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Autore: Kaho    17/07/2007    6 recensioni
[Fanfic a quattro mani scritta da Kaho e Samy]
Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.
“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
[Main Couples Hermione/Ron, Harry/Ginny, Draco/Samantha. Altre: Remus/Tonks]
Questo è un'ipotetica fine di Harry Potter, e tutto ciò che vi è narrato è un'invenzione delle autrici, perciò non vi sono Spoiler del vero settimo libro. Se qualche elemento coincide, è un puro caso.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Past Legacy'
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Capitolo 12 – L’ultimo dei Black

 

 

“Sentiamo, allora” disse Harry con un vago tono ironico.

 

“Ora ti dirò dove trovare un Horcrux.”

 

*

Fuori dalla Tana

[Al Cospetto dell’Arazzo di Famiglia]

 

 

Harry lo osservava rigirarsi la bacchetta tra le dita. Infine Regulus serrò le labbra e si levò deciso.

 

“E’ tempo di distruggere un Horcrux… o forse anche due.”

 

“Perché mi vuoi aiutare?” chiese il giovane Potter marcando nella voce la sua diffidenza.

 

“Non è te che aiuto, caro Harry” rispose quieto Regulus lanciando un’occhiata vuota per la stanza altrettanto cupa e deserta “In questa tana, per me, ora, non c’è niente. E poi prima della mia presunta morte mi dedicai anima e corpo alla ricerca degli Horcrux e ora intendo finire il lavoro… o almeno portarlo avanti… perché qualunque cosa io faccia so che non potrò mai assistere alla fine dell’Oscuro Signore… prima dovrò perire io.”

 

Quella confessione accese l’interesse del ragazzo, ma Harry trattenne un singulto e la domanda imminente che desiderava porgli. Si limitò a seguirlo, mentre l’uomo avanzava per la stanza e oltre la parete magicamente camuffata e ondeggiante con movimenti rigidi ed esitanti.

 

Lo seguì fiducioso. Forse perché il suo aspetto rispecchiava la figura autoritaria e permeata di fiducia del suo amato padrino.

 

Giunsero entrambi alla soglia della casa, davanti a loro la sconfinata e deserta cittadina di Raven Corner. Regulus fissò contemplativo l’ambiente esterno, un’ombra calò sui suoi occhi scuri.

 

“Non appena varcherò questa soglia la Maledizione mi sarà addosso.”

 

“Perché vuoi venire anche tu, allora?” gli domandò Harry ancora una volta.

 

Regulus alzò le spalle e disse con voce annoiata: “Non ho davvero niente di meglio da fare.”

 

“E la Maledizione?”

 

Regulus attese un ampio istante di riflessione prima di sospirare “Sono stufo. La paura è terribilmente stancante e noiosa. Non ho avuto altro che paura per quindici anni. Non sono mai stato coraggioso, non come lui… ecco perché mi hanno smistato a Serpeverde… ero proprio un codardo e lo sono ancora.”

 

Harry lo fissava di sottecchi: il volto dell’uomo era ritornato serio e quasi sognante, come durante quei momenti malinconici in cui menzionava quel ‘lui’ che, lo capiva bene, era una figura nostalgica e triste.

 

Possibile che quel lui sia… Sirius?

 

Ma non poteva esserlo. Regulus paventava e prevedeva un incontro con quel ‘lui’ e Sirius era morto.

 

“Però mi consola sapere che lo rivedrò” aggiunse Regulus con un’occhiata melanconica “Su, Harry, andiamo a casa. Mi serve il tuo aiuto.”

 

Il Black fece apparire con un rapido movimento di bacchetta una scopa dall’aria vecchia e malandata. Un attimo dopo sorvolava a mezz’aria sopra lo sguardo confuso di Harry.

 

Seguimi” gli intimò “Torniamo a casa.”

 

Harry montò a cavalcioni della sua Firebolt e prese il volo affiancando Regulus.

 

Per Harry il viaggio fu nebuloso quanto il cielo attraverso cui sfrecciarono, colmo di nebbia fitta e massiccia.

 

Dov’è casa sua?

 

Pensò Harry, stando alle calcagna di Regulus per evitare di perderlo di vista.

 

Il viaggio continuò per diversi minuti, forse ore. Harry non capì come Regulus riuscisse ad orientarsi nel mezzo di tutta quella nebbia, ma, d’un tratto, il manico della sua scopa virò bruscamente, puntando verso il basso. Harry lo accompagnò in una discesa vertiginosa finché le luci artificiali di una Londra notturna apparvero ai loro occhi.

 

Ecco dov’è casa sua.

 

Rifletté Harry mentre entrambi si avvicinavano ad un quartiere dall’aspetto conosciuto.

 

Grimmauld Place numero dodici.

 

Atterrarono alla tenue luce di un lampione intermittente.

 

Evanesco” borbottò Regulus, facendo sparire la sua scopa.

 

Un istante dopo, Harry lo seguiva lungo l’ispido selciato che fiancheggiava le case dalle facciate sudice e poco accoglienti di Grimmauld Place.

 

Regulus si parò tra il numero undici e il tredici, dove un’ampia e sozza parete si estendeva, completamente sgombra.

 

Il Black chiuse gli occhi, concentrandosi sull’antica formula che da generazioni la famiglia si tramandava come una reliquia: la parola d’ordine che permetteva l’accesso ad uno dei più sfarzosi possedimenti della Nobile e Antichissima Casata dei Black, parola d’ordine che solo i prescelti dal loro sangue ‘Toujours Pur’ potevano conoscere.

 

*Sirius Black*, nome del Capostipite della Casata…

 

Che ironia…

 

Esattamente come due anni prima, una casa si gonfiò tra i numeri undici e tredici, rivelando la vecchia porta d’ingresso al sommo di una scalinata.

 

Harry salì i gradini di pietra, ma si dovette arrestare quando comprese che Regulus aveva fatto altrettanto.

 

“Ora è casa tua” gli disse Regulus con voce risentita e triste “Sei tu il padrone di casa: apri la porta.”

 

Harry lo superò esitante e afferrò il pesante batacchio dalla forma di serpente intrecciato. Lo sbatté un paio di volte contro il legno consumato della porta. Una voce gracchiante e sofferente si levò dall’interno della casa. Un attimo dopo l’ingresso si mostrò agli occhi di Harry con un cigolio metallico.

 

Harry varcò la soglia e venne investito dal famigliare puzzo di muffa, umido e marcio e dalle proteste gracchianti dell’Elfo Domestico steso ai suoi piedi.

 

“Ora il nuovo padrone entra nella nobile casa dell’illustre famiglia Black, il nuovo padrone che è un Mezzosangue! Se la mia antica padrona lo venisse a sapere non reggerebbe dalla vergogna. Il nuovo padrone ora si crederà proprietario di questa nobile casa, ma non è così!” affermò deciso il vecchio Elfo con il lungo naso ancora schiacciato contro il pavimento in un disperato tentativo di inchino.

 

“Non l’ho voluto io, Kreacher!” sbraitò Harry, fremendo di rabbia “Non volevo affatto tornare in questa casa.”

 

“L’ho voluto io” disse Regulus alle spalle di Harry.

 

Avanzò di qualche passo e fissò con uno strano sorriso il vecchio Elfo appiattito sul pavimento.

 

“Ciao, Kreacher.”

 

Le lunghe orecchie della creatura si rizzarono, fremendo e sventolando. Kreacher staccò immediatamente il naso da terra, gli immensi occhi lucidi si allargarono come a voler esplodere dalla testa.

 

“Padroncino Regulus… padroncino Regulus” bofonchiò stridendo, preso da un’esaltazione isterica “Il padroncino, il vero e nobile padroncino, il figlio prediletto dalla padrona… è tornato!”

 

Kreacher strisciò come un fulmine fino ad aggrapparsi all’orlo del mantello di Regulus e lì prese a liberare versi che parevano un misto di grida di gioioso pianto disperato e urli di trionfo indescrivibile.

 

“Ora basta, Kreacher” gli comandò Regulus con tono secco.

 

I versi del vecchio Elfo cessarono all’istante, e questi levò lo sguardo colmo di ammirazione verso il volto impenetrabile di Regulus.

 

Kreacher si scusa, padroncino. Ma Kreacher è davvero felice, padroncino: la Nobile e Antichissima Casata dei Black vive ancora!”

 

Il volto di Regulus si incupì “Non per molto” sibilò piano.

 

Avanzò lungo il cupo e lungo corridoio. Un candelabro infestato da ragnatele si accese al suo passaggio, rivelando un ambiente logoro e decadente: vecchi quadri consumati dagli anni, tappezzeria e mobili consunti.

 

Regulus osservò con occhi stanchi il fantasma sfinito della sua antica e nobile casa, un tempo sfarzosa e maestosa nel suo arredo e nell’orgoglio e la superbia di famiglia.

 

Kreacher gli stava alle calcagna, inchinandosi ogni tanto per mostrare la sua più totale fedeltà e venerazione:

 

“Ora che il padroncino è tornato Kreacher non dovrà più servire quello stupido ragazzino figlio di una Mezzosangue.”

 

Harry proseguì dietro di loro, fremendo ad ogni parola dell’Elfo Domestico, finché Regulus si arrestò in un’ampia sala col pavimento ingombro di polvere.

 

Kreacher pulisce immediatamente” attaccò subito la creatura “Kreacher prima non voleva pulire perché credeva che la casa sarebbe stata di quello – lanciò un’occhiata in tralice a Harry, lasciando apparire i suoi sommessi occhi da elfo incredibilmente altezzosi – Vostra Madre, padroncino, avrebbe preferito vedere questa casa distrutta invece che nelle mani di Mezzosangue e di traditori del loro sangue.”

 

Regulus ignorò i commenti del vecchio elfo, lo sguardo era catturato dall’ampio arazzo che occupava tutta una parete.

 

Il volto grottesco di Kreacher si illuminò: “Kreacher ha protetto l’arazzo di famiglia. Kreacher l’ha fatto! Kreacher sapeva che è il tesoro più grande della famiglia!”

 

Regulus si avvicinò all’arazzo, analizzandolo con un’aria cupa e nostalgica: il bordo era sbiadito e consumato, solo il filo d’oro con cui era ricamato era sopravvissuto intatto a sette secoli di storia… eccolo ritrovato, l’albero genealogico della Nobile e Antichissima Casata dei Black.

 

Regulus abbassò lo sguardo fino a scorgere le estremità dei lunghissimi rami che si diramavano dal capostipite della sua potente famiglia. Alla base dell’albero era ricamato il suo nome, ‘Regulus Black’, accompagnato dalla data di nascita a cui non seguiva più niente.

 

Harry gli venne di fianco sotto le vive proteste di Kreacher che non desiderava che l’amato padroncino venisse insozzato dalla presenza del figlio della Mezzosangue.

 

Il giovane Potter osservò il vuoto dove solo due anni prima era incisa la data di morte di Regulus Black.

 

“L’arazzo è magico” gli spiegò Regulus “Diciassette anni fa registrò la mia morte perché così tutti credevano e perché persi la mia identità per guadagnare quella di Lyons Kaus e mi nascosi: sparii completamente. Ma ora ho rinunciato alla mia copertura e ho abbandonato il mio rifugio. E tu, Harry, hai scoperto la mia vera identità, sai che Regulus Black è ancora vivo… e così la mia morte è svanita” sussurrò indicando il vuoto dopo la sua data di nascita “e la Maledizione è ricomparsa.”

 

“Perché hai voluto rischiare tanto?” gli chiese Harry, nuovamente.

 

Il volto di Regulus tornò indecifrabile “Voglio solo ritrovare un volto amato.”

 

Regulus abbandonò l’arazzo di famiglia e si inginocchiò di fronte a Kreacher, che lo osservò ammaliato. Il Black si levò la pesante sciarpa di lana che portava avvolta al collo e la porse al vecchio elfo. Gli occhi della creatura tremarono e lanciò un urlo immondo e permeato di disperazione.

 

“Padroncino, Kreacher la supplica! Kreahcer non vuole abbandonare la famiglia Black! Kreacher non vuole essere liberato! Kreacher preferisce morire! Kreacher servirà la Nobile e Antichissima Casata dei Black fino alla morte!”

 

“Non ci sarà più una Nobile e Antichissima Casata dei Black, Kreacher” confessò Regulus con la voce poco più alta di un sussurro.

 

“Il Padroncino non deve dire così! Ora che il Padroncino è tornato la Casata rivive!” sbraitò Kreacher, attaccandosi alla sua veste e scostando bruscamente la sciarpa che il mago gli offriva.

