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Autore: Delyassodicuori    26/12/2012    1 recensioni
Bene, questa è la mia seconda storia. qui parla sempre degli stessi personaggi di Twilight, solo non più ambientati nel loro solito mondo di Vampiri e Licantropi. Stavolta, infatti, li troviamo a New York City, praticamente nel mondo reale, e non più mostruoso o fantastico. i protagonisti sono sempre gli stessi, ovvero Leah (che farà da ostaggio), Jacob e Seth (che faranno parte di una banda di ladri di New York City con a capo Sam). Buona Lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater, Seth Clearwater | Coppie: Jacob/Leah
Note: AU | Avvertimenti: Non-con | Contesto: Nessun libro/film
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Erano ormai le tre del mattino. Jacob aveva finto di dormire per ben tre ore. Si alzò dalla panca e andò verso le sbarre. Fece passare la testa attraverso queste e osservò le altre celle. Tutti i loro occupanti dormivano, russando o parlando nel sonno. Due guardie erano passate pochi secondi prima che Jacob si alzasse. I poliziotti erano svaniti dietro l’angolo. Li sentiva parlare tra loro.
Prese dalla tasca il suo fermaglio e lo aprì ben bene, cercando di rimetterlo dritto. Poi lo conficcò nella serratura. Agitò il fermaglio per qualche secondo, finché non sentì un lieve clack. Il ladro guardò allarmato l’angolo dove erano spariti gli sbirri. Sospirò di sollievo. I due continuavano a parlare, senza rendersi conto che una cella si era appena aperta.
Jacob tornò verso la panca e agitò il braccio di Garret, che dormiva sulla panca appesa al muro sopra la sua.
Garret fece qualche verso e agitò le braccia, come se cercasse di liberarsi da una mosca.
-Psss, Garret, sveglia!- disse sottovoce Jacob, strattonandolo più forte. Il barbone si svegliò di colpo, tossendo. Aprì gli occhi e si guardò attorno, come se cercasse di visualizzare il perimetro. Quando si fermò a guardare Jacob, si stropicciò gli occhi e disse, sbadigliando e guardando fuori dalla finestra a sbarre:-Che c’è? È tardi…-
-Ma è l’ora esatta per andarcene!- disse piano Jacob, cercando di portarlo giù. Garret lo guardò, confuso, chiedendosi che razza di droga avesse preso.
-Ma… stai bene?- chiese il barbone, scendendo dalla panca.
-Non vuoi uscire?- domandò Jacob, la mano appoggiata alla sbarra.
-Ovvio, il mio è uno spirito libero, ragazzo- disse l’altro, grattandosi la testa e stiracchiando le braccia. Jacob aprì piano la cella e Garret spalancò la bocca, incredulo.
-Come….?-
-Ricordati sempre di portarti dietro una di queste!- disse Jacob, mostrandogli il fermaglio. Lo rimise in tasca e i due uscirono dalla cella, facendo piano, stando attenti a non fare il minimo rumore. Jacob cercava di trattenere il respiro, mentre si avvicinavano all’angolo dove stavano ancora i due poliziotti.
-Fai come faccio io- parlò sottovoce Jacob. Garret annui, intuendo il suo piano.
I poliziotti stavano di spalle e bevevano una tazza di caffè.
-Al mio tre…- fece Jacob piano –Uno… due…. Tre!-
I due presero da dietro per il collo i due sbirri, tappando le loro bocche con le mani, mentre questi si divincolavano e cercavano di urlare. I due ladri tirarono fuori dalle loro cinte dei bastoni neri e con questi colpirono sulle loro teste. I due poliziotti caddero svenuti a terra, mentre il loro caffè veniva rovesciato sul pavimento.
-Ok, e fin qui è filato liscio- disse Garret, dando un calcio sullo stomaco di uno per assicurarsi che fosse svenuto per davvero –Ma adesso?-
-L’idea non mi entusiasma molto, ma se vogliamo uscire da qui illesi…- fece Jacob, togliendo il giubbotto al poliziotto svenuto.
