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Autore: Moiraine    28/12/2012    1 recensioni
Salve a tutti :)
La protagonista, Estel, è una ragazza dal passato oscuro e misterioso del quale apparentemente non ricorda nulla. Vive una vita difficile o, almeno, vive una vita difficile fino all'incontro con un ragazzo speciale.
Questa è la prima storia che pubblico; quindi non fatevi scrupoli e commentatemi o criticatemi.
Buona lettura :) Spera che la storia vi piaccia :)
Genere: Fantasy, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paura
 
Estel guardò stupita il ragazzo che le era seduto accanto. Come poteva essere così convinto di quello che diceva? Vortha.. era impossibile che esistesse davvero!
«Tu..» gli sussurrò, incapace di credere alle sue parole.
«Lo so e basta» le rispose in fretta. Estel lo guardò immobile per pochi secondi, dopodiché esplose.
«Com’è possibile che sia sempre e solo questa la tua risposta?! Perché non le spieghi le cose anziché dire che le sai e basta?!» gli urlò alzandosi in piedi. Il ragazzo la guardò dal tappeto e sospirò.
«Perché non te le posso spiegare» le rispose tranquillamente. La ragazza sbuffò e senza più degnarlo di uno sguardo se ne andò nella stanza di Mahtar sussurrando un “buonanotte” che Anar riuscì a sentire tranquillamente.
 
Erano svariati i motivi per il quale Anar non poteva spiegarle la sua teoria; ma probabilmente con il tempo lei li avrebbe capiti da sola. Non aveva bisogno di lui che glieli spiegasse. Doveva soltanto essere paziente, anche perché se lui avesse parlato sicuramente si sarebbe sentita come se le fosse caduto il mondo addosso.
Il rosato sospirò e si grattò la testa con un sospiro. Non era quello il momento di pensare a cose del genere; erano già passate da un pezzo le undici e lui si sentiva particolarmente stanco: sia fisicamente che mentalmente. Vedere quella ragazza morta l’aveva scosso e se a questo si aggiungeva anche l’intromissione di Vortha e della favola, la sua salute mentale poteva andare letteralmente a farsi benedire. 
Scosse la testa e sbadigliò apertamente, senza portarsi la mano davanti alla bocca; poi si alzò e lentamente si diresse verso la sua stanza.
 
Estel, nel frattempo, camminava avanti e indietro per la stanza di Mahtar, cercando di smaltire la rabbia. Anar, nonostante fosse soltanto un giorno che lo conoscesse, la faceva diventare matta! Era presuntuoso e permaloso, e ad ogni domanda rispondeva con la stessa affermazione: “lo so e basta”. Che testardo!
Estel si sedette sul materasso, ispirando profondamente, per calmarsi. Era vero che Anar sapeva essere un gran rompiscatole, ma era anche vero che con lei sapeva essere anche gentile e dolce, quando gli capitava. Per esempio, non ci aveva pensato due volte ad abbracciarla quella mattina nel cortile della scuola, quando era rimasta sconvolta dalla vista del cadavere e non aveva esitato minimamente, quella sera, per ospitarla in casa propria nonostante la conoscesse da pochissimo tempo. Era davvero una bella persona.
La ragazza sospirò e si sdraiò pesantemente sul materasso. Era stata un po’ dura con lui in effetti, ma non poteva farci nulla. Anche lei era testarda e presuntuosa quindi quando accadeva qualcosa che non le andava a genio, si arrabbiava e cominciava ad urlare. Sinceramente si, era un po’ strana anche lei.
Estel sospirò nuovamente e chiuse gli occhi, cercando di addormentarsi; però, non appena cercò di rilassarsi, le riaffiorava il ricordo di Anar che con i suoi discorsi le aveva fatto ritornare in testa il viso della ragazza. Aprì gli occhi e cercò di distrarsi guardando i strani disegni che ricoprivano il soffitto della stanza, ma ogni qualvolta chiudeva gli occhi, incontrava quelli della ragazza che, indifferenti, iniziavano a scavarle dentro l’anima. E nonostante lei si sentisse al sicuro in quella casa, in quel momento si sentì inerme e scoperta, e quindi, senza pensarci più d’una volta, si alzò in piedi e uscì dalla stanza.
 
