Figlia della Notte
Capitolo IX
Appuntamento
in biblioteca
«Q |
ui! Forza, passa!»
Il vento le sferzava il volto,
costringendola a stringere gli occhi, impedendole così di vedere bene i suoi
compagni di squadra.
Un ciuffo biondiccio spuntò
improvvisamente alla sua destra, e con una manovra fulminea riuscì a passargli
la Pluffa appena in tempo, prima che Hadrian Macready riuscisse a strappargliela di mano. Bruce Jarrel
afferrò saldamente la palla e arrivato nei pressi dell’anello centrale tirò.
Dean Bellow si gettò verso la Pluffa e riuscì a
pararla con un colpo della mano, prima che essa riuscisse a sorpassare
l’anello.
Il fischio del capitano risuonò per
il campo e i componenti della squadra si avviarono verso il suolo, atterrando
poi con un lieve tonfo sull’erba. Rose atterrò poco lontano da Bruce, piantando
bene i piedi per terra e tenendo lo sguardo basso.
Rupert passò lo sguardo sui
ragazzi, mentre il viso gli si imporporava per l’indignazione. «Vi sembra
questo il modo di giocare?» cominciò.
Rose cominciò a sfregarsi
nervosamente le mani, guardando tutto fuorché il suo capitano.
«Se andiamo avanti così… possiamo
anche evitare di giocare la partita di sabato!» urlò.
Lo sguardo di Rupert si infiammò,
mentre percorreva velocemente i volti dei suoi compagni di squadra. Con uno
sforzo immenso cercò di calmarsi, stringendo i pugni per placare la rabbia.
«Avete tirato venti Pluffe in porta quest’oggi... e ditemi, quante ne sono
entrate?»
Rose sbuffò silenziosamente e si
costrinse ad alzare lo sguardo verso il ragazzo.
«Non lo sapete? No? Bene, ve lo
dico io quante sono entrate! Cinque! Cinque palle su venti!»
Kenneth Raine
alzò gli occhi al cielo e sbuffò alquanto sonoramente, tanto che Rupert dovette
guardarlo male. Il ragazzo si strinse nella spalle. «Possiamo per lo meno dire
che Dean è un bravo portiere…»
Rupert spalancò gli occhi. «Hai
anche il coraggio di fare battute, Kenneth?». Il ragazzo interpellato scosse la
testa amaramente e abbassò il capo, fissando con molta attenzione il manico
lucido della sua scopa.
Rivolgendosi al resto della
squadra, poi, Rupert continuò. «Che cosa avete intenzione di fare sabato?».
Sospirò profondamente e incrociò le braccia al petto, fissando i volti dei
compagni in attesa di una risposta. «È la prima partita dell’anno, e noi ce la
perdiamo così?».
Qualcuno nelle retrovie grugnì,
mugugnando qualcosa.
Rupert sospirò ancora una volta e
guardò in alto negli spalti, dove alcuni manifesti erano già stati appesi per
l’imminente partita. La gigantesca testa di un Grifone rosso e oro si
affacciava sul campo, guardandolo come per sfidarlo. Non potevano assolutamente
perdere la partita contro i grifoni, sarebbe stato un duro colpo per la squadra
delle serpi, e avrebbero deluso i loro compagni di Casa, rendendosi anche
ridicoli davanti ai loro più acerrimi nemici. Gli occhi gli si posarono sulla
piccola figura di Rose Dounby, mentre questa parlava sottovoce con il Battitore
della squadra, Adam Mulciber. Quella ragazza aveva fegato da vendere ed era
forse, tra tutti, una delle migliori. Rupert riponeva molta della sua fiducia
in lei e sapeva che non lo avrebbe deluso. Il problema era che era molto
piccola e esile, e sapeva che i giocatori di Grifondoro l’avrebbero subito
presa di mira, riuscendo a impedirle i movimenti anche più semplici.
Sbuffò di rabbia, più a se stesso
che agli altri. Quell’anno aveva ricevuto la nomina di capitano e cosa stava
facendo? Stava portando la squadra sull’orlo del baratro. Si passò una mano sul
volto, stanco, cercando di pensare a un modo per tirare su la squadra.
