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Autore: cloud    13/07/2007    1 recensioni
Il freddo tagliente del nord lo investì in pieno volto, senza pietà. Genzo aveva appena posato il piede fuori dall’auto che subito venne assalito dai ricordi. Non molti in verità, ma potenti. Era partito da Amburgo un’ora e mezza prima ed aveva guidato con calma, osservando il paesaggio nordico e cupo. Il verde scuro degli abeti era di una tonalità così carica che gli trasmetteva strane sensazioni tristi. Forse, semplicemente, era la nostalgia di altri tempi, che gli sembrava aver vissuto una vita prima. La nebbia che si impigliava tra gli alberi aveva un che di inquietante e tragico al tempo stesso. Scosse la testa, dicendosi che in fondo era solo preoccupato per il motivo che lo aveva riportato a Kiel dopo 11 anni.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV

DOMANI E’ LONTANO

Parte 2

 

La pioggia sottile dell’alba scivolava sulla vetrata, lasciando flebili scie che si intrecciavano tra loro per poi svanire delicatamente. Terry osservava come ipnotizzata la fitta pioggerellina che s’infrangeva sui vetri, senza curarsi del fatto che stava rigirando il cucchiaino nel caffè da svariati minuti. Quando finalmente se ne accorse, il caffè ormai si era raffreddato.

“Chi può dire dove finisce la pioggia e comincia la malinconia?” *

Ognuno aveva fatto le proprie scelte. Lei non era riuscita ad afferrare una possibilità di felicità con Kirk, Genzo se n’era andato, ed i fantasmi di undici anni prima le danzavano davanti nella pioggia, densi e bagnati fradici. Partite di calcio malinconiche e struggenti, frasi smozzicate e sguardi carichi di significato: ecco cos’erano quei fantasmi nella pioggia. Una nebbia di ricordi senza speranza, in cui perdersi, affogare lentamente era fin troppo facile. Immaginò quella nebbia densa, fumosa e grigia entrare nei polmoni, gonfiarli e sporcarli ad ogni respiro per rimanere a galla.

Terry sospirò, scacciando dalla mente quelle immagini, cercando di concentrarsi sulla giornata appena iniziata. Bevve tutto d’un sorso il caffè ormai gelato, con una smorfia di disgusto, e subito di accese una Marlboro per scacciare via il sapore amaro del caffè freddo. Si stiracchiò sulla sedia, si infilò sopra alla camicia da notte una leggera vestaglia di seta azzurra e cominciò a sfogliare il giornale del mattino. Aveva avuto per qualche giorno la mezza idea di trasferirsi per un po’ in Germania, le era arrivata una proposta di trasferimento dallo studio di Parigi, dove lavorava. Una decina di interessanti progetti ad Amburgo. Quando si dicono le coincidenze. La città di quel bastardo infame che le stava consumando il cuore. Aveva ancora una settimana di tempo per decidere, ma col cazzo che sarebbe andata a vivere ad Amburgo, col rischio ogni minuto di incontrare Genzo Wakabayashi.

Mentre cammini tranquilla per strada il tuo cuore viene trafitto da mille coltelli, no grazie.

Se solo le cose fossero andate diversamente, se solo Genzo l’avesse amata… si ripeté stancamente, restia ad arrendersi all’evidenza dei fatti.

Stava tentando di leggere le notizie di cronaca internazionale sul giornale e smettere di rileggere sempre lo stesso trafiletto sulla partita dell’Amburgo del giorno precedente, in particolare di fissare senza davvero comprendere la didascalia sotto la foto in bianco e nero del brillante portiere asiatico della squadra, quando una bussata insistente ed inaspettata la costrinse a destarsi da quel torpore.

 

La faccia basita di Terry era seconda solo a quella impacciata di Genzo. Con le mani ficcate nelle tasche dei jeans, lo sguardo basso che evitava il suo.

- Genzo… che ci fai qui? – disse lei, cercando di rimanere controllata e di non scoppiare a piangere.

- Sono venuto a prenderti. – disse semplicemente.

 

Quelle semplici quattro parole le fecero toccare il cielo con un dito. Terry sentì distintamente il cuore gonfiarsi di felicità fino ad esplodere.

 

 

 

 

La strada scorreva veloce sotto le ruote della costosa macchina di Genzo, il paesaggio era un’indistinta macchia verde dipinta nella nebbia.

Terry si stiracchiò sui sedili di pelle, Genzo aveva gli occhi incollati sulla strada.

- Io non so chi me l’ha fatto fare… gli eventi mondani non sono esattamente la mia passione. – azzardò cauta la ragazza, cercando di rompere il ghiaccio in quella situazione surreale.

