbe seguito i suoi consigli.

Reimer dormiva un sonno innaturale. Si divincolava. Pareva ancora più triste che da sveglio. Ma forse quando si sarebbe svegliato non avrebbe ricordato più nulla.

Salmaye scese le scale arrivando alla locanda. Aprendo la porta scoprì qual’era l’attività del sabato sera.

C’era un gran caos. Molte ragazze ballavano. Ma soprattutto molti uomini le guardavano. Cresius era scostato dagli altri. Accanto a lui una mortale bellissima. Aveva lunghi capelli rossi, divisi a boccoli. Cresius la trattava con sufficienza. Evidentemente non la calcolava neanche come sua amante. Pensandoci avrebbe potuto essere anche sua sorella o sua figlia.

L’uomo biondo lo notò. Con un cenno della mano lo invitò ad avvicinarsi.

“Salve, figlio di Temmer” gridò. In effetti c’era una gran confusione.

Salmaye rispose con un cenno del capo, sforzandosi di sorridere.

“Cosa fa tuo padre?” chiese “E’ già crollato?”

Salmaye annuì di nuovo.

“Ah sono tutti così, quelli come lui. Come può sperare di non star male se la prende una volta ogni sei mesi? Sciocco.” Lo fissò nuovamente

“E tu, che ci fai qui?”

“Non lo so nemmeno io..” mormorò Salmaye. Era raro che non parlasse. aveva la lingua facile.

“Ti ha mandato tuo padre?” evidentemente Cresius non aveva sentito “Ah ho capito, vuole che ti trovi una ragazza”

Salmaye sospirò. Poi annuì.

“Crise vieni qua!” gridò Cresius “Questa è mia sorella. Divertiti. Oggi sei un uomo fortunato”

Crise non battè ciglio. Quasi ci fosse abituata. Lo afferrò per il polso e lo portò via. Suo fratello rise silenziosamente.

“Ma cosa…?” Salmaye allontanò il polso dalla stretta della ragazza. “cosa fai?” si guardò attorno. Non conosceva quelle pareti. In così poco tempo erano arrivati nella camera della ragazza.

“Cosa faccio? Sei tu che lo vuoi, no? Come ogni altro” Salmaye si sfiorò la fronte con la mano. Quella ragazza era solo una bambina. Forse agli occhi mortali di quelle persone anche lui poteva sembrare tale, ma in ogni caso non era così. E quella ragazzina, Crise, era sporca. Lo trattava come se fosse stato solo l’ultima di una lunga lista. Alzò lo sguardo. Crise, di spalle si stava togliendo la camicia bianca, sporca di vino. Era girata? Perché? Era una troia infondo. Salmaye da solo si chiamò stupido ed insensibile. Era una bambina. Si vergognava nonostante fosse assuefatta a quel genere di vita. Si voltò. Poi si sciolse i capelli rossi.per un istante ne fu fatalmente attratto. Infondo è raro che le capiti un bel giovane come me, si disse. poi, come già accaduto, si rimproverò. Non avrebbe mai potuto. Ed il piccolo seno bianco di quella ragazzina che non aveva certamente più di quindici anni gli fece capire che non poteva restare fermo. Non poteva lasciare che tutto accadesse. Né che Reimer si consumasse, o ci andasse molto vicino.

“No, rimettitela” disse. Crise lo guardò con uno stupore inconsueto.

“Cosa stai dicendo?” Crise si avvicinò a Salmaye. Lo baciò. Salmaye si sentì morire.

“Se sono i soldi che vuoi, li avrai ugualmente” Crise sorrise.

“Chi sei tu?” mormorò “Tu non sei un mortale come gli altri”

“In effetti non lo sono” rispose Salmaye. Nonostante tutto non credé mai che fosse quello il genere di differenza che realmente era tra mortali ed immortali. Questo perché poi, per tutta la vita rimpianse di non aver ricambiato il bacio di quella ragazza dai capelli rossi “Comunque dovrai aspettare un po’ per i tuoi soldi. Ho da fare”

Prima che Crise avesse tempo di rispondergli Salmaye fu fuori dalla sua stanza. Cresius lo vide correre ma non se ne curò.

Eccola. La sua porta. La spalancò così forte che temette di romperla. Al suo interno Reimer, il suo maestro, faceva quello che lui aveva combattuto con se stesso, con tutte le sue forze, per non fare.

Reimer era nudo tra le sue coperte bianche. Con lui, una ragazza molto bella, di una bellezza matura e seducente. Lunghi capelli neri ed occhi azzurri, taglienti come lame di ghiaccio. Chiaramente la bellezza i quegli occhi non aveva nulla a che fare con quella meravigliosa e triste di Leannel, o con quella degli occhi di Reimer, quegli occhi di cristallo nero.

Reimer pareva incredibilmente stanco e triste. Quasi gli stesse chiedendo scusa col suo sguardo meraviglioso.