Dopotutto era ancora lunedì, mancava ancora una settimana a sabato, potevano
ancora farcela. Socchiuse gli occhi e guardò ancora una volta la sua squadra,
soffermandosi sul volto di ognuno.
Poi, finalmente, prese una
decisione. «Basta, per oggi va bene così» mormorò.
I ragazzi lo guardarono
esterrefatti, pensando che stesse scherzando. «Ma come?» mugugnò Macready. «È solo un’ora che siamo qui…»
«Non mi interessa» ribatté aspro
Rupert, poi sorrise tetro. «Per oggi basta così. Ora tornerete tutti al
dormitorio e penserete a quello che avete fatto oggi. Voglio che pensiate a
quello che state facendo e che troviate un modo per migliorarvi. Dato lo scarso
impegno che avete dato oggi, ci ritroveremo qui, ogni giorno, per tutta la settimana,
alla stessa ora».
I lamenti si alzarono subito da
tutta la squadra, che guardava il capitano come se fosse impazzito.
Kenneth alzò lo sguardo verso il
coetaneo. «Ma sei impazzito? Tutta la settimana?»
Rupert annuì. «È la prima partita
della stagione e per lo più è anche contro Grifondoro. Non voglio assolutamente
perdere».
«Ma, Rupert, non esistiamo solo
noi… anche le altre squadre avranno prenotato il campo…» intervenne Bellow.
Rupert sogghignò ancora una volta.
«Non importa, vuol dire che ci alleneremo fuori nel parco…».
I ragazzi lo guardarono tutti
esterrefatti ma nessuno osò ancora replicare.
Rupert rimase ancora qualche
secondo, aspettando che qualcuno dicesse qualcosa. Quando vide che nessuno
aveva più intenzione di proferire parola salutò tutti con un cenno della mano e
si avviò verso gli spogliatoi. I ragazzi si guardarono l’un l’altro, e poi lo
seguirono, sbuffando e brontolando ad alta voce.
Mulciber si affiancò a Rose e,
insieme, si avviarono verso il castello.
«Mi chiedo come faremo questa settimana…»
cominciò il ragazzo.
«Già! Con tutti i compiti che ci ha
dato la McGranitt e il tema per Lumacorno, non so proprio come faremo» sospirò
Rose avvilita.
Mulciber la guardò divertito. «E tu
ti preoccupi per i compiti?». Poi, allo sguardo interrogativo di Rose continuò
«per quelli ci sono sempre Severus e Sophie…».
Rose sorrise e scosse la testa.
Dubitava fortemente che Sophie le avrebbe concesso di usufruire dei suoi
compiti, soprattutto considerando la situazione in cui la ragazza si trovava in
quel momento. Sapeva per certo che non sarebbe proprio riuscita a combinare
proprio un bel niente con l’amica quella settimana, non se c’era la rossa di
mezzo.
***
Lily Evans sedeva sulla poltrona di
velluto rosso, davanti al caminetto rigorosamente acceso della sua Sala Comune.
Le fiamme scoppiettavano allegre, mandando bagliori sul suo volto, mentre gli
occhi verdi scorrevano velocemente le parole scritte sulla pagina del libro di
pozioni.
La ragazza si interruppe e sbuffò,
poi chiuse con uno scatto il libro. Tanto era inutile, non sarebbe mai riuscita
a concentrarsi, non in quello stato. Rivolse lo sguardo alla finestra di fianco
a sé, e scrutò con apprensione il buio oltre il vetro. Al posto di concentrarsi
sul paesaggio esterno, però, si soffermò a guardare il suo riflesso.
«Ehi, Lily!»
La rossa si girò di scatto verso
colei che l’aveva chiamata. Marlene e Mary erano in piedi, una affianco
all’altra, e guardavano Lily speranzose.
«Vieni con noi a studiare in
biblioteca?» chiese la prima.
Lily sorrise tristemente, poi
scosse la testa. «Mi dispiace, ma oggi non posso…»
Mary sbuffò «Ti prego, non dirmi
che devi ancora stare con i Serpeverde…»
Lily arrossì lievemente e annuì
piano con la testa.
«Ma poi cosa ci trovi di tanto
interessante in quella?»
