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Autore: Jaccquelyn    27/12/2012    9 recensioni
Ognuno vive a modo proprio, siamo noi a decidere cosa fare di noi stessi.
Eppure a volte questo non è possibile e vieni costretta a seguire dei severissimi codici.
Ma c'è sempre un modo per esprimersi, bisogna solo trovarlo.
Così, quando lo scopri, capisci qual'è il tuo ruolo nel mondo.
Ma cosa succede se ti fidi delle persone sbagliate?
Se tutta la tua esistenza viene scombussolata, con poche parole?
Nella vita reale, non in quella dei film, c'è davvero un lieto fine?
E c'è posto,in tutto questo, per l'amore?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Faccio un balzo di lato, vedo tutto a rallentatore. Il proiettile, quasi invisibile, si avvicina sempre di più e colpisce con violenza la spalla. Il dolore s’impossessa di me, lancio un piccolo urlo, poi non mi esce più niente. Sento altri spari, passi. Non riesco ad alzare lo sguardo, in qualche modo mi trovo sdraiata per terra. La risata di Alexander è l’ultimo suono che riesco a percepire veramente, poi smette anche quello. Continua a scendere sangue dal mio braccio. Devo rimanere cosciente.

Non ho capito che è successo e ora sento solo voci in lontananza. Devo rimanere cosciente.

Qualcuno mi sta toccando, mi culla, mi sussurra qualcosa che non riesco a capire. Devo rimanere cosciente.

 Alzo con fatica lo sguardo in tempo per vedere Zayn che si toglie la felpa e strappa la maglietta. Perché lo fa? Fa freddo. Tanto freddo. Cosciente, cosciente.

Inizia a girare la maglietta strappata intorno al mio braccio, vuole fermare il sangue. Bene, bravissimo. Rimanere cosciente sarà più facile se non continuo a perdere sangue.

–Dai Eveleen, ce la puoi fare, alzati.- mi incoraggia Zayn. Mi aggrappo a lui e mi alzo. Sbatto più volte le palpebre, poi inizio a mettere a fuoco la situazione.

Un altro cadavere è a qualche metro da me. È Alexander.

-Che è successo?- domando tastandomi il braccio. Niente di veramente grave.

-Beh, ti ha sparato.- spiega Zayn, come se fosse la cosa più ovvia. E un po’ lo è. –Ha detto che siamo stati degli sciocchi a fidarci di Jody e Willy e che era tutta una farsa. Poi ha iniziato a dire cose senza senso e a sparare al vuoto. Quando ha puntato la pistola contro di me, che mi ero mosso per soccorrerti, Niall gli ha sparato.-

Quindi, non solo ci siamo fidati delle persone sbagliate, ma non abbiamo la minima idea di dove ci troviamo. Perfetto, direi, davvero perfetto.

-Prima cosa.- dichiaro, guardando il torso nudo di Zayn. –Zayn, indossa la felpa, fa freddo.- lui sorride malizioso, ma si affretta a raccogliere la felpa da terra e scrollare la polvere, prima di indossarla. 

-Seconda cosa.- continua Louis al mio posto.

-Come va il braccio?- chiedono in coro Louis e Niall. Il secondo punto era chiedermi del braccio o parlare in coro? Boh.

-Va bene, grazie. Pensiamo a che fare ora, più che altro.- rispondo con una punta d’irritazione, mentre arriva una fitta di dolore dal braccio, quasi volesse ricordarmi che, ineffetti, non sta bene. Eppure in questo momento non m’interessa minimamente della pallottola nel mio braccio, a casa me lo cureranno. Ma è questo il punto, prima ci dobbiamo arrivare a casa. E per arrivarci dobbiamo completare questa dannata missione. Ora, come facciamo a capire dove siamo? Io di certo non ho preso nota della strada che facevamo, non pensavo ce ne fosse bisogno, in realtà.

-Bene, allora andiamo.- dice sbrigativo Niall.

-Dove?! Come facciamo a capire dove siamo?- domando scettica.

-Al contrario di te, io mi sono guardato intorno mentre venivamo. So come tornare al vicolo e poi è tutto fatto.- ah. D’accordo, questa non me lo aspettavo. Sa come tornare al vicolo, perfetto.

