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Autore: michaelcray    12/07/2007    0 recensioni
Questa è una storia basata sul videogioco Lineage II. Mithrius è il mio personaggio e gli altri personaggi che compaiono sono quelli dei miei amici. Dopo il prologo (che contiene anche il background del personaggio), ci saranno un paio di capitoli, quindi storie brevi autoconclusive. Buon divertimento... Il background contiene nomi e riferimenti alla saga di Dragonlance (AD&D). Tutto il resto è opera personale.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono passati diversi mesi, Mithrius ed i suoi amici hanno conquistato il castello di Giran e Zicchete è diventato il reggente della città. Mithrius, adesso capitano della Guardia, ha il compito di far rispettare la legge e l'ordine nel territorio di Giran.

Da giorni, quel drago terrorizzava i contadini vicino al bosco. Devastava i recinti, straziava il bestiame e la selvaggina, ogni giorno correva voce di un suo nuovo assalto.
Mithrius, inviato dal reggente di Giran, Zicchete il Magnanimo, a risolvere la faccenda che accresceva il malcontento dei sudditi di giorno in giorno, si fermò alla fattoria, teatro del più recente attacco. Scese dal cavallo, mentre i bambini più piccoli gli venivano incontro.
Fece un sorriso ad entrambi, porse un pezzetto di zenzero caramellato al più piccolo, carezzò i capelli del più grande.
"Dove sono i vostri genitori?" chiese.
"Pa' è nei campi, con Teo, mio fratello maggiore. Ma' è in casa. Sta infornando il pane."
Dalla casa, povera ma ben tenuta, veniva in effetti l'odore del fumo e del pane fragrante.
"La chiameresti?"
Con un cenno d'assenso, il più piccolo corse via gridando: "Maaaaa'! C'è un cavalieeeereee!"
"Sei qui per uccidere il drago?" chiese l'altro bambino.
"Credo proprio di si..." disse Mithrius.
"Anche io da grande voglio essere un cavaliere. Ucciderò i nemici e diventerò ricco!"
"Come ti chiami, piccolo?"
"Lyon."
"Lyon, sono sicuro che la farai."
"Davvero?" Il ragazzino sgranò gli occhi.
"Si... ma per adesso il tuo compito è quello di crescere forte ed aiutare i tuoi genitori."
Dopo pochi istanti, la donna uscì dalla casa e, riconosciuto il cavaliere, si inchinò.
"Signore, benvenuto nella mia umile casa."
"Non c'è bisogno che vi inchiniate" le disse il paladino porgendole la mano e aiutandola ad alzarsi.
La donna lo guardò con un misto di sorpresa e incredulità.
Lui le sorrise. "Ero... sono figlio di contadini anche io. Non mi si confanno i modi aristocratici."
"Oh... scusatemi.. devo togliere il pane dal forno. Sta cuocendo troppo."
La donna corse dentro casa.
Mentre i due bambini portavano il cavallo di Mithrius nella stalla, il paladino girò intorno alla casa.
Subito dietro la fattoria, dove un tempo sorgeva l'ovile, c'era soltanto un cumulo di macerie.
Due mucche ed una pecora brucavano l'erba poco distante. Erano tutto quello che rimaneva della mandria. Il resto erano travi rotte, paglia sparsa e sangue.
Mithrius ricordava che quella famiglia dovesse avere almeno una decina di capi. In una sola giornata, avevano perso quasi tutto.
"Ha distrutto l'ovile e portato via due mucche e sei pecore. E lo ha fatto prima che io potessi contare fino a cento." La donna era dietro di lui e portava con sé un cesto.
"Mi dispiace... farò il possibile per evitare che accada di nuovo..."
"Non potrà accadere più. Non abbiamo più niente, ormai."
La donna aveva gli occhi spenti, lo sguardo di chi ha perso la speranza.
"Adesso vado. Vi lascio il cavallo. Mi muoverò meglio a piedi."
"Prendete questo", disse la donna, porgendogli il cesto. "C'è del pane fresco, formaggio e del vino. Potrebbe essere una lunga caccia."
"Vi ringrazio" disse Mithrius.
Partì di buon passo, diretto verso i piedi della montagna. I campi coltivati lasciarono presto spazio ai primi alberi. Poi, sempre più folta, ecco la foresta che rivestiva le pendici del monte fin quasi a metà.
Mithrius osservò le cime. Non c'erano caverne o grotte, per cui il drago doveva nascondersi da qualche parte nella foresta. Decise di iniziare la sua ricerca dal versante ovest.

