CAPITOLO 10 – IL VASO DI
PANDORA
Oleander
atterrò con la sua scopa e la lasciò al margine
della Foresta Proibita: in
quell’intrico di rami le sarebbe servita a poco:
utilizzò la pozione di Severus
e si addentrò tra gli alberi seguendo il filo di fumo scuro.
Di tanto in tanto ricorreva
ad un incantesimo “Pingo”, spruzzando con la
bacchetta una macchia di vernice luminescente
sulla corteccia di qualche albero, per ritrovare la strada, dato che
non c’era
alcun sentiero nel bosco ed il rischio di perdersi era molto elevato.
Il filo
di fumo esitò più volte, come confuso da qualcosa
e si muoveva lentamente, ma
era un bene, perché non era facile avanzare in mezzo a rami
bassi e cespugli
che non avevano mai visto una potatura. Rimpianse di non avere un bel
machete.
Giunto in una radura, il filo si arrestò, formando una
freccia che puntava
verso nord: qualche metro più in là
c’era la recinzione della serra che si
muoveva simile ad un gigantesco bruco verde, dentro il quale si vedeva
Hermione
che strepitava e scalciava: in altre circostanze la scena sarebbe anche
stata
divertente. Oleander fu sollevata nel vedere che la ragazza, tutto
sommato,
stava bene, e si acquattò tra la vegetazione, per vedere se
il ladro fosse nei
paraggi e decidere il da farsi. Un ramo alle sue spalle si
spezzò ed Oleander
si voltò a bacchetta spianata: alla vista di Harry e Ron fu
abbastanza rapida
da trattenersi dal gridare STUPEFICIUM! “Ragazzi! –
disse a denti stretti –
cosa vi ho detto poco fa? Parlo il runico antico?”
“E’
colpa nostra se Hermione è in questo pasticcio,
l’abbiamo convinta noi a
prepararci quella pozione.” Disse Harry a sua discolpa.
“Fortuna
che adesso non ho tempo di arrabbiarmi con voi,
sennò…”
“Guardate!”
urlò Ron, puntando l’indice contro la rete-bruco.
La cosa aveva iniziato a strisciare
rapidamente nel folto della foresta e i tre la inseguirono.
“Harry,
non va verso la tana di Aragog, vero?” chiese Ron ansioso.
“Non
ne ho idea.” rispose l’amico, preoccupato di quella
prospettiva.
“La
tana di chi?” si intromise Oleander.
“E’
un mostruoso ragno gigante amico di Hagrid.”
Spiegò il ragazzo con gli
occhiali.
“Ma
solo di Hagrid – aggiunse Ron – a noi ha cercato di
divorarci.”
“Oh
perfetto: come se non avessimo già abbastanza
problemi.” Mugugnò la donna.
La
rete-bruco si fermò poco più avanti e si
voltò come a volerli fronteggiare.
Hermione gridò forte il loro nome. “Lasciala
andare!” urlò Ron.
“Dubito
che ti dia retta.” Oleander cercava di pensare ad una
soluzione: era
impensabile colpire la rete con un qualsiasi incantesimo, il rischio di
prendere anche Hermione era troppo alto. Il liquido del vaso di Pandora
riluceva lungo le maglie della rete, come eliminarlo senza ferire la
ragazza?
Una illuminazione le attraversò la mente:
“Sì
– Ron aggrottò la fronte – mai sentito
nulla di simile.”
“Io
invece lo trovo familiare.” Disse Harry tendendo
l’orecchio.
“Anch’io
– confermò Oleander – sembra il suono
che fanno le porte della metropolitana babbana
quando si aprono o si chiudono.”
“Esatto!”
esclamò il ragazzo con gli occhiali.
Oleander
si guardò attorno, inquieta, una mano tesa davanti ai tre
ragazzi, pallido
tentativo di proteggerli da un pericolo che non riusciva a scorgere. “Un incantesimo invisibile?”
ipotizzò.
Puntò la bacchetta verso l’alto e gridò
“Detego occultationem!” Un sottile
raggio rosa si librò nell’aria e superate le cime
degli alberi esplose in
milioni di frammenti brillanti, che mostrarono l’esistenza di
una barriera a
cupola che si stava velocemente richiudendo sulla foresta.
