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Autore: StelladelLeone    28/12/2012    4 recensioni
Jasper si guardò intorno: c’era qualcosa che non andava. Ma cosa? Emmett era seduto di fianco a lui a guardare la partita di baseball ed Edward era seduto sulla poltrona a leggere, il silenzio regnava sovrano e…
Il silenzio regnava sovrano?!
E le ragazze dov’erano finite?!
Ecco tre capitoli sul ventitré, ventiquattro e venticinque dicembre in casa Cullen!!
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Emmett/Rosalie, Jacob/Renesmee
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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 Yo minna!!! Ecco la mia prima fanfiction sul tema Twilight, nata da un sogno che ho fatto stanotte (no, non ho bevuto ne fumato niente, sono demente di mio) sul tema del momento: il Natale! (lo so che ho una long in corso, tranquilli: è in scrittura!) La mia idea erano di scrivere tre capitoli sui due giorni che precedono il Natale e il Natale stesso in casa Cullen. Forse ho leggermente modificato il carattere dei personaggi (esagerandoli un po’), spero vi piaccia lo stesso; ma anche se vi facesse schifo vi prego: RE-CEN-SI-TE!!

Buona lettura!

IL VENTITRÈ DICEMBRE

Jasper si guardò intorno: c’era qualcosa che non andava. Ma cosa? Emmett era seduto di fianco a lui a guardare la partita di baseball ed Edward era seduto sulla poltrona a leggere, il silenzio regnava sovrano e…

Il silenzio regnava sovrano?!

E le ragazze dov’erano finite?!

Edward alzò gli occhi dal libro, concentrandosi sui pensieri delle sue sorelle: niente. Erano pensieri normali, banali. Fin troppo banali. Come se stessero cercando di nascondere qualcosa.

Jasper avvertì l’improvvisa tensione di Edward.

“Va tutto bene Jazz, solo che…le ragazze…sento i loro pensieri, ma sono strani, artificiali, poco naturali…non saprei come spiegartelo...” rispose lui alla domanda non posta di Jasper, mettendo un segno nel libro
e alzandosi in piedi.

Anche Emmett spostò la sua attenzione sulle parole di Edward. Quando le ragazze erano calme, c’era sempre da preoccuparsi.

“Sono d’accordo, Em…”

“Forse dovremmo andar su e chiedergli cosa sta succedendo, magari non è niente di grave”

“Se mi mascherano i loro pensieri è di sicuro qualcosa di grave e dubito proprio che ci svelerebbero qualcosa.”

“Chiedere a Carlise?”

“È al lavoro.”

“Esme?”

“È uscita anche lei…la faccenda si fa strana…” disse Ed dopo aver setacciato alla ricerca dei pensieri della madre.

“Potresti ricattare tua figlia, magari ci svela qualcosa…” propose Emmett sempre più preoccupato.

“Mmh…ne credo, ormai è caduta tra le grinfie di Alice e Rosalie…” disse grave Edward.

I suoi fratelli annuirono seri mentre un brivido di terrore scendeva lungo le loro schiene.

La cosa si faceva sempre più inquietante.

“Basta,” esplose Emmet, “io non ce la faccio più, vado su e…”

Un sagoma indistinta con la pelle diafana e i capelli castani entrò nella stanza fulminea, urtando Jasper ed Emmet, per poi schiantarsi su Edward che ricadde sulla poltrona.

“Bella amore cosa succ…” provò a dire il povero vampiro, ma Bella lo afferrò per i lembi del colletto della camicia e lo alzò di peso.

“Hai fatto il pieno alla Volvo? Dimmi che l’hai fatto Edward!” urlò lei scuotendo suo marito in piena crisi isterica.

“S-sì, l’ho fatto ier…”

“Dammi le chiavi della macchina! Subito!” riprese a scuoterlo lei con gli occhi sgranati per la paura ma un tono di comando nella voce che avrebbe fatto scattare chiunque.

Jasper ed Emmet erano a dir poco scioccati. Si erano perfino dimenticati di respirare.

Edward scandalizzato e con il cervello bloccato tese alla dolce mogliettina le chiavi della macchina. Bella le afferrò fulminea e si lanciò verso la porta, prima di uscire si girò e li guardò con occhi pieni di
compassione.