Per quasi quattro ore percorse sentieri alla ricerca di nascondigli lungo le pendici della montagna, tra gli alberi secolari. Si imbatté in due caverne, una troppo piccola per un drago che riusciva a portar via due mucche e sei pecore. L'altra sembrava promettente, ma poco oltre l'ingresso era franata e si restringeva troppo.
"Maledizione!" pensò Mithrius mentre si sedeva a riposare appoggiato ad un tronco. "Credo proprio che non lo troverò mai!"
Si asciugò il sudore della fronte con un lembo del mantello, quindi trasse fuori dal cesto la pagnotta ed il formaggio e iniziò a mangiare. Poi, bevve un po' del vino dal piccolo otre che c'era nel cesto.
Il sole era ancora alto nel cielo, ma tra gli alberi della foresta c'era un po' di fresco. Mithrius si avvolse nel mantello e dopo un po' si addormentò.

Si svegliò di soprassalto. Aveva udito qualcosa, o era soltanto un sogno? Sembrava il lamento di una bestia terrorizzata.
Poi, udì l'urlo del drago. Lo stridìo lo colse di sorpresa e gli provocò un tremore che scosse le sue membra. Pregando Paladine per non impazzire, Mithrius si alzò e si tolse il mantello. Poi, sguainò la spada e si incamminò in direzione del terribile urlo.
Dopo qualche minuto, seguendo il lamento della pecora (adesso l'aveva riconosciuto), Mithrius giunse in un punto in cui si apriva una fenditura nella roccia. Oltrepassò la fenditura e si ritrovò in uno spiazzo ampio, circondato da rocce altissime, dal quale si poteva accedere solo dalla fenditura... o dall'alto.
Era giunto nella tana del drago. Non ci sarebbe mai arrivato se non avesse sentito il lamento della pecora.
Si guardò intorno. Carcasse di animali, ossa dappertutto. Poi vide la bestia che si lamentava. O quello che ne restava. Preso dalla pietà, stava per porre fine alle sofferenze dell'animale, quando intorno a lui si fece buio.
Il drago!
Stava rientrando nella tana. Mithrius alzò gli occhi in tempo per vedere l'enorme bestia calare dall'alto con le fauci aperte, le ali spiegate e gli artigli pronti a ghermirlo.
"Paladine, aiutami!" Con un balzo, Mithrius si gettò di lato, proprio mentre gli artigli scavavano un profondo solco nel punto in cui lui si trovava pochi istanti prima.
Rotolò su sé stesso, alzò la spada dinanzi a sé e si preparò al combattimento.
Proprio in quel momento, il drago urlò ancora.
Il suono tremendo aggredì le orecchie del cavaliere. Lasciò cadere la spada per terra e si strinse la testa con le mani per non impazzire. Le pareti di nuda roccia amplificavano il frastuono. Mithrius si gettò in ginocchio, gli occhi serrati e le mani che artigliavano il terreno. Il drago gli diede una zampata, scaraventandolo contro la parete di pietra.
L'urto mozzò il respiro del cavaliere. Avvertì il rumore dell'osso del braccio che si spezzava, insieme al sapore del sangue in bocca. "Per fortuna", pensò, "non è il braccio con cui tengo la spada." Ma si rese conto dell'assurdità di quel pensiero. Sarebbe morto lì, in trappola come un topo.
L'armatura tuttavia aveva retto il colpo. Non si era nemmeno ammaccata e il guanto era saldo attorno al braccio di Mithrius. "L'osso è tenuto fermo dall'armatura!" si disse il paladino mentre provava a chiudere e ad aprire la mano. Il dolore era sopportabile, a patto di non fare bruschi movimenti con il braccio. "Zicchete, ti devo la vita... anche se ancora per poco!"
Si alzò in piedi, mentre il drago lo fissava con i suoi occhi rossi.
"Si sta preparando all'attacco finale!" E lui era disarmato. La spada infatti giaceva là dove l'aveva lasciata cadere.
Guardandosi intorno, Mithrius non trovò niente. Né un bastone, né una pietra da poter scagliare. Voleva morire combattendo, ma si sarebbe dovuto battere con i pugni.
Si mosse piano in direzione della spada, ma il drago sferzò l'aria con la sua coda, vicino all'arma. Non l'avrebbe mai raggiunta.
Il suo petto era in fiamme, il suo respiro affannoso. Poi, avvertì il bruciore. Qualcosa bruciava sotto l'armatura! Inserì la mano sana tra le piastre. Il simbolo di Paladine!
Il suo medaglione pulsava di luce. Mithrius lo strinse e avvertì la presenza del suo dio. Lo sollevò in alto, e gridò il Suo nome. "Paladine! Dammi la forza!" Il simbolo avvampò di luce bianchissima, accecando il drago.
Mithrius corse verso la spada, evitando con una capriola la coda che sbatteva per terra, brandì l'arma e con un unico movimento squarciò il petto dell'enorme bestia.
Il drago urlò di dolore. Aprì le possenti ali per spiccare il volo, ma le forze lo tradirono e ricadde in avanti.
Mithrius estrasse la spada dal petto del drago mentre il sangue usciva copiosamente. Salì sul collo del drago, pronto a piantare la spada nel cranio, per porre fine alla vita dell'animale.
Salì sulla testa della bestia, impugnò la spada con entrambe le mani e si preparò a piantarla nell'enorme cranio.
"MWAAARRRRR!"
Quello strano verso fece voltare Mithrius di scatto. Un giovane drago, poco più grande di un pony, fece capolino da un cavità nella roccia.
Il drago cercò di voltare la testa verso il cucciolo, ma poteva solo respirare sommessamente, mentre le forze lo abbandonavano.
"MWAAAARRRR!" fece il cucciolo con più decisione.
Fu allora che Mithrius capì.
"È una femmina!" Probabilmente, il drago aveva deposto le uova in quel luogo e, una volta nati i cuccioli, aveva procurato il cibo non allontanandosi eccessivamente dalla tana. Ciò spiegava i frequenti assalti nelle fattorie vicine.
Quasi a sostenere il suo ragionamento, un altro cucciolo di drago uscì dietro il primo.
Adesso entrambi guardavano l'enorme madre, chiedendosi come mai non rispondesse al loro richiamo.
Mithrius non se la sentiva di finire il drago davanti ai cuccioli. "Cosa devo fare, Paladine?" chiese, guardando il medaglione.
Poi, prese la decisione. Scese dalla testa del drago, si inginocchiò davanti all'enorme petto squarciato e poggiò le mani sulla ferita, invocando il potere di Paladine.
Si sentì svuotare il corpo da ogni briciolo di energia. Sentiva la sua essenza vitale entrare nel corpo del drago attraverso le sue mani. A poco a poco vide la ferita richiudersi, prima lentamente, poi sempre più velocemente.
Cadde in avanti, mentre il drago, ormai riprese le forze si rialzava. Gli artigli della bestia furono l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi.