Puntò nuovamente la
bacchetta, questa volta verso i tre ragazzi “Salvificum
ventum clamo!” Un
piccolo tornado li avvolse sollevandoli da terra e si mosse con
rapidità verso
il margine della foresta. Riuscì ad arrivare al limite degli
alberi un attimo
prima che la barriera si richiudesse, sigillando il bosco e
ridiventando
invisibile.
“Bene
– disse Oleander ad alta voce – ora ci siamo solo
io e te. E’ l’ora della resa
dei conti.”
Frattanto,
fuori, i tre ragazzi cercavano di rimettersi in piedi: un tornado non
era certo
il mezzo di locomozione più comodo di questa terra ed aveva
tutti lo stomaco
scombussolato e la testa che girava “Ed ora cosa facciamo,
avvertiamo
qualcuno?” chiese Harry.
“No,
è fuori questione!” proruppe Hermione, spaventata
all’idea delle punizioni che
avrebbero inflitto loro per aver trasgredito ad un consistente numero
di regole
della scuola.
“Ma
Oleander…” fece notare Ron.
“Mi
pare che sia in grado di cavarsela da sola. Voglio dire:
l’avete vista anche
voi, no? E’ stata bravissima, non c’è da
preoccuparsi. Ma se scoprono che noi
eravamo nella Foresta Proibita, toglieranno come minimo 300 punti a
Grifondoro.
A testa. Ora torniamo al castello, prima che qualcuno ci
scopra.”
Spaventati
da quella prospettiva, i due ragazzi non obiettarono più, ma
Harry rimase tutto
il giorno affacciato alla Torre di Grifondoro, nella speranza di veder
comparire Oleander. Anche Ron ed Hermione, comunque, non erano
tranquilli: il
primo perse clamorosamente una partita a scacchi con Seamus e la
seconda non
riusciva a star seduta al tavolo a studiare per più di un
quarto d’ora di fila.
Il
filo di fumo non si muoveva più ed Oleander si sedette su un
masso, incerta sul
da farsi; a detta di Hagrid quella foresta doveva essere piena di
creature
magiche: unicorni, centauri, lupi mannari “Ed
anche mostruosi ragni giganti.” ricordò
a se stessa, ma per il momento
nessuno si era fatto vivo.
Accadde
poco dopo: uno scoppio molto forte, come un petardo. Oleander
balzò in piedi,
aggrottando la fronte. Il fumo, che fino a quel momento era rimasto
sospeso
sopra il collo dell’ampolla a roteare su se stesso in pigre
volute, si disperse
in mille rivoli sempre più piccoli e sottili, fino a
scomparire del tutto.
Prima
di riuscire a capire che cavolo stesse succedendo, udì un
sibilo e si piegò
velocemente per evitare due pietre lanciate a tutta
velocità, dopodiché dovette
mettersi a correre per sfuggire ad un grosso masso che la inseguiva
"Aguamenti!" lo innaffiò a dovere per renderlo inoffensivo.
Persino
il terreno le volò addosso, cercando di accecarla "Protego!"
Si
appoggiò al tronco di un albero per riprendere fiato.
Sentì qualcosa di viscido
colarle sul collo ed insinuarsi sotto il vestito e lo toccò
con una smorfia di
disgusto: era il liquido del vaso.
Alzò
lentamente lo sguardo e vide che quella cosa colava da tutte le parti:
dalle
punte degli aghi degli abeti, dalle pietre, fuoriusciva dal terreno.
Deglutì
nervosamente: quello era proprio un bel casino! Qualcosa
saettò verso di lei,
un attimo dopo sentì due dolorosissime punture sul polpaccio
sinistro e si
rifugiò dietro il tronco, mentre sentiva altre di quelle
cose conficcarsi nella
corteccia, facendone schizzare via alcuni pezzi.