Ma adesso basta. Ora era finita.

“Voglio andare a casa padre. E voglio andarci adesso” disse. Reimer si alzò a sedere. Sospirò. La ragazza gli occhi vogliosi chiedeva perché. Evidentemente il figlio di Reimer era più importante di lei. Ma ora lei era il male. Si rivestì grossolanamente.

Afferrò Salmaye per il collo e lo portò fuori dalla stanza.

“Cosa vuoi. Ti avevo detto di non farti vedere fino a domani.”

“Allora è così” rispose Salmaye con la voce sottile “allora non è vero che riesci a vivere. È una tua scelta, bastardo. Non riesci a vivere senza le tue troiette. Spero solo che con mio fratello tu non ti sia comportato così. Ci sputo sopra sull’irascibilità di questa gente. Di questi sciocchi mortali. Di tutti questi della Terra di Mezzo Hai trovato i peggiori. Ci sputo sopra. Voglio che anche i loro occhi putridi possano vederlo. Possano vedere quello che sei. E quello che sono” Salmaye afferrò il suo coltello. Uno ad uno i capelli della chioma corvina si ruppero e caddero. Ora Salmaye aveva i capelli corti, proprio come aveva detto Morien.

Reimer si sentì male. Erano anni che non sentiva il disprezzo nella voce di Salmaye. Da quando non parlava di suo padre. Chiunque lo avesse visto, l’avrebbe ucciso, ora. Quella gente desiderava l’immortalità degli elfi più di ogni altra cosa. E poi si ricordò le sue ultime parole ‘con mio fratello ‘. Rise. Salmaye rispose con un’espressione accigliata.

“Tu non sia cos’accadde quando tuo fratello venne qui.” Salmaye fece cenno di no col capo “No, non lo sai. Tu non sai perché non volevo che venisse di nuovo con me.” Una pausa “rimanemmo per cinque giorni. Alla fine del secondo tuo fratello si faceva tre stecche al giorno e almeno due litri di birra. Per non parlare delle donne” Salmaye rimase in silenzio. Quello era il posto dove il peccato attaccava le menti deboli. Si immaginò cos’avrebbe fatto Leannel se fosse stata lì. Poi vide suo fratello. Un dolore lacerante gli squarciò il petto. Forse era a causa di suo padre. “Fui costretto ad allontanarlo. Ed io stesso ne stetti lontano per del tempo. Ma non posso resistere tanto a lungo.”

“E che farai adesso? Tornerai là dentro? Tornerai là e continuerai a consumarti come se nulla fosse accaduto? Lascerai che mi perseguitino per le mie orecchie? Oppure che io gli stermini tutti?” Salmaye piangeva. Cos’era giusto allora? Se i suoi punti di riferimento erano deboli e tristi?

Reimer si voltò. Probabilmente era sua intenzione quella di tornare davvero nella stanza e ricominciare tutto come se nulla fosse stato. Ma poi lo ricordò. Ricordò quello che aveva pensato quando aveva trovato Talmaye in quelle miserabili condizioni. Pensò che non gli era mai riuscito niente nella sua inutile, malinconica vita. Che non era riuscito neppure a rendere Talmaye un elfo superiore a quelli come lui, o come Leannel. E poi pensò a lei. Pensò agli occhi castani di Morien. Ai suoi languidi occhi. E pensò che li aveva venduti al prezzo di una mortale, libidinosa e insapore.

“No, non lo farò” disse. Quindi afferrò Salmaye per un polso e lo condusse fuori dalla grande scarola nera.

“Cosa diavolo..”

“Faccio quello che hai detto tu. Andiamo a casa.” Ma in quel momento alle loro spalle giunse chi ormai non si sarebbero più aspettati. Cresius.

“Ci lasci già?” disse

Reimer fece cenno di si col capo, mentre Salmaye saliva sul suo cavallo grigio, nelle tenebre della notte.

“E dove vai?” riprese Cresius “A casa? Dov’è casa tua Temmer? Questa gente ti farebbe fuori se sapesse da dove vieni. Ti farebbe fuori anche se solo vedesse le orecchio di tuo figlio. Sai, l’immortalità è un dono che voi elfi non meritate” Reimer non sapeva perché un uomo crudele e stupido come Cresius avesse fatto delle ricerche del genere. Ma sentiva che adesso Cresius era una minaccia.

“Sarebbe stato meglio che me lo fossi tenuto per me” disse. Reimer afferrò l’arco e la faretra che aveva tenuto nascosto per quei due giorni. Tese l’arco. Cresius ebbe l’impressione che sarebbe morto. Salmaye non disse nulla, dato che detestava quell’uomo. eppure Reimer lasciò la presa, e non tirò. Gli risparmiò la vita.

“La prossima volta che verrò, fa in modo che quella roba sia meno cara”

Cresius sorrise. Non avrebbe mai immaginato di tornare vivo alla locanda, quella notte.