 

“Ma presto finirà” borbottò Regulus cupamente “Ora devo andare, Kreacher.”

 

“No!” strillò Kreacher, tirandosi le lunghe orecchie “No! Kreacher aspetterà il vostro ritorno, Padroncino.”

 

“Non tornerò più, Kreacher. La Nobile e Antichissima Casata dei Black si spegnerà questa notte, ma no si spegnerà con me.”

 

“No, no, no! Kreacher non capisce! Il Padroncino è la sola speranza della Casata e lui tornerà per riportare la sua nobile famiglia all’antico splendore!”

 

“Non tornerò più in questa casa, Kreacher” sussurrò Regulus “Guarda l’arazzo, guarda il mio nome… continua a guardarlo dopo che me ne sarà andato, poi, ad un certo punto, capirai che non potrò più tornare.”

 

Kreacher non capisce! Kreacher non capisce!” continuava a ripetere il vecchio elfo, urlando dalla disperazione.

 

Regulus ignorò nuovamente i suoi strilli e rinnovò l’invito ad afferrare la sciarpa “Tieni, Kreacher, prendi questa sciarpa. Se vuoi essere libero, accettala.”

 

Ma l’elfo si strapazzava le orecchie, negando vigorosamente con la testolina e strillando a voce ancora più alta.

 

Allora Regulus abbandonò la sciarpa ai suoi piedi tremanti e si alzò per andarsene “So che vuoi servire la famiglia Black, Kreacher, ma tra non molto non esisterà più alcun Black, quindi sentiti libero di abbandonare questa casa se non desideri servire più Harry Potter.”

 

Kreacher vide il padroncino allontanarsi; fissò la sua schiena che se ne andava con un’espressione di puro orrore: afferrò l’orlo del mantello di Regulus, che svolazzava alle sue spalle.

 

“No, Padroncino! Non Andatevene! Siete l’ultimo Black!”

 

Regulus lo fissò con gli occhi che scintillavano di una strana emozione “No, Kreacher, non sarò io l’ultimo dei Black.”

 

Si  liberò della sua stretta e varcò per l’ultima volta la soglia di Grimmauld Place numero dodici.

 

*^*^*^*^*

[Home Sweet Home…

“Scusa, puoi ripetere?!”]

 

 

Tonks aveva imparato ad apprezzare i diversi aspetti del carattere di Remus J. Lupin, anche quelli che solitamente non mostrava a nessuno, ma che solo a lei aveva rivelato nel corso di questo ultimo anno, soprattutto da quando aveva accettato la sua presenza: era diventata la sua compagna.

 

Per molti versi, Remus era sorprendente: alle volte malinconico e serio, ed altre sottile e sarcastico, con uno humour decisamente piccante che non si sarebbe mai aspettata da lui; ma proprio per questo Remus le piaceva.

 

Tonks ammetteva che non era tanto l’aspetto fisico, quando l’essenza di Remus ad averla colpita. Era una continua scoperta, la faceva ridere, si sentiva bene con lui molto più che con qualsiasi altro ragazzo con cui fosse mai stata – e lei, di ragazzi, ne aveva avuti parecchi, a dire il vero, e tutti diversi da lui… tutti sbagliati in confronto a lui.

 

Se qualcuno le avesse chiesto se si pentisse di stare con Remus, lei avrebbe alzato le spalle e confessato candidamente che non vedeva l’ora di sposarlo. Naturalmente, questo suo desiderio Remus non lo sospettava ma lei non glielo avrebbe mai confessato: conoscendo il suo lato “riservato e solitario” che aveva così tanto faticato ad abbattere per far sì che uscissero insieme, Remus l’avrebbe guardata sbigottito e cominciato a brontolare che lei meritava di più o che non avrebbe avuto una vita facile con un Lupo Mannaro come marito, eccetera eccettera.

Quindi, per il momento, avrebbe cercato di tenere la bocca cucita (e chissà per quanto ce l’avrebbe fatta).

 

Tonks era seduta svogliatamente sulla poltrona dell’Ordine, gli occhi chiusi e le braccia che penzolavano mollemente.

 

Sentiva i muscoli rilassarsi piano piano e cominciare a dolere. Non appena tornata a casa, si sarebbe buttata sotto la doccia e distesa sul suo materasso, i muscoli ancor più stanchi e la testa leggera.

 

Dall’attacco di Hogwarts l’Ordine si era mosso in fretta e così lei si era trovata impegnata tra missioni Auror e quelle clandestine dell’Ordine per arginare i danni causati da Voldemort, un’impresa tutt’altro che facile. Con i numerosi attacchi (e l’evidente incremento dei Mangiamorte) era difficile trovare un attimo per il riposo: tutta la nazione, magica e babbana, era occupata a contare i feriti e i morti, a risanare le difese e a pensare febbrilmente un piano d’attacco, mentre bisognava anche rassicurare (con scarsi risultati) i cittadini.

 

Si lasciò scivolare ancora di più nel morbido tessuto, muovendo appena il collo per rilassarsi e pensare un po’, qualcosa che non riguardasse la guerra. Naturalmente, i suoi pensieri andarono su Remus Lupin.

 

Dire che si erano visti ultimamente era un eufemismo. Erano esattamente cinque giorni e qualche ora dall’ultima volta in cui era riuscita a rivolgergli una parola e una carezza prima di essere scaraventata in mezzo ad attacchi dei nemici e nella caotica società magica.

 

Le mancava. Terribilmente.

 

Chissà se anche lui provava una specie di nostalgia, nel pensarla… A lei capitava spesso, quando non erano insieme. Una sensazione di inadeguatezza, la voglia di sfiorare con la punta delle dita i suoi capelli grigi e sorridere contro la sua guancia, adagiata sotto le coperte dell’appartamento di lui con addosso una camicia da notte antichissima che le ricordava sua madre – e tutto perché Remus Lupin era un uomo d’onore e, anche dopo aver fatto l’amore, insisteva sempre perché lei si sentisse a suo agio, quindi coperta.

 

Tonks ridacchiò al pensiero. Come se lei si sentisse a disagio nuda.

 

Ma le piaceva il modo in cui le riservava attenzioni, l’aveva sempre colpita quel suo lato. Remus era protettivo, dolce ma non per questo ingenuo, anzi intelligente e astuto, quando serviva.

 

Infine, a dirla tutta, le piaceva la camicia da notte che le aveva dato, recuperata da non si sa quale cassetto (Tonks non voleva nemmeno sapere cosa ci facesse una camicia da notte nel suo baule); le strusciava sulla pelle, dandole la sensazione di essere morbida, e ogni qual volta sentiva il fruscio del vestito contro il corpo di Remus – ecco, la sensazione la stordiva piacevolmente, la infiammava di passione e amore.

 

Le labbra sottili e rosee di Tonks si strinsero in un sorrisetto malizioso mentre da queste usciva un mugolio soddisfatto.

 

“Spero che tu non stia pensando a Gilderoy Allock per sospirare così.”

 

Tonks sobbalzò spaventata e nel farlo sbilanciò la poltrona che cadde con lei dentro, facendole pestare la testa.

 

Ouch.”

 

La risata di Remus le riempì le orecchie. “Colta sul fatto?” ironizzò il suo ‘fidanzato’, allungandole una mano con un sorrisino, gli occhi ancora che la deridevano.

 

Tonks alzò le sopracciglia. “Non sei geloso?” domandò ghignando appena e accettando la mano che lui le stava offrendo.

 

Remus la rimise in piedi e sembrò soppesare la cosa. “Un po’,” ammise tranquillo, avvolgendola con le sue braccia. “Ma non credo che avrai mai la possibilità di conoscerlo, quindi…” le disse, baciandola dolcemente sulle labbra.

 

Tonks rise, gli passò le braccia intorno al collo e prese a giocherellare con i suoi capelli. “Siamo in vena di coccole?”

 

“Mi sei mancata.”

 

Tonks trattenne il fiato, a questa ammissione.

 

“Davvero?”

 

Mh mh…” annuì lui, annusando il profumo del suo shampoo. “E io? Ti sono mancato?”

 

Lei ridacchiò. “Posso mentire?”

 

“Non credo proprio, signorina…” fu la risposta divertita, che la fece ridere ancor di più. Ecco, la sensazione nostalgica spariva: le braccia di Remus erano un rifugio confortevole, che la rilassava e la facevano sentire a casa.

 

“Allora devo rispondere che, sì, mi sei mancato…” gli bisbigliò all’orecchio, facendolo rabbrividire. “Che ne dici di andare a casa tua? Io sono libera…”

 

“Tra mezzora devo andare via. Missione.” Confessò tristemente lui.

 

“Oh… e in un’ora non possiamo…?”

 

Shh.” L’indice di Remus le coprì la bocca. “Ti devo portare in un posto.”

 

Gli occhi scuri di Tonks scintillarono, curiosi e vivaci.

 

“Dove?”

 

Remus le sorrise malandrino. “E’ una sorpresa, devi solo fidarti di me, ok?”

 

Lei annuì e rise quando Remus bisbigliò un incantesimo che le bendò gli occhi e le coprì le orecchie. “Ha un non che di sadomaso, sai?” commentò tranquilla e – pur non potendo sentire nulla con l’udito – percepì il petto di lui vibrare in una silenziosa risata.

 

Tonks avvertì la sensazione di viaggiare e un po’ di polvere che la fece starnutire e pensare alla Metropolvere. Una certa curiosità l’animava e si chiedeva dove mai Remus la volesse portare: Merlino, quanto amava le sorprese… e lui si stava dimostrando, nuovamente, una scoperta ogni volta. Stavano così bene insieme…

 

Remus? Mi puoi liberare?”

 

La richiesta fu ignorata, ma le mani di lui si intrecciarono con le sue, guidandola in quel luogo senza nome né immagine.

 

Remus?” chiamò ancora, ridacchiando.

 

Inciampò in qualcosa di non identificato, ma un paio di braccia l’afferrarono giusto prima di cadere. I suoi occhi furono liberati, come pure le sue orecchie.

 

Tonks sbatté le palpebre per riabituarsi alla luce e incontrò lo sguardo di Remus.

 

“Potrei baciarti se mi guardi così dolcemente, sai?” gli confessò candidamente lei, continuando a sbattere le ciglia. Lui ghignò.

 

“Prima dai un’occhiata intorno e poi mi baci, ok?”

 

Tonks inarcò un sopracciglio e si guardò intorno. Subito sbatté le palpebre, stordita. “Ma dove…? Di chi è questa casa, Remus?”

 

Lui le sorrise. “Dai, perché non facciamo un giretto nella nostra nuova casa?”

 

Tonks si girò verso di lui con gli occhioni scuri sgranati. “Che?? Hai detto proprio ‘nostra’?”

 

Il sorriso di Remus si fece (quasi) intenerito.

 

Aha. Nostra.” Enfatizzò, mentre sul volto di Tonks si allargava un sorriso deliziosamente genuino.

 

La ragazza fece un piccolo gridolino e si lanciò alla scoperta di quella piccola, ma graziosa casa, con due piccoli bagni, due camere, cucina e salotto non ancora del tutto arredati e un po’ impolverata.

 

“Ma quando l’hai presa?” gli domandò febbrilmente, portandosi dietro come un cagnolino Remus, artigliato da lei ad un braccio.

 

“Alcuni mesi fa… sai, mi ci è voluto un po’ di lavoro extra ma – ” Le labbra di Tonks sulle sue lo zittirono e lo stordirono piacevolmente. Che bel grazie!

 

Tonks si staccò da lui sorridendo. “Perché non me lo hai detto? Avrei contribuito con i pagamenti…”

 

Lui le accarezzò la guancia assorto. “Beh, volevo farti una sorpresa e poi non cantare vittoria! Abbiamo solo un paio di comodini, un lavabo, un letto ad una piazza, un armadio e una poltrona, bisogna prendere tutti il resto e sistemare impianto elettrico e gas. Per non parlare di quello idrico.”

 

Tonks alzò le spalle. “Non c’è problema: papà ti può aiutare. È stato anche elettricista, sai?”

 

“Davvero?” Tonks annuì. “Bene, dovrai informarlo che prossimamente verrai ad abitare qui, se tutto va bene. L’ho intestato a te.”

 

Tonks fece un mezzo sorriso. “Ti amo.” E lo baciò, pensando che aveva detto quel che veramente pensava e sentiva, e che non era mai stata così felice in tanto tempo.

 

Lui la rendeva felice.

 

“Anche io… Nimphadora.”

 

Lei gli diede una piccola botta. “Odio quel nome.” La voce le uscì flebile, a causa della vicinanza di Remus, che la faceva letteralmente sciogliere.