Cautamente
si toccò il polpaccio e ne estrasse due schegge insanguinate
"Che
male!" mormorò. Ripulì i due frammenti e si
accorse che erano di porcellana,
bianca, sulla quale si intravedevano brandelli di disegni dorati. “Il vaso... il vaso è esploso,
è andato in
pezzi!” pensò, ma non ebbe il tempo di
lasciarsi prendere dal panico,
perchè dovette scansarsi e cercare un altro riparo,
perchè quello venne
investito da numerosi dardi bianchi, mentre il liquido del vaso, senza
più
alcun contenitore, galleggiava nell'aria come una nebbiolina leggera;
lo
attraversò coprendosi gli occhi con un braccio, ma non
potè evitare di
respirarlo ed inghiottirlo: se l’odore non era buono, il
sapore era cento volto
peggio, le sembrava di aver mangiato un pezzo
dell’imbottitura di un vecchio
divano polveroso.
Oleander
si difendeva con una serie di Aguamenti, Protego ed Impedimenta, ma era
ben
consapevole che per risolvere il problema alla radice serviva ben
altro.
Raggiunse un punto della foresta che sembrava ancora incontaminato col
fiato
corto; si rese conto che stringeva ancora i due frammenti di ceramica
che si
era estratta dalla gamba. Guardando il materiale poroso che aveva
assorbito il
suo sangue, capì.
Il
fatto che il vaso di Pandora fosse uscito da Schloss Berth senza
problemi.
Il
fatto che la barriera di suo padre non avesse rilevato
l’intrusione di alcuna
forma vivente.
Il
fatto che il ladro sembrava non avere alcun tipo di obiettivo, colpendo
a
casaccio.
Il
fatto che nessuna persona sospetta fosse mai stato avvistata vicino ai
luoghi
degli attacchi.
"Non
c'è nessun ladro. Non c'è mai stato." le
sfuggì una risatina nervosa e
isterica, pensando al fatto che, per sei mesi, aveva dato la caccia ad
un
fantasma.
Dopo
tutti quei secoli lì dentro, il liquido aveva corroso e
penetrato lo stato
impermeabile della ceramica, impossessandosi del vaso stesso. "In
pratica
il vaso si è rubato da solo. Che piccolo vasetto
dispettoso!" Si figurò il
vaso che, stanco di restare in bella mostra nella sua teca a Schloss
Berth,
levitava con grazia fino alla finestra, l’apriva e si dava
alla fuga: via,
verso la libertà! Oh, avrebbero dovuto disegnarci delle
primule rosse su quella
ceramica. La cosa le sembrava oltremodo comica e non riuscì
a trattenere le
risate.
Probabilmente
il vaso aveva usato il liquido magico contro tutti quelli che gli si
erano
avvicinati, nel timore che lo riportassero indietro "Non erano tutti
inseguitori, stupido d’un contenitore! – altre
risate convulse – D’altronde è
solo un vaso, mica una calcolatrice od una scacchiera, non poteva avere
chissà
quale mente sopraffina. Chissà se è ancora in
garanzia? Beh, comunque io
l'avrei costruito molto meglio!" e poi fu colta da un nuovo attacco di
risa irrefrenabili. Una parte di lei sapeva che non era normale, che
non c'era
nulla da ridere, ma Oleander non l'ascoltò, continuando a
sghignazzare per un
bel po' ed alla fine le venne pure il singhiozzo. “Forse
è solo la tensione che hai accumulato in questi mesi e la
sorpresa per il modo semplicemente idiota in cui si conclude la
vicenda.”
disse a se stessa quando riuscì a calmarsi. Dal fondo del
bosco provenivano
rumori e scricchiolii: se un'intera parte di foresta si fosse animata,
sarebbero
stati guai seri.
Riprese
la concentrazione: occorreva un nuovo contenitore e con una certa
urgenza.
Gettò
tutto attorno degli incantesimi Impedimenta per avere più
tempo, si tolse la
piccola borsa che portava a tracolla, la aprì e la
rovesciò a terra: uscì una
quantità di materiali ed oggetti tripla rispetto alla
dimensione della sacca.