 
L’area era praticamente deserta. C’erano solo dei lampioni che illuminavano la prigione.  Due uomini uscirono con le teste basse e i volti nascosti dai cappelli verso il cancello. Uno di loro frugò nella tasca del giubbotto e trovò la tessera che cercava. Lo fece passare attraverso un macchinario e questo fece aprire loro il piccolo cancello di fianco a quello grande per le auto.
I due uscirono, camminarono finché non svoltarono l’angolo dell’edificio più lontano dai controlli della polizia, sospirarono di sollievo e si tolsero giubbotti e cappelli, buttandoli a terra.
-E’ andata bene!- sospirò Garret, togliendosi il cappello.
-Già- precisò Jacob, mentre saliva saltando su un cassonetto per l’immondizia.
-Ma che fai?- chiese il compagno di cella.
-Devo andare, ho una cosa urgente da prendere- disse Jacob, saltando poi sugli scalini e salendo sul tetto.
-Parli per caso della ragazza che avevi preso come ostaggio?- chiese Garret, alzando un poco la voce.
Jacob si bloccò non appena arrivò al tetto. Si voltò e disse:-Si, devo andare da lei….-
-Buon per te!-
-Ma tu cosa farai, Garret?- chiese Jacob.
-Io sparirò dalla circolazione per un po', non mi piace stare nella stessa città per più di un mese. Io ho bisogno di avventure e brividi e adrenalina, se sai cosa intendo- rispose Garret, alzando le spalle –Ti auguro buona fortuna, Jacob. Nei avrai bisogno-.
-Grazie, anche a te!- disse Jacob, a mò di addio. Corse e saltò per i tetti. Sapeva perfettamente dove andare. Sapeva perfettamente dove trovarla a quell’ora. Era scritto nel fascicolo di Charlie. Aveva bisogno di rivederla, e subito…
 
Leah fissava il soffitto della sua stanza, mentre stava sdraiata sul letto. Continuava a pensare a lui, ai suoi baci e abbracci, al modo in cui la toccava, la proteggeva dalle grinfie di Sam, al modo in cui le aveva dimostrato il suo amore per lei…
I suoi pensieri furono interrotti da un rumore improvviso. Dei sassolini colpivano la finestra della sua stanza. Si alzò dal letto e andò a vedere, affacciandosi alla finestra. Un ragazzo, con i capelli neri e cortissimi, gli occhi scuri e un sorriso da addolcire il cuore la stava fissando, felice. A Leah per poco si mozzò il respiro. Chiuse gli occhi e li riaprì, sperando che non fosse frutto della sua immaginazione. Non lo era. Aprì la finestra e si protese in avanti.
-Non ci credo… come hai…?- chiese, mentre il ragazzo si arrampicava sul muro circondato dall’edera e con le mani si aggrappava alla finestra. Leah si allontanò di un passo e il ragazzo entrò con agilità dentro.
I cuori di entrambi battevano forti, come se volessero uscire dai petti. Leah arrossì di colpo, quando Jacob la salutò con un:-Ciao-.
La ragazza sentì il cuore sciogliersi. Non ci pensò due volte e saltò addosso al ragazzo. Lui la prese per il sedere, mentre lei circondava i suoi fianchi con le gambe, in quel momento scoperte. Jacob si rese conto solo allora di come era vestita, ovvero solo di una maglia grigia e larghissima.
Lei continuava ad abbracciarlo, circondandogli il collo con le braccia, mentre sentiva il cuore batterle forte per la felicità.
-Brutto idiota…- singhiozzò la ragazza, affondando il suo viso sulla spalla di lui –Non… non fare mai più una cazzata del genere!-
-Promesso, promesso, promesso!- disse Jacob ad ogni bacio che le dava sul collo. Con un braccio le circondava la schiena, mentre si sedeva sul letto, ancora con la ragazza aggrappata a lui come un koala.
-Mi sei mancata tanto, scema!- disse il ladro, baciandole il collo. Leah alzò la testa e prese tra le mani il viso di Jacob.