Insomma.

L’uomo che aveva amato per anni e che era scappato come un ladro dopo aver fatto l’amore dopo 11 anni che non si vedevano, si era ripresentato a casa sua pregandola di accompagnarla ad un party e di non fare domande. Erano partiti in tutta fretta, le valigie alla rinfusa nel bagagliaio.

Silenzio.

- Dovrò comprarmi un vestito e delle scarpe, ad Amburgo… non mi ero portata niente di elegante, a Kiel… -

- Pago tutto io, ovviamente… vestito, parrucchiere, tutto. –

- Ma va’… non è certo il denaro quello che mi manca… - buttò lì una frecciatina.

- Come vuoi. – rispose laconico.

- Hm. –

Silenzio. Ancora.

- Posso accendere un po’ la radio? –

La risposta fu il solito mugugno.

– Lo prenderò per un sì. -

Nell’abitacolo si diffusero le note di una vecchia canzone italiana degli anni ’60. Terry osservò stupita l’autoradio, scoprendo che la musica non proveniva da un’emittente radiofonica, ma da una musicassetta.

- E io che ti facevo tipo da heavy metal… - disse a metà tra sbalordita e divertita – Dai, caccia gli Iron Maiden ed i Venom! – rise senza più riuscire a trattenersi.

E la scena diventata sempre più surreale, con lei che rideva come una matta, Genzo con la faccia violacea per l’imbarazzo, e una canzone italiana degli anni ’60 a fare da sottofondo.

- Questa cassetta è dei miei genitori… a loro piace molto la vecchia musica italiana… E ogni tanto l’ascolto anch’io… - si giustificò

- Ma dai, non vergognarti, questi sono capolavori senza tempo. – cercò di rimediare lei, cercando un modo per levarlo dall’imbarazzo.

- Questa canzone in particolare… l’ascoltavano sempre quando io ero piccolo, mi è sempre piaciuta, è così nostalgica e intensa… - si lasciò andare lui, tanto il danno era fatto.

- In Italia è molto amata… mi ricorda le mie estati al mare, la luna sull’acqua, queste cose così… romantiche e tristi… -

Silenzio, cullato da note tristi.

- Di che parla? – disse lui all’improvviso.

- Cosa? – sobbalzò quasi Terry, soprappensiero.

- Questa canzone. –

- Ah. Bhe, d’amore. – sorrise amaramente – Di amori finiti male. –

 

 

Genzo spinse la porta di casa con il piede, avendo le mani occupate dai bagagli della ragazza.

- Ma che ci tieni, qua dentro, sassi e lastre di marmo? –

- Il tuo senso dell’umorismo fa schifo. – disse lei entrando e guardandosi intorno – E anche il tuo senso estetico, lasciatelo dire. –

Genzo posò a terra i bagagli, e si buttò sul divano sfinito.

- Non è che mi offriresti una sigaretta? –

- Solo se mi dici perché mi hai rapita e portata qui. – sorrise, contraddicendosi intanto lanciandogli il pacchetto, e sprofondando nel divano affianco a lui.

- Ma non avevamo detto “niente domande”? – mugugnò accendendosi la sigaretta.

- Sì ma ormai sono qui, e a meno che tu non mi voglia riaccompagnare a Kiel e soprattutto riportarmi i bagagli in macchina, non hai altra scelta! – rispose allegra.

- Fai poco la spiritosa… -

- Almeno mi accompagni a fare shopping? Tanto scommetto che nemmeno tu hai niente di adatto da metterti ad un party di alta società.-

Genzo buttò fuori il fumo, pensieroso.

- In realtà non ho per niente voglia di andarci… -

- Ti giuro, non sto capendo niente. –

- Bhe, - disse lui alzandosi di scatto – se dobbiamo fare shopping dammi almeno il tempo di un caffè doppio, sento che sarà un’esperienza distruttiva! –

- Non immagino quanto, Wakabayashi, non immagini quanto… - sghignazzò lei.

 

___

 

 

 

 

 

Bhe, che dire, mi dispiace di non essermi fatta sentire per così tanto tempo, ma visto che ci tengo molto, devo scrivere questa fic solo quando ho lo stato d’animo giusto… dai che tra un po’ finisco gli esami…

 

Note:

 

* “Chi può dire dove finisce la pioggia e comincia la malinconia?”  - citazione da “La Ragazza dello Sputnik”, di Haruki Murakami, ed. Einaudi, traduzione di Jōji-sensei

 

La canzone è “Il tempo passò” di Luigi Tenco, un capolavoro senza tempo.

  
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