Oleander li selezionò velocemente, con aria professionale:
argilla nera, sabbia
del deserto dei Tartari, acqua di iceberg antartico e resina di alga
nori per
il nuovo vaso mischiata a polvere di ossidiana mogano per bloccare la
negatività del liquido e poi fluorite per il coperchio ed il
sigillo. Lavorò
con destrezza, ripetendo gesti consueti, senza ombra di incertezza,
ignorando
completamente gli schianti e gli stridii che si avvicinavano alle sue
spalle ed
in breve ebbe tra le mani un nuovo vaso. Non era bello come il fine
contenitore
che aveva fatto bella mostra di sé nella sala dei tesori di
Schloss Berth, al
confronto era grezzo, bitorzoluto e storto, ma la ragazza era certa che
non
avrebbe più dato problemi. Ora tutto stava nel riuscire a
rinchiudere il
liquido là dentro. Si voltò nella direzione dalla
quale provenivano i rumori;
ebbe un capogiro e la vista le si annebbiò per un istante,
così intravide
soltanto una forma indefinibile, composta da un agglomerato di tronchi
d’albero
spezzati, pietre e terriccio tenuti insieme da quel liquido malefico
avanzare
verso di lei. Si sfregò gli occhi con il dorso della mano
cercando di rimettere
a fuoco il mondo attorno “Sei solo
stanca, perché non sei abituata ad usare così
tanti incantesimi in una volta
sola.” Ora però doveva fare un ultimo
sforzo: strinse il vaso al petto, lo
toccò con tre tocchi di bacchetta magica e recitò
ad alta voce:
“Libero
e senza
forma non puoi restare,
i tuoi
danni sono
decisa a bloccare!
Per sempre
in
questo magico vaso sarai rinchiuso,
il tuo
vagare per
il mondo si è qui concluso!
Dei
progenitori
invoco la forza ed il coraggio:
sostenete
la mia
mano ed armate il mio braccio!”
Oleander
tese il vaso aperto avanti a sé e le gocce del liquido,
prima sporadicamente,
poi sempre più numerose, vennero attirate
all’interno del contenitore, come se
si trattasse di un potente aspirapolvere. Quando tutto il liquido fu
entrato,
Oleander lo tappò, sigillandolo con la fluorite. Aveva il
fiato corto e le era
scoppiato un mal di testa terrificante, tuttavia provò un
senso di trionfo
sollevando il vaso sopra la testa “Ti ho preso,
bastardo!” ridacchiò. Fece per
muovere un passo, ma le parve di inciampare in qualcosa e cadde; il
vaso le
sfuggì dalle mani e cadde, ma non si fece il minimo danno
“Visto? Visto? –
rideva con una strana luce negli occhi – lo dicevo che il mio
era migliore.” Prese
a sghignazzare in maniera scomposta, ma questa volta capì
che qualcosa non
andava, non si stava comportando da persona normale e solo con un
grande sforzo
riuscì a smettere, anche perché adesso iniziava a
provare una certa
inquietudine. Guardò verso i suoi piedi, per capire in cosa
avesse inciampato,
ma lì non c’era proprio niente. Provò a
muoverli, ma le sue gambe scalciarono
un paio di volte come un cavallo imbizzarrito e poi non si mossero
più. Le dita
delle mani le pizzicavano ed erano addormentate ed intorpidite, come se
la
circolazione del sangue non funzionasse più a dovere. Il mal
di testa si fece
lancinante, impedendole di pensare e respirare le divenne estremamente
difficile, come se sul torace qualcuno le avesse poggiato un masso di
diverse
tonnellate.
Un’ombra
di realizzazione avanzò nella nebbia della sua testa
dolorante: veleno, quasi
sicuramente. Il liquido era velenoso e lei ci aveva praticamente fatto
il bagno,
lo aveva respirato, lo aveva inghiottito e quando le schegge
l’avevano ferita,
era entrato in circolo nel sangue.
Uno
degli ultimi pensieri lucidi che ebbe fu che quel deficiente di
antenato che
aveva sigillato il vaso avrebbe dovuto avvisare che il contatto
prolungato con
il liquido era letale, invece di preoccuparsi dell’estetica
del contenitore.
Poi
le forze la abbandonarono: provò ad invocare il nome di
Severus, ma produsse
solo un flebile lamento e perse conoscenza.
Dopocena
Harry, Ron ed Hermione bussarono con insistenza alla porta della camera
di
Oleander, senza ottenere alcuna risposta. “Non è
ancora tornata, è tardissimo.