-Mi sei mancato anche tu, pezzo di imbecille!- disse lei. Jacob la attirò di più a sé e i due si scambiarono un bacio appassionato, che mai prima di allora si erano dati. Entrambi sentivano da molto la mancanza dell’alito dell’altro, del sapore delle sue labbra e della sua lingua, di come questa si muoveva con la propria o entrava nella bocca sua. Entrambi sembravano talmente affamati di baci che quando si staccavano, di tanto in tanto, dovevano riprendere tanto fiato. Jacob fece alzare un po' Leah e lei gli circondò la testa con le braccia, sempre baciandolo. Lui intanto massaggiava la sua schiena, i suoi fianchi e le sue cosce nude, lisce e morbide. Un brivido di piacere percosse la schiena dei due.  “Non ora, cosino, abbassati un po'!” ordinò Jacob a sé stesso. Il ragazzo passò al collo di lei, leccandolo avido, mentre Leah gli abbracciava la testa, con il cuore che batteva sempre più forte. Quanti notti aveva passato sognando una scena simile, per poi svegliarsi da sola e con il viso bagnato per le lacrime? Jacob la strinse sempre più a sé e la fece sdraiare sotto di lui sul letto.  Lei circondò la vita con le gambe, attirandolo sempre più a sé, mentre tornavano a baciarsi. Jacob passò le mani sotto la maglietta larga e salendo arrivò sotto il suo reggiseno. Poi le tolse via la maglietta e la lanciò a terra. Leah si strinse sempre più a lui, afferrandolo per i capelli, mentre si baciavano sempre con più foga di prima. Ora che si erano ritrovati non volevano affatto allontanarsi. Per loro quel momento era speciale e lo volevano godere al meglio che potevano. Lei tolse la t-shirt rossa di Jacob, buttandola a terra. Poi lui spostò le sue labbra sul suo collo, per poi andare più giù, ai seni.  Li baciò mentre la ragazza lo abbracciava di nuovo per la testa, arrossendo sempre di più. L’avevano già fatto una volta, ma era come se in realtà non lo avessero mai fatto. La sensazione, per lei era più che piacevole.
Jacob tornò alle sue labbra, cercando si assaporarle il più possibile. Continuarono a baciarsi, finché Leah non sgranò gli occhi. Questo non era di certo un posto perfetto per fare sesso. Erano nella sua stanza, nella sua casa, dove vivevano sua  madre  e il suo patrigno, che era lo stesso uomo che aveva arrestato il ragazzo con la quale in quel momento stava limonando.
-Jake… aspetta….- cercò di dire lei, mentre il ragazzo continuava a baciarla.
-Aspet…- cercò di nuovo, ma Jacob infilò la mano nelle sue mutande, facendo eccitare ancor di più la ragazza. Stava per cedere, ma riprese il pieno controllo di sé e con la mano libera (mentre l’altra cercava di allontanare il petto di lui) strinse forte nel suo punto delicato. Jacob quasi guaì mentre la baciava, ma ritornò poi alla sua bocca.
“Scusa, ma non mi lasci altra scelta!” pensò Leah e gli diede un fortissimo calcio nei marroni.
Jacob cercò di trattenere un urlo, mentre si stendeva del tutto  sulla ragazza, mordendosi il labro.
-Ma… che cavolo fai?!?- chiese lui a bassa voce, dolorante.
-Scusami, scusami, ma dovevo farlo…- disse lei, baciandogli la testa cercando di scusarsi.
-Perché….?-
-Lo sai dove siamo? Lo sia con chi vivo?- chiese lei. Jacob capì e si sedette, tenendosi le mani sugli stinchi.
-Dovresti pensare seriamente a fare l’insegnante di Kung Fu!- disse lui, sorridendo.
“Riesce ad essere sé stesso nonostante il calcio” pensò Leah, ricambiandogli il sorriso.
-Come… hai fatto ad uscire?- chiese lei, prendendogli la mano.
-Mai, e ripeto, mai sottovalutare un fermaglio!- disse lui, tirandolo fuori dalla tasca.
Leah sorrise e abbracciò il ragazzo. Niente avrebbe potuto renderla più felice. Il ragazzo che amava stava bene, forse ricercato ancor di più, ma stava bene. E anche la sua mano era guarita.