“Mi dispiace ragazzi…” mormorò prima di lanciarsi fuori nella fredda aria invernale. Dopo meno di trenta secondi sentirono il ruggito della Volvo che partiva in quarta, sgommando, lungo il vialetto Cullen.

Passarono dieci secondi di pura immobilità

Venti secondi.

Trenta secondi.

“MA CHE COSA STA SUCCEDENDO?!” esplose Edward, scongelando finalmente il cervello ed uscendo dalla catalessi. Fece per lanciarsi fuori dalla finestra e inseguire Bella, ma Jasper lo fermò prendendolo per un braccio.

“Aspetta Ed, magari non è niente di grave…prova a chiamarla sul cellulare, se non ti risponde la andiamo a cercare.”

“Ma hai visto com’era ridotta?! Nemmeno quando capì che stavano arrivando i Volturi fece quell’espressione!”

“Ed, chiamala!” disse Emmet a cui la questione stava inquietando sempre di più. Era in stato di allerta, pronto a qualsiasi nemico.

Edward prese il cellulare dalla tasca dei jeans e veloce digitò i tasti per chiamare Bella.

“Tuuuu-tu, tuuuu-tu, tuuuu-tu”

“Pronto Ed?” rispose finalmente Bella al cellulare, la voce era più rilassata ma la nota di panico rimaneva comunque.

“Bella? Bella, tesoro, cosa succede?”

“Mi dispiace Ed, mi dispiace…ma non potevo sopportarlo anche quest’anno…”

“Cosa Bella? Cos’è che non puoi sopportare? Dimmelo ti prego, mi stai facendo impazzire!”

Jasper ed Emmet ascoltavano tesissimi la conversazione, immobili come statue

“Davvero vi siete dimenticati che giorno è oggi?”

“…”

“Oggi è il ventitré di Dicembre Edward.”

Il telefono cadde con un tonfo sordo  sul tappeto beige di Esme.

Jasper, Edward e Emmet erano impietriti. Lo shock gli impediva di pensare o reagire

Come avevano potuto dimenticarselo?!

Tutti gli anni, ogni ventitré Dicembre accadeva la stessa cosa.

“Sì Emmet, siamo morti.” Disse Edward che aveva letto i pensieri del fratello.

“Avrei dovuto capirlo quando oggi Alice mi ha preparato i vestiti da mettere…” mormorò Jazz.

“Io quando Nessie non faceva altro che lamentarsi per farsi portare qua mentre Bella per rimanere a casa…” disse Edward con voce fioca.

I due fratelli guardarono Emmett che alzò le spalle.

“Io non me ne sarei mai accorto” rispose suscitando due sospiri esasperati

Passarono altri trenta secondi di puro silenzio vampiresco, poi Jasper prese in mano la situazione.

“No, possiamo ancora farcela, c’è ancora tempo… il nemico non agirà prima delle undici e ora sono le dieci e mezza!” disse, più per convincere se stesso che i suoi fratelli, entrando in modalità stratega e cercando di infondere un po’ di coraggio agli altri due che sembravano sul punto di suicidarsi.

“Ed, Em! Veloci, andiamo in garage: forse abbiamo qualche speranza…”

I tre fratelli si lanciarono a velocità sovraumana verso il garage; arrivati davanti alla porta si guardarono negli occhi e trattennero il fiato, poi, Jazz abbassò la maniglia ed entrarono.

Tutti e tre, contemporaneamente, fecero un lungo sospiro di sollievo.

“Quest’anno se ne sono dimenticate!” disse Edward con un sorriso che avrebbe potuto illuminare tutta Forks, vedendo che tutti i possibili mezzi di fuga erano al loro posto.

Edward saltò nella Lamborghini, Emmet nella Chevrolet e Jasper sulla sua moto.

Tutti e tre inserirono le chiavi.

Tutti e tre girarono le chiavi.

Tutti e tre i mezzi ruggirono.

Tutti e tre i mezzi si spensero.

Tutti e tre i ragazzi presero a testate il volante.

“Non è possibile…non è possibile…hanno tolto la benzina!” urlò Emmet al culmine della disperazione.

“Potremmo sempre barricarci qui in garage…” propose Edward mentre scendeva dalla macchina.

“Certo Ed, così poi dovremmo pure ricostruirlo! Lo sai che pur di trovarci farebbero a pezzi la casa…” rispose Jasper sarcastico, che se fosse stato umano sarebbe stato sull’orlo delle lacrime di una crisi isterica.