Ho paura che le sia successo qualcosa.” Il ragazzo dagli
occhi verdi era
preoccupatissimo ed il suo stato d’animo aveva contagiato
anche i suoi amici:
al diavolo i rimproveri e le punizioni. “Hai ragione Harry,
dobbiamo dirlo a
qualcuno.” Disse Ron. Ma chi? Il solo pensiero di dover
affrontare Silente
gettava Harry in uno stato di profonda vergogna. Con la professoressa
McGranitt
sarebbe stata dura ugualmente e Silente lo avrebbe scoperto lo stesso,
ma forse
era meglio. Hermione si voltò e soffocò un grido
di spavento: alle loro spalle
era arrivato, silenzioso come sempre, il loro professore di pozioni
“Dire cosa
a chi, signor Weasley?” chiese in un sibilo.
Piton
si era svegliato da poco, prima aveva riferito del suo incontro con
Voldemort a
Silente e poi era andato a cercare Oleander: aver visto Potter ed i
suoi
amichetti del cuore davanti alla sua stanza lo aveva irritato, ma aver
colto
quella frase lo aveva reso inquieto.
Harry
lo guardava storto: di tutti i professori Piton era certamente
l’ultimo con cui
ne avrebbe parlato, poi però le venne in mente,
chissà perché, una frase che
aveva detto Oleander subito prima delle vacanze di Natale: “Dovreste concedergli una
possibilità, perché lui… potrebbe
sorprendervi.” Il ragazzo ne dubitava fortemente,
ma la loro amica poteva
essere in pericolo “Si tratta di Oleander: è
andata nella Foresta Proibita ad
inseguire il ladro del vaso di Pandora, ma sono passate diverse ore e
non è
ancora tornata. Noi…”
Piton
in effetti lo sorprese, perché non perse tempo ad ascoltare
la conclusione del suo
racconto e corse via. Raggiunse i margini della Foresta e vide il suo
manico di
scopa; le parole di Potter si ripetevano nella sua mente come un disco
rotto: "Sono passate diverse ore…"
"Oleander!" Temeva di non riuscire a ritrovarne le tracce, ma la
vernice luminosa prima e la devastazione degli alberi poi, furono
facili da
seguire. "OLEANDER!" gridò più forte, cercando di
ignorare la nota di
panico che si era insinuata nella sua voce. Non ottenne alcuna
risposta;
qualche altro metro e si rese conto che in quella foresta sembrava
essere
successo il finimondo: alberi schiantati e spezzati, zolle rivoltate e
un lungo
e profondo solco che si inoltrava sempre più nel fitto del
bosco. E poi la
vide: lì, sdraiata a terra a faccia in giù,
immobile, un vaso stretto fra le
mani.
Tutto
sembrò fermarsi, congelato in un gelido istante, il mondo
smise di girare, il
suo cuore smise di battere, il terrore di averla persa, di dover
continuare a
vivere senza di lei, gli impedivano di muoversi. Chiuse gli occhi, come
a voler
cancellare quell’immagine. Quante volte, quando era un
Mangiamorte aveva visto
persone a terra così, prive di vita? La cosa gli era sempre
scivolata sopra,
senza che provasse nulla. Ma adesso non riusciva a muovere un passo,
impietrito
dall’angoscia.
"Non
sei più l'uomo che eri in
passato, Severus."
Il
ricordo di quelle parole, del suo volto sorridente lo scossero dal
torpore:
corse verso di lei e la voltò. Era inerte, molle, ma ancora
calda. Le prese una
mano con l’intento di tastarle il polso, quando vide delle
strane macchie sulla
pelle: dalla punta di ogni dita si irradiavano verso il braccio delle
linee
verde scuro, come dei brutti tatuaggi. Anche l'altro braccio era uguale.
Veleno,
senza alcun dubbio. La lucidità ebbe velocemente il
sopravvento sul panico
dell’uomo: ne riconobbe all’istante il tipo e la
natura e la sua mente già
elencava gli ingredienti per un antidoto appropriato.
