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Autore: kateausten    26/12/2012    5 recensioni
"A cosa pensi?" (...).
Ron sorrise.
Forse glielo avrebbe detto, però più tardi, più avanti, la faccenda della voce. Forse quando avrebbero guardato estasiati e esausti una neonata sporca di latte oppure quando lei avrebbe avuto capelli crespi e bianchi e lui una simpatica piazzola in testa, come suo padre.
O forse mai, perchè tanto Hermione era Hermione e capiva tutto, anche e soprattutto quello che lui non le diceva.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Questa storia ha partecipato al contest "Every Month Has its Present! Ron&Hermione Contest" indetto da Ciara90 e Darkmoon90, classificandosi Quinta.

 

L'estate era alle porte.
Maggio era un mese delizioso, un mese che arrivava piano e scivolava via ancora più delicatamente. Maggio era il mese della vittoria.
Portava via il gelo, il freddo, gli scrosci d'acqua. Maggio faceva arrivare il caldo, la sensazione che l'estate e la libertà erano vicine e a portata di mano, e anche gli esami erano vicini, certo, ma adesso non facevano più così paura.
Maggio aveva fatto arrivare anche strani pensieri, nuove meraviglie.
Ron si meravigliava delle piccole cose, che ora non erano più piccole, ma grandi. Come le belle giornate, ad esempio. E le uova strapazzate a colazione. E il rumore lieve delle lenzuola mentre si rigirava nel letto. Giocare una partita a scacchi.
Poter respirare senza sentirsi un macigno nel petto che pigiava pigiava pigiava.
Ron si meravigliava anche del fatto che adesso guardava Harry senza avvertire quel senso di affetto- immenso affetto- misto a compassione e rabbia. Guardava Harry perchè era il suo migliore amico, solo Harry, e perchè lui stava con Ginny e meraviglia o non meraviglia lei era pur sempre sua sorella e doveva controllarla.
Certe volte, dopo aver guardato Harry si guardava le mani ed erano impressionanti quelle mani.
Nonostante fosse passato un anno- e un anno fa quel Maggio era così gelido che nulla aveva a che fare con quello che stava vivendo in quel momento- Ron vedeva che le sue mani erano ancora piene di quelle cicatrici che Ginny chiamava scherzosamente "da battaglia".
Ron ricordava anche di aver invidiato un'altra cicatrice, quella che il suo migliore amico portava sulla fronte come un peso che era diventato così paziente a sopportare; ricordava di averla voluta anche lui, una cicatrice, un segno, qualcosa che lo facesse diventare speciale.
Qualcosa che lo facesse distinguere agli occhi di lei.
Adesso sapeva quanto era stato stupido, nonchè autolesionista, perchè lei era sempre stata sua, anche se lui non lo aveva capito, mai, neanche quando erano in una sporca, triste desolata tenda in balia della morte.
Hermione era sempre stata li, come un faro in mezzo alla pioggia, come un incantesimo luminoso nella notte più buia, dove ombre e ombre di Dissennatori ti avvolgevano per banchettare con la tua anima.
Non era stato facile per lui ammettere a se stesso i proprio sentimenti, le proprie paure, i propri pensieri ridicoli e sconvenienti, perchè non potevi pensare che Hermione preferiva Harry, preferiva quella cicatrice, proprio nel momento in cui sei a un passo dal non vederla più.
Erano si, pensieri molto ridicoli e molto sconvenienti.
Ma Ron li aveva fatti. Doveva farci i conti anche mesi dopo, perfino quando Maggio arrivava e sembrava lavare tutto il marciume che c'era stato fino all'ora, con quel suo sole caldo e i fiori che sbocciano.
A volte pensava che anche quei pensieri fossero cicatrici, anzi, una bella cicatrice unica che accomunava tutti i pensieri che aveva avuto.
Non c'era cura per le cicatrici. Perchè stanno li, per sempre. Non c'era rimedio.
Tranne uno.
