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Autore: Mao_chan91    13/07/2007    5 recensioni
Momenti di ricaduta, momenti di crisi.
Epilogo||Avevo fatto del mio meglio –sul serio, sul serio!
Un rapporto dissestato senza un futuro (palpabile).
[Death-fic, angst, pairing inusuale one-sided]
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don’t look at the world- You may cry now

3.Broken Halleluja

I've seen this room and I’ve walked this floor
I used to live alone before I knew you
I've seen your flag on the marble arch
but love is not a victory march
it's a cold and it's a broken hallelujah

(Halleluja, Jeff Buckley)


-

Ha camminato percorrendo uno spazio che gli è parso largo miglia e miglia, scattando al piano di sopra a gettare scompostamente i suoi vestiti nella valigia aperta; poi si è fermato, seduto sul letto e ha sospirato.

C’è qualcosa di consumante nelle sue tonsille, qualcosa che trema nelle sue spalle e schiena robusta, ma la ragione in lui seda ogni rivolta; congiunge le mani, posandovi il viso stanco ed aspramente contratto.

Si alza e lo specchio riflette la sua immagine, le sue spalle basse e la camicia sbottonata, il viso rosso e scivoloso, le sopracciglia fissate alle palpebre, le labbra aride.

Lo specchio è rotto ed è perfetto così. Non vuole vedere altro.

E non ci sarebbe futuro lo stesso. Io non l’avrò, un futuro. Sono sciocco. Sciocco ed egoista.

Trema un poco e si accorge di stare seriamente pensando troppo; verranno giorni migliori per pensare a questo.

Ora ci vuole solo una dissestata, tremula, sconvolta, ardua decisione, nulla di più, nulla di meno.

Ed il corpo è certo e disinvolto, nel richiudere di scatto la valigia, ma qualcosa si contrae nel suo stomaco al pensiero di una ragazza ossuta rannicchiata in un angolo, polvere ad intaccare, in patina densa e sconvolgente, la serenità di uno sguardo diritto e coinciso. Confusa.

E’ piegata e morirà sola.

Ed è davvero questo,quello che voglio? O voglio restare qui per fuggire dai sensi di colpa?
O per qualche altra stupida ragione?

Nemmeno il corpo è più un valido sostegno, e la mano che tende alla porta ricade in breve al suo fianco, senza volontà di fare altro.

Questo è perché la amo.

Chiude gli occhi, inspira profondamente e nulla è cambiato.

Sarà un ragazzino senza spina dorsale mai pronto a slacciare quella sorta di cordone ombelicale che lo ha reso –lo rende– succube di quella tela molle e densa di aria viziata. Su di essa, lei tratteggia e scandisce i minuti della sua vita con maestria ed un vincolo impenetrabile al Cielo.

Anche lei è lì, perché vivere lì è vivere con lui, no? Meglio di quest’imitazione. Meglio delle nostre bugie.

Questo è quanto li separi, in pochi passi e tanti mesi. In una vita dall’irrisoria durata, in un regno senza né un re né una regina, ma stanchi sudditi che alla rinfusa si accalcano per esistere senza una guida o un pensiero logico.

E’ fermo e la sua rabbia è quanto di più sincero abbia serbato in seno per anni e anni: va al di là delle pulsioni fisiche quando l’acqua della doccia scrosciando la bagnava e lui era fuori dal bagno per coprirla all’uscita, quando i suoi occhi non lo vedevano e le serviva una guida, alla morte di Ed –e lei non piangeva ma nemmeno viveva–, sinuosa al tastarla sopra all’accappatoio, soffice e miracolosamente viva; al di là delle parole povere di passione che aveva dovuto pronunciare, senza espressioni ma ansia al funerale fraterno–vita precocemente strappata, fratello adorato, marito amorevole e scusatela, non ce la fa a parlare o non potrebbe più mantenere la calma e lo abbiamo amato–; al di là dell’ho seguito te e seguirò ora lei per sempre e grazie per avermela affidata.

La sua rabbia non è calcolata ma è spontanea, sincera, sciolta da ogni vincolo morale e immorale che la leghi a lui–e non conosce alcuna morale, dopotutto–, ed è stato buono ed una persona nuova e perfetta e piena di pregi ed insopportabile.

E l’unica cosa che avrebbe potuto ottenere, sarebbe stato di allontanarla prima e mettersi al riparo da tutta quella pressione.

Mai deluderla, mai parlarle, mai evitare lo sguardo avido e setacciatore di segni di riconoscimento sul corpo meno esile e minuto –ma scavando sino all’osso, almeno il sangue sarebbe stato lo stesso.

[E dunque avresti potuto amarmi, almeno per questo. Ma non sono nemmeno una buona imitazione.]

E allora non farti più vedere,smettila di gettare all’aria ogni cosa che costruisco. Lasciami una vita.

[Ma nemmeno la cerco, una vita differente. Non c’è futuro e lo so, io lo so benissimo.]

Futuro erano bambini che non avrebbero mai visto la luce, bambini che non avrebbero mai giocato alla luce, bambini sperduti e bambini che semplicemente non vogliono tornare a casa, anche se la strada la conoscono benissimo.

Bambini come lei, come loro due. Come quelli che lui non avrebbe mai potuto avere.

