Di
Disegni E Colori
A scuola, una
volta finiti i propri compiti per casa, la piccola Hinata disegnava.
Fortunatamente
erano pochissimi gli alunni che si fermavano dopo le lezioni per il recupero,
perciò lei, ottenuto il permesso della maestra, aveva sparpagliato diversi fogli
bianchi sulla cattedra, si era arrampicata sulla sedia e munitasi di matita,
gomma e penna stava occupando il proprio tempo in modo creativo.
Tra un'espressione
adorabilmente concentrata e una più distesa, era riuscita a raffigurare una
finestra aperta su un paesaggio innevato.
Un vaso di fiori
variopinti, che immaginava emanassero un buon profumo, proprio come quelli in
giardino.
Una grande casa,
circondata da alberi e rocce.
Poi aveva provato
persino a ricalcare le vignette di un libro illustrato, ma essendo una
principiante vi aveva subito rinunciato, accartocciando il foglio in questione.
Un altro conteneva
figure geometriche accennate, un altro ancora schizzi indefinibili e
scarabocchi, e nell'ultimo, quello su cui stava lavorando, cercava di ritrarre
una bambina come lei.
Capelli neri e
lisci come spaghetti, un taglio corto di dietro e due ciuffi lunghi davanti.
Visino tondo e
delicato.
Occhi chiarissimi.
Se avesse avuto il
tratto meno impacciato e incerto, sarebbe uscito sicuramente un bel ritratto e
magari suo padre avrebbe finalmente riconosciuto l'impegno che ci metteva.
Una risata da
birbante accompagnò l’entrata improvvisa di un bambino biondo, che correva
stringendo al petto il suo zainetto arancione.
“Naruto, torna
subito qui! Devi svolgere questo esercizio!” si sentì urlare da un’altra aula.
“No, non voglio!”
esclamò con decisione Naruto, aggirando svelto la cattedra sulla quale stava
disegnando Hinata. E avrebbe continuato a girare in tondo, se spostando il
gomito non le fosse scivolato uno dei suoi disegni.
Così si fermò,
piegandosi in avanti.
“Ehi, ma… ma sei
bravissima!”
Hinata sussultò:
non l’aveva fatto apposta, ma il suo stupore era così evidente e la sua
schiettezza così disarmante che il suo sguardo non si staccava più dal foglio a
terra.
La piccola arrossì
di rimando: era infatti la prima volta che riceveva un complimento sincero per
qualcosa che aveva fatto da sola.
“Gra…grazie!”
Saltò dalla sedia
e gli si affiancò timidamente. “Posso regalartene uno, se... se lo vuoi”.
A Hinata venne lo
strano impulso di rigirarsi i pollici delle mani, mentre parlava piano e a testa
bassa.
“Veramente? Oh...”
Naruto sembrò pensarci su, ma un attimo dopo rispose con un sorriso: “va bene.
Accetto, ma a una condizione!”
E in realtà la
condizione pensata dal vispo compagno poteva sembrare una scusa bella e buona
per sfuggire al proprio dovere, però vederlo intento a colorare con delle
tempere tirate fuori dal suo zaino non solo il disegno scelto ma anche tutti gli
altri, non dispiacque affatto alla dolcissima Hinata.
“Dovrebbero
pitturare anche i muri di questo posto!” sbottò a un certo punto, guardandola
con i suoi occhi celesti, grandi e belli. “Sarebbe meno brutto e triste, secondo
me”.
“Hai ragio-”
“Naruto Uzumaki!
Piccola peste che non sei altro!”
Trasalirono
entrambi.
“Ops… mi ero
dimenticato di lei, Iruka-sensei…” mormorò il piccolo.
Il maestro in
questione, un uomo solitamente gentile e paziente ma al momento tanto alterato,
aveva raggiunto l’aula e lo fissava torvo.
“Cosa stai
facendo?”
“Coloro!” replicò
Naruto con ovvietà, mentre Hinata non aveva il coraggio di intervenire e si
faceva piccola piccola per passare inosservata.
“Non fare il furbo
con me”, continuò Iruka, agguantando un foglio qualsiasi. “Tu disegni peggio di
così. Lascia che la tua compagna finisca di colorare da sola e torna
all’esercizio, o preferisci che lo dica ai tuoi genitori?”
“No a loro no!” si
lamentò. “E comunque, Iruka-sensei, quel disegno mi appartiene: Hinata-chan me
l’ha regalato, quindi posso colorarlo soltanto io!”
E mise su un
broncio ostinato e adorabile che fece sospirare il maestro, che si rivolse alla
bambina al suo fianco.
“Dunque è un
regalo?” le domandò con calma.
La piccola Hinata
giustamente annuì, perché era vero, Naruto non mentiva.
Il bambino sorrise
vittorioso, mostrando il pollice alzato a entrambi, sicuro di averla fatta
franca.
Un’ora dopo, alla
chiusura della scuola e dei suoi cancelli, il broncio offeso del bambino
dimostrava che non era servita a molto, la sua trovata. Iruka-sensei, dopo aver
verificato che Hinata avesse terminato i compiti, le aveva detto che poteva
andare a casa ed era rimasto a controllare sia che colorasse il disegno, sia che
svolgesse quel dannato compito di scienze.
“A proposito…
domani devo ricordarmi di ringraziarla!”
Si fermò apposta
per tirare fuori dallo zaino un libro, e dal libro un foglio colorato.
Raffigurava una bambina che le somigliava molto e non era stato difficile
riempirla dei colori essenziali.
Volse un’occhiata
all’edificio banale che chiamavano scuola e sorrise con una certa soddisfazione
e un’idea folle in testa: serviranno
tempere molto più grandi, però.
E quando le avrà
trovate, lo farà. Lui lo renderà un posto migliore per tutti i bambini come
loro.
“Naruto, cosa fai
lì impalato? Non vuoi tornare a casa?”
“Ma-mamma! Hai ragione, scusa,
arrivo!”
[AU -
814 parole]
*-*-*-*-*
Dedicata
a Roby, perche è sempre carinissima con me anche se non me lo merito
*___*
Dedicata
a Hinata e alla sua “crescita” nel manga *___* perché ho creduto da sempre in
lei e non mi ha mai delusa, neanche una volta.
Come
promesso, dopo una pausa lunghissima, torno ad aggiornare questa raccolta con un
nuovo e simpatico capitolo scritto senza troppe pretese (in fondo qui sono dei
bambini di 7-8 anni che si conoscono appena ^^), una semplice vicenda scolastica
con la partecipazione speciale di Iruka-sensei.
Spero
sia degno dei precedenti - anche se sicuramente passerò quasi inosservata (dopo
tutto questo tempo, non mi aspetto che tutti si ricordino di me ^^’) - e che ci
abbia preso con la caratterizzazione.
Alla
prossima! *inchino di scuse*
Rina