Lily tornò a guardare il suo
riflesso nel vetro. Già, cosa ci trovava di speciale nella giovane serpe? Tutte
le volte che ci pensava si sforzava di pensare che fosse soltanto perché era
amica di Severus. Dopotutto era lui che ci teneva tanto a farle andare
d’accordo. Però poi ci ripensava e si accorgeva che in fondo non era così. Si
ricordava la prima volta che si erano guardate negli occhi, il primo giorno sul
treno. Era bizzarro, ma in qualche modo si era sentita strana in quel momento,
come se in qualche modo si fossero legate improvvisamente. Poi, ogni volta che
si insultavano a vicenda, Lily se la prendeva sempre, come se ci tenesse a
ricevere un giudizio positivo dalla ragazza.
«Va bè, sarà per un’altra volta, è
Lily?»
La Evans tornò a guardare le sue
due compagne di stanza e sorrise debolmente. «Certo, la prossima volta non
mancherò, promesso». E, mentre le due amiche se ne andavano, Lily sperò con
tutta sé stessa che andasse veramente così.
***
«Sophie Stones»
La ragazza alzò lo sguardo di
scatto dal libro che stava leggendo e lo posò sul giovane che le stava davanti.
Rabastan Lestrange la fissava con
gli occhi socchiusi, quasi a voler imparare a memoria i tratti del suo viso.
Sophie aprì la bocca stupita,
mentre il ragazzo spostava la sedia e si sedeva di fronte a lei al tavolo,
poggiando al suo fianco un paio di libri scolastici. «E così tu sei la ragazza
che ha dato del filo da torcere a Lucius Malfoy l’anno scorso…» sorrise
Lestrange.
Sophie deglutì mentre il ragazzo le
sorrideva sinistro.
«Sei coraggiosa ragazza mia…
nessuno, e dico nessuno, in sei anni che lo conoscevo si era mai permesso di
parlargli in quel modo…» continuò. Sorrise ancora a Sophie, poi, notando che
lei lo guardava ancora stupita, inclinò la testa da un lato e la guardò
interrogativo. «Bé? Che ti prende?» Sophie si riscosse e arrossì lievemente.
«Sì, certo…» mormorò debolmente.
Rabastan continuò ad osservarla
curioso poi prese un libro dalla sua pila e lo aprì con aria distratta. «Ti
dispiace se sto qui con te?» chiese, mentre cercava una pagina e cominciava a
leggerla.
Sophie rimase ancora più sorpresa
dalla richiesta del ragazzo e si chiese che cosa stessa veramente pensando
Lestrange nella sua testa. «No, non mi dispiace» rispose laconica.
Per tutto il tempo che ne seguì,
Sophie cercò inutilmente di concentrarsi sul suo libro di Difesa contro le Arti
Oscure, ma si accorse presto che la cosa risultava completamente impossibile.
Rabastan Lestrange sedeva composto al suo posto, leggendo silenziosamente le
pagine del libro, che ora Sophie sapeva essere di trasfigurazione. Non rivolse
più la parola a Sophie, ma si limitò a lanciarle qualche occhiata ogni tanto,
come ad assicurarsi che fosse ancora lì e non se ne fosse andata. A un certo
punto Sophie alzò lo sguardo verso l’orologio appeso sopra al camino della Sala
Comune e spalancò gli occhi stupita. Erano già passate le quattro, quando lei
avrebbe dovuto trovarsi in biblioteca alle quattro meno un quarto. Con lo
sguardo saettò dall’orologio a Rabastan, incerta sul da farsi. Poi cominciò a
raccogliere tutti i libri e li ripose tutti nella borsa. Lestrange, accortosi
dei movimenti della ragazza, aspettò che questa finisse poi alzò lo sguardo dal
suo libro e lo posò su di lei. «Te ne vai di già?» sorrise.
Sophie annuì e si strinse nelle
spalle. «Sì, e mi sono anche accorta di essere in ritardo» mormorò.
Rabastan sorrise e annuì. «Bè,
allora ciao. E grazie per la compagnia».
