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Autore: kjria91    29/12/2012    2 recensioni
Quinta classificata al “Clessidra Contest” indetto da Dominil B.
Mi sono informata prima di scrivere questa storia su date e nomi, ma ho descritto di mia fantasia come sono andate le cose. Ho fantasticato sulla vita privata di Rotrude, figlia di Carlo Magno. Racconterò in prima persona, o meglio Rotrude racconterà in prima persona la sua vita (tra corte, amori, famiglia, figli e violenze) prima di spegnersi per sempre. La principessa del grande impero, che una vita proprio principesca non ha avuto. Morta ad appena 35 anni. Naturalmente ambientata e raccontata secondo gli usi e i “modi di fare” dell’epoca.
Spero di avervi incuriosito. Una storia che vi toccherà il cuore.
Quattro capitoli più epilogo.
Diciamo che parlerò solo dei personaggi di maggior spessore, e non ti tutti i 500 figli(?) di Carlo Magno o dei 10 e più fratelli di Rotrude o dei suoi (così leggo per internet) cinque figli. Racconterò solo dei più importante ai fini della mia storia. Buona lettura :)
Genere: Sentimentale, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Capitolo II

 

Il matrimonio non ebbe luogo, mio padre all’ultimo momento decise di non farmi più sposare con Costantino, non so per quali motivi.

-Non ti riguarda- mi rispose solamente, come se non fossi io quella che doveva sposarsi, ma non mi importò, non avevo mai visto Costantino in vita mia, ne avevo soltanto sentito parlare...e anche di sua madre Irene, l’imperatrice. Credo che ci sia stata lei dietro tutto questo, è sempre stata una donna molto ambiziosa e suo figlio ha sempre dipeso da lei, su tutto. Non sarebbe cambiato nulla per me. Tranne per una cosa.

Quando mia madre mi disse che non avrei potuto più far ritorno nella mia vecchia dimora mi crollo il mondo addosso, non avrei più rivisto i miei fratelli, e non avrei più rivisto lui, il mio piccolo Ludovico.

 

“Sei  adulta ormai” disse mia madre allora. I miei genitori così decisero di mandarmi in una villa poco lontana, nei pressi della campagna a nord.  Certo continuavo a condurre una vita molto lussuosa, ma non era lo stesso.

 

… … …

 

Trascorsero dodici anni, molti per la vita che conducevo. Anche se i passatempi non mancavano, tra esercitazioni al piano, ricami e cucito, in cui divenni molto brava, mi mancava la mia casa, la mia famiglia, il mio piccolo fratellino.

 

Oramai correva l’anno 799. Mancava poco al mio ventiquattresimo compleanno.

Fu in quel periodo che conobbi l’amore della mia vita: Rorgone.

Un bellissimo uomo, alto, moro come me e dagli occhi verdi come smeraldi entrò un giorno nella mia dimora. Lavorava alla corte di mio padre, era il figlio di uno degli uomini più fidati dell’imperatore. Ma non era un reale. Ci innamorammo al primo sguardo, ma non ci sposammo mai, mio padre si oppose fin da subito a questa nostra unione, però a me andava bene così. Divenni sua convivente e neanche un anno dopo nacque nostro figlio, Luigi.

Sarà stata la lontananza, la voglia di riabbracciarlo ancora una volta, ma più mio figlio cresceva e più assomigliava al mio piccolo fratellino, che piccolo più non era. Ormai aveva ventuno anni, ed era sposato con figli. Non ho mai capito perché i miei genitori mi abbiano diviso dagli altri, da lui, so solo che, ancora oggi rimpiango quei momenti felici insieme.

Più i giorni passavano e più avevo una grande tristezza nel cuore, se non fosse per una lieta notizia, un giorno, d’inverno se la memoria non m’inganna, Rorgone mi riferì che Ludovico ebbe la sua quarta bambina e che guarda caso la chiamò come me. “Allora non mi ha dimenticato” pensai.

La mia vita andava avanti, tra doveri e pochi piaceri, la convivenza con Rorgone non andò come avrei voluto. Ero succube del mio compagno, anzi schiava. Anche se è compito di noi donne amare senza riserve e senza chiedere nulla in cambio, arrivò il momento in cui, non ce la feci più e scappai da casa.

Era una notte fredda d’autunno, portai con me anche mio figlio Luigi, che ormai aveva cinque anni.

Con molte difficoltà riuscii ad arrivare al castello di mio padre, quand’era ormai l’alba passata. Eravamo affamati, vedevo la sofferenza di mio figlio sul suo piccolo volto. Avevo fatto bene a portalo con me? Non ci pensai.

Quando arrivai alle porte del castello, alcune guardie mi bloccarono, vidi sul loro volto sgomento quando capirono chi ero. Mi vergognai molto, ma non sapevo dove andare, quel castello era la mia vera casa, era lì che avevo trascorso i momenti più belli della mia vita.

Chiesi un’udienza. Mio padre si presentò quasi due ore dopo, come se fossi una popolana qualunque e non sua figlia. Quando mi vide mi squadrò dalla testa ai piedi con disprezzo.

-Cosa sei venuta a fare?-

Gli spiegai la situazione, gli chiesi ospitalità, ma non volle aiutarmi.

Mi disse solamente che era stato sempre contrario a quell’unione e che ora stavo pagando per quella scelta.

Che era un mio problema.

Non meritavo questo.

Non degnò di uno sguardo neanche suo nipote.

Quando chiesi di parlare con mia madre, mi disse semplicemente che era morta da più di  un anno. Mi sentii morire. Odiai mio padre con tutto il cuore. Mi aveva tagliato fuori dalla sua vita, dalla vita di mia madre e quella dei miei fratelli. Ero distrutta, arrabbiata, avrei cambiato le cose, non ero più disposta a vivere così.

Mi fece riportare a casa contro la  mia volontà. Come poteva farci questo? Come poteva voltare le spalle a me e a suo nipote, sangue del suo sangue, come?

 Mentre mi portavano via, invocai il nome di mio fratello Ludovico, solo lui poteva aiutarmi ormai.

  
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