Così ci incamminiamo nuovamente, senza aver riposato neanche un attimo. Niall è in testa e cammina a passo sicuro, ma vedo la frustrazione dipinta sui volti di tutti i miei compagni. Se per tornare ci vorrà quanto ci abbiamo messo per arrivare, non siamo in buone condizioni, ecco. Tutti stanchi e ancora doloranti, seppur armati, non serviremo a molto. Mi balena in mente la stupida idea di fermarci per un po’ nell’edificio con le armi, ma la declino prima ancora di proporla. Non abbiamo tempo da perdere e c’è l’uomo morto, lì dentro. Non credo che riuscirei a rivederlo.

Di nuovo, sento il bisogno impellente di avere Liam e Buck al mio fianco.

Cerco di non pensarci e guardo Zayn, con fare rassicurativo. Dopotutto, ci siamo quasi ormai e non c’è nessun nemico che ci può sviare. Non vorrei essere positiva, contando che ogni volta che ho pensato bene, in questa missione, è andato tutto storto. Eppure, non posso guardare Zayn e dirgli che stiamo andando al macello. Cosa ci aspetta lo scopriremo dopo.

Chi vivrà vedrà.

In questo caso non mi sembra molto appropriata questo detto, così accartoccio anche quella in un lato oscuro del mio cervello. Vivremo tutti e vedremo tutti.

 

Durante il cammino, i vari tentativi di Louis per iniziare una conversazione sono subito interrotti da sbuffi e sguardi truci dei ragazzi, troppo stanchi per parlare. Gli do una pacca sulla schiena, perché sarà almeno la quindicesima volta che ci prova, e gli sorrido. Posso comprendere il suo bisogno di parlare, questo silenzio è alquanto imbarazzante e tutti iniziamo segretamente a chiederci se Niall sa davvero dove stiamo andando. Certo, c’è voluto molto tempo per arrivare a quel luogo e non ce ne stiamo mettendo di più, per ora. In situazioni del genere, però, alcune domande te le poni. È continuamente questione di vita o di morte e noi abbiamo già fatto troppi passi falsi che non potevamo permetterci. Penserei che a questo punto la Russia abbia già bombardato Holmes Chapel, ma se fosse così Alexander non avrebbe continuato a cercare di fermarci, no? Chissà cosa stanno facendo ora Jody e Willy, non vedendolo tornare. Bugiardi. Spero tanto che vengano a cercarlo e rimangano terrorizzati a vita vedendo il suo corpo esangue. Beh, forse proprio questo no. È alquanto cattivo come pensiero. E perverso in modo molto negativo. Scuoto energicamente la testa, come a volermene liberare.

-Tutto bene?- mi chiede Zayn, turbato da questo strano gesto. Annuisco e mi alzo sulla punta dei piedi per dargli un veloce bacio, poi continua il cammino.

Non per molto, però. –Eccoci.- annuncia Niall qualche minuto dopo. –Quello è il vicolo, ci basta attraversarlo e saremo arrivati nel parco.-

-E se lo facessimo di corsa? Renderebbe tutto meno brutto?- chiedo stupidamente.

Sento il braccio di Zayn che mi circonda la vita e mi stringe un po’ a sé. –Magari possiamo sparare a vanvera davanti a noi, così saremo sicuri di essere soli e…- inizia Louis, le gote rosse per l’emozione di dire qualcosa – a suo parere- fantastica.

-…E non passeremo per niente inosservati.- termina Harry, sconsolato, al suo posto.

-Corriamo, se c’è qualcun altro, gli spariamo all’istante.- decide in fretta e con determinazione Niall, prima di perdere altro tempo.

Ci scambiamo tutti un ultimo sguardo preoccupato, impugniamo bene le armi e ci precipitiamo con velocità nel vicolo. Avendo camminato per tanto tempo, siamo stanchissimi e ansanti già dopo cinque metri, ma nessuno osa fermarsi. La mia milza chiede pietà e sento che il mio braccio, sollevato nello sforzo di tenere la pistola, preferirebbe non far parte del mio corpo, in questo momento.