Jacob ricambiò l’abbraccio e le diede un bacio sulla guancia.
-Ho ancora intenzione di scappare con te, ragazza- disse lui. Leah alzò la testa e lo fissò negli occhi.
-Sempre se vuoi ancora venire con me- fece Jacob, sorridente.
-Sei scemo o cosa? – disse Leah –Sono stata qui come una depressa rincoglionita ad aspettarti quando invece ero io quella che doveva venire da te a liberarti ( e proprio stasera ci stavo pensando prima che tu entrassi nella mia stanza) e scappare insieme! Che domande mi fai?-
-Lo devo prendere come un “Si, pezzo di scemo, scappiamo e molliamo tutto in questa città che definirei topaia”?- disse Jacob.
-Certo che si!- disse Leah, baciandogli la fronte. I due tornarono a baciarsi, per poi staccarsi  e toccarsi le fronti accaldate.
-Per te va bene allora domani mattina presto?- chiese Jacob, impaziente.
-Alle 6 come l’altra volta, intendi?- domandò Leah, sapendo già la risposta.
-Si, sotto casa tua. Cercherò di non farmi vedere, tranquilla-
-Lo spero per te, altrimenti, se ti fai ricatturare, vengo da te e ti do un altro calcio!- fece lei, cercando di sembrare seria.
-Oooh, provaci e ti stupro!- disse lui, baciandole il collo.
-Per me non c’è problema! Se sei tu, ovviamente!- disse lei, baciandolo.
-Ora è meglio se te ne vai, prima che Charlie passi di qui!- disse lei, rimettendosi la maglietta. Anche Jacob si rivestì e andò insieme alla ragazza verso la finestra.
-A dopo, allora- disse lui, prendendola per i fianchi e baciandola.
A Leah sembrò quasi un bacio dolce e allo stesso tempo passionale. Lo ricambiò volentieri…
Un colpo secco alla porta fece balzare i due. Il capo Swan era entrato in stanza e aveva una pistola impugnata, mirata verso il ladro.
-Brutto idiota, dovevo immaginarmelo che eri venuto qui!- disse Charlie, nervoso, alla vista di loro due che si baciavano.
-Dai, Charlie, adesso calmati…-
-Stai indietro Sue!- urlò il poliziotto, sempre con la pistola puntata al ragazzo.
-Io lo distraggo…- disse a bassa voce Leah, in modo che solo Jacob la sentisse.
-E tu cosa farai…?- stava per chiedere, ma Charlie urlò:-Non la toccare nemmeno, allontanati da lei, schifoso ladro bastardo!-
-Vai!- urlò Leah e prendendo velocemente un cuscino che stava a terra, lo lanciò in piena faccia a Charlie. Jacob ne approfittò e andò fuori dalla finestra, arrampicandosi verso il tetto.
-Brutto…- fece Charlie, togliendo il cuscino, il viso rosso dalla rabbia.
-No! Lascialo stare!- urlò Leah, parandosi davanti al patrigno, cercando di toglierli la pistola di mano.
-Ma levati di mezzo!- urlò lui, dando uno strattone violento a Leah. La ragazza cadde a terra, con la madre dietro al marito che andava da lei per accertarsi che stesse bene. Charlie si precipitò alla finestra e sparò alla cieca verso il tetto. Ma ormai Jacob era sparito dalla sua vista.
-Cazzo!- si lasciò sfuggire Charlie, lui che di solito non diceva parolacce.
Tornò indietro e, noncurante delle urla della moglie, prese Leah per il gomito e la strattonò violentemente.
-Che cavolo ti è saltato in testa?!?- urlò Charlie, fuori di sé dalla furia.
-Charlie, ti prego…- lo supplicò Sue, ma il marito non l’ascoltava:-Disgraziata che non sei altro, buona a nulla, vai a stare con quello lì? Un ladro?-
-Che cazzo me ne frega di che cosa fa???!!!???- gli ribatte furibonda la giovane, urlando a squarciagola:-E smettila di trattarmi come se fossi tua figlia, ok? Tu non sei mio padre, quindi finiscitela di rompermi il cazzo!-
Non l’avesse mai fatto. Charlie le tirò uno schiaffo in piena guancia, facendola cadere nuovamente a terra.  Sue urlò, disperata, mentre il suo viso era bagnato dalle lacrime.