 

“A me piace” le rispose invece Remus “Ha un non so che di fatato…”

 

“E’ proprio per quello che lo odio!” ribatté Tonks, mentre lui le accarezzava la schiena, piano, sfiorandole le labbra con il respiro.

 

Remus…?” lo chiamò dopo  un po’.

 

“Uh?” fu la risposta intontita.

 

“Mi sposi?”

 

Gli occhi di Remus si allargarono di colpo. “Scusa, puoi ripetere?!”

 

Tonks sbuffò, soffiando nel contempo via una ciocca rosa cicca un po’ troppo lunga che le ricadeva sugli occhi. “Mi vuoi sposare?” domandò nuovamente, con una voce ovvia.

 

Le sopracciglia di Remus si inarcarono lievemente. “Non puoi dire sul serio.”

 

“Perché no?” ribatté Nimphadora, serafica.

 

“E anche se fosse, dovrei essere io a proporlo.”

 

Tonks alzò le sopracciglia. “Scusa, ti stai impuntando solo perché io ti ho fatto la proposta per prima? Non ti facevo così sessista.”

 

Remus sospirò, appoggiando una mano alla fronte, esasperato. “Non va bene.”

 

Adesso, cominciava ad essere un po’ irata. Non voleva sposarla, per caso?!

 

“Non vado abbastanza bene per te Remus o sono ancora quei tuoi insulsi e insensati discorsi sul tuo essere Lupo Mannaro?!” le uscì acido.

 

“Non sono insulsi né insensati, solo ragionevoli” corresse placidamente Remus, scuotendo poi la testa e fissandola dritta con i suoi stanchi e brillanti occhi ambrati. “E poi tu sei l’unica per me, Tonks. Lo sai che ti amo.”

 

“E allora!” esplose lei, contrita. “Che problema c’è?!”

 

Remus sospirò. “Un problema c’è: hai rovinato tutto.”

 

Prima che potesse replicare, Tonks guardò scioccata il suo fidanzato inginocchiarsi a terra e tirare fuori dalla tasca del logoro giubbotto una piccola scatolina di velluto e aprirla davanti ai suoi occhi: una semplice fede d’oro le brillò davanti agli occhi.

 

Remus… ma…?” balbettò, il cuore che le batteva in gola per l’emozione e gli occhi fastidiosamente lucidi.

 

Remus sorrideva dolcemente. “Nimphadora Tonks: mi vuoi sposare?”

 

Lei rise e si gettò in ginocchio, stringendolo forte a sé. “Sì, sì, SI! Ti sposo, Remus J. Lupin.”

 

Lui ricambiò l’abbraccio con passione. “Allora, lascia che ti metta l’anello al dito, ok? So che non è nulla di speciale ma…”

 

“Oh no!” lo interruppe lei, mentre Remus le metteva il gioiello all’anulare. “E’ perfetto. Semplicemente perfetto.” Commentò rigirandoselo davanti agli occhi ormai lucidi.

 

Lui sorrise dolcemente, l’espressione più soffice. “Ti amo.”

 

Lei lo baciò. “Anche io.” Borbottò piano sulle sue labbra, scioccandogli un ultimo bacio.

 

“Sai cosa manca Remus?”

 

“Cosa?” domandò lui.

 

Tonks sogghignò. “Una cena dai miei. Non puoi più rimandare la cucina di mia madre!”

 

Remus deglutì allargando gli occhi. “Nimphadora, ti prego…”

 

Lei ignorò il tono supplichevole. “Uhuh, tesoro, mamma e papà devono per forza vedere una seconda volta il mio prossimo marito, non ti pare?” domandò retorica, lanciandogli un sorrisetto soddisfatto.

 

Remus sospirò, ma sorrideva. “Cosa devo fare per averti, cara Tonks…”

 

*^*^*^*

Nei Cieli di Londra

[Verso il Cimitero]

 

 

Harry rimase nell’ombra di Regulus quando richiuse la porta di Grimmauld Place.

 

I lamenti di Kreacher andavano affievolendosi mentre i due maghi terminavano la discesa lungo gli accidentati gradini di pietra. Harry osservò alle sue spalle la Nobile e Antichissima dimora dei Black svanire tra il numero undici e tredici.

 

Regulus fece riapparire la sua vecchia scopa. Harry lo seguì, decollando dalla silenziosa Londra notturna, oppressa da una fitta nebbia da palude.

 

“Dove andiamo?” domandò Harry con voce fievole.

 

Regulus, al suo fianco, si limitò a sbuffare “Te l’ho già detto. Distruggeremo un Horcrux.”

 

“E sai dove trovarne uno? Credevo che conoscessi solo la posizione della coppa delle Fondatrici” gli fece notare Harry.

 

“Infatti, è proprio quella che andiamo a scovare. Prima della mia presunta morte indagai a lungo sui metodi di preservazione che l’Oscuro Signore adoperava nei riguardi dei suoi Horcrux. Se un oggetto viene riconosciuto come tale si adoperava un immediato trasferimento del pezzo di anima in una dimora più sicura: una persona. Ricordi cosa ti dissi in merito agli Horcrux viventi, giusto?”

 

Harry accennò col capo, sgranando gli occhi: “Quindi ora l’Horcrux è indistruttibile?”

 

“Solo più difficile da espugnare, ma ce la faremo.”

 

“Sai già chi è questa persona, suppongo.”

 

“Esatto” disse Regulus “Anche se mi risulta difficile chiamarla un Horcrux vivente, dato che già da più di mille anni è morta.”

 

“Morta? Quindi è una strega?”

 

“Perspicace, Harry” ribatté Regulus con il consueto sarcasmo “E dovresti capire chi è dagli indizi che ti ho fornito. Da mille anni giace sottoterra… e tieni presente che, essendo un Horcrux del Signore Oscuro, è legato alla fama e alla gloria di Hogwarts, nonché ai suoi Fondatori.”

 

Tassorosso o Corvonero?” propose Harry “Ma come fai ad esserne così sicuro?”

 

“L’attacco ad Hogwarts” disse Regulus, sbirciando con la coda dell’occhio la reazione di Harry “Le grandi battaglie sollevano dei grandi polveroni. Hogwarts, in fondo, non rappresentava più un reale ostacolo, forse il Signore Oscuro ha lasciato intendere questo ai Mangiamorte che l’hanno rasa al suolo, ma io sono più propenso nel pensare che si trattasse di un puro diversivo… per distogliere lo sguardo da un’operazione più importante: la sostituzione di un Horcrux.”

 

“Tu mi stai dicendo” cominciò Harry, fremendo di rabbia “Che Voldemort ha distrutto Hogwarts e stroncato centinaia di vite solo per… creare un diversivo?”

 

“E’ fatto così” rispose Regulus con non curanza ed un’alzata di spalle.

 

Harry tremava dalla collera da capo a piedi, persino la sua scopa si agitava con lui, ma il ragazzo si impose di calmarsi. Fissò Regulus di sottecchi e gli chiese: “Perché proprio Corvonero?”

 

“Criterio dell’esclusione” rispose RegulusGrifondoro è l’eterno nemico di Serpeverde quindi io non credo che l’Oscuro Signore intendesse legare un pezzo della sua anima all’epica nemesi del suo illustre antenato. Lo stesso Serpeverde non può essere perché l’Oscuro Signore non avrebbe mai osato profanare la tomba del proprio avo. Infine restano Tassorosso e Corvonero: tra le due, come ogni buon Serpeverde, ho scelto Corvonero, che tra le Case di Hogwarts è quella più vicina agli ideali di Serpeverde, anche se non troppo.”

 

“Stiamo andando al cimitero di Hogwarts” borbottò Harry, pensoso.

 

“Infatti. Perché tanta inquietudine?”

 

“Ci sono già stato una volta” confessò Harry con espressione cupa “Me ne sono andato subito: c’era qualcosa nell’aria che non mi piaceva.”

 

“Perché ci saresti andato” domandò Regulus con disinteresse “Una capatina alla tomba del trapassato Albus Silente?”

 

“No. C’era stata una curiosa serie di eventi che mi hanno portato lì.”

 

“Potrei sapere di cosa si tratta?” gli chiese Regulus, leggermente incuriosito.

 

“Niente di importante. La Mangiamorte che ha portato via la coppa delle Fondatrici assieme a Malfoy e suo padre, prima di andarsene mi ha gridato una strana frase, che poi Hermione ha scoperto essere incisa all’entrata del Cimitero di Hogwarts.”

 

“E a te questo non sembra importante?” sbraitò Regulus con un movimento improvviso, facendo quasi cozzare la sua scopa contro quella di Harry “Vuoi spiegarmi quali sarebbero le tue priorità d’importanza? Sentiamo… vorrei farmi proprio un paio di risate.”

 

Harry si imbronciò: si era quasi scordato dell’effetto umiliante e avvilente che R.A.B., o meglio Regulus, aveva su di lui.

 

“Quindi, secondo te, quella Mangiamorte l’ha fatto apposta” disse Harry “Credi che volessero tendermi una trappola?”

 

“Dubito fortemente che per quanto l’Oscuro Signore ti desideri morto utilizzi un Horcrux come esca… non rischierebbe mai tanto” poi aggiunse Regulus con aria pensierosa “E’più probabile un tradimento.”

 

“Tradimento?”

 

Regulus accennò distrattamente, ritornando pensoso “Chiunque sia quella Mangiamorte, probabilmente non condivide gli stessi interessi dell’Oscuro Signore… in un bizzarro modo ha tentato di avvertirti. Però non mi è chiaro come facesse a conoscere un segreto di così rilevante importanza… questo è decisamente sospetto. Ma di una cosa sono certo: abbiamo scovato una ribelle tra i suoi servitori.”

 

*^*^*^*^*

Malfoy Manor

[Ambigua – Cocco di Mamma]

 

 

Il piano era semplice e conciso: recuperare Narcissa a Malfoy Manor e condurla al Covo Oscuro senza farsi scoprire dall’Ordine della Fenice o dagli inviati del Ministero. Ma il piano aveva una falla…

 

Samantha diede un piccolo colpo di tosse per attirare l’attenzione di Draco, intento a rimuginare sull’operazione di salvataggio… o forse stava pensando a sua madre.

 

“E’ probabile che non avremo problemi a condurre tua madre al Covo Oscuro” attaccò la Mangiamorte “I veri problemi si presenteranno lì: l’Oscuro Signore ha espresso chiaramente il suo dissenso in una simile operazione, quindi, anche se compissimo la missione senza la minima sbavatura ci aspetterebbe una dura punizione per avergli disobbedito. Sei pronto a correre questo pericolo per salvare tua madre?”

 

Draco si limitò a lanciarle un bieco sguardo di sfida.

 

Samantha gli rivolse un ampio sorriso “Sapevo che non eri cattivo: una persona malvagia non è capace di sacrificarsi per gli altri; l’esistenza di un vero cattivo è votata solo per difendere la propria vita e le proprie ambizioni a tutti i costi.”

 

Draco sbuffò come suo solito “Allora anche tu non sei poi così cattiva: se ti importasse solo di te stessa, non mi aiuteresti disobbedendo ad un ordine del Signore Oscuro, mettendo a repentaglio la tua vita e la tua brillante carriera da Mangiamorte.”

 

“E’ un favore che si fa tra colleghi. E poi te l’ho già detto: se ti aiuto, in cambio, dovrai dimenticare che ho ucciso a sangue freddo il tuo amico a Hogwarts” mugugnò infine Samantha, senza far trasparire, però, il minimo rincrescimento.

 

“Non credevo che ti importasse così tanto la mia approvazione” disse Draco con un tono di voce misterioso.

 

“E’ della tua compagnia che ho bisogno” ribatté Samantha “Ma ora basta di rimuginare su certe cose; voglio solo che tu capisca a cosa andiamo incontro, io già lo so: essere pronti a fronteggiare l’Oscuro Signore.”

 

“Parli come una traditrice” borbottò Draco, lanciando un’occhiata alla Mangiamorte per osservare la sua reazione.

 

Samantha si schiarì la voce, leggermente imbarazzata “Con ‘fronteggiare’, intendevo dire ‘accogliere con coraggio e accettazione la punizione che ci darà.”

 

Draco la scrutò attentamente. Samantha trattenne il fiato, ma il suo volto appariva totalmente rilassato.

 

“Stai provando a fare il Legimens” gli chiese con tono beffeggiatore “Non è tanto carino invadere la privacy di una signorina.”

 

Draco rimase ostinato nella sua imperturbabile analisi, gli occhi grigi e freddi fissi in quelli bicolore di Samantha “Te lo chiederò solo una volta, solo questa volta: fai il doppiogioco?”