Mogi tornarono in salotto.

Un’improvvisa corrente di terrore e ansia pervase Jasper, che guardò interrogativo il fratello.

“Li sento Jazz, sento i loro pensieri…sono piani terribili…hanno smesso di nascondersi…” disse con il vuoto negli occhi, guardando le scale che portavano al piano superiore.

Il campanello suonò spezzando il loro lamento funebre.

I tre fratelli si guardarono intensamente.

Una nuova minaccia? O Bella che mossa a pietà era tornata a salvarli?

“Ohi succhiasangue, mi fate entrare sì o no?!” la voce calda del licantropo, che non vedeva l’ora di abbracciar la sua ragazza, giunse alle loro orecchie.

Edward andò ad aprire la porta.

“Ciao Edw…che ti è successo?! Hai la faccia di uno che è appena stato ad un funerale!” disse Jacob un po’ scioccato ma senza perdere il suo buon umore seguendo Edward in salotto.

“Em, Jazz, anche voi…” disse gesticolando verso le loro facce e iniziando a preoccuparsi seriamente.

“Tra poco assisterai ai nostri funerali, che faccia dovremmo avere?!” disse Edward tagliente lasciandosi cadere sul divano con la faccia tra le mani.

“JAAAKEEEE, sei tu vero? Rimani qui ti prego! Dopo ho bisogno di te!” la voce trillante di Renesme rimbombò per la casa.

“Certo tesoro!” disse sorridente Jacob.

In qualsiasi altro momento Ed avrebbe ringhiato al ‘”tesoro’” rivolto alla figlia, ma la depressione era troppa.

“Mi sa che quest’anno assisteremo anche al tuo di funerale lupacchiotto…” ghignò Emmett.

Jake li guardò preoccupato.

“No Jake, non siamo noi il pericolo, me qualcosa di molto, molto peggio…” rispose Ed.

Prima ancora che parlasse al lupo venne data la risposta.

“Sai che giorno è oggi? Esatto, il ventitré. Di solito cosa si fa in questo periodo? Esatto, ci si prepara al Natale…” disse Edward senza lasciare il tempo a Jake di parlare, con suo grande scorno.

A questo punto si intromise Jasper, per evitare che il licantropo strozzasse suo fratello.

“Ma cosa si prepara in particolare Jacob?”

“I…regali?!”

“Esatto!” esplosero in coro i tre Cullen, spaventando Jake: sembravano assatanati.

“No, non c’è nulla di male nei regali in sé, Jake, il problema è che bisogna andare a prenderli…”

In quel momento Jake capì: dopo quindici anni in casa Culle aveva avuto il tempo di conoscere bene Alice e Rosalie, nonché di accorgersi anche di come la sua Nessie fosse stata plagiata dalle due streghe e di
imparare le loro torture usanze tipiche.

“Andava bene anche la parola ‘”torture’” Jake” lo corresse Edward.

“E voi dite che io quest’anno…?”

“Sì” lo gelarono i tre poveretti.

Tutti e quattro si sedettero intorno al tavolino in cristallo, concentrandosi per trovare una soluzione.

“Potremmo chiedere l’intervento dei Volturi…”

“Non arriverebbero in tempo, Ed.”

“Un aiuto da parte dal Clan dei Denali?” chiese Emmett,

“Oh certo” disse Jazz sarcastico, “come tre anni fa, quando poi quelle traditrici si erano unite alle nostre nemiche!”

Ci furono altri lunghi minuti di silenzio in cui nessuno riusciva a trovare una soluzione.

“Ah, no! Non mi arrendo così a questo sopruso!” ringhiò Jake battendo un pugno sul tavolo (e incrinandolo: poverino! Esme avrebbe incrinato lui una volta tornata) spremendosi le meningi.

Sembrava che non giungesse a nessun risultato quando…

Ed si girò di scatto e lo guardò con gli occhi scintillanti.

“Davvero hai una motocicletta?”

Gli altri due vampiri lo accerchiarono con gli occhi speranzosi.

“Certo, l’ho lasciata in giardino!” disse orgoglioso il mutaforma, capendo finalmente il piano dei tre vampiri.

Veloci i quattro si incamminarono verso il giardino, fin quando a Jake non vene in mente un particolare.