-E’ così, eh? Bene, vedremo se il tuo caratterino migliora quando quello lì sarà rinchiuso in una cella più sicura!- disse Charlie, uscendo dalla stanza e prendendo il telefono per avvisare gli altri poliziotti.
Leah era ancora a terra, immune, mentre si teneva la guancia con una mano.
Fissava il pavimento e una goccia d’acqua cadde al suolo, proprio sotto i suoi occhi. La sua guancia bruciava, ma era niente in confronto alla rabbia che provava. Doveva sempre esserci qualcosa o qualcuno ad ostacolare il suo rapporto con Jacob. Ma adesso cosa poteva fare? Voleva solo scappare di casa, e andarsene con Jacob, ma lui dov’era andato a ascondersi? Come lo avrebbe trovato, prima che lo facessero gli agenti? Un misto di odio, paura e frustrazione le pervase il cuore. Voleva urlare, spezzare la gambe a Sam e urlare in faccia a Charlie. Spezzare le gambe a Sam perché, se non fosse stato per colpa sua, lei e Jacob sarebbero scappati insieme. Poi pensò però che, se non fosse stato per Sam, magari non si sarebbero mai incontrati… o conosciuti, come quella sera quando Leah si era beccata una multa e doveva tornare a casa a piedi… urlare in faccia a Charlie, perché non capiva. Non capiva un accidente, secondo lei. –Leah, tesoro, mi dispiace…- fece Sue, abbracciando la figlia –due agenti di Charlie avevano telefonato qualche secondo fa dicendo che Jacob era scappato assieme ad un suo compagno di cella… e Charlie, non so come, ma ha capito che era qui…-.
Leah non riusciva a sentire quello che diceva la madre. Sentiva piuttosto quello che diceva l’ispettore al telefono, dall’altra parte della porta:-Voglio che venga trovato, catturato, e processato! Questa storia deve finire! E trovate, già che ci siete, il covo dei Wolfpack! Spicciate qualche parola da Jacob, fate qualcosa, basta che tutti quelli la dentro vengano arrestati, e subito!-
A Leah venne un groppo in gola. Seth… il piccolo e giovane Seth… e se lo avessero preso?
Charlie riattaccò il telefono e rientrò nella stanza, sempre con quello sguardo furibondo. Gli occhi erano fuori dalle orbite ed era paonazzo, anzi, viola in faccia.
-TU!- disse a Sue –Esci un momento!-.
-Ma..-
-Non voglio picchiarla, ma solo parlarle!- disse Charlie, con la pazienza arrivata al limite. Sue guardò la figlia, poi uscì dalla stanza a passo lento.
Quando fu fuori, Charlie disse a Leah, freddo e pungente, come la lama di un coltello:-TU, D’ORA IN AVANTI SEI IN CASTIGO, SIGNORINA. NON MI IMPORTA QUANTI ANNI HAI, MA QUESTO FATTO NON E’ DA MATURI, LEAH, E’ DA IRRESPONSABILI! MENTRE STARAI QUI, TI CONSIGLIO DI RIPENSARE A CIO’ CHE HAI FATTO!-
Leah non lo guardava neanche. Ringhiava dentro di sé. Charlie andò alla finestra, la chiuse a chiave (si, era una finestra con un lucchetto, idea di Charlie) e poi uscì, chiudendo a chiave anche la porta.
Leah si alzò goffamente da terra. Non riusciva a tenersi in piedi. Si sedette sul letto, mentre sentiva sua madre litigare con Charlie.
-E quello schiaffo, allora?-
-Allora cosa?-
-E’ mia figlia, non tua, Charlie, non puoi trattarla così!-
Basta, era troppo, anche per lei. prese il cuscino e si sdraiò a pancia in giù. Si ficcò il cuscino in testa, stringendolo alle orecchie, per non sentire quei due urlare.
Pianse, pianse, e soprattutto pianse.
“Jacob… Jacob… JACOB!”
 
   
 
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