Le
linee si stavano espandendo sempre più verso il centro del
suo corpo e se
avessero raggiunto il suo cuore...
"Non
lo faranno, non lo permetterò.” La
sollevò con facilità tra le sue braccia;
quando la testa di Oleander ricadde all’indietro ciondolando,
nuovamente un
soffio gelido di terrore gli attraversò la mente, ma si
sistemò meglio la donna
tra le braccia e le sussurrò piano ad un orecchio
“Adesso sarò io a prendermi
cura di te, resisti solo un altro po’."
La
portò direttamente nel suo laboratorio, la sdraiò
su un tavolo, buttando a
terra con furia tutto ciò che si trovava sopra per farle
spazio e si mise
immediatamente a preparare un antidoto, dosando e mescolando con
sapienza gli
ingredienti nel calderone, lanciandole di quando in quando occhiate
preoccupate.
Un'ora dopo era pronto: pregava con tutto il cuore di essere ancora in
tempo;
le sollevò la testa e fece scivolare alcune gocce di liquido
ambrato nella sua
bocca. Con sollievo vide le macchie del veleno sul suo corpo
impallidire
progressivamente fino a scomparire del tutto.
Oleander
spalancò gli occhi di scatto, inspirando aria violentemente,
ritrovandosi a
fissare un soffitto scuro, smarrita. "Calmati, respira normalmente."
Severus entrò nel suo campo visivo e la ragazza
fissò lo sguardo interrogativo
su di lui.
"Il
liquido... il vaso... io ne ho fatto un altro, ma poi... cosa...? Non
ricordo..." mormorò parole confuse, ma Severus la
rassicurò: "Sei
stata avvelenata da quel fluido. Ma sei riuscita ad imbottigliarlo di
nuovo."
le mostrò il suo vaso in un angolo del laboratorio.
"Mmh...
ora ricordo, credevo di essere morta..." si mise a sedere e
scrollò la
testa, ancora leggermente intontita.
"Con
un esimio professore di pozioni a prepararti un antidoto? Mi offendi!"
cercò di scherzare lui, nonostante lo spavento che
s’era preso.
Oleander
lo guardò, era sul punto di ribattere con una solita battuta
delle sue, poi fu
colpita da una realizzazione e restò a guardarlo, sulle
labbra un sorriso che
si allargava sempre più “Hai visto?”
chiese infine.
“Cosa?”
“Mi
hai salvato la vita. Non è vero che sai solo fare del
male.”
Severus
l’abbracciò forte, di slancio, la fronte
appoggiata sulla sua, il respiro di
lei a solleticargli il volto, felice di sentirla viva, di sentirla sua.
Oleander, la donna che gli aveva teso la mano, sottraendolo a forza
alla sua
cupa solitudine. Le difficoltà non erano finite, anzi,
dovevano ancora
iniziare, ma ora un rinnovato vigore animava l’uomo, nuove
motivazioni lo
spingevano a portare a termine ciò che aveva promesso ad
Albus. Per un futuro
diverso anche per lui. Forse. Le incognite erano tante… ma
in quel momento non
voleva pensarci, voleva solo godersi la sensazione di lei contro il suo
corpo.
La sentì muoversi nel suo abbraccio e seppellire il viso
nell’incavo della sua
spalla.
Il
corpo di Severus era caldo, solido, confortevole… Oleander
pensava che aveva
trovato un uomo unico sotto tutti i punti di vista: sarcastico fino
all’eccesso, a volte ombroso e impenetrabile, ma anche
passionale al di là di
quella maschera di ghiaccio che amava mostrare al mondo intero, forte
nel
sopportare il suo fardello di colpe, coraggioso nella sua missione di
spia. Era
intelligente e, a suo modo, bellissimo, con quegli occhi penetranti che
ti
attiravano inesorabilmente come buchi neri e quei sorrisi ambigui che
potevano
voler dire qualsiasi cosa. Non sarebbero state tutte rose e fiori,
però, lo
sapeva bene! In molte cose erano agli antipodi: lei impulsiva,
accendeva il
cervello solo a metà dell’opera, lui calmo e
lucido anche nelle situazioni più
convulse, una cosa che le infondeva sicurezza incredibile, ma sapeva
anche
farla esasperare. Ci sarebbero state ancora scintille tra di loro e
litigate,
ma andava bene così: pian piano stavano trovando un
equilibrio tra il rispetto
e le baruffe. “Chissà se
tra molti anni
saremo come Angela ed Arthur, i due ritratti?”
l’idea la fece sogghignare
silenziosamente e menomale che in quel momento lui non le stava
leggendo nel
pensiero.