 

Draco si sarebbe aspettato un lungo silenzio immobile e carico di tensione, ma Samantha non attese neanche un battito di ciglia per rispondere:

 

“No” disse con un sorriso gaio, troppo rilassato “Hai ancora dei dubbi sulla mia fedeltà? Mi hai visto uccidere a sangue freddo con una Maledizione Senza Perdono… credi che se fossi una spia mandata dalla schiera del ‘Bene’ ad infiltrarmi nella schiera del ‘Male’ avrei usato un Avada Kedavra per stroncare la vita di un ragazzo?”

 

Draco trattenne una smorfia infastidita: parla di Goyle “Ovviamente ti trovi molto a tuo agio nella schiera del ‘Male’, molto meglio di me… ma, quello che voglio sapere, è se l’associazione che ti ha promosso Mangiamorte, l’I.M.M.U.N.D.O., è più vicina al Male di quanto lo siano i Mangiamorte.”

 

Questa volta, Samantha si concesse un attimo di silenzio, per ribatter poi in tono fermo: “L’I.M.M.U.N.D.O. è una sorta di associazione che recluta servitori per l’Oscuro Signore all’estero tramite il progetto D.I.O. (Diffusione Internazionale Oscura), quindi è un’affiliata dei Mangiamorte e, di conseguenza, la loro malvagità è alla pari e perfettamente in sintonia con quella dell’Oscuro Signore… Ma non volevi andare a salvare tua madre? Si sta facendo tardi.”

 

Draco la fissò, sbalordito dal suo repentino cambiamento: ebbe la forte sensazione che Samantha si trovasse molto a disagio nel parlare della sua associazione madre: l’I.M.M.U.N.D.O.

 

“D’accordo, andiamo a Malfoy Manor.”

 

Samantha accennò col capo, rivolgendogli uno sguardo complice “Deve essere molto piacevole per te tornare a casa dopo un’assenza così lunga.”

 

“Abbastanza” mugugnò Draco prima di Smaterializzarsi.

 

*

 

Il Wiltshire era una distesa di campagna zeppa di antica e nobile magia: il mistero si poteva respirare nell’aria, ora gravida della medesima nebbia che opprimeva tutta l’Inghilterra.

 

Draco e Samantha stavano accucciati accanto ad un alto ed antichissimo albero, magnificamente nascosti dalla fitta nebbia.

 

La Mangiamorte terminò di mormorare l’ennesimo incantesimo di rivelazione e la bacchetta le restituì, ancora una volta, un segnale negativo.

 

“Ecco fatto” dichiarò soddisfatta “Via libera, non c’è nessuno oltre a noi due nelle vicinanze di Malfoy Manor.”

 

La nebbia fu subito squarciata da una zona magicamente incantata perché risultasse sgombra da qualsiasi intemperie climatiche. Malfoy Manor e il largo possedimento alberato che la circondava erano una piccola oasi luminosa e accogliente, ma, soprattutto, maestosa.

 

Man mano che si avvicinava all’edificio Samantha rimase stupita delle sue proporzioni: era quasi un piccolo castello, ma, a differenza di Hogwarts, Malfoy Manor era elegante in ogni minimo particolare, a partire dalla porta d’accesso principale, sigillata dall’enorme blasone della famiglia, sino alle cornici ghirlandate delle finestre, ampie e dalle vetrate finemente intarsiate.

 

Draco salì i gradini che conducevano al portone d’accesso con un vago senso di estraneità: quante volte aveva varcato quella porta senza badarci troppo, e ora, quell’enorme maniero non gli sembrava nemmeno la sua casa, sebbene non avesse perso nulla dell’antico splendore.

 

Mormorò l’incantesimo che spalancava le porte alla nobile residenza dei Malfoy; la Mangiamorte lo seguì con curiosità.

 

Samantha stentò a trattenere la sua ammirazione: in America non c’era nulla del genere. Quella casa era il trionfo della maestosità, elegante e posata. Il Maniero era antico, tuttavia sgargiante e vitale nel suo ricco arredamento; un incantesimo teneva illuminato tutto l’edificio con quelle che sembravano candele dagli aromi e dall’aspetto indiscutibilmente pregiato; tutto era lucido, ottonato, dorato, argentato e luccicante di nobiltà e gloria antica. Non c’erano dubbi, Malfoy Manor era la casa più maestosa, sfarzosa e imponente che Samantha avesse mai visto.

 

A rompere quell’incanto di meraviglia giunse la voce strascicata di Draco:

 

“Chiudi la bocca, non è buona educazione spalancarla così.”

 

Samantha si rese fastidiosamente conto che non era riuscita a trattenersi dallo spalancare la bocca davanti ad una simile meraviglia di casa; ma, senza lasciar trasparire la propria irritazione, rivolse a Draco un gran sorriso:

 

“E tu vivi in un castello del genere?” enfatizzò, forse con una leggera gelosia.

 

“E’ un maniero, non un castello” ribatté Draco, pacatamente.

 

Samantha sussultò, ma come sempre si trattenne dal darlo a vedere.

 

Sapeva che Draco avrebbe dovuto essere felice e soddisfatto nel ritornare alla casa che gli era stato proibito di visitare; eppure era melanconico.

 

“Hai paura che il Ministero abbia già catturato tua madre”

 

Draco strinse brevemente gli occhi, riaprendoli bruscamente, come a voler cacciare quell’orribile pensiero “Sbrighiamoci a trovarla.”

 

Samantha accennò col capo “Bene, ma non mi pare il caso di urlare a squarciagola il nome di tua madre, è troppo rischioso e scoprirebbe la nostra posizione, invece la nostra presenza deve restare inosservata: dobbiamo ispezionare questo posto da cima a fondo per trovare tua madre. Forse è il caso che ci dividiamo: questo castello… perdon… questo maniero è bello grande e se procediamo uniti impiegheremo troppo tempo, rischiando di incappare negli inviati del Ministero. Il primo che la trova manderà un segnale tramite il Marchio Nero, d’accordo?”

 

“Sei un’ottima stratega” le rispose Draco con un accenno di sorriso e con quello che sembrava un tono di voce rincuorato “Cerca almeno di non perderti e di non incappare in qualche tranello.”

 

“Figurati” ribatté Samantha con un’espressione emozionata “E’ sempre stato il mio sogno esplorare una casa antica come questa piena di tranelli e camere nascoste.”

 

Draco le rivolse un sorriso più marcato e si incamminò nella direzione opposta alla sua.

 

Man mano che avanzava attraverso le sale maestose e i corridoi addobbati da dipinti magnifici e soprammobili pregiati, Samantha rinnovava la sua ammirazione verso Malfoy Manor: era stato il suo sogno d’infanzia vivere in un castello – o maniero – incantato, antico e nobile come quello.

 

Scacciò con fastidio quel pensiero: doveva concentrarsi su quella missione per non rischiare di incorrere in un pericolo con la sua distrazione ma, cosa più importante, perché il buon risultato del salvataggio avrebbe reso felice Draco.

 

E’ probabile che sia Draco a trovarla per primo, rifletté Samantha, imboccando un altro corridoio, Ha molta più famigliarità lui con questa casa di quanta ne abbia io… beh, d’altronde, lui ci viveva.

 

Quasi convinta di non poter trovare nessuno e, attendendo un segnale da Draco, Samantha svoltò l’angolo e incrociò una figura di donna: era una strega davvero bella, bionda e con la medesima pelle diafana di Draco.

 

 

Samantha lanciò il segnale al compagno tramite il Marchio Nero e attese, nascosta dietro lo stipite della porta. Scrutò attentamente quella che ormai era certa essere la signora Malfoy, indecisa se palesare la sua presenza o attendere l’arrivo di Draco.

 

Decise di aspettare, dando un’occhiata in più alla madre del compagno Mangiamorte. La donna era intenta nel guardare con trasporto un libro ben conservato e prezioso che aveva tutta l’aria di essere un Album di Ricordi.

 

Sul tavolino di fronte a lei, anche quello rigorosamente intagliato dal legno più raffinato e costoso, stava poggiata una copia della Gazzetta del Profeta e, se la vista non la ingannava, Samantha riuscì a leggere il titolo della prima pagina, che riportava la politica della nuova e radicale offensiva del Ministero contro i Mangiamorte dopo l’attacco ad Hogwarts.

 

Quindi la signora Malfoy conosceva benissimo la sorte che gli sarebbe spettata se avesse deciso di rimanere a Malfoy Manor; eppure era seduta, tranquilla e rilassata, sullo splendido divano del proprio salotto, vestita finemente e con abiti non certo adatti al combattimento in caso di incursione del Ministero.

 

Rischiava la morte in una simile situazione: il Ministero aveva giurato che ai parenti di Mangiamorte accertati sarebbe toccata la pena capitale per aperta collaborazione con le forze oscure di Lord Voldemort. E, di quei tempi, Malfoy era diventato sinonimo di Mangiamorte; quella sarebbe stata la prima casa a cui i dipendenti del Ministero avrebbero fatto visita. Allora perché la signora Malfoy si ostinava a rimanere in casa, sfogliando pacificamente un Album di Ricordi?

 

Samantha si rese conto con stupore che la donna era pronta ad accettare la morte, accasciata contro un morbido divano, fissando con occhi lucidi le foto e i ricordi di un passato felice ed irraggiungibile.

 

Il forte senso di determinazione di Samantha le impose di interrompere quella melanconica rassegnazione alla morte: uscì dal suo nascondiglio e mosse qualche passo veloce nell’immenso salone, forse troppo impetuosa.

 

Narcissa Malfoy venne violentemente scossa da quella repentina intrusione, infrangendo di colpo un piacevole sogno di memorie di visi sorridenti. La bacchetta stava poggiata sul tavolino di fronte a sé, con una rapida mossa avrebbe potuto afferrarla, ma non fece nulla per difendersi. Forse aveva identificato Samantha come Mangiamorte e, quindi, come una salvatrice che era venuta a recuperarla prima che il Minsitero facesse incursione a Malfoy Manor.

 

Tuttavia i suoi occhi ed il suo viso continuarono a rimanere cupi e spenti: nessuna traccia di sollievo o  di conforto.

 

Samantha decise di prendere l’iniziativa, dato che la donna sembrava ostinata nel suo silenzio imperturbabile.

 

“Salve, signora Malfoy” attaccò con voce pacata e controllata, cercando di apparire il meno nemica possibile “Sono venuta qui per condurla al Covo Oscuro…”

 

Stava per aggiungere… per ordine dell’Oscuro Signore… ma le sembrò un azzardo farlo; con quella missione di salvataggio sia lei che Draco stavano infrangendo apertamente un ordine di Lord Voldemort.

 

Il volto di Narcissa restò impassibile e anche il corpo non accennò a muoversi.

 

Samantha si sentì a disagio, cosa che non le capitava spesso se non in presenza di Draco quando faceva il ficcanaso, e di suo padre Lucius quando la fulminava col suo sguardo glaciale. Probabilmente aveva qualche incompatibilità con la famiglia Malfoy.

 

Ma era singolare che la signora Malfoy stesse così impassibile, quasi allerta, in presenza di un Mangiamorte; forse aveva un conflitto con l’Oscuro Signore? Forse temeva anche lui quanto il Ministero?

 

“Se mi vuole seguire…” disse Samantha con un tono che giudicò essere troppo impacciato.

 

“E’ desiderio dell’Oscuro Signore che ti segua?” domandò secca ed impassibile Narcissa.

 

Ecco la fatidica domanda; probabilmente la signora Malfoy era riluttante nel seguirla sino al Covo Oscuro, questo le era parso ovvio dato il suo attaccamento all’Albun e la sua espressione trita quando l’aveva riconosciuta come Mangiamorte. Quindi, voleva andarsene da quella casa solo nel caso peggiore: un ordine diretto del Signore Oscuro.

 

Samantha rifletté un attimo, senza però lasciare trascorrere troppo tempo; sarebbe stato difficile infrangere un altro immobile e teso silenzio.

 

La Mangiamorte si levò la manica della tunica rivelando il Marchio Nero “La prego, signora Malfoy, mi segua.”

 

Samantha si morse la lingua: forse il suo era sembrato più un ordine tassativo che una richiesta gentile, ma, in effetti, non si sarebbe dovuto aspettare altro la signora Malfoy data l’inflessibile rigidità dei Mangiamorte.