Sophie lo salutò di rimando e si
avviò verso il muro di uscita della Sala Comune. Pochi passi prima di uscire,
però, le venne in mente una cosa e si fermò. Si voltò nuovamente verso il
ragazzo, ancora seduto al tavolo e intento a leggere.
Di certo doveva aver fatto la
figura della stupida. Lei, che era riuscita a rispondere a Malfoy, si era
comportata come una ragazzina timorosa con Rabastan Lestrange. Guardò
attentamente il ragazzo, approfittando del fatto che lui non la vedesse. Era un
bel ragazzo, dopotutto. Ricordò la prima volta che ci aveva parlato, al primo
banchetto in Sala Grande perla cerimonia dello smistamento. Sapeva di aver
fatto colpo fin da subito con le sue conoscenze sulle Arti Oscure. E in fondo
era proprio questo che voleva: far vedere a tutti chi fosse veramente. Sorrise
al pensiero di quello che avrebbero detto Malfoy e la sua banda se avesse
rivelato il suo segreto. La cosa era pressoché molto buffa: Sophie sapeva
qual’era il segreto che univa Rabastan Lestrange, Lucius Malfoy e tutta la ex
banda, ma loro non sapevano il suo.
Accarezzò distrattamente la
spallina della borsa dei libri ripensando a quel lontano giorno d’estate. Se
solo avessero saputo che lei era lì, ad osservare Lucius Malfoy unirsi alla
setta. Ricordava come se fosse stato il giorno prima l’espressione a tratti
terrorizzata del biondo quando era entrato nella stanza. E ricordava di aver
sorriso alla sua espressione. Lei non aveva paura.
Alzò fieramente lo sguardo verso il
ragazzo che sedeva poco lontano e si avvicinò nuovamente, ignorando il battito
del cuore che accelerava nel suo petto e l’orologio in fondo alla parete che le
ricordava quanto fosse già in ritardo. Ma non aveva importanza, la sua
reputazione era molto più importante di uno stupido appuntamento in biblioteca.
«Ehm… scusa una cosa» mormorò.
Rabastan alzò lo sguardo, sorpreso
di vederla ancora lì di fronte a lui.
Quando Sophie fu certa di aver
ricevuto la sua attenzione gli sorrise cordiale. «Sei il fratello di Rodulphus Lestrange, vero?».
Il ragazzo annuì piano, cercando di
capire che cosa volesse veramente la ragazza.
Sophie sorrise ancora. «Quindi sei
il cognato di Bellatrix Lestrange, giusto?»
Rabastan la guardò storto e annuì
nuovamente, serio. «Perché me lo chiedi?» disse poi.
Sophie si strinse nella spalle.
«No, niente. Era tanto per sapere se anche tu ti unirai a loro quest’estate…».
Detto questo si girò verso l’uscita e andò al suo appuntamento in biblioteca,
lasciando un Rabastan Lestrange immobile e pallido nella Sala Comune di
Serpeverde.
***
Un sedia si spostò rumorosamente,
ricevendo un’occhiataccia da Madama Pince, e una trafelata Sophie si sedette
ansimando al tavolo della biblioteca.
«Alla buon’ora!» esclamarono
all’unisono Lily, Severus, Rose, Avery e Mulciber. Sophie lì guardò male,
mentre tirava fuori a fatica i libri dalla borsa, poggiandoli sul tavolo già
ingombro di pergamene, piume e altri libri.
«Cominciavamo a pensare che non
saresti più venuta…» sorrise Lily, e ricominciò a ricopiare alcune frasi del
libro sulla pergamena che aveva davanti.
Rose guardò interrogativa Sophie, e
quest’ultima intuì che volesse sapere il motivo del suo ritardo. «Non ora» si
limitò a rispondere.
«Molto bene!» si intromise Severus.
«Mentre non c’eri abbia mo iniziato a svolgere i compiti per la McGranitt, dato
che anche Lily ce li ha uguali a noi. Se ti concentri so che riesci facilmente
a recuperarci…»
Sophie sorrise trionfante. «Non vi
preoccupate, sono arrivata già a metà tema prima».
Mulciber e Avery la guardarono
stupiti, alternando lo sguardo con le loro quattro righe di tema che erano
riusciti a fare in quella mezz’ora. «Ma come fai?» chiesero sconsolati.