Non ha voglia di pensarci nuovi istanti rispetto a quanti ne abbia sprecati a ripetersi che era giusto così e che era Ed l’unico uomo per lei e che le sue gentilezze erano cortesie e non significavano niente. Così come nullo è il pensiero di soffrire come uomo manchevole solo perché non avrebbe mai potuto avere figli dalla donna che amava, la donna che non avrebbe mai potuto essere sua come non si era mai nemmeno vagamente arrischiato a fantasticare.
Era soprattutto perché il problema ce l’avevano lui e il suo corpo.

Forse a pensare a lei tanto ed in questo modo, finirò per avere davvero un problema col mio corpo. Meglio riabbottonare questa camicia e i pantaloni nemmeno lo avevo notato, che la lampo era rimasta tirata giù da quando sono stato in bagno. Dio, questo è equivoco.

La risata genuina che genera a sfregio tale e tormentoso pensiero è breve e soffusa e non manca di spegnersi quando si appresta a rimetter mano alla valigia, indugiando; e non ci sono nuove ragioni di alzare la testa, mentre incomincia a gocciolare sulle finestre e pensa che forse lei verrà a chiedergli riparo e conforto dai tuoni e lui potrà chiederle scusa, abbassando la testa e tutto resterà uguale.

E’ sempre strato uno stramaledetto, dannoso –per sé stesso, per tutti–, ottimista.

-

E lei, assurdo ma vero, alla fine è arrivata sul serio.

E' arrivata con passo lento e quasi atto a scavar fosse anziché impronte, stringendo timorosa la maniglia della porta e senza osare guardarlo in viso o semplicemente respirare forte.

"Ti prego."

Ed il suo esordio è stato quello che lui si aspettava, dopotutto. Anche se non piangerà per i tuoni come una certa bambina soleva fare quando lui e il fratello restavano a dormire da lei e fuori l’acqua scrosciava violenta.

Suonano come spari, aveva usato dire loro; nessuno dei due fratelli aveva avuto cuore di rifiutarle un riparo da qualcosa di così terribile nelle sue orecchie, durante i temporali.

Ed e Al si adeguavano sul divano, in caso la zietta non avesse tempo di preparar loro un letto, come spesso capitava in quei giorni, in cui c'era da rimetter subito dentro il bucato e far entrare il cane in casa e cose del genere.

Così le facevano spazio tra di loro, e Ed le tastava la testolina chiara in cerca della parte più sensibile da confortare e scoprendo che avrebbe fatto prima a stringerla tutta, per farla smettere di tremare; e le ripeteva che non doveva essere stupida e temere qualcosa che non poteva ferirla, mentre Al, con un sorrisetto breve e morbido, capiva, prima di lui e del suo orgoglio, che in effetti era calore quello che le serviva. Così le abbracciava teneramente le spalle, incurante dello sbuffare geloso del fratello, che finiva per dare loro la schiena e, nel farlo, adagiarla a quella di lei. Senza cedere al sentimentalismo venale, la scaldava comunque e lei lo aveva sempre trovato più che abbastanza.
E più significativo delle celeri ed affannose intuizioni di Al.

"Ti prego.
"

Perché mi supplichi? Ho valore, ora? No, ora no. Soprattutto non ora. Non sono stato giusto con te e non lo merito.

"No." la fredda seccamente, scattando in piedi con disinvoltura a chiudere al valigia su cui ha indugiato così a lungo.

Ed è una tortura, averla lì davanti, con quelle dita intrecciate e scorticate dalle unghie incontrollate, averla lì con quegli occhi sgranati e fissi su di lui, percettibili con la chiarezza di un tocco anche senza guardarli.

Lo scrutano, cingono e soffocano.

E vorrebbe dimenticare tutto. Perdonarsi qualcosa e perdonare anche lei.


E' stanco di starsene chiuso lì con lei come suo unico universo ed aria. Specie considerando quanto problematica ed angosciosa sia questa convivenza. Specie considerando che lei è problematica.
Specie considerando che se quando alza gli occhi la vede così leggera e serena, deve ammetterlo, si fa spazio in lui un sublime desiderio di toccarla che è tanto tangibile nelle sue membra quanto disgustoso nella sua testa.

Perché sarebbe farle violenza.

"Non andare via."

Perché non avrebbe significato.

"Non andrai via, vero?"

Perché lui la ama, ma lei non ama e basta.

E quando lei gli si scaraventa addosso umida di tante cose –pianto sanguigno sulle labbra bagnate, per lo più–, gli si preme contro stringendoglisi ai gomiti e volgendo la nuca al suo viso, tutta un tremolio, lui lo capisce, lo capisce benissimo che sono anni che sbaglia tutto e che, giunti a questo punto, riportarla completamente in sé sarà più arduo che mai.

"Winry, non…" balbetta, chinando lo sguardo al suo, incerto, ed è una visione terribile: una maschera di carne e dolore senza dignità.

"…fare così, non toccarmi così, lascia…"

"Sarò perfetta, te lo prometto. Non desidererai più nulla perché da me avrai ogni cosa."