 

Samantha ebbe la sgradevole sensazione di aver cominciato col piede sbagliato la relazione tra lei e Narcissa Malfoy. Già col marito Lucius era iniziata davvero tenebrosa e ostile, e Samantha, per qualche strano motivo, ci teneva a far colpo su almeno uno dei genitori di Draco.

 

A proposito del compagno Mangiamorte… Samantha si augurò che intervenisse presto per interrompere quella tensione e quel silenzio che la Mangiamorte non sopportava.

 

Nel frattempo, Narcissa continuava a restare ostile. Ma nei suoi occhi si era acceso un lampo di terrore alla vista del Marchio Nero.

 

Samantha sentì dei passi pacati provenire dal corridoio che si immetteva direttamente nel salone: ringraziò il cielo! Non avrebbe retto ancora per molto quel silenzio snervante; sicuramente si trattava di Draco, l’amato figlio della donna, che, sicuramente, avrebbe appianato qualunque ostilità e fraintendimento.

 

Anche Narcissa sembrò cogliere il movimento dei passi, perché aguzzò la vista verso il corridoio: ora gli occhi mandavano fiamme ostili.

 

Samantha sospirò interiormente, quasi sogghignando: Narcissa sarebbe stata davvero piacevolmente sorpresa nel riconoscere in suo figlio quello che invece credeva essere un altro Mangiamorte da fronteggiare… in fondo era felice per lei. Le dava l’impressione di una signora composta, di una madre premurosa, e con quell’Albun di Ricordi gelosamente custodito anche di una donna sensibile e gradevole.

 

Samantha si guardò alle spalle ed incontrò la muta domanda di Draco: ‘l’hai trovata?’

 

La Mangiamorte accennò con il capo, facendo un gran sorriso: ‘sì, e sta anche molto bene.’

 

Sul volto di Draco si accese il sollievo e un sorriso di pura emozione che Samantha fu molto felice di vedere.

 

Draco si parò al fianco di Samantha, in piena vista; sua madre lo osservò, boccheggiando, l’espressione del viso totalmente mutata.

 

Tra i due vi fu un intenso scambio di sguardi  dal quale Samantha si sentiva esclusa e d’impiccio. Gli occhi ghiaccio di Draco si erano addolciti considerevolmente, e, quelli azzurri e chiari della madre erano tornati limpidi e luminosi. Le emozioni che si combattevano tra quegli sguardi erano molteplici, ma in entrambi c’era sorpresa e un forte sentimento affettivo che la loro nobiltà gli imponeva di trattenere.

 

Samantha indietreggiò impercettibilmente. Mentre il suo sentore di terza incomoda si acuiva, Narcissa marciò dritta verso il figlio e, senza troppe cerimonie, lo abbracciò.

 

Draco era più alto della donna, il suo mento era reclinato sui morbidi capelli biondi della madre. Il volto di Narcissa era nascosto agli occhi di Samantha, eppure la ragazza giurò di sentirla lievemente singhiozzare, sicuramente tentando di trattenere un liberatorio pianto di gioia. Ancora una volta si sentì d’intralcio e osservò Draco ricambiare con più contegno l’abbraccio della madre; la stretta di Narcissa sembrò approfondirsi.

 

Samantha osservò distrattamente entrambi e, con un vago senso di ruota di scorta, si rese conto che Draco era un vero cocco di mamma.

 

*^*^*^*^*

 

Cimitero di Hogwarts

[I Profanatori di Tombe – Il Cuore di Corvonero]

 

 

“E’ solo una vecchia reliquia del passato. Non può dare più fastidio a nessuno.”

 

Harry ascoltò distrattamente il commento di Regulus. Black se ne stava parato di fronte all’imponente statua dall’aspetto grottesco di un drago con fattezze umane, la stessa statua che aveva ridestato l’antico e acuto dolore nella cicatrice del giovane Potter.

 

Il cuore e gli occhi di Harry erano fissi e concentrati sulle macerie ancora fumanti di quella che un tempo era stata Hogwarts.

 

L’incendio non aveva risparmiato nulla, persino una parte di foresta era irrimediabilmente distrutta; niente sarebbe più cresciuto da quel terreno oscuro e carico di cenere.

 

Gli Auror e gli Eclitti avevano da tempo sgombrato i superstiti e quanti era ancora possibile sperare che si salvassero dalle rovine abbrustolite della scuola: un cumulo di enormi massi color carbone ingombrava lo spazio una volta esclusivamente riservato al profilo imponente di Hogwarts.

 

Harry distolse immediatamente lo sguardo quando Regulus lo invitò a seguire i suoi passi.

 

“Fa esattamente ciò che faccio io. Non c’è bisogno che ti dica che l’eterno letto di riposo dei Fondatori è protetto da straordinari incantesimi di difesa.”

 

Harry rimase in silenzio. Lanciò un’occhiata di sfuggita all’incisione su dura pietra che sorreggeva la statua: *Stai attento a non risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre*

 

Un istantaneo brivido lo colse, un misto tra paura ed eccitazione: forse avrebbe distrutto un Horcrux, ma… a quale prezzo? Silente, un tempo il mago più potente del mondo, aveva sacrificato la propria vita per il recupero di un oggetto che non era neppure l’originale; quale sarebbe stato il pedaggio per l’Horcrux nascosto nelle catacombe del cimitero di Hogwarts?

 

Il giovane Potter strinse il primo dei suoi preziosi amuleti: il falso Horcrux, il falso medaglione di Serpeverde, a cui era legata la promessa stretta con Silente. La mano gli volò sull’altro prezioso oggetto: lo specchio di Sirius, dal quale aveva sempre continuato a sperare di scorgere il volto dell’amato padrino, l’amuleto che portava tutte le speranze di un futuro esorcizzato dalle Potenze Oscure.

 

Regulus si piantò al cospetto della tomba dei Fondatori, onorata in superficie con una magnifica statua dei quattro, uniti mentre puntavano le bacchette nella medesima direzione.

 

Il Black agitò la bacchetta, mormorando una sorta di cantilena: un pannello laboriosamente inciso con scene di importanza storica nella fondazione di Hogwarts si aprì, rivelando un antro oscuro e dei rovinosi scalini di pietra che scendevano.

 

Harry continuò a stringere lo specchio quando si immersero nella tenebrosa apertura. Entrambi attivarono l’incantesimo Lumos e proseguirono nella loro veloce discesa: Harry, alle spalle di Regulus, lo seguiva con un forte senso di pericolo e di inquietudine, tuttavia il cuore gli martellava dall’emozione: dopo tante ricerche sarebbe giunto a distruggere un Horcrux.

 

La discesa sembrò interminabile, immerso in una quasi totale oscurità in uno stretto corridoio ripido che puzzava di umidità e putrefazione.

 

Infine, Regulus arrestò la sua discesa. Harry puntò la bacchetta davanti a sé e scorse i resti di quella che avrebbe potuto essere un pesante portone di pietra.

 

“Ecco l’accesso alla nobile catacomba, dove sono conservati i resti dei Fondatori” annunciò Regulus in tono solenne.

 

Harry si portò a suo pari, bacchetta sempre alla mano con un forte senso di trionfo in gola.

 

“Questa via è già stata battuta” constatò Regulus, analizzando i resti del portone d’accesso con un grande compiacimento “Avevo ragione: l’attacco di Howgarts è stato un diversivo. Mentre i Mangiamorte dell’Oscuro Signore attiravano l’attenzione con un indegno massacro, il più fedele dei suoi servitori provvedeva a penetrare nella tomba e a rimpiazzare un Horcrux: ottima iniziativa. Dopo un disastro tale, la disfatta di Hogwarts, nessuno mai, almeno nei prossimi anni, si azzarderà a calpestare i confini della scuola: così l’Oscuro Signore era convinto di preservare il suo Horcrux ancora per molto.”

 

Regulus oltrepassò la soglia un tempo protetta dal portone di pietra e puntò la bacchetta illuminata davanti a sé; un ghigno gli contorse le labbra: “Pare che d’ora in poi avremo la strada spianata. Suppongo che i trabocchetti siano già stati annichiliti dal Mangiamorte che ci ha preceduto, comunque procediamo con cautela.”

 

Harry annuì silenziosamente, riprendendo l’avanzata al fianco di Regulus. Come aveva previsto il Black non incontrarono intoppi di alcun generi, solo resti di quelli che parevano trappole magiche o fisiche sventate e distrutte.

 

I corridoi proseguivano in fila con il medesimo aspetto: stretti, grondanti di umidità e di puzzo.

 

Ma ad una svolta l’ambiente cambiò bruscamente, come entro i confini di una zona magicamente incantata perché risultasse onorevole e pulita: un ampio salone circolare con le pareti di pietra lucida e levigata accoglieva la versione in miniatura della statua eretta in superficie in onore dei Fondatori.

 

In questa versione però, notò Harry, le bacchette erano puntate in quattro direzioni diverse, esattamente perpendicolari, tutte rivolte verso un punto, lungo la parete, che formava una lieve rientranza addobba dello stemma della Casa corrispondente.

                                   

“I quattro Fondatori riposano qui” mormorò Regulus incantato e rapito dall’effige al centro della stanza “Quattro come gli elementi della tradizione: fuoco per Grifondoro, terra per Tassorosso, aria per Corvonero e acqua per Serpeverde… secondo tale concezione sono anche disposte le segrete Sali Comuni. Io conosco quella di Serpeverde, nei sotterranei, sotto il livello del lago che è pura acqua. Quattro come i punti cardinali… potrei andare avanti all’infinito” si interruppe e lanciò un’occhiata ad Harry “ma sono certo che tu non apprezzeresti col dovuto rispetto la mia lezione, Harry.”

 

“Vorrei solo trovare e distruggere l’Horcrux” dichiarò Harry con voce ferma e decisa “In fretta.”

 

“Così impaziente” mormorò Regulus mentre puntava il dito verso la statua che raffigurava Cosetta Corvonero “Osserva la sua bacchetta e comprenderai il nascondiglio dell’Horcrux.”

 

“C’ero arrivato da solo, grazie” ribatté Harry, d’improvviso spazientito.

 

Il giovane Potter marciò verso la rientranza indicata dalla bacchetta di Corvonero e tastò con ammirazione il bassorilievo della Casa della Fondatrice.

 

“Qual è l’incantesimo per aprire la tomba?” gli domandò Harry con impazienza.

 

“Innanzitutto” cominciò Regulus con voce melensa “Quello è un sarcofago. La tomba è l’ambiente generale in cui sono custoditi i sarcofagi e qualsiasi altro accessorio adeguato a riservare onore ai quattro Fondatori.”

 

Harry lo fulminò con lo sguardo “Vuoi rispondermi?”

 

In principio Regulus non rispose, socchiuse gli occhi e lanciò una rapida occhiata nel salone.

 

“E’ sbagliato” affermò, voltandosi verso le statue dei quattro.

 

“Cosa?” chiese Harry, tornando a fianco di Regulus.

 

“La disposizione dei Fondatori” ribatté il Black, compiendo un giro indagatore attorno alle effigi dei Fondatori “Come ti ho detto prima ad ogni Fondatore corrisponde un punto cardinale e queste statue sono rivolte dalla parte sbagliata.”

 

“Forse dobbiamo spostare le statue finché saranno rivolte dalla parte giusta” propose Harry fremendo dall’emozione: erano sulla strada giusta…

 

“Arguto, Harry” disse Regulus con un sogghigno beffardo “Il problema è scoprire quale incantesimo sia in grado di invogliare le statue a spostarsi: sembra che la sequenza sia corretta, quindi, tutto ciò che dobbiamo fare, è farle ruotare… direi che il giro più corto è quello verso sinistra: due colpi ed è fatta.”

 

Regulus marciò verso la statua di Serpeverde e si accovacciò ai suoi piedi “Qui forse ci sono le istruzioni.”

 

Harry osservò delle incisioni anche alla base delle statue degli altri Fondatori “Anche qui c’è scritto qualcosa.”

 

“Non ha importanza” disse Regulus “Ho la forte sensazione che uno di noi dovrà superare un test per poter muovere le statue. In tal caso sono io il mago più potente e preparato tra i due, Harry… senza l’ombra d’alcun dubbio. Quindi scelgo la prova che mi prospetta Serpeverde.”

 

Riversa la tua anima sulla connotazione di sé stessa.

Solo superato il controllo della sua incorruttibile limpidezza

sarai ammesso alla visione dei resti dei tre

e delle nobili reliquie del più Puro.

 

“Chiaro, non è poi così enigmatico: esige una goccia del mio sangue per verificare la purezza di esso, e desidera che io la versi sulla parola incisa: ‘anima’. Non ci saranno problemi: il sangue dei Black è nobile e antichissimo.”