Severus
le accarezzava dolcemente la schiena e le spalle “Dovevi
avvertirmi, sarei venuto
con te.” le disse piano, senza un vero tono di rimprovero.
“Lo
so, non ci ho pensato, scusami.” Sprofondò ancora
di più il viso nel suo petto,
poi, a riprova del fatto che metteva in moto i neuroni a scoppio
ritardato,
solo in quel momento si rese conto di una cosa ed esclamò un
“Oh!” leggermente
allarmato.
“Cosa
c’è?” le chiese Severus, sciogliendola a
malincuore dall’abbraccio. Oleander si
morse le labbra, incerta su come affrontare la questione
“Promettimi che non ti
arrabbi.”
L’uomo
aggrottò la fronte “Non capisco, perché
dovrei arrabbiarmi?”
“Promettilo.”
insistette.
“D’accordo.”
rispose lui, poco convinto.
“Hai
per caso visto Harry, Ron ed Hermione? Stavano bene?”
“Sì
– Severus la guardò sospettoso –
perché?”
“Nulla,
nulla – minimizzò Oleander, lisciandogli una piega
dell’abito – solo un
marginale… marginalissimo coinvolgimento nel mio ultimo
inseguimento, però…”
“Potter!
– il nome gli rotolò fuori dalla bocca con una
smorfia di disgusto, come se
stesse parlando di uno scarafaggio gigante – Ci avrei giurato
che era
invischiato in questa faccenda.”
“Non
hanno fatto niente di male: Hermione è stata trascinata
nella Foresta e loro
due volevano aiutarla, ma sono riuscita ad allontanarli tutti e tre in
tempo.
Volevo solo sapere se erano tornati sani e salvi al castello. Visto che
è così,
direi che non è successo niente.”
“Quest’anno
Grifondoro può scordarsi di vincere
“Dovrei
avere un motivo valido, più che valido per farlo.”
mormorò, ad un soffio dalle
sue labbra, deliziato dalla piega che stavano prendendo gli avvenimenti.
“Mmh…
vediamo che si può fare.” rispose lei con un
sorriso ammiccante e lo baciò con
passione, in un umido strofinio di labbra e lingue, respiri affannati,
languidi
mugolii di piacere e mani che percorrevano i corpi.
“Temo
che dovrai impegnarti molto più di
così.” disse Severus dopo un po’, col
fiato
corto, mentre la liberava dalla camicetta con uno sguardo trionfante.
“Ai
tuoi ordini.” sussurrò la donna sul suo orecchio,
mentre gli sbottonava l’abito
con impazienza.
Severus
la spinse giù sul tavolo e poi quella notte non pensarono
più a nulla: né a
Potter e ai punti di Grifondoro, né ai parenti assillanti,
né a Voldemort.
Ci
furono solo loro due, Severus ed Oleander, persi nella loro passione.
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Questa
è la conclusione della storia vera e propria, il prossimo
capitolo sarà un
epilogo che non aggiungerà molto, anche se in un certo senso
era doveroso. Modificherò
l’epilogo per rispondere ad eventuali recensioni.
La
storia del vaso posseduto dal liquido stesso che conteneva non mi
è venuta
subito, ma mentre ero a metà della scrittura della storia,
quando mi accorsi (pure
io accendo sempre i neuroni a metà strada -_-) che se avessi
dovuto introdurre
un ladro, avrei pure dovuto dargli delle motivazioni per il furto.
Così, dato
che in effetti non avevo mai mostrato nessun ladro, ho usato questo
escamotage.
@MistralRapsody:
grazie! Anche se compare poco, ci tenevo a rendere bene Lord Voldermort.
@Arabesque:
spero che il finale di questo capitolo mi riscatti
dall’essere una donna
crudele!