Non ce l’ha sul serio, la forza di scansarla di peso: non nella sua testa. Prova puro fracasso tra le spalle che si irrigidiscono, mentre lei, serrandosi più forte alle sue braccia, si alza sulle punte dei piedi ed ingoia le lacrime che le si frenano tra i denti, mischiandole a sudore e saliva, riversando tutto il sudiciume che ha in sé tra quelle di lui e che lui accetterà senza sgarbo né odio, disperata, violenta e totalmente succube di sentimenti senza vita.

I suoi occhi logori sono ciechi quando rivolti a lui, come se la retina si fosse consumata in una vecchiaia che, di fatto, le è totalmente estranea.
Ma il corpo non da altri segni di rigetto, limitandosi a seguire quella sua perseveranza malata nello stringerlo lì, anche a costo di trattenerlo per i piedi, di farsi calpestare, fracassare la testa.

Intreccia le dita alle sue e lo spinge, senza incontrare salde opposizioni, sul ciglio del letto vicino a loro, ove lui ne allontana con forza il viso per mordersi liberamente le labbra, frustrato e senza un minimo residuo di quella dannata potenza e meccanicità di mosse e corpo che sono state sue da armatura.

Lei lo spinge ancora e gli si inarca addosso, sospirando forte ed altrettanto forte facendo scattare il petto ampio; pare indietreggiare con una scossa del fianco, socchiudendo gli occhi, ma si limita a prendere tra i denti l'orlo vicino al pube della sua camicia per tirarla su e muovere la lingua sul suo ventre.

Tiene il capo lì per un poco –e strangola i sospiri, il giovane Al, tutto rosso e scivoloso e turbato-, poi si costringe a guardarlo con un breve sorriso a decorarle il visino scolorito.
Non accetterà un ‘no’, Winry. Non accetterà di essere di nuovo sola.

Perché le attese sono logoranti. La solitudine annienta.

La morte spezza la quotidianità, ma, facendo parte del corso della vita, i tralci strappati si riavvolgono pian piano tutti all'originale sanità mentale dell'individuo e tutto torna come prima, anche senza desiderarlo. Succede e basta, perché la morte è un dato di fatto.


La vita no. Quello che gli occhi non vedono, che non possono vedere solo perché troppo distante, no.

Ci si uccide da soli.

Ed è una prospettiva che fa terribilmente paura.

"Oh, Ed. Ed, Ed, caro, adorabilissimo nii-san…" borbotta Al alzando gli occhi al soffitto senza minimamente tentare di dissimulare il malcontento delle iridi feline; lei lo osserva curiosa, seguendo goffamente il corso dei suoi occhi "Forse avrei dovuto tentare di trasmutarti, di riportarti in vita. Forse non avrei fallito. Forse mi sarei almeno privato di questo strazio di vita con questa tua donna disperata. Niente più desideri o dannazioni." lui dice brevemente; la sua voce trema mentre, respirando in maniera accanita, le strappa con disinvoltura la presa sulla sua camicia.

Lei stringe forte le labbra. Morde le labbra. Le sfrega l’una con l’altra, impaziente.

"…mi odi?"

"Non lo so nemmeno io. Forse…forse sì. Sì, potrebbe essere. Ne avrei il diritto, no? Sei egoista."

"…sì. Ma non importa."

"…sai, forse avrei dovuto tentare di riportarlo in vita sul serio. Per te. Per questo finale degno di un sadico e totalmente penoso cui siamo arrivati. Ma io l'avevo accettato, dopo tutte queste cose, di essere inutile in questo senso. Anche se forse saresti stata più felice senza nemmeno un Ed con te. E stai facendo questo per toglierti un peso dalla coscienza, Win. Vuoi continuare ad essere egoista?"

"Va bene così."

"Degenererà ogni cosa. Tutto quello che abbiamo costruito in questi anni."

"Sono molte le cose che non abbiamo più. Non essere paranoico. Lui è morto. Ma ci sei tu. E' l'importante." mormora lei socchiudendo gli occhi mentre allunga una mano ad accarezzargli il viso.

"Bella scoperta."

Convincine te stessa prima di cercare di convincere me.

"…ti amo da tanti anni, lo sai. Ti ho aspettato tanto. Quindi, resta con me."

Per non restare sola, Win. Perché la solitudine sa di nuovo abbandono. E perdere me è perdere Ed due volte. Tre volte contando il bambino.
E non le sai mantenere, le promesse. Non se io e Ed rientriamo nella stessa frase.

[Ma non rientrate nella stessa frase, no? Lei non sta facendo nomi.]

Sa benissimo che cose non devono, non possono assolutamente andare così, e questo gli è chiarissimo, perché è tutto stupido e senza ragione.
Ed è solo un istinto animale e deve ricordarselo bene, nonostante una forte urgenza inizi a pulsare dentro di lui, che chiude gli occhi e si frena desolato per allontanarla con una rinnovata forza in corpo: si sente scoppiare.
Perché lui vuole esserci sempre, vuole lei, ma vuole sul serio una sua identità come Alphonse Elric, non come Edward Elric.


La vuole.

E’ vero che è quello, ciò che vuole, ma non lo ha mai preteso. Né mai lo pretenderà.