“Scusa Ed, ma siete vampiri. Perché semplicemente non scappate via?” disse fermandosi di botto, folgorato dalla sua geniale intuizione.

“Un anno ci abbiamo provato…” rispose Jasper rabbrividendo, “ci sono venute a cercare… ci hanno letteralmente cacciato…non puoi nemmeno immaginare…per punizione ci hanno torturato per DUE giorni di fila…”

Emmett ed Edward sbiancarono al ricordo.

“Ah. Capisco.”

Ripresero la loro corsa verso la moto e una volta arrivata la scrutarono commossi.

“Ma come facciamo se la moto è una e noi quattro?”

“Ehi Jazz, ti ricordi quella volta, cinquant’anni fa, che facemmo gli equilibristi in quel circo…”

“NO!” urlò Jake buttandosi davanti alla sua amata bambina moto per proteggerla con il suo corpo in caso di attacco di quei tre vampiri fumati.

“Non abbiamo fumato niente Jake e quella di Em era solo un’ipotesi” disse Ed alzando gli occhi al cielo.

Jake maledisse le capacità di Edward mentalmente e in risposta l’altro sogghignò

“Va bene, se il lupacchiotto non si fida delle nostre capacità, dovrà fare tre viaggi.” Disse Jasper trattenendo un sghigno.

Jacob annuì piccato, rilassando le spalle.

Dopo una breve zuffa decisero i turni per le partenze.

“Per primo,” continuò Jazz, “andrà Emmett; dovrete arrivare il più lontano possibile nel minor tempo, chiaro?” detto questo mise una mano sulla sua spalla e gli augurò buona fortuna.

Jacob saltò in sella.

Emmet saltò in sella.

Jacob inserì le chiavi.

Emmett ringhiò, ebbro di gioia per la sua imminente libertà.

Jacob girò la chiave.

La moto ruggì.

La moto si spense.

Jacob tirò una testata al volante.

“Com’è possibile?! Ho fatto il pieno ieri!” urlò disperato. Non riusciva a capacitarsi.

“Sono state loro” dissero in coro Ed e Jazz ghiacciati, con gli occhi pieni di terrore.

Lentamente tutti si girarono a guardare casa Cullen, meno ospitale che mai.

Deglutendo a vuoto si incamminarono lentamente per rientrare.

“Ci hanno sconfitto anche quest’anno…” disse Emmet stringendo i pugni ed emettendo un basso ringhio.

Jasper era più serio che mai. “Ci rimane ancora un’ultima strenua possibilità: dobbiamo coalizzarci nel nostro rifiuto. Non possono attaccarci se stiamo uniti.”

Gli altri annuirono ed entrarono in casa.

Le risate delle ragazze, trillanti e argentine, risuonavano nella casa.

I giovani martiri si misero in formazione difensiva: stavano arrivando.

Le prime a scendere furono Rosalie e Renesme: camminavano piano, con grazia mettendo un piede, fasciato in stivali con tacchi vertiginosi, davanti all’altro.

Jasper strinse i denti: avrebbe dovuto aspettarselo che l’organizzatrice di questa associazione a delinquere sarebbe stata l’ultima a scendere.

Edward batté un pacca di fraterna comprensione a Jasper che sospirò sonoramente.

Quando finalmente le due vampire giunsero ai piedi della scala, suscitarono lo scalpore generale: Rosalie era fasciata in un paio di jeans, mooolto aderenti, e in un top rosso scarlatto, come gli stivali con il tacco
alti fino al polpaccio, che si allacciava dietro al collo, lasciando così tutta la schiena scoperta. Nonostante i vampiri non sentano il freddo, per sembrare più umana, aveva una giubbetto in pelle nera corto, anche questo aderente. Il trucco si limitava a matita nera, mascara e rossetto rosso sangue. Il povero Emmet era stato messo K.O in partenza.

 La vampira si avvicinò al malcapitato con sguardo seducente.

“Ecco il mio scimmione! Io e Alice abbiamo stilato una lista di posti e negozi fantastici, non vedo l’ora di partire!!” trillò entusiasta dando un lungo e sonoro bacio a Emmett che, dopo aver lanciato un guardo
inebetito di scuse ai suoi fratelli, si lasciò trascinare fuori verso le macchine.