Si risvegliò, spossato. I raggi del sole al tramonto arrossavano la sommità delle rocce, in alto. Era solo. Il drago ed i cuccioli erano andati via. Non sarebbero più tornati.
Mithrius si rialzò, barcollando. Attese che la testa smettesse di girare, respirando profondamente. Rinfoderò la spada e fece per andar via. Ma qualcosa lo tratteneva. Si guardò intorno, nel crepuscolo. Poi, vide la cavità dalla quale erano usciti i cuccioli. Si chinò a quattro zampe, strisciò nel condotto per un po'. E lo vide.
Un uovo. Liscio, del colore del marmo nero, con venature bianche e gialle. Lo prese. Era pesante, ma non molto. Avvertì l'essere dentro l'uovo agitarsi. "Va tutto bene, piccolo. Va tutto bene", disse, tenendolo tra le mani.

Uscì di nuovo dalla feritoia nella parete rocciosa. Tornò all'albero dove si era riposato. Mise l'uovo nel cesto della donna, lo coprì con il mantello e tornò indietro.
Giunse alla fattoria. Bussò alla porta e questa volta fu il marito della donna ad aprire.
"Si?"
"Sono Mithrius, cavaliere e capo delle guardie del castello di Giran."
"L'avete preso quel drago? L'avete ucciso?" La donna giunse attorniata dai figli.
Mithrius guardò la madre ed i piccoli. Gli vennero in mente i cuccioli che chiamavano la madre morente. Annuì.
"È tutto finito, adesso."
"Sia lodato il cielo!" L'uomo e la donna si abbracciarono, circondati dai bambini che saltellavano per la felicità.
Mithrius estrasse dal fodero della spada un piccolo involto.
"Signora... ho perso il cesto. Mi dispiace. Accettate questo come risarcimento."
La donna lo aprì. Dentro l'involto, vi erano dieci monete d'oro, probabilmente il prezzo di tutta la casa, compreso l'ovile, le bestie ed il terreno circostante.
"È troppo! Non posso! Vi prego!" La donna guardava il cavaliere, ma il suo sguardo si soffermava ora sul volto del marito, ora sulle monete d'oro.
Mithrius scosse la testa.
"Sono io a pregarvi di accettare. Il piccolo Lyon vuole diventare un cavaliere. Pagategli la scuola, comprategli i libri e poi, tra un anno, mandatelo al castello di Giran. Lo addestrerò personalmente."
La donna adesso piangeva di gioia. L'uomo, visibilmente commosso, volle stringere la mano di Mithrius. Lui si sfilò il guanto e accettò la stretta di mano.
"Sarete il benvenuto ogni volta che passerete da queste parti!"
"Vi ringrazio. Adesso devo andare."
Teo, il figlio maggiore, corse a prendere il cavallo.
Mithrius salì in groppa, fece un cenno di saluto alla famiglia e partì al galoppo per tornare a casa.
Si fermò accanto all'albero, raccolse il cesto con l'uovo e guardò in cielo le stelle che splendevano nella notte. Forse aveva trovato il motivo per cui Paladine lo aveva mandato in quella terra. Era tempo che tra umani e draghi si stipulasse un'alleanza.

  
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