Abbassa il capo in avanti, chiudendo gli occhi e respirando a fondo, in un sospiro che però trova quiete tra i suoi seni che non vuole vedere ma che il suo viso tasta con un battito degli occhi.
Ed è una morbidezza inquietante ed un conforto durevole, un respiro che entra direttamente nel cuore di lei.

Si sforza di allontanare il capo, riprendendo fiato, l'un tempo fiero e saldissimo auto-controllo vacillante.

E' così stanco, così stanco...

"Win…Win, tu non mi ami. Ripetilo con me, perché è così. Non-mi-ami."

Guardami, Win. Ehi, guardami, per una volta!

Inutile. Ancora quegli occhi che gli fanno un po' paura, sopra quel decorativo sorrisino spento ma incrollabile.

"Che cosa stupida, certo che ti amo."

Non mi ascolti, eh? Ma io sto parlando con te.

"Cosa?" mormora lui atono, scuotendo piano la testa per quanto distante possa tenerla da lei "Il fatto che vuoi svendermi il tuo corpo per legarmi a te e a questo posto? Trattenermi qua a morsi? Tu non mi ami. Nemmeno mi guarderesti -non lo stai facendo, Cristo-, se potessi, e se lo fai non vedi me. Ed è terribilmente crudele, da parte tua, Win. Vattene, ora."

Allontanati, dài. Non è un tentativo così scarso. Mi stai ascoltando, vero?
Perché non dai segno di starmi ascoltando? Perché non mi parli, non pronunci frasi lunghe ed articolate?
Sto parlando con te, Win. Parlami.

Rispondi!

Winry abbassa la testa su di lui, serenamente ignorandolo, raggiungendo le sue labbra una nuova volta.
Lui allunga le braccia tremanti ad allontanarla, stringendo forte gli occhi, e digrigna i denti.

"…Win, smettila! Se lo fai ancora giuro che ti faccio male e non voglio, ma mi stai facendo a pezzi, non hai un minimo di…"

Lei alza la testa e sbatte le palpebre con lentezza inquisitrice, trapassandolo con gli occhi chiari.


"Cioè, non intendevo…Win, è che io…"

"Guarda che tu vuoi questo, io lo so. Quanto sei stupido. E' un'altra di quelle cose che dovresti dirmi a parole più che farmela capire, ma non importa. Sei sempre lo stesso." sorride ancora di più, Winry, pizzicandogli una guancia.

Ed alla fine lui lo realizza pacatamente, il punto della questione.

"Io…"

Lei non sta parlando con lui.
Non fa il suo nome.
Pian piano inizia a parlargli come parlerebbe ad Ed.
A comportarsi come si comporterebbe con Ed.

E' pronta ad amarlo per un po', come avrebbe amato Ed per una vita.

"Winry, tu...mi stai ascoltando?"

"Certamente, Ed. Certamente."

Alphonse sospira piano e chiude gli occhi.
Sì, lo sta ascoltando. Sul serio.

O quantomeno lui il suo buon tentativo l'ha fatto. E non è più forte di così.
Ma quel nome…

"…‘Ed’?"

"Sì, Ed. Con chi dovrei stare parlando, in questa casa, se Al è morto, amore mio?"

Alphonse trema. Si piega.
E poi si spezza, nel giro di qualche secondo. Però è già pronto a rialzare la testa, con uno scricchiolio doloroso ma necessario.

Ma non cambia, il volto di Al. Questa non è che l'ultima stilettata a straziare quella poltiglia informe da rimuovere che è il suo cuore.
O forse il suo cervello, non sa dirlo con certezza.

Non cambia più niente. E' come una frustata d'acqua: dapprima ti sorprende, poi ti scivola addosso e basta.
La assorbi, anche se sei più freddo di prima.

E meno pronto al compromesso.


E' ora di porre fine a tale strazio, e sa bene come farlo, dopotutto. Al diavolo la morale e il cervello!

Al diavolo la bontà, perché tutte queste lacrime indecenti e senza senso che cercano di scivolargli giù dagli occhi acuiranno soltanto la sua inadeguatezza e la sua frustrazione.

Non voglio più essere una brava persona, dopo tutte queste prese in giro. Voglio essere felice.

[O che almeno il mio corpo lo sia.]

E mi stai ascoltando, vero, Win? Mi ascolti quando dico queste cose? Perché io queste cose le ho dette, sai. A te.

"…va bene. Se seguirai la mia condizione, ti prometto che resterò."

E mentre il respiro di entrambi si fa più affannoso, lui realizza infine che ai suoi occhi e a quel qualcosa cui non vuole dare un nome che ha cominciato ad agitarsi dentro di lui, non potrà davvero più opporsi.

Forse…forse ho sempre desiderato di portargliela via, dentro di me. Di essere migliore di lui in qualcosa.

E’ l’ultima possibilità di tirarsi indietro, non importa a chi tocchi.

Volevo avere qualcosa anch’io…volevo sentire qualcuno pronunciare il mio nome prima del suo.

E Winry inclina la testa di lato, serenissima nell'annuire.

Lui scuote la testa, avvicinandosi una mano di lei, rigida ed inquieta, per accarezzargliela con un breve sorriso amaro.

Volevo essere importante.

"Ti chiedo di chiamare il mio nome molte volte, se ci riesci, nel fare questo. Chiamami e pensa a me come Alphonse Elric. Renderà le cose molto più semplici. Chiamami per nome. Chiamami Al. Perché io non sono Ed, cerca di capirlo."

Lo sforzo è sommo ma lei non vi si può sottrarre, dopo tutto questo.

Dopotutto sussultavo, se li scorgevo avvinti o con le labbra congiunte. Sussulterò anche oggi.


"…che gioco sciocco, Ed. Non so cosa tu possa trovarci di piacevole. Hai un complesso d'inferiorità nei suoi confronti? Guarda che quello che amo sei tu. Il migliore sei tu. Il sopravvissuto –Alphonse sospira, dandole ragione- sei tu.
Ma se ti fa piacere, giocheremo lo stesso, per oggi."

Al non può più spezzarsi, per quanto faccia male. Lui le sue buone parole le ha dette.
La sua, di coscienza, può essere a posto. Forse.

E se avesse bevuto? Se avesse preso qualche strana medicina? E' strana, accidenti. E' strana. E non voglio questo. Voglio lei, non questa imitazione.
Voglio lei. Lei.

Vacilla ma è domato in breve. Il suo corpo freme, e lui ha titubato anche troppo.

Winry lascia che lui le accompagni le dita alla cintura dei suoi pantaloni per slacciarli; esegue dunque l’operazione con la mitezza rassegnata di chi ha a che fare con un bambino piccolo.

"So già come muovermi, scemo. Non è mica la nostra prima volta."


Si muoverà in lui per tanto, tanto tempo, una volta gettata via la camicia da notte. Bianca.

Alphonse si morde, nonostante tutto, un dito; quella camicia è suo nipote. E’ la perdita di Ed.
Ma è lui ad essere morto. E' lui e vorrebbe tanto, tanto urlarlo, ma non ci capisce più niente. Più niente.

E chi lo ha detto, che non può illudersi ancora un po'? Nessuno. Assolutamente nessuna legge scritta glielo vieta.

Forse una qualche legge morale, ma anche lei vuole essere sua, per questa volta.
O di Ed. Ma lei lo ha proposto e lei gli è praticamente saltata addosso -pensando che fosse lui, Ed stesso, a suggerirglielo con lo sguardo.
Non può esserci nulla di male, nell’amore consapevole.

O nel sesso consenziente, a seconda dei punti di vista.

"Al."

Alphonse ansima piano e poi tace. Winry l’ha gettata via, quella camicia da notte.
Vi ha rinunciato.
Ama crederlo, nonostante tutto.

"Al."

Guardami, nii-san. Volevo davvero che ti dimenticasse, ma ora non sono felice.
Guardami e non perdonarmi mai.


E Winry bacia il suo petto più roseo di quello di Ed, più ampio di quello di Ed, più piatto di quello poderoso di Ed.
Percorre con le labbra il suo braccio destro, alla ricerca di una cicatrice ed un arto di metallo che Al non possiede.

Apre la bocca e trema. Gli lacrima scompostamente sul collo, crollando indietro –sulle ginocchia di lui- e gemendo forte.

E la giovane donna muta da carnefice a vittima senza ricordi. Non ha più colpe, è libera da esse e piena d’un odio che reprime più e più volte.

"Alphonse."

Lo chiama con la morte nel cuore e masticando quel nome tra i denti come per ridurlo in pezzi da far scomparire in fretta.

"Tu non sei Ed. Mi hai ingannata. Mi hai ingannata! Lo hai ucciso!"


Lui annuisce, senza particolari reazioni.

"Ridammelo, allora! Ridammi indietro Ed! L'uomo che amo, mio marito..."

Ma Alphonse non si allontana da lei. Le sfiora i capelli e le asciuga le guance arrossate, sorridendo mesto.

"Domani, Win. Se puoi, sopporta ancora un po'. Domani sarai di nuovo sua. Ma per oggi, mi hai fatto una promessa."

Lei piange ancora, confusa, senza realizzare bene di chi sia la colpa per tutto questo.
Quando si riscuote, è vibrante di rabbia in una maniera affatto calcolata.
I suoi occhi sono offuscati, e non vede che capelli d'oro sul cuscino, due liquide pozze dello stesso colore dove dovrebbe esserci il viso di Al.
E percepisce con chiarezza una smorfia desolata e contrita a salirle sulle labbra.

"Oh, bene. Benissimo. E' questo quello che vuoi, allora...è perché ti ho fatto sopportare tanto, eh?"

Le lacrime le velano gli occhi. Le lacrime le nascondono quello che solo le sue mani che non hanno percepito arti metallici nel suo corpo possono confermarle.
Lacrime crudeli, di un salato che fa male ad entrambi.

Lui scuote le spalle e sospira forte, senza risponderle.

"E' perché è colpa mia, vero, Al?"

E forse, come le suggerisce una vocina seccante nella sua testa, in fondo, un briciolo di colpa potrebbe avercelo davvero.
Non ci è arrivata per magia, nuda, sopra di Al.

"Tu ti sei approfittato della mia debolezza...ma è colpa mia, vero, Al? Vero? Rispondi. RISPONDIMI!"

"Sei libera di credere quello che preferisci, se ti fa sentire meglio. Quindi se ci tieni vatt..."

"Oh, NO. Non è una risposta negativa, sai. Io sono qui, ormai. E ti devo qualcosa, giusto?"

Lui ricambia con uno sguardo piatto e senza risposte ed il labbro inferiore di Winry inizia a tremare scompostamente, nel portarsi una ciocca di capelli dietro al viso con uno scatto furente "Uno scambio equivalente, certo. La tua libertà di avere da me quello di cui ti ho prosciugato in questi anni. Bene, benissimo. E poi potrai ritenerti soddisfatto, VERO, AL?"

"Io non ti sto chiedendo niente che tu non voglia darmi. Non ti sto imponendo nulla, hai fatto tutto da sola."

Cristo, è così stanco, così dannatamente stanco...
Si asciuga una tempia calando piano le palpebre e si prepara ad allontanarla con uno scatto secco.

E' quanto la parte più ragionevole del suo corpo gli proponga di fare, a discapito del resto.
Non lo sa nemmeno, come possa sopportarlo o farlo.

Semplicemente, può esserne in grado.


Sarà la stanchezza, a guidarlo. Sarà che si sente ancora, ancora più vecchio ma affatto saggio...

"Sai una cosa, Al?" gli domanda lei retorica, con una strana luce negli occhi, luminosa "Lo farò. Ti renderò tutto, fino all'ultima goccia di sudore delle giornate estive spese chiuso in casa con me. Tutto. Tutto."


E tacciono entrambi. Al non sa bene cosa pensarne, perché lo turba, più che il viso distrutto di lei, con la mascella serrata e gli occhi feroci, il fatto che abbia ragione.
Il fatto che non gli stia mentendo né stia parlando con altri che lui.

Inoltre, ha davvero poco senso farsi ulteriori scrupoli.
Se ne è fatti in maniera vomitevole nell'arco di poco tempo, ma non ha avuto un atteggiamento vergognoso, fino ad ora.
Perché non agisce, Al, così come quando era bambino.
Non si espone in prima linea, lui. E' un vecchio che è tornato bambino, dimenticando ogni antica lezione appresa.

E' un complice, una silente presenza che annuisce anche se senza ascoltare.
Al suo primo tentativo rischioso, seguire la scelta di un altro lo ha letteralmente portato all'inferno.

Ora che all'inferno c'è il colpevole di questo, suo fratello, si chiede solo cos'altro possa esserci da perdere.

Né la sua vita -lei non lo ucciderebbe mai, nel corpo- né lei -lei non andrebbe mai via, non dopo tutto questo.
Quindi va bene. Va bene anche se sarà la sua dignità ad andare a suicidarsi, il suo orgoglio (Quelli erano di Ed, Al. Non hai né l'uno né l'altro. Solo l'ombra di essi.) o la sua felicità (Quale felicità? Cristo, QUALE?).

Dal canto suo, lei non ragiona più in maniera lucida.
E' istintiva come non lo è mai stata prima, e non sopisce più la rabbia.

Perché la condanna peggiore, per Al, non sarà un suo rifiuto, ma la sua presenza senza il diritto di amarla.

Si tormenterà da solo, l'indomani: Winry, per qualche strana ragione, questo lo sa con chiarezza.

Non è più il momento delle favole buone, della bambina gentile che aspetta senza parlare, che non importa quante volte tu possa colpirla al cuore, non si spezzerà mai.
Non è mai stata tutto questo. Non è mai stata incrollabile. Non è mai stata una santa.

Loro, dopotutto, non hanno che continuato a sostenere un'inutile e ben poco durevole pagliacciata, in cui la loro spettrale cordialità era divina.

"Spero che questo ti renderà felice, Al." sussurra lei, tagliente.
Uno sguardo vacuo in risposta è la più grande conferma che no, non lo renderà felice, ma lui potrà cercare di illudersi comunque.
Una volta di più, una in meno. Basta non guardare. Né pensare.


Ora non c’è soluzione che sia poco degradante ed avvilente, soprattutto per lei, che vorrebbe urlare ma si contiene.

La scelta più saggia sarà riconoscerlo pienamente come Al, digrignare i denti ed odiarlo.
Perché non può perdonarsi, ma nemmeno desidera biasimarsi: odiare lui è il migliore dei compromessi.

Sobbalza con forza ricrollandogli pesantemente addosso, tentando di rendergli almeno un poco meno gradevole il tempo.

Un'ora di gelido sesso liberatorio senza un piacere pienamente condiviso è quanto sfregerà in eterno il loro futuro, ora suggellato da gemiti ed una voce sottile e astiosa.


Ore dopo, la vita riprende comunque, più grama, più incerta, più rapida, ma meramente soddisfatta e mai solinga.

Vi sono segni di morsi sul collo di lui, sfoghi frustrati, strazi che sono punizioni per avere, infine, sul serio tradito la vita e Winry con essa. Il ricordo.

Morsi che recano il nome gonfio di lacrime che appartiene ad Alphonse Elric.

Perché Edward Elric è semplicemente morto da più tempo di quanto si potesse credere, mai rinato, solo seviziato come nome ed immagine.
Non rivivrà più a lungo che in qualche logora foto nemmeno in questa casa infestata dagli spiriti.

Fine

[Prossimamente, l'epilogo]

-

Note finali:

E'.Finita. *Sbatte la testa sulla tastiera, sospirone*.
Sì, non credo che una scena del genere la si possa tirare realmente così tanto per le lunghe, ma i protagonisti sono ragazzi complessati, eh.
E sono esigenze di copione, non prendetevela con me, non avrebbe reso altrettanto condensata in otto righe.
E tutto questo, solo per la cronaca, accade in non tantissimo tempo, credo, considerando solo i dialoghi. I moti mentali possono durare anche solo pochi secondi, in realtà.

Questo capitolo è stato quel che si suol definire un parto. Un cesareo operato del mio nii-san betatore Onda (sì, lei è un nii-san al maschile è_é), a dirla tutta.

Dopo lunghe sofferenze nel scrivere qualcosa che trovavo totalmente arduo, anche perché ero in dubbio su alcune cose e per motivi un po’ scemi tra me e la mia beta si era arrivati al punto del “Ah, vuoi che abbia la sorpresina nel leggerla direttamente online? Allora anche se me lo chiederai non te la beterò.” “Ma scherzavo…” “No, ormai l’hai detto *risatina malefica e un po’ astiosa*.” “Sigh.”

Un punto increscioso, sì, ma mi sono ridotta allo stato di Ed e le ho detto quel che voleva sentirsi dire ma che ritenevo semplicemente sottinteso. Benedetta donna *sospirone*. Oh, beh, almeno lei non ha chiavi inglesi con cui pestarmi, è confortante.

Così, alla fine ha accettato di betarla. E sono andata un po’ in crisi perché, nella prima versione del capitolo, Winry agiva come agisce anche qui, ma in maniera più scostante, tra la razionalità e la follia.
Quando me l’ha fatto notare anche lei, mi sono messa a struggermi perché non sapevo come riparare. Almeno quanto mi sono tormentata per Halo, ma credo di più.


Temevo anche di dover sacrificare qualcosa come otto pagine tra capitolo ed epilogo, e miliardi di frasi che mi soddisfavano.
Ma mi ha dato un buon consiglio, ovvero "Se è al punto di non ritorno, portala lì e lasciacela", ovvero, "falla interamente a pezzi, così sarà chiarissimo che agisce così per lo status mentale e non perché è diventata scema o cosa".

Quindi, ne è venuta fuori una cosa più sensata. Grazie, Sìl, senza di te non avrei partorito questo bel (no, spassionatamente, lo dico solo per non traumatizzarlo, è orribile) bambino di un capitoletto assurdo.

Grazie per le tue pronte virgole e forbicine mentali tagliuzza-periodi. E per l'inflessibilità e l'oculatezza.
E per le tremila revisioni che mi hanno fatta impazzire. E per le trovate e le soluzioni.


Tutta quell'accidenti di una parte in cui Win decide di proseguire comunque, è un suo amorevole suggerimento.
Così come altre parti che mi ha suggerito di approfondire.
E non le ho potuto far betare l'ultima versione, ma se non funziona nemmeno ora o riscrivo ancora qualche pezzo o ci rinuncio, e d'ora in poi solo rating verdi pieni di fiorellini e coniglietti con tanto fluff *borbotta imprecazioni contro i fiorellini troppo colorati*.

Quindi, posso solo sperare che quello che fanno i protagonisti non suoni tutto campato per aria, ma motivato ed umano.
Ce l'ho messa tutta, considerando il poco tempo e l'angosciosità del riscrivere determinati pezzi mille e mille modi per farli plausibili e diversi da un OOC immotivato, sotto la già nominata saggia guida di Onda.


E sono riuscita anche a salvare il più dell'epilogo, quindi è tutto okay.

Il 17 parto per lidi sconosciuti (aka due settimane da Onda), posterò l'epilogo quanto prima (per lo scioglimento finale, un ulteriore sviluppo e qualche risposta ad alcuni dettagli è_é).

Con tante scuse per il ritardo di questo UU;.

Ed ora, le risposte ai vostri adorabili commenti, dei quali amo anche la lunghezza, perché indica che questa fic vi sta lasciando qualcosa, un'impressione, un pensiero, beh, 'qualcosa'. Il che mi rende molto, molto felice.


The_Dark_Side: Guarda, personalmente io mi limito a sfidare voi cari lettori a stabilire chi sia il più sfigato dei sue protagonisti. Scelta ardua, uh? Lieta che la fic ti piaccia, comunque ^^.

Siyah: Apprezzo molto quella tua recensione, infatti. So bene che, per diverse ragioni, Rewrite è una fic difficile da, uhm…accettare.
Ed i lavori per Erase procedono abbastanza, ma non so se potrò darle la precedenza, per ora, visto che a settimane parto e mi mancherà il tempo (E quella fic non è il mio genere, sento di starci combinando un disastro, sì).
Ma se sei interessata e mi contatti via e-mail posso passarti molto volentieri alcuni pezzi, adorerei sentire un parere. E’ decisamente diversa dal mio solito ideale di fic, quindi ^^;…ma ovviamente solo se sei tanto incuriosita. E se riesci a farmi sapere prima che parta, se no andrà bene al mio ritorno, a metà agosto.
Altrimenti basta aspettare, devo ben decidere quanto sarà lunga la fic, ma ora come ora sono sulle 11 pagine nel mio solito stile e font, quindi non so ^^;.
E grazie per essere interessata ad Erase, comunque. Almeno una lettrice l’avrò XD.

Kaho_chan: Ora devo chiederlo. Ti ha sorpreso Al, alla fin fine? Povero, povero ragazzo, lo amo tanto quanto l’ho torturato, dopotutto. Il che è tutto un dire XD;.
E non so che dirti, tecnicamente non sarà un finale tristissimo –puoi vedere fin da qui i presupposti-, ma felice no di certo.
Grazie, grazie mille per i complimenti.

ValHerm: Ah, ma quanti grazie avrò da dire oggi? Grazie anche a te per i complimenti e per lasciarti coinvolgere dalla fic. E per avermi messa tra gli autori preferiti; non c’è modo migliore di lusingare un autore, sul serio.
Non mancherò di leggere e commentare la tua nuova fic, quando l’avrai postata ^^.

Wildheart: Oh, un’altra new entry! Che cosa gioiosa XD. Quanto amo sentire analizzato quel che scrivo, sul serio, mi diverte. E non c’è nulla di errato in quel che dici, quindi meglio ancora.
Lieta di averti coinvolta per bene e, uhm, manca ancora l’epilogo, ma le cose miglioreranno solo limitatamente per Al, rispetto a come è messo da ora.
Mi fa piacere che questa visione di Al sia condivisa anche da te, personalmente trovo abbastanza angoscioso il fatto che abbia dovuto sopportare questo in silenzio.
E non è mica l’unica cosa, a farci un’analisi completa, vien fuori che un Al troppo buono è surreale.
Prima o poi esplodere è normale.
Solo che in questo capitolo *e qui ci metto un blush perché scriverlo mi ha anche turbata*, dopo tanti scrupoli non so più bene se chi ha sbagliato di più è lui o lei.
E lietissima che la mia recensione sia stata d’aiuto ^^, volevo dirtelo lì ma mi sembrava fuori luogo, ma se ti serve rispondere a qualche recensione eventualmente puoi anche inserirle a fine fic, pur senza aggiornarla, non saresti la prima a farlo.
E grazie a te per la bella recensione :)

Onda: La conclusione di quel commento è acida ;_;. Volevo dirtelo, anche se alla fine hai betato tutto comunque XD.

Setsuka: Oh, no che non mi piace il pairing, sono un tipo di larghe vedute, avendo presente Rewrite e, prossimamente, Erase.
Solo che questa storia non è nata per essere felice. Anche tante delle mie EdWin sono angst, sì.
Se devo rammentare che la mia prima EdWin, Spegnersi, si concludeva con un nulla di fatto in cui Winry continuava comunque ad aspettare, che nella mia Halo (anche se a conti fatti non è davvero un’EdWin) bene o male Ed ci lascia le penne, forse devo anche pensare di essere stata anche troppo buona, qui XD.
Ti ho comunque commentato anche la fic che mi hai suggerito, ma credo tu l’abbia già notato ^^.
Se mi capita di avere in mente una, non so, Royai o AlxWinry, visto che non sono tra le coppie escluse, partecipo volentieri, tutto sta nell’esserci ispirata.
Oddio, ho un’acerrima rivale RoyEd, quindi mi commenti questa fic per il detto “Conosci il tuo nemico”, sì? XD

L’epilogo di Rewrite è seppellito da altri progetti, devo dire che è in una fase di “più poi che prima”, visto che ho deciso di cambiarlo un po’, quindi non è pronto, e di farlo quando ho tempo, ed il 17 parto, quindi non so bene.

Bada bene poi, che per “censurare” io intendo solo alleggerire qualche scena di cui non mi piace l’espressività.
Poi c’è anche il fatto che sono pudica e che perché mi sembri di star scrivendo una frase un po’ volgare od osé ci vuole pochissimo, vero.
Io sono un tipo pudico e scrivo in modo pudico, semplicemente perché sono impacciata nel trattare certi argomenti.
E più che trattare certi argomenti senza cognizione di causa o piazzare descrizioni sciocche, preferisco essere un po’ velata.
Farebbe un po’ ridere qualcosa di spinto scritto da me, perché mi basta scrivere “seno” che mi sconvolgo da sola, ma almeno quello non lo ometto.
Poi può darsi che prima o poi avrò fiducia di scrivere qualcosa di veramente arancione, ma non so dirlo da ora.
Già Erase mi sta obbligando a trattare temi del genere, e questo mi lascia un po’ perplessa, difatti mi ci prenderò un po’ una pausa per riguardarla in maniera oggettiva poi.
Ma non credo leggeresti Erase, quindi è un esempio stupido XD;.
Comunque, spero di non aver deluso totalmente queste tue aspettative.
Anche perché questa sorta di atto erotico tra i due è arrivato, ma fatto più di dettagli velati e qualche affermazione che di altro.
Non pretendo da me stessa più di quanto la mia sensibilità mi concederebbe di leggere a mia volta, quindi mi va bene così, almeno per ora.

Grazie comunque per l'incoraggiamento, lo apprezzo molto ^^.




  
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