 

Harry sgranò gli occhi “Come può fare una cosa del genere? Voglio dire… giudicare la purezza del sangue?”

 

Serpeverde creò molti incantesimi oscuri, potenti e misteriosi a suo tempo che, però, decise di tramandare esclusivamente agli eredi puri del suo sangue; non escludo che tra questi potenti incantesimi ne esistesse uno che fosse in grado di valutare la purezza del sangue di un mago” spiegò Regulus mentre, con un controllato incantesimo Diffindo si recideva il polpastrello dell’indice destro.

 

Lasciò che la goccia scendesse pigramente sulla parola anima, incisa su una targa obliqua ai piedi del Salazar Serpeverde in pietra. Il sangue si propagò, quasi guidato magicamente, e riempì i solchi delle lettere: la parola anima risplendette del sangue rosso di Regulus Black, illuminandosi di dorato e poi d’argento.

 

Il bagliore si attenuò e un ingranaggio si accese. Lo scatto del marchingegno fu seguito da uno strusciare di pietra su pietra: infine tutto l’apparato si arrestò e le statue trovarono la loro rispettiva posizione.

 

Anche gli stemmi sulle rientranze della parete avevano cambiato posizione, come trasfigurate.

 

Sia Regulus che Harry si accostarono a quello di Corvonero.

 

“Possibile sia così semplice” bisbigliò Regulus analizzando con circospezione il corvo rampante inciso sulla pietra “Alohomora.”

 

Il pannello si mosse e rivelò l’antro che celava il sarcofago di Cosetta Corvonero.

 

“Pare che qualcuno l’abbia già aperto, come immaginavo. I cardini e le serrature magiche sono distrutti: bene, ci ha risparmiato un po’ di lavoro. Accio sarcofago” pronunciò Regulus, attirando verso di sé la bara di pietra che recava l’effige della Fondatrice.

 

Il sarcofago sembrò fluttuare a mezz’aria, esattamente a livello delle loro mani. Ora Harry poteva vedere le serrature ridotte a resti carbonizzati.

 

“Preparati, Harry” gli disse Regulus con un’occhiata seria “Anche se credo che il tuo stomaco sia allenato alla vista di cadaveri in putrefazione, data le tue numerose e mirabolanti avventure tra gli Inferi. Ma, ti devo avvertire, questo cadavere ha più di mille anni di storia.”

 

Regulus scoprì il sarcofago con un incantesimo; anche il coperchio slittò sulla bara in pietra per fluttuare a mezz’aria.

 

Harry osservò i resti di Cosetta Corvonero che venivano lentamente rivelati mentre il coperchio scivolava sul sarcofago: era una donna di immane bellezza, ancora fresca e pulita come in attesa che qualcuno la risvegliasse da un placido sonno. Aveva pelle diafane e lunghissimi capelli lisci e corvini, dai riflessi che li facevano scintillare come zaffiri, le labbra piene e rosse, le mani esili e delicate incrociate sul petto.

 

“Sembra intatta” disse Harry, fissando, ancora ammirato, quello che avrebbe dovuto essere un cadavere che aveva più di mille anni.

 

“Come sempre le tue deduzioni mi lasciano interdetto, Harry” sogghignò Regulus “Ma ciò non significa nulla: anzi, un’apparenza incorrotta e genuina è proprio ciò di cui ha bisogno un Horcrux per non destare sospetti, per non mostrare apertamente la sua natura oscura.”

 

“Quindi, questo sarebbe un Horcrux.”

 

“Non esattamente” ribatté Regulus “Suppongo che il corpo di Corvonero sia solo l’involucro che lo protegge. Sono abbastanza convinto che il vero Horcrux si trovi all’interno di esso; probabilmente uno degli organi… il cuore.”

 

Harry sussultò “Il cuore? Come puoi dirlo con tanta precisione?”

 

“Ci fu una leggenda secondo cui la bella Corvonero rimase ammaliata dalla mente acuta e ambiziosa di Salazar Serpeverde, ma, come ben sai, il grande Fondatore non era un soggetto facile da conquistare così convinto delle proprie doti e del proprio talento: in effetti, non vi è mai stato niente e nessuno in grado di conquistare un Serpeverde… sono loro che conquistano. Così Serpeverde rubò il cuore di Corvonero e pare che ne rimase in possesso senza badarvi molto finché la donna morì… giovane come puoi vedere, forse stroncata dall’amore respinto.

Ora, il nostro obiettivo è recuperare il cuore di Corvonero che, anche dopo la morte, rimane sottoil giogo di Serpeverde, posseduto dall’anima di un suo discendente.”

 

“Vuoi dire che dobbiamo…?” chiese Harry, esitante: anche se si trattava del recupero di un Horcrux non era certo di poter adoperarsi ad un’autopsia di uno dei Fondatori di Hogwarts.

 

Regulus gli rivolse una smorfia schifata “Non ti sto chiedendo di scuoiare un corpo morto con la finezza tecnica dei Babbani… abbiamo la magia? Allora: usiamola? Si tratta di un incantesimo che utilizzano in prevalenza i Guaritori per operare su organi interni danneggiati.”

 

Il Black cominciò un incantesimo, molto simile ad una cantilena, più decadente e complicata di quella che aveva utilizzato per aprire la tomba dei Fondatori in superficie. Harry riuscì a cogliere sprazzi di altri incantesimi: “AccioEriptoDiffindo

 

Infine, Regulus alzò le braccia sopra la testa, unendo le mani e stringendo la bacchetta tra di esse. Harry osservò stupito e disgustato l’organo di carne quasi pulsante e attorniato da una specie di alone luminoso e verde uscire dal petto di Cosetta Corvonero come se questa fosse stata una bolla d’acqua.

 

Regulus fece fluttuare il cuore di fronte a sé. Allungò una mano scontrandosi contro la barriera luminosa: il contatto fu istantaneo e liberò un lampo di luce verde che somigliava spaventosamente al getto di luce dell’Avada Kedavra.

 

Il bagliore verde fu accecante ed Harry fu costretto a distogliere lo sguardo. Sentì la vibrazione e il sentore di morte della più micidiale delle Maledizioni Senza Perdono: per un attimo, fu certo di voltarsi ed incontrare il volto storto dallo spaventoso stupore del cadavere di Regulus Black. Si stupì molto nel provare soddisfazione e niente rimpianto all’idea della morte dell’uomo.

 

Ma quando si voltò, trovò Regulus vivo, anch’egli circondato da una barriera che sembrava liquida, intento ad afferrare il cuore di Corvonero oltre l’alone luminoso. Allungò le dita che superarono l’ostacolo: parve che la barriera di Regulus avesse la meglio su quella dell’Horcrux. Strinse le dita intorno al cuore pulsante e, a mani nude, distrusse l’Horcrux.

 

Harry distolse lo sguardo mentre il sangue viscoso schizzato dall’organo colava dalle dita di Regulus sul corpo magnificamente preservato di Cosetta Corvonero, sporcandolo di vermiglio e liquido nero e denso.

 

Il Black lanciò il cuore lontano dal sarcofago e questo si spiaccicò sul pavimento di pietra, strisciando e lasciandosi dietro un’appiccicosa scia di sangue.

 

Quindi, Regulus si rivolse al giovane Potter “Andava fatto, Harry, o sbaglio?”

 

Harry rimase muto: la soddisfazione di aver distrutto un Horcrux offuscata da un basso senso di scorrettezza e inumanità. Aveva raggiunto il suo obiettivo, ma non era stato in grado di farlo personalmente, e colui che aveva adempito alla promessa fatta a Silente, era l’autore di un macello.

 

“Non è stato poi così difficile, almeno per uno come me” aggiunse poi Regulus “La barriera che hai visto circondare l’Horcrux aveva lo stesso effetto di un Avada Kedavra.”

 

Ad Harry non venne neanche la voglia di chiedere a Regulus come avesse fatto a sopravvivere alla barriera, ma ci pensò il Black ad intervenire per primo:

 

“Silenzioso, mhh? Strano. Comunque non ho avuto problemi perché sapevo di non poter morire in quel modo: la Maledizione dei Black, già… in un certo senso è utile, sapendo di dover morire per mano della persona che più ami non temi nessun’altro tipo di morte: è una specie di assicurazione.”

 

Harry fu colto da un’ondata di indignazione e di rabbia “E ti sei gettato così? Solo perché c’era la Maledizione dei Black?”

 

Il volto di Regulus diventò di colpo serio e tenebroso: “Non solo per quello. Dopo capirai.”

 

Regulus mosse qualche passo verso l’uscita della sala, non premurandosi nemmeno di richiudere il sarcofago.

 

Harry rimase indietro e con un incantesimo ‘Gratte e Netta’ riuscì a ripulire in parte il macello che aveva fatto il Black: rimise a suo posto il coperchio del sarcofago e la bara di pietra stessa nel suo antro oltre l’effige di Corvonero. Non appena il pannello si abbassò, richiudendo l’antro, le statue ruotarono nuovamente, ritornando nella posizione iniziale.

 

Harry riattraversò la sala, stando ben attento a non calpestare i resti sanguinolenti sul pavimento. Dovette usare l’Evanesco per far sparire il cuore di Corvonero.

 

Uscì dalla sala, totalmente sdegnato, in cerca di Regulus. Lo trovò facilmente seguendo il bagliore della sua bacchetta: parato di fronte ad un arco con un velo svolazzante e dall’aria spettrale, in una muta e ammaliata contemplazione.

 

“Vieni, Harry” bisbigliò Regulus al ragazzo senza voltarsi “Attraversiamo il velo: questo è speciale, non ci accadrà nulla… se volessimo, potremmo anche tornare indietro… ma solo tu lo farai, io resterò là dietro, con lui. Oltrepassiamo l’arco insieme, così, entrambi, potremo rivedere lui.”

 

*^*^*^*

[Il Militare e la Francesina

“Voulez-vous couchez avec moi?”]

 

 

Giulie non sapeva perché aveva seguito sua cugina in quel caotico, inglese edificio che chiamavano Ministero. Di certo non l’aveva fatto per aiutarla – come faceva tutta la sua idiota famiglia da quando era nata, ma ancor più adesso da quando era giunta la bonne nouvelle del marmocchio in arrivo – né perché glielo avevano ordinato; solo per curiosità.

 

L’edificio non era così interessante come si era aspettata: un normale palazzo con uffici, e naturalmente, la magia. Ma quella era una parte così banale nella sua vita che non provava nessun piacere nel vedere cabine telefoniche che funzionavano come ascensori babbani o buste che svolazzavano da tutte le parti.

 

Inoltre, esteticamente, il Ministero faceva proprio schifo. Grigio compatto e bianco, con qualche sprizzo di verde e giallo per i serramenti. Quasi, quasi era meglio quello francese, il che era tutto dire per lei.

 

Fleur aveva cercato di intavolare una conversazione con lei sul suo matrimonio e su suo marito, con scarsi risultati: Giulie si era rinchiusa in un ostinato silenzio che non aveva voglia di rompere, così aveva lasciato la cugina nel suo monologo per elogiare Bill Weasley – se aveva capito bene.

 

La seguì sperando di trovare qualche inglese interessante da abbordare o almeno con cui divertirsi: mentre passava per i corridoi, Giulie lanciò qualche occhiata ammiccante e occhiolini a destra e a manca, lasciando i funzionari del Ministero a bocca aperta – ma con suo sommo dispiacere, nessuno aveva avuto il coraggio di parlarle.

 

Uffi, qui si prospettava una vacanza noiosa, tra la sua famiglia e gli inglesi timidi.

 

Un gridolino di Fleur le fece alzare gli occhi, pesantemente coperti da eyeliner e da un ombretto viola scuro: la cugina si era gettata tra le braccia di un giovane alto, con i capelli lunghi rossi legati in un codino, metà viso sfigurato da una cicatrice e un paio di vispi occhi chiari che scintillavano d’intelligenza.

 

Giulie si chiese perché mai un tipo così promettente come Bill Weasley avesse scelto come compagna quella piattola di Fleur Delacour.

 

Insomma, Giulie doveva ammettere che il Weasley era assai interessante, con cicatrice e la giacca di pelle di drago: aveva l’aria del ribelle che le piaceva immensamente e un sorriso un po’ malizioso che completava quel quadretto.  Non sembrava proprio il tipo noioso che i suoi genitori e quelli di Fleur volevano come parente, eppure… Bill era il marito di Fleur.

 

Per una volta, Giulie dovette convenire che la cugina aveva buon gusto.

 

“E lei chi è? Non me la presenti?” chiese il Weasley, indicandola con un cenno di capo.