Di corsa la via sembra molto meno lunga e per fortuna non siamo interrotti, quindi quando arriviamo nel parco, siamo più stanchi e più soddisfatti possibile. Probabilmente, è la prima cosa buona che facciamo in questa missione.

-Cercate l’albero.- dico abbastanza inutilmente, perché tutti si erano già messi all’opera. Anche questo compito non richiede uno sforzo particolare: sapevamo già che era in corrispondenza del vicolo.

Sollevati e festosi, ci avviamo verso la strada giusta. Con qualche giorno di ritardo, ma finalmente ci siamo.

E’ impossibile non notare la differenza tra le due parti della città e capisco perché Russel si trovi qui e non dal lato di Alexander. Qui tutto è pieno di vita, posso sentirla anche uscire da un palazzo grigio. La gente è rilassata e chiacchera allegramente per strada, come se la guerra non ci fosse. Dalle vetrine dei bar s’intravedono dei vecchi che fanno un brindisi allegro con pinte di birra. I negozi sono affollati e nessuno ne esce a mani vuote. In pochi passi che ho fatto, già tre o quattro persone mi hanno sorriso allegramente. Non ho mai visto dei sorrisi così sinceri tra sconosciuti, a Holmes Chapel e potrei giurare che non ci sono da nessun’altra parte.

Se non fossimo nemici giurati, potrei quasi dire che i Russi mi stiano simpatici. Chissà perché i nostri non li bombardano. È dall’inizio della guerra che combattiamo sempre sulle terre inglesi e siamo noi a ricevere le peggiori sconfitte, per fortuna non ancora nucleari, perché provocherebbero enormi casini. Inizio a pensare che i Russi siano ancora più forti di quanto immaginavamo. Una signora mi sorride, stringendo la mano di sua figlia che non avrà più di cinque anni. Avrebbe fatto lo stesso se avesse saputo che sono inglese? La figlia si sarebbe spaventata? Se qualcuno sapesse da dove veniamo, staremmo ancora camminando tranquillamente in questa via?

Aumento il passo, un po’ inquieta, e mi assicuro di zittire chiunque di noi provi a proferire una sola parola. Non è il momento né il luogo adatto per parlare.

Ovviamente, se qualcuno ci attaccasse ora, potremmo benissimo ucciderlo, essendo tutti armati. Ma poi si creerebbe una vera e propria strage, giacché verranno a vendicarlo in men che non si dica. Dobbiamo passare inosservati e arrivare da Russel prima che faccia buio, magari. Se la città è così attiva di giorno, sarà altrettanto –se non di più- la notte.

-Come faremo…?- comincia Zayn.

-Shhhh.- lo zittisco prontamente, e arrabbiata. Ho zittito ognuno di loro un numero abbastanza grande di volte per convincerli a non provarci più, eppure continuano. Che rabbia. Anche Zayn però sembra perdere le staffe. Mi afferra per un braccio e avvicina la sua bocca al mio orecchio, parlando in un sussurro veloce e arrabbiato.

-Cara ‘signorina zittiamo tutti quanti’, come facciamo a chiedere alla segretaria di Russel senza farle capire che siamo inglesi?- che domanda stupida.

Buck non mi ha detto niente di questo, basterà nominare Russel e lei ci porterà da lui, semplicissimo, no? Tanto rumore per niente. Gli sussurro tutto a mia volta, ma – come sempre- non sembra essersi rassicurato. Prendo nota mentale di preparagli una camomilla al giorno, quando saremo a casa, sarà molto utile sia per i miei che per i suoi nervi.

 

Do un colpetto alla spalla di Harry, accanto a me, e gli indico l’edificio che abbiamo davanti. Lui a sua volta dà un colpetto a Louis e si crea una specie di domino, fino ad arrivare all’ultimo, Niall. L’edificio viola, ci siamo. Tiro un profondo respiro ed entro per prima, aprendo la porta bianca come la neve più pura, appena caduta dal cielo.  Dentro sembra come essere in un altro mondo. Lontano dalla guerra, lontano dalla felicità e spensieratezza delle vie di fuori, lontano dalla nostra epoca.