E forse non sbagliava troppo visto che Edward e Jakob facevano fatica a riprendersi dallo shock

Renesme infatti aveva un vestitino nero senza spalline, sopra il ginocchio, con un fiocco rosso che le fasciava la vita; per tenersi al caldo era stata fornita dalla sorella di una specie di mini-poncho in pelo bianco che indossava sulle spalle e dei manicotti sempre dello stesso materiale per le braccia diafane. Lo stivale bianco la slanciava di dodici centimetri buoni e con i capelli color castano chiaro sciolti sulle spalle sembrava una bambola.

Edward emise un ringhio profondo.

“Cane censura i tuoi pensieri! è mia figlia!”

“Vorrei vedere te se Bella si vestisse così” disse arrossendo l’altro.

Edward pensò che non aveva tutti i torti.

“Jake” lo chiamò con un sorriso smagliante Nessie avvicinandosi al suo lupacchiotto, “vorrei tanto andare a far shopping con le mie sorelle, ti dispiacerebbe venire con me?”

Jake si irrigidì capendo la trappola, ma non poté farci niente perché…

“Se non vuoi venire non è un problema, chiederò a uno dei licantropi più giovani…” lo ricattò informò lei, mogia.

Jake sentì il fuoco della gelosia ardere in lui e con un ringhio sommesso le assicurò che sarebbe venuto, guadagnandosi anche lui un bel bacio.

A questo punto Nessie si accorse che suo padre era ancora in stato di shock e gli si avvicinò preoccupata.

“Papà? Papà va tutto bene?”

“N-Nessie…c-come sei vestita?”

“Oh,” disse lei facendo una giravolta su se stessa, “questo me lo ha dato la zia Alice, in realtà mi sento un p’ a disagio, ma se l’avessi detto alla zia si sarebbe offesa…” spiegò abbassando la voce.

“… papà non è che verresti con me a fare shopping? Così se qualche malintenzionato provasse a farmi qualcosa di male tu mi proteggeresti!” conclusa sbattendo le ciglia e con gli occhioni luccicanti.

“Ma ci sono i…” Jake venne interrotto da un invisibile calcio negli stinchi.

Jasper alzò gli occhi al cielo: quel piccolo demone era stato istruito alla perfezione da Alice.

Edward lo guardò affranto e annuì; in fondo non aveva scelta, non poteva certo lasciarla sotto la custodia di Jake dopo che aveva visto i suoi pensieri e quelli di tutto l’universo maschile per più di cento anni.

Sconfitti, i due poveretti seguirono la vittoriosa Renesme in garage.

Jasper attese: era l’ultimo sprazzo di difesa, non poteva soccombere.

Il folletto prese a scendere con grazia, Jazz quasi si aspettava che le spuntassero le ali dalla schiena, lasciata scoperta dal tubino blu oltremare che la avvolgeva. Un fiocco bianco le cingeva il petto esattamente
sotto il seno, abbinato a quello che aveva tra i capelli, leggermente brillantato.

Le ballerine bianche col fiocco blu toccarono terra e è portarono Alice vicino a lui.

“Sei pronto Jazz?” trillò lei fermandosi a pochi centimetri da lui, che si sforzava di non correre ad abbracciare la sua fatina.

“Non ho ancora detto che verrò.” le rispose accennando un sorriso.

Lei si fece improvvisamente triste, gli diede la schiena e sfoderò la sua arma segreta.

“È-è perché non mi ami più, vero Jazz?” a un osservatore qualunque sarebbe parso che Alice fosse sul punto di scoppiare a piangere, ma Jasper la conosceva e conosceva questa tecnica poiché l’aveva usata
anche l’anno precedente.

Camminò verso di lei e la cinse con le sue braccia.
“Certo che ti amo, folletto e te lo dimostrerò…” disse appoggiando il suo viso sulla sua spalla, a fianco di quello di Alice che si girò con gli occhi che le scintillavano e un sorriso speranzoso.

“…che ne dici se per dimostrarti il mio amore ti portassi in una baita sperduta fra le montagne, solo io e te, lontani, molto lontani dalle luci della città, dai centri commerciali, dai negozi…”

Alice non poté nascondere la sua espressione terrorizzata e schifata, che le rimase gelata sul volto. Jasper ghignò e lei offesa, si stacco da lui e gli sibilò contro.

“Non è divertente Jasper!” disse arrabbiata.