 

Fleur le indirizzò uno sguardo possessivo a cui lei rispose con un sogghigno e disse: “Bill, questa è la mia cugina Giulie Delacour. È francaise, come moi, ma ha vissuto per en peu in Inghiltera.”

 

Bill le sorrise e allungò una mano, stringendo la sua. “Piacere, chiamami Bill.”

 

Lei rispose al sorriso con una punta di malizia. “Il piacere è tutto mio, Bill.” Sussurrò socchiudendo appena le palpebre e massaggiando con il pollice la mano dell’inglese.

 

Questi inarcò un sopracciglio e si staccò dalla presa, sospettoso. Gli dava fastidio che ci provasse con lui? Teneva davvero a Fleur?

 

La cugina era arrossita per la rabbia. Oh beh, pensò Giulie ridendo silenziosamente, almeno questo è divertente.

 

“Hai davvero un ottimo accento.” Disse pacato Bill, cercando di allontanarsi.

 

Giulie alzò le spalle. “Quando hai passato l’infanzia in un college inglese, non ti scordi più come si parla.” Spiegò sinteticamente, spiando le reazioni dei due: Bill era accanto a Fleur e lei gli stritolava il braccio. Troppo uniti.

 

Maledizione, la cugina aveva trovato un marito fedele! Non rispondeva ai suoi sguardi… e tentare in tutti i modi di portarselo a letto si prospettava difficile e faticoso, non ne aveva la ben che minima voglia.

 

Così si dileguò con la scusa del bagno, cercando qualche nuovo soggetto con cui giocare.

 

Aveva provato ad approcciare un paio di impiegati, anche piuttosto carini, ma le erano sembrati tutti così scialbi. Uhm, forse era vera la voce secondo cui gli inglesi erano dei finocchi.

 

Uffa… che noia.

 

“Ehi francesina!”

 

Una voce forte le tuonò nelle orecchie, fermandola.

 

Con una piroetta elegante si voltò sfoderando uno dei suoi sogghigni maliziosi e trovandosi davanti un uomo vestito in uniforme militare che gli dava una certa aura affascinante, questo Giulie doveva ammetterlo.

 

Inoltre, avendolo già fronteggiato, sapeva benissimo che quell’uomo era divertente.

 

“Ehi militare… ti sono mancata?” bisbigliò con voce appena arrochita sbattendo le ciglia lunghe e bionde verso di lui.

 

Marshall alzò un sopracciglio come se il suo tono non l’avesse scalfito.

 

“Francesina, sono venuto solo per darti un consiglio: non provocarmi mai più.”

 

Giulie sbuffò, giocosa, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi scalati e appoggiando l’altra sul fianco. “Che peccato… e io che speravo di poterti rivedere ancora, militare!”

 

Gli occhi di Marshall si assottigliarono, dandogli un’aria pericolosa che le piacque.

 

Com’è che si dice? Ah, già: non si gioca col fuoco.

 

Giulie adorava disobbedire ai cari vecchi proverbi.

 

“Ci stai provando con me, francesina?” le domandò divertito, sogghignando e abbassandosi fino all’altezza degli occhi cristallini di Giulie.

 

Credeva forse di intimorirla con la vicinanza? Per chi l’aveva presa?! Lei non era mica una signorina casta e timida.

 

Senza imbarazzo, Giulie allungò il collo fino a toccare con il proprio naso la punta di quello di Marshall, sempre sorridendo. “Probabile.” Rispose sfacciatamente, incrinando appena la testa con un’espressione divertita. “Mi piacciono gli uomini in divisa…” confessò serafica, giocherellando con le medaglie appese al pettorale di Marshall.

 

L’uomo corrugò la fronte, spiazzato da tale comportamento. Da quando le francesi erano così sgualdrine?!

 

Marshall si sistemò la divisa, calcolando rapidamente come comportarsi per mettere a disagio quella francese impudente. Non aveva ben digerito come l’avesse provocato davanti a tutti – in special modo davanti al trio di imbecilli che lo aveva divertito ad Hogwarts – e non digeriva il suo sguardo lussurioso e quei movimenti artificiosi studiati appositamente per far cadere gli uomini nelle grinfie di quella strega.

 

Doveva ammettere però che era bella, la francese. Molto più bella di Janet, sua moglie, anche se erano tutte e due bionde e mediamente alte. Rimaneva però una puttana, mentre Janet era stata posata, educata e con un sorriso gentile dipinto perennemente sulle labbra.

 

“Che c’è?” gli occhi chiari della francese lo stavano apertamente deridendo. “Ti faccio paura, militare? Proprio a te che dovresti essere quello rispettato e temuto?”

 

Giulie rise forte, buttando indietro la cascata di folti capelli biondi.

E Marshall non ragionò più.

 

Con uno scatto fulmineo, che Giulie non ebbe il tempo di registrare, le prese il polso e, aperta di scatto una porta, la buttò dentro ad un ufficio buio polveroso. Giulie non ebbe il tempo di capacitarsi di quello che era successo, che Marshall tirò fuori la bacchetta e, mormorato un “Colloportus” verso l’uscio, sigillandolo, e la schiacciò con il proprio corpo contro il muro freddo e umido.

 

Giulie sorrise obliquamente anche in quella situazione, il cuore che batteva furioso ed eccitato e l’amata e ricercata adrenalina che pompava nelle vene dandole una sensazione di impagabile piacevolezza.

 

“Dovrei mettermi ad urlare?” lo provocò a bassa voce, ridendo.

 

Sentì i potenti muscoli di Marshall avvicinarsi ancor di più al suo corpo ormai schiacciato e la barba corta e ispida di lui – avrebbe dovuto riuscire a convincerlo a tagliarla, si annotò mentalmente – che le raschiava la pelle delicata della guancia.

 

“Francesina… potrei farti di tutto qui, da soli, basta solo che mormori un Incantesimo Silenziatore e tu saresti in mia balia…” le sussurrò pericolosamente all’orecchio, le mani che le imprigionavano i polsi contro il muro.

 

Giulie trattenne un gemito misto tra dolore – la presa sui polsi era così maledettamente ferrea – e di eccitazione.

 

“Chi ti dice che non voglia proprio questo, militare? Ricordi? Ci stavo provando con te… e ci sto provando ancora.” Rispose rocamente, inarcando appena la schiena fino a fregare il giubbotto di pelle contro la divisa calda del Capitano.

 

Questi gemette rocamente, il fiato leggermente accelerato.

 

“Cazzo…” annaspò Marshall chiudendo gli occhi nel tentativo di dominare l’istinto di infilare una mano sotto la minigonna che indossava la francese e tastare la pelle muda sotto le calze a rete portate impudentemente anche in inverno.

 

Giulie sorrise all’esclamazione. “Ahacazzo.” Ripetè con voce controllata e calma, mentre la sua lingua scivolava lenta sulla guancia ruvida di Marshall, mozzandogli il respiro.

 

L’Eclitto non riuscì a contenersi: le lasciò i polsi e, mentre una mano giocherellava con una coscia sapientemente piegata verso di lui, l’altra afferrò Giulie dietro il collo, guidando le sue labbra verso la bocca di lui che le chiuse con un bacio.

 

Il respiro di Giulie si fece affrettato mentre una mano di Marshall risaliva lenta lungo la coscia e le labbra di lui giocavano con le sue, prima di invadere con la lingua la sua bocca.

 

Le sembrava di avere un formicolio particolarmente piacevole per tutto il corpo, ovunque questo venisse a contatto con la stoffa del vestito del militare, facendola fremere di frustrazione: sentiva il bisogno di adrenalina, e aveva come l’impressione che Marshall era la risposta ai noiosi pomeriggi inglesi che le si prospettavano.

 

Forse, almeno le notti sarebbero state divertenti, pensò coerentemente prima di miagolare nella bocca di lui non appena la sua mano si chiuse con decisione sul suo fondoschiena, sorprendendola piacevolmente.

 

“Adesso non parli più, eh, francesina?” le domandò arrogante Marshall staccandosi dalle sue labbra per lambirle di baci la mandibola.

 

Istintivamente Giulie tirò indietro il collo.

 

“Militare… questo era il mio –” si interruppe strozzandosi con un gemito “– scopo.” Finì, ansimante, accarezzandogli i capelli e la schiena con le lunghe dita curate.

 

Marshall rise. “Almeno quando ti tocco parli come piace a me.” La prese in giro, fissandola con occhi appannati di lussuria.

 

Giulie ricambiò lo sguardo intensamente. “Anche a me piace come mi tocchi.” Sorrise maliziosa. “Ma mi piacerà di più quando io ti sentirò gemere quando ti tocco.” E detto questo lasciò scorrere la mano verso il basso, sotto gli occhi sgranati e sorpresi del militare.

 

Marshall sogghignò. “Vedremo, francese.”

 

“Come vuole, militare.”

 

Giulei fece per riavvicinare le labbra a quelle dell’uomo, quando la radio attaccata alla cintura di Marshall vibrò.

 

L’uomo con disappunto si staccò da lei e guardò l’apparecchio. Infine, rilasciò un grugnito di disappunto.

 

“Devi andare, immagino.” Commentò secca Giulie, sistemandosi capelli e gonna e massaggiandosi i polsi.

 

Marshall annuì. “Di nuovo il concilio, quel cumulo di vecchi… non sanno cosa fare senza di me.” Borbottò scocciato di essere stato interrotto.

 

Alzò lo sguardo verso di lei, indugiando sulle calze – che aveva rotto – e sulle labbra gonfie.

 

Certo che la francese era divertente, e anche disponibile. Da quanto non toccava la pelle di una donna con così tanta energia? Da quanto non si divertiva in quel modo?

 

Marshall sogghignò compiaciuto. “Ehi, francese.”

 

“Uh?” Giulie lo fissò con aria innocente. “Che c’è, militare?”

 

Marshall ampliò il ghigno. “Ti devo ancora dare una lezione per la tua arroganza.” Le disse, implicando tutt’altro e lo sapevano ambedue.

 

Giulie alzò un angolo della bocca. “Quello arrogante sei tu, militare. Ti posso benissimo tenere a bada… dimmi quando vorresti darmi una lezione.”

 

“C’è un albergo magico famoso detto ‘Il Paiolo Magico’, non farai fatica a trovarlo se chiedi a qualcuno. Io sarò lì stanotte verso le dieci.”

 

Giulie ammiccò. “Bene, ci sarò.”

 

Con un “Finitem Incantatem” la porta si aprì e i due partirono per diverse direzioni, come se non si conoscessero affatto, ma in verità, sia Marshall che Giulie non facevano altro che ripensare a quell’appuntamento che sembrava cancellare un po’ di noia dalle loro vite, anche se in modo diverso: per Giulie era una corsa sul filo del rasoio, il gusto del proibito di disobbedire ai criteri da casta che la sua famiglia aveva cercato di affibbiarle, per Marshall un passatempo dopo aver esercitato la sua influenza sul concilio.

 

*^*^*^*

Oltre il Velo

[L’altro Horcrux – i Fratelli Black]

 

 

Harry varcò la soglia che delimitava l’antico e poderoso arco: il velo gli scivolò sul viso e lo lasciò delicatamente entrare in uno spazio fluttuante e luminoso. Harry trattenne il fiato; la paura venne surclassata dallo stupore: un illimitato corridoio costeggiato da arcate simili a quello che aveva appena varcato, i veli spettrali fluttuavano placidi come sospinti da un lieve soffio di vento…

 

Era forse un collegamento con il velo dell’Uffico Misteri che aveva così indegnamente risucchiato la vita di Sirius. Una debole speranza cominciò a farsi largo nel cuore di Harry:

 

“Perché siamo qui?”

 

“Ora aspetto il mio destino: la Maledizione dei Black si compirà qui” declamò Regulus con un’ombra oscura negli occhi.

 

“Che significa?”

 

Regulus gli rivolse un’occhiata vuota:

 

“Una volta mi chiedesti perché mi ribellai all’Oscuro Signore, perché tentai e riuscii a scovare il segreto degli Horcruxes… Non avevo realizzato quanto fosse brutale e impietosa la sua scalata al potere e l’Oscuro Signore mi chiese la conferma, esigendo la mia più totale fedeltà: volle che torturassi e, infine, uccidessi mio fratello. Probabilmente aveva scoperto che Sirius era il Custode originale della dimora nascosta dei Potter, ma poi le carte in tavola si ribaltarono e fu Peter Minus a svelargli il loro nascondiglio e a decretarne la morte. Ma io non potevo dimenticare ciò che mi aveva chiesto e ciò che ancora richiedeva, anche se mio fratello non costituiva più una fonte di informazione rilevante… l’Oscuro Signore desiderava che io uccidessi Sirius… ma io non volevo.”