 

Morien tirò. Non era il centro ma ci andava vicino. Erano solamente cinque giorni che si trovava in quel posto. E Leannel pensò che fossero solo cinque giorni che tirava con l’arco. Ma le aveva posto la condizione di essere un guerriero per stare con lei. E Morien doveva stare con Leannel ad ogni costo. Talmaye le fissava da lontano. Visibilmente Morien sente la mancanza di Reimer, pensò. Ma mi chiedo come sia possibile che con tanta facilità le persone si innamorino di Leannel.

Intanto Morien non aveva letto nessun libro e Talmaye non aveva trovato nessuna donna. Desiderò con tutto se stesso di essere andato lui stesso con Reimer, al posto di suo fratello. Poi si disse che era uno stupido. L’ultima volta aveva combinato un guaio difficile da ripetere. Ed altrettanto era stato difficile tenerlo nascosto.

Leannel lo fissò un istante. Talmaye fece finta di non notare il suo sguardo. Quello sguardo talmente severo che riusciva a farlo stare male. E a nessun altro questo era concesso. 

“Ho fame, mangiamo qualcosa” disse Morien.

“E’ l’alba ormai” rispose Talmaye

“Ho fame anche io” disse Leannel.

A Talmaye fu dato il compito di trovare qualcosa da mangiare. Leannel non sembrava più di tanto turbata dall’arrivo di Morien, né dalla partita di Reimer. Eppure Talmaye temeva che Leannel s’innamorasse di Morien. Avrebbe potuto farlo. Rise, dicendosi che la sua era un’idea assurda. Prese del pane, del formaggio e del vino. Non era certo roba di classe ma andava bene per uno spuntino all’alba. Inoltre gli piaceva decisamente l’idea di essere all’alba, solo, con due donne bellissime. Si fermò. Forse aveva ragione Salmaye quando diceva che Talmaye era semplicemente innamorato di Leannel. Non era il momento di pensarci.

Tornato vide le due donne elfo, sedute sull’erba. Si disse che oramai forse anche Leannel, inconsciamente, sapeva che Morien era una donna. E anche della storia con Reimer. Il suo giocattolo, mormorò.

“Grazie” disse Morien. Leannel rispose solo con un sorriso che sapeva di qualcosa che rasentava la gioia. Talmaye comprese di non essersi mai sentito in un modo simile. Leggero, pensò. Morien era una cosa del tutto positiva, infondo. Reimer aveva sbagliato di parecchio i suoi calcoli.

Reimer. Chissà quando sarebbe tornato. E chissà come sarebbe tornato suo fratello. Forse Reimer, sotto l’effetto di quelle stecche, gli avrebbe raccontato la sua storia, quando era andato laggiù. Sarebbe stato molto doloroso per suo fratello. Si dispiacque, ma non in maniera esagerata. Gli sarebbe passata. Suo fratello era maledettamente forte. Non c’era nulla che non sarebbe riuscito a superare. Talmaye diede un morso alla sua fetta di formaggio.

Leannel nel suo stesso stupore si accorse di stare sorridendo.

 

“Incredibile, sei riuscito a portarmi via, senza rischiare di morire” Reimer disse, sorridendo. I cavalli rallentarono. Salmaye la poteva vedere, casa.

“Sembra di si” rispose. Reimer comprese che adesso avrebbe dovuto affrontare la realtà. Una realtà che, ai suoi occhi che non avevano seguito la trama della storia, poteva sembrare di una difficoltà insormontabile. Erano pressappoco le sei. Reimer lasciò il suo cavallo alle stalle di Leannel. Salmaye fece lo stesso. Salmaye sorrise. Non c’era un motivo ben preciso, sorrise e basta.

Reimer fu costretto a chiedere informazioni per riuscire a trovare Leannel e gli altri che non si trovavano nelle proprie stanze. Un cortile di pietra. Reimer guardò all’interno. Morien dormiva sulle cosce di Leannel. Quelle cosce che non erano più così esili come un tempo. O che almeno non lo erano quanto si era aspettato. Le carezzava i lunghi capelli scuri.

“Fa piano!” disse una voce alla sua destra. Si voltò. Talmaye. Salmaye sorrise e l’abbracciò. Si, Rei gliel’ha detto, pensò.

“Fa piano. Pensavi di esserle indispensabile. Ti sbagliavi. Siamo stati niente male quaggiù senza di voi. Potreste andarvene più spesso”

Salmaye lo guardò molto male. Talmaye rise.

“Che hai fatto ai capelli, idiota?” sussurrò

 Reimer avanzò in silenzio.

“ che ne pensi?” sussurrò dolcemente all’orecchio di Leannel, che ebbe un lieve sussulto.

“Si, è carina.. carino, già carino” Reimer rise di nuovo. Cirdan si sbagliava. O la menzogna non era affatto il suo talento o era circondato da persone fenomenali. Optò per la seconda possibilità.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Leannel