Jasper scoppiò a ridere vedendo che lei stava mettendo il broncio, una cosa che lui trovava tenerissima.

“Dimmi Jasper,” chiese lei perforandolo con i suoi occhi dorati, “perché non vuoi mai venire a far shopping con me? Tutti gli anni mi devo ingegnare in nuovi trucchi e stratagemmi per costringerti!”

Lui alzò gli occhi al cielo, “Per almeno un centinaio di buoni motivi.”“Dimmene almeno tre!”

Jasper ci pensò un attimo, poi annuì.

“Uno” disse alzando l’indice, “tendi ad esagerare: compri un sacco di roba che non metterai mai, sia per te che per gli altri, e fai portare tutti i pacchi a me.”

“Li posso portare io, allora!” disse lei compunta.

Jazz sbuffò. “Non sta bene che sia la ragazza a portare i pacchetti quando è con il suo ragazzo.”

Alice aggrottò le sopracciglia e infine sospirò, sotto lo sguardo incuriosito del vampiro biondo miele.

Con mano tramante prese la sua adorata pochette, sempre blu con il fiocco bianco, la aprì e guardò al suo interno sconsolata.

“Signor Jasper Withlock questo è il sacrificio più grande che io abbia mai fatto, lo tenga bene a mente!” disse lei scrutandolo minacciosa; dopodiché tirò fuori un elegante portafoglio, sempre blu scuro, che dopo
qualche attimo di esitazione, tese al suo ragazzo.

Lui lo prese guardandola interrogativamente.

“È il mio portafoglio, quello con tutte le carte di credito: così potrai impedirmi di esagerare…” mormorò sull’orlo delle lacrime.

Jasper fece un sorriso smagliante e se lo infilò nella tasca posteriore dei jeans, distruggendo le vane speranze di Alice.

“Due” riprese implacabile Jazz, “ci trascinate in giro per un tempo infinito di ore. E già è parecchio noioso e faticoso, se in oltre ci mettete così tanto…”

“Possiamo ridurre da ventidue ore di shopping a diciannove…” disse lei speranzosa.

“Dieci!”

“Diciotto!”

“Undici!”

“Diciassette!”

“Dodici!”

“Sedici!”

“Quindici! Quindici o niente!”

I due si guardarono in cagnesco prima che Alice annuisse, sconfitta.

“Terzo,” riprese, ma stavolta con un sorriso che Alice trovava molto affascinante sulle lebbra, “non voglio che ti allontani da me! Tutti gli anni corri in giro abbandonandomi dove capita, mezzo sepolto dai pacchi e non mi permetti di seguirti nei negozi, e così sono costretto a sentire tutte le emozioni che scateni negli uomini che ti sono vicini, a guardare senza poter far niente le loro occhiate lascive o i loro tentativi di avvicinarti!” concluse guardandola teneramente.

Alice era rimasta a bocca aperta poiché era l’ultima motivazione che si sarebbe mai aspettata: ecco perché amava Jasper, era l’unico che riusciva a sorprenderla.

Con un urlo di gioia gli saltò in braccio e gli circondo la vita con le gambe mentre lui la baciava dolcemente.

“Quindi vieni?” chiese lei sbattendo le ciglia che nascondevano due enormi occhioni magnetici.

Lui si bloccò per un millisecondo: sapeva benissimo che Alice avrebbe esagerato anche quest’anno e che sarebbero stai in giro per venticinque ore, ma almeno sapeva che le sarebbe stata vicino…

“Certo che vengo folletto!”

"TI amo Jazz!"

"Anche io ti amo" sorrise lui.

Lei entusiasta gli diede un altro bacio e, dopo averlo preso per mano, lo trascinò in garage,

Rosalie aveva rimesso la benzina a tutte le auto e tutti erano già saliti sulla Lamborghini, riempiendola, quando Alice si bloccò pensierosa.

“Mmh...forse sarà meglio prendere due macchine…”

“Perché?” le chiese Jasper guardandola incuriosito.

“Perché avevamo tolto quasi tutta la benzina anche alla Volvo: Bella è ferma a prendere a testate il volante a cinque chilometri da qui.” rispose lei candida mentre a Edward cadeva la mascella per lo shock.

Jasper sospirò: anche quest’anno avevano vinto loro.
 
 
 
 
  
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