Sophie sorrise di rimando e riprese
a ragionare sul suo tema, ignorando gli sguardi ammirati degli amici.
Il tempo trascorse veloce, tra
compiti, risate e quant’altro. Prima che i ragazzi potessero accorgersene il
cielo oltre le finestre si fece nero pece e l’orologio della biblioteca
rintoccò le sei del pomeriggio. Rose scattò in piedi, riordinando le sue cose
furiosamente.
Gli altri ragazzi la guardarono
interrogativi, mentre anche Mulciber sembrava avere improvvisamente fretta.
«Ve ne andate?» chiese Severus
tristemente.
Rose annuì velocemente, mentre
Mulciber si prese la briga di rispondere. «Williams ha deciso di allenarci
tutti i giorni».
«Tutti i giorni? Dovete proprio
averlo fatto arrabbiare…» mormorò Sophie.
«Ma oggi il campo di Quidditch è
dei Grifondoro!» esclamò Lily.
I Serpeverde la guardarono storto e
la ragazza abbassò lo sguardo, arrossendo. Rose alzò un sopracciglio e si
rivolse alla rossa. «Pensi veramente che Rupert si faccia fermare da questo? Ha
detto che se il campo è occupato ci alleniamo nel prato di Hogwarts. Spero
vivamente che questo sia vietato, almeno posso tornare in Sala Comune e evitare
di prendermi un brutto voto in Incantesimi domani».
Avery si alzò e disse di voler
accompagnare il suo migliore amico al campo. Così i tre ragazzi salutarono e
uscirono dalla biblioteca. Rimasero solo Lily, Severus e Sophie, i quali
sembravano aver poca voglia di parlare tra loro e tennero le teste chinate sui
loro lavori per tutto il tempo.
Un’ora dopo Severus poggiò la sua
piuma sul tavolo e dichiarò di aver finito. Sotto lo sguardo stupito delle due
ragazze disse di voler andare a chiedere qualcosa a Lumacorno, e rifiutò di
farsi accompagnare da Lily, la quale prontamente gli offrì la sua compagnia.
Fu così che Sophie e Lily rimasero
da sole, una di fronte all’altra, senza parlarsi e senza osare alzarsi dal
tavolo e andarsene, per timore di dover salutare l’altra.
Alla fine, Lily raccolse il suo
coraggio da Grifondoro e smise di far finta di leggere, chiudendo il libro
davanti a sé. «Io avrei finito…» mormorò.
Anche Sophie chiuse il suo libro e
guardò la rossa. «Anch’io».
Si fissarono, occhi neri dentro
occhi verdi, poi Sophie si alzò e mise a posto le sue cose, seguita a ruota
dalla rossa. Quando ebbe finito Sophie salutò velocemente e fece per andarsene,
ma Lily la bloccò per un braccio. Si girò, osservando la ragazza interrogativa.
«Senti…» cominciò.
Si fermò un attimo, cercando le
parole adatte per parlare alla serpe, poi alzò lo sguardo verso di lei e la
affrontò, da pari a pari. «Io credo che Severus non dovesse chiedere proprio un
bel niente a Lumacorno».
Sophie capì dove la ragazza voleva
arrivare e si divincolò dalla sua stretta, guardandosi intorno preoccupata.
Poi, ignorando il senso di allarme che si era acceso in lei, la prese per mano
e la condusse fuori dalla biblioteca, lungo il corridoio e poi dentro un’aula
vuota, dove si chiuse la porta alle spalle. A quel punto fissò la rossa
dall’alto in basso, socchiudendo gli occhi. «Va avanti» disse poi, con una
smorfia dipinta sul volto.
Lily sentì il cuore cominciarle a
batterle forte nel petto, mentre le parole che ormai pensava da più di una
settimana si riversavano fuori dalla sua bocca. «Severus è nostro amico. Mi ha
chiesto di essere clemente con te, cosa che credo abbia chiesto anche a te, per
alcuni giorni e di provare a passare un po’ di tempo insieme. Credo che poco fa
se ne sia andato per darci modo di parlare, senza imbarazzo».
«Parlare?» disse scettica Sophie.