Davanti a me c’è una scalinata di legno, ricoperta da un tappeto rosso, così enorme e imponente da farmi credere di essere entrata in una reggia. Ai muri sono appesi quadri di ogni genere, alcuni inquietanti in realtà, ma nel complesso sono straordinariamente magnifici. Il soffito è tanto alto da farmi credere di essere sul fondo di un enorme e ben arredato pozzo, cancello l’idea dalla mente solo perché su di esso ci sono incise immagini di angeli in guerra, quasi come in una delle più imponenti chiese. La mia perlustrazione del luogo è bruscamente interrotta dal rumore della porta che si chiude e da un piccolo colpo di tosse tipicamente femminile. Mi accorgo che accanto a noi ci sono una scrivania e una donna –signorina, più che altro. La postazione è perfettamente accordata con tutto il resto, il legno è lo stesso di quello delle scale e le incisioni d’oro sono uguali a quelle presenti sulle cornici degli innumerevoli dipinti. Mi aspetto, alzando lo sguardo, di incrociarlo con una signorina vestita in modo antico, magari con uno di quegli splendidi vestiti enormi e ingombranti, come raffigurati in alcuni dei migliori – a mio parere- dipinti. Invece il mio sguardo quasi sognante incontra degli occhi verdi duri come il ghiaccio che mi squadrano dall’alto al basso. Il completo che indossa, sebbene abbinato al rosso del tappeto che ricopre le scale, non c’entra niente con come l’avevo immaginato. Una semplice e comoda camicia bianca, ricoperta da un cardigan rosso e una gonna, anche abbastanza corta, rossa. Si sente il rumore rimbombante dei tacchi mentre questa fa il giro della scrivania per avvicinarsi a noi.

Dice qualcosa con un tono interrogativo, che assumono anche i suoi occhi. Non sapendo niente di russo, e sperando che abbia chiesto qualcosa tipo ‘cosa ci fate qua?’, rispondo con una sola, semplice parola.

-Russel.- dico chiaro e forte, cercando di non far sentire troppo l’accento inglese. La signorina non batte ciglio e dice qualcosa molto simile alle parole di prima. D’altro canto io, anche perché non saprei fare altro, non demordo.

-Russel.- ripeto con decisione, assumendo un tono e un espressione più determinata. Lei mi squadra per qualche altro secondo con sguardo incriminatore, infine rivolge una veloce occhiata agli altri ragazzi e si decide a guidarci attraverso l’edificio.

Saliamo più di cento gradini, prima di arrivare a un corridoio, ampio ma debolmente illuminato, nel quale si trovano –se ho contato bene- dodici stanze. Le superiamo quasi tutte e la signorina si ferma davanti a una delle ultime e poi bussa piano.

Una voce grida qualcosa e la signorina risponde, sempre senza farci capire niente, poi apre la porta e ci fa cenno di entrare. Sento i suoi passi veloci abbandonarci appena ci richiudiamo la porta alle spalle.

Anche questa stanza, che presumo sia il suo ufficio, non si allontana da tutto quello che abbiamo visto prima. La moquette rossa è soffice e sicuramente costosa ed è tutto fatto di legno intagliato d’oro. È incredibilmente grande per essere un luogo dove si sta prevalentemente dietro una scrivania e contiene mobili, come due divanetti, che non mi sarei aspettata di vedere. Un colpo di tosse attira la mia attenzione e alzo lo sguardo verso un uomo. Eccolo, finalmente. Russel, un uomo sulla quarantina abbastanza stempiato, con occhi color del ghiaccio che non trasmettono emozioni, freddi e calcolatori.

-Uhm… salve.- dice Niall un po’ in imbarazzo. Siamo al passo decisivo.

Mentre Russel con un ovvio movimento impugna la pistola, ne ha già puntate cinque alla testa. Lascia cadere il braccio sui fianchi.

-Chi siete? Che cosa volete?- chiede nervoso.

-Siamo stati mandati da Liam e Buck, dobbiamo annullare le precedenti prescrizioni.- risponde sempre Niall.

-Voglio le prove.- dice Russel risoluto, evidentemente cinque pistole non lo spaventano più di tanto.

-Leena, dagli il foglio.- il foglio, sì, quello con il simbolo. Il foglio che è nella cartella. La cartella… che è a casa di Alexander.

-Eveleen?- mi richiama Louis.

-Io… non la ho.-

   
 
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