 

“E ora, lui verrà qui e finalmente potrò rivedere il suo viso e la Maledizione dei Black si compirà.”

 

Harry trattenne il fiato, scostando finalmente lo sguardo dall’infinito corridoio di setosi veli svolazzanti. Mosse i suoi occhi smeraldo su Regulus e gli si mozzò il fiato: un’ombra oscura, come dei tentacoli bui, si agitava sul corpo dell’uomo.

 

La cicatrice di Harry cominciò a pulsare e il ragazzo si ritrovò accasciato a terra dal dolore.

 

Co-cos’è?” riuscì a mugugnare tra le fitte che scuotevano il suo corpo.

 

“Lo sai, Harry: oltre il velo è visibile l’anima di un individuo. Perché credi che io, tenuto fuori dal mondo per più di diciassette anni, conoscessi i profondi segreti dell’Oscuro Signore, i piani oscuri che aveva in mente dopo la sua rinascita; eppure te lo dissi una volta: non sei il solo ad avere un contatto con l’Oscuro Signore… tu hai la cicatrice e io ho un pezzo della sua anima.”

 

Harry spalancò gli occhi, il fiato gli morì in gola.

 

“Sì, Harry. Ecco perché non temevo la morte quando ruppi l’incantesimo che proteggeva la tomba di Corvonere, certo, c’era la Maledizione dei Black, ma, in più, o forse proprio in combutta col destino della mia famiglia, il pezzo di anima del Signore Oscuro mi fornisce una potente protezione: io sono difficile da uccidere, come Horcrux umano.”

 

“Ecco perché” sibilò Harry, stringendo la bacchetta “Hai detto che, qualunque cosa tu possa fare, non potrai mai vedere la morte di Voldemort e perché, tu, prima devi morire.”

 

“Bravo, Harry, perspicace. Quando tentai di distruggere il medaglione di Serpeverde con l’aiuto di Lyons Kaus tutto quello che riuscimmo a fare fu liberare il pezzo di anima, ma non distruggerla… fui io a bere la pozione per arrivare all’Horcrux e, vagamente, conoscevo il destino che mi sarebbe spettato: morire avvelenato entro poco tempo… per questo scrissi quel messaggio, firmato R.A.B. (Regulus Arcturus Black). Al tempo non sapevo della Maledizione dei Black… forse fu proprio quella ad impedirmi di morire così, avvelenato dalla pozione… perché io dovevo morire ucciso dalla persona che più amassi.

E’ qui che la Maledizione della mia famiglia diventò provvidenziale, forse, proprio per il mio destino, non mi fu permesso di morire a quel modo, avvelenato, e così l’anima vagante che avevamo liberato dal medaglione trovò ristoro nel mio corpo, ovviamente contro la mia volontà: ma, grazie a quella, fui salvato perché diventai un Horcrux vivente, immune a qualsiasi tipo di veleno, una fortezza umana per preservare l’anima del Signore Oscuro.

Inoltre, in quella pozione, lasciai la mia memoria liquida – simile alla sostanza evanescente e fluida del Pensatoio – Quando la bevvi allucinai dal dolore: rividi gli attimi più sofferenti degli ultimi mesi, la richiesta che mi fece l’Oscuro Signore… me lo disse Lyons Kaus, io non rammentai nulla di quei momenti sotto l’effetto allucinante della pozione. Là, in quel liquido che stava a guardia del falso medaglione di Serpeverde riversai involontariamente i miei più biechi timori.

Nessuno conosceva questo mio segreto, né Lyons Kaus, né l’Oscuro Signore… soltanto Piton.”

 

“Perché, Piton?” domandò Harry a denti stretti, gli occhi e la bacchetta puntati sui tentacoli oscuri che attanagliavano il corpo di Regulus: poteva distruggere un altro Horcrux “Perché l’hai detto a Piton?”

 

“Perché anche lui è in una situazione simile” confessò Regulus “Anche lui è legato indissolubilmente alla vita dell’Oscuro Signore… solo che lui ne fornisce il sostentamento, già te lo spiegai una volta, ma pare che tu non abbia compreso la portata di quella rivelazione.”

 

“Me l’hai già detto” disse Harry spazientito “Piton è quello che alla creazione del primo Horcrux ha permesso a Voldemort di condividere la sua anima per evitare che la propria si destabilizzasse.”

 

“Bravo, Harry, hai studiato” sogghignò Regulus “Ma continui a non renderti conto della portata di questo fatto… ma pazienza. Solo sappi che, forse, Piton non è poi così cattivo come sembra.”

 

“Ha ucciso Silente!” esplose Harry “L’ha ucciso e lui gli aveva dato protezione e fiducia: per me questo basta per giudicarlo: è uno schifoso traditore e doppiogiochista, merita solo la morte!”

 

“E dunque quella si guadagnerà” sentenziò Regulus con una bizzarra voce profetica “Ma rifletti bene sulla profezia, sulle sue parole.”

 

Regulus mosse qualche passo deciso verso Harry. Il giovane Potter levò la bacchetta più alta e non accennò ad indietreggiare.

 

“Perché i tuoi genitori hanno sfidato l’Oscuro Signore per tre volte? Cos’hanno fatto?”

 

“Non lo so” disse Harry con un soffio, la bacchetta ancora fermamente puntata contro l’ombra oscura sulla pelle dell’altro.

 

“Cerca di scoprirlo” disse Regulus “E’ l’ultimo consiglio che ti do. Dopo questa notte non sarò più disponibile per svelarti i misteri della vita e degli Horcruxes. Dovrai imparare a cavartela da solo, senza l’aiuto di un protettore.”

 

“Me la caverò da solo! Lo faccio già da molto” ringhiò Harry contro l’uomo.

 

Regulus gli rivolse un sorriso ironico al quale Harry rispose sventolando minacciosamente la bacchetta, come sul punto di scagliare una robusta fattura.

 

“Non ho paura. Non sarai tu ad uccidermi, Harry… non sei tu la persona più cara per me.”

 

“Lo vedremo” borbottò Harry, un’ondata di risoluzione lo invase, più potente di quella che lo aveva spinto a cercare Piton per ucciderlo “Ho giurato a Silente che avrei distrutto tutti gli Horcruxes e poi Voldemort: e tu sei un Horcrux!”

 

Harry si scagliò contro Regulus, ma prima che potesse avvicinarsi venne respinto da un violente schiantesimo che lo fece strisciare lungo un buon tratto di corridoio.

 

Il giovane Potter si rialzò a fatica e un lampo rosso subito lo accecò, sollevandolo da terra e scaraventandolo ancora più lontano.

 

“La differenza tra di noi è incolmabile, Harry” gli urlò Regulus con un sogghigno “Io, dopotutto, ero un abile Mangiamorte e devo dire che il frammento di anima dell’Oscuro Signore ha accresciuto enormemente il mio potere: non hai speranze contro di me.”

 

Harry tentò nuovamente di alzarsi per combattere, ma uno scintillio poco distante attirò la sua attenzione: uno specchio dal vetro incrinato giaceva sul duro pavimento di pietra. Forse, durante la caduta gli era scivolato dal mantello, andando ad infrangersi al suolo.

 

Il giovane Potter lo raccolse con disperazione, abbandonando persino la bacchetta: lo specchio di Sirius era rotto. Lo stesso specchio in cui aveva creduto di scorgere l’amato volto del padrino… neanche quell’oggetto, suo prezioso ricordo, era stato in grado di proteggere.

 

Sirius” quasi singultò, reggendo tra le mani tremanti lo specchio infranto.

 

Il giovane Potter udì l’eco della sua supplica e attese un vuoto silenzio.

 

Ma una calda voce famigliare gli rispose: “Harry.”

 

Il respiro fu violentemente trattenuto mentre levava lo sguardo per incontrare due occhi scuri e famigliari, ma evanescenti. Il fantasma di Sirius fluttuava a pochi centimetri da lui.

 

Harry si alzò di scatto, travolto da un’ondata di incredula felicità: i lunghi capelli scuri e spettinati, il breve accenno di barba incolta, gli occhi scuri e i lineamenti che celavano una passata e grande bellezza.

 

“Aspetta!” lo ammonì Sirius, indietreggiando a velocità sorprendente “Non toccarmi, sono pericoloso sotto questa forma.”

 

“Ma, Sirius, tu…?” biascicò Harry ancora dominato da un irrefrenabile impulso di avvicinarsi all’uomo.

 

“Non sono un fantasma” ribatté Sirius “Credo di non esserlo, almeno – si fissò le mani trasparenti e luminescenti – da quando ho varcato quel velo sono rimasto qui, non mi è stata data la possibilità di andarmene, quindi, forse, io sono…”

 

“Sei comunque morto” mugugnò sordidamente una voce alle spalle di Harry.

 

Il giovane Potter si voltò appena in tempo per evitare una robusta fattura scagliatagli da Regulus.

 

“Hai ragione” proseguì Regulus “Non sei un fantasma: i fantasmi sono impronte di anima, mentre tu sei anima pura. Se solo dovessi avvicinarti ad un essere vivente il tuo solo tocco basterebbe a scindere l’anima dal corpo e, dietro questo velo, ciò equivarrebbe alla morte. Anche per un Horcrux vivente come me sei davvero pericoloso, caro fratello Inutile.”

 

Sirius fremette da capo a piedi, il che fu impressionante dato che il corpo era totalmente inconsistente:

 

“Stupido fratello, non osare più chiamarmi così” ringhiò a voce poco più alta di un sussurro “E’ da quando ho scoperto che sei ancora vivo che voglio ucciderti… dopo tutto quello che hai fatto a Harry.”

 

Regulus scrutò lo sguardo mortifero del fratello e un’ombra di tristezza gli attraversò gli occhi “Come fai a saperlo?”

 

“Lo specchio, attraverso quello potevo vedere quello che accadeva nel mondo… è ho visto quello che hai fatto ad Harry.” rispose Sirius con voce velenosa.

 

“Sono diventato il suo mentore” ribatté Regulus con voce più calma e pacata.

 

“Sbagliato!” strepitò Sirius “Lo hai preso in giro, lo hai ingannato, lo hai persino tradito con Mocciosus e stavi per mandarlo a morire al Ministero… sapevi di Hogwarts, ma non hai fatto nulla.”

 

“Per tutto quello che hai fatto meriti di morire e non mi importa nulla se sei mio fratello” urlò Sirius quasi sputando.

 

Il volto di Regulus si fece d’improvviso più sereno e luminoso “E sarai tu a donarmi la morte… proprio come vuole la Maledizione della nostra famiglia.”

 

In un istante, Harry comprese il drammatico significato della Maledizione dei Black: Sirius sarebbe stato il carnefice di Regulus; il minore che guardava al maggiore con una segreta ammirazione e con affetto represso sarebbe stato vittima dell’amato fratello.

 

Sirius si gettò su Regulus come un lampo, con la velocità spettrale e fluttuante che solo un essere non umano può avere.

 

La bacchetta di Regulus restò mollemente rivolta a terra, l’uomo non fece nulla per contrastare l’avanzata di Sirius, non oppose resistenza.

 

Ad Harry sembrò di vederlo abbandonare la bacchetta: questa scivolò dalle sue dita e sbatté sul pavimento di pietra con un rimbombo legnoso.

 

Le mani di Sirius furono sul suo collo in un attimo: gli arti evanescenti del fratello maggiore si strinsero e tirarono; l’anima di Regulus cominciò a scindersi dal corpo.

 

“Ti ucciderò!” sbraitò Sirius in facci al fratello “Morirai qui!”

 

“L’ho sempre pensato” bisbigliò Regulus con un filo di voce “Sei tu l’ultimo dei Black. Sei sempre stato l’ultimo in tutto… Inutile.”

 

Sirius affondò la presa e Regulus sussultò più forte.

 

“Ma” continuò il più giovane dei Black “Non ti puoi sottrarre al tuo destino.”

 

Con il fievole sprizzo di forza che gli restava in corpo, Regulus afferrò il braccio destro di Sirius, artigliando le dita nella sua pelle.

 

“Ora… spetta a te… portare questo fardello” sussurrò con la voce che si indeboliva sempre di più.

 

Sirius non ebbe il tempo di ringhiare contro il fratello: l’ombra che macchiava la pelle candida di Regulus stava allungando i suoi tentacoli verso di lui. Lentamente, quel frangente di anima oscura scivolò sulle braccia di Sirius e gli invase tutto il corpo.

 

“Cosa… cosa hai fatto!?