Lily strinse i pugni, cercando di
ignorare il tono per niente convinto di Sophie e si apprestò a continuare. «Sì,
parlare. Non so che cosa tu abbia in contrario ai Nati Babbani, e non so perché
tu mi possa odiare così tanto, anche perché non ti ho fatto nulla di male. So
che Severus vuole che noi due diventiamo amiche e so che in fondo lo voglio anch’io.
Severus è il mio migliore amico, e mi piacerebbe passare del tempo con lui
senza dover temere di vederti spuntare da un momento all’altro e doverlo vedere
nell’imbarazzo di scegliere ogni volta che sia io che te gli proponiamo
qualcosa». Si fermò un attimo, prendendo fiato. Chiuse gli occhi e mentre
acquistava sicurezza e il rossore sulle sue guance spariva, ricominciò.
«Voglio provare a essere tua amica.
Abbiamo molto in comune e potremmo passare proprio dei bei momenti insieme a
Severus. Io ho fatto lo sforzo di stare con voi Serpeverde oggi, perché ci
tengo veramente all’amicizia con Severus. Se anche tu ci tieni a Severus, non
puoi provare a farlo contento e essere mia amica? Ti chiedo di farlo per lui,
se non per te stessa».
Sophie guardava la rossa parlare,
con la testa completamente vuota. Le stava chiedendo di essere sua amica.
Quando Lily finalmente si fermò
rimase un attimo immobile, fissandola negli occhi sorpresa.
Lily guardò Sophie, mentre il nodo
allo stomaco le si scioglieva. Sorrise, contenta di ciò che aveva appena detto
e aspettò il verdetto di Sophie.
La ragazza Serpeverde spostò il
peso da un piede all’altro e guardò Lily come se fosse la prima volta che la
vedesse. «Io…» balbettò. Si sentì girare la testa e qualcosa le disse di girare
sui propri tacchi e andarsene, lasciando la rossa e le sue idee lì.
Qualcos’altro, invece, le disse di accettare. Poi guardò Lily Evans negli
occhi. Il verde acceso dei suoi occhi, così pieni di vita e speranza la colpì.
Si sentì accolta da quello sguardo. Per la prima volta in vita sua sentì che
poteva fidarsi di quella ragazza, sentiva che quello che le stava chiedendo era
possibile. Per la prima volta da quando la conosceva sentì di voler tentare di
essere sua amica.
«Va bene» decise infine, e quando
vide la rossa sorridere allegramente per quella sua risposta sentì il cuore
alleggerirsi.
«Solo per Severus» aggiunse, poco
convinta.
Lily sorrise, e le si avvicinò.
«Affare fatto, allora…» disse, tendendole una mano.
Sophie la strinse e sorrise alla Grifondoro.
Fu così, che tra le pareti di
un’aula vuota, persa nei meandri di un castello, nacque un’amicizia che si
sarebbe protratta a lungo nel tempo.
Sophie, non si pentì mai della
scelta di quel momento. Mai.
Angolo autrice:
Allora? Siete
stupiti? Ve lo aspettavate? Spero proprio di no, perché l’amicizia tra Sophie e
Lily doveva essere un po’ una sorpresa, una delle tante che vi riserverò in
questa storia :P
Allora sono riuscita
a mettere il nuovo capitolo finalmente.
Perdonatemi per
l’immenso ritardo ma tra scuola, Natale e quant’altro sono rimasta un po’
indietro con i tempi. Vi chiedo perdono e vi chiedo anche di avere un po’ di
pazienza. Adesso partirò per la montagna, quindi fino a venerdì 4 non
aggiornerò sicuramente. Spero solo di riuscire a scrivere qualcosa su in
montagna…
Ora vi saluto che
sono un po’ di fretta (vi dico anche che non l’ho riletto, quindi spero non ci
siano gravi errori). Ringrazio preferiti/ricordati/seguiti e Ginny_17 che si
preoccupa di recensire ogni capitolo :D (veramente grazie).
Mi piacerebbe sapere
anche il parere di qualcun altro, però XD
Arrivederci al
prossimo capitolo (questa volta veramente l’ultimo del secondo anno e vedremo
la tanto attesa partita da Grifi e Serpi),
Gageta98