Ron aveva sentito la voce di Hermione tutti i giorni da sette anni a quella parte, e mai si era fermato a pensare che un giorno, quella voce lo avrebbe salvato.
La sua voce, la sua voce, la sua voce.
La voce di Hermione.
Cosa c'era di speciale in quella voce? Era saccente, acuta, talvolta ispida come i suoi capelli.
Ron sorrideva quando pensava alla voce di Hermione.
La sua voce poteva essere saccente e irritante ma era la voce che l'aveva salvato quella mattina, mentre si trovava a Villa Conchiglia.
Era la voce che lo avrebbe sempre salvato.
"A cosa pensi?".
Ron alzò lo sguardo. Hermione lo aveva raggiunto in giardino, il giardino di Hogwarts, la loro amata Hogwarts anche lei piena di cicatrici, e lo stava guardando con serietà.
Penso che tu abbia la voce più bella del mondo. Penso che è la tua voce che mi tranquillizza. E’ il tuo modo di parlare, il tuo modo di chiamarmi, quel nomignolo che mi riservi.
"A Maggio".
Hermione si sedette accanto a lui, incrociando con attenzione le gambe, lisciandosi la gonna della divisa.
Una volta terminata la battaglia, con suo enorme solievo si era potuta abbandonare nuovamente alle gonne scozzesi, ai libri, alle lezioni.
"A Maggio?" ripetè "In che senso?".
Ron sorrise.
Forse glielo avrebbe detto, però più tardi, più avanti, la faccenda della voce. Forse quando avrebbero guardato estasiati e esausti una neonata sporca di latte oppure quando lei avrebbe avuto capelli crespi e bianchi e lui una simpatica piazzola in testa, come suo padre.
O forse mai, perchè tanto Hermione era Hermione e capiva tutto, anche e soprattutto quello che lui non le diceva.
"Così. E' un bel mese, no?".
Hermione sospirò e poi sorrise.
"Si, è un bel mese" concesse.
Poi, dopo essersi guardata intorno per accertarsi di essere soli, la ragazza prese la mano di Ron e poggiò la testa sulle sue spalle.
Erano passati mesi da quando si erano messi insieme ufficialmente e nonostante ciò, Ron sentiva battere il cuore in posti che non sapeva neanche di avere quando Hermione lo sfiorava e toccava così dolcemente.
Non succedeva spesso- "Siamo a scuola, Ron!"- ma quando ciò accadeva e sentiva il corpo di Hermione rilassarsi contro il suo, allora Ron chiudeva gli occhi, lasciandosi travolgere da quella felicità che i primi mesi lo lasciava disorientato e pure un pò colpevole.
Guardò le loro mani intrecciate e si scoprì a ripensare a quelle cicatrici- anche Hermione aveva le mani piene di tagli e abrasioni che probabilmente mai se ne sarebbero andate- ma vederle intrecciate così, tagli con tagli, cicatrici con cicatrici, non facevano sembrare la cosa così terribile. Erano insieme.
Tutto era partito da una cicatrice, la cicatrice che loro avevano scelto di seguire, ed era finito ad altre cicatrici, sia nel cuore che nell'anima che nelle mani.
Ma era con Hermione. E niente poteva andare male adesso che era con lei. Solo pensarla lo rendeva euforico. Si sentiva come un bambino in un negozio pieno di caramelle.
Le strinse la mano, quasi involontariamente.
"Che c'è?" sussurrò lei.
"Niente".
"Sicuro?".
"Sono felice". Ron non sapeva come aveva fatto a pronunciare quelle parole.
Hermione spostò la testa dalla sua spalla e lo guardò.
"E' una cosa bella" disse con sguardo penetrante "E quale sarebbe il motivo di questa felicità?".
Ron aprì la bocca per rispondere e poi la richiuse.
E’ che sei tu. E quando si tratta di te, io non lo so che mi succede. Per quanto cerca di trattenermi, se si tratta di te io sono felice.
Non le disse neanche questo. Sorrise e basta e Hermione sorrise a sua volta, scuotendo la testa, aiutandolo ad alzarsi e cominciando a parlare di compiti e nullafacenti che stavano sul prato a bighellonare.
Ma era Hermione e Ron lo sapeva.
Aveva capito.

  
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