La porta della camera si aprì delicatamente. Anar era sdraiato sul letto e incredibilmente era ancora sveglio. Appena sentì la porta aprirsi si sedette di botto e puntò, con un sorriso, lo sguardo sulla minuta figura che si affacciava dalla soglia.
«Posso fare qualcosa per te?» chiese ad Estel, maliziosamente, sdraiandosi nuovamente. Lei sbuffò e si chiuse la porta alle spalle. Come ogni volta che aveva paura di qualcuno, si sentiva spiata e osservata, soprattutto alle spalle; quindi preferiva tenerle coperte.
Con un respiro profondo, la ragazza si avvicinò al letto e incrociò le braccia.
«Posso dormire con te?» chiese ad Anar senza guardarlo, arrossendo leggermente.
«Perché?» gli chiese quello con un sorrisetto, malgrado comprendesse già la risposta. Estel lo guardò in silenzio. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere paura, eppure non aveva nessuna intenzione di dormire da sola.
«Lo so io» gli rispose guardando il materasso.
«Lo sai tu?» le chiese confuso e incredulo.
«Lo so io, e basta» gli rispose, secca. Anar la guardò e si mise a ridere.
«Non puoi usare la mia tecnica contro di me» le disse ridacchiando, facendole uno spazio sul materasso.
Lei lo guardò, incredula di essere riuscita a convincerlo così facilmente, e gli sorrise contenta. Si tolse le scarpe e si mise in fretta sotto le coperte.
Nel letto insieme ad Anar si sentiva già meglio, eppure non era ancora veramente tranquilla poiché, dato dormiva su un fianco, non voleva dare le spalle alla porta.
Così alzò il viso e guardò il rosato.
«Facciamo a cambio di posto?» gli chiese con un sorrisetto, dato che il lato dove dormiva lui era poggiato al muro.
«Perché?» le chiese confuso.
«Così» lo pregò.
«Va bene» sospirò il ragazzo. Estel sorrise e fece per alzarsi, ma Anar la prese dai fianchi e la issò e, una volta spostatosi al suo posto, la poggiò delicatamente sul materasso accanto al muro.
La ragazza arrossì leggermente e lo guardò in viso: stava sorridendo.
«Grazie» gli disse in un sussurro, con le guance chiazzate di rosso. «Ma non prendermi mai più in braccio» gli disse colpendolo su una spalla. Lui rise e si sistemò comodamente sotto le coperte. Non aveva fatto chissà quale movimento, eppure Estel, nel muoversi delle coperte, notò che il ragazzo si era nuovamente spogliato e che ora indossava un semplice paio di boxer. Cercò di tranquillizzarsi e per fortuna Anar tossicchiò intromettendosi così nel filo dei suoi pensieri sconci.  
«Sei più tranquilla ora?» le chiese quello dolcemente. Estel spalancò gli occhi e lo guardò con la faccia ormai diventata di un bordeaux particolarmente scuro. Sospirò e non fu mai tanto più grata al buio che nascondeva al rosato il colore del suo viso.
«Non capisco cosa intendi dire» gli disse chiudendo gli occhi e sdraiandosi, dandogli le spalle. Sapeva che il ragazzo era semplicemente in mutande, eppure non aveva paura di stare in un letto da sola con lui. Percepiva di potersi fidare.
«Va bene, fai finta di niente; ma tanto io lo so» le disse quello con un sorrisetto. Anche lei sorrise e, in poco tempo, entrambi si addormentarono.
 
Durante la notte, Estel si mosse sotto le coperte, preda di un incubo e riuscì a calmarsi soltanto quando, inaspettatamente, Anar le mise un braccio intorno alla vita stringendola a sé. Il calore e la sicurezza di quelle braccia vinsero anche gli incubi che si allontanarono, smettendo di tormentarla.
E, come avida di quelle braccia che la proteggevano, Estel si strinse a lui fino a poggiargli la testa sul petto in modo da sentire il suo cuore che, tranquillamente, batteva a ritmo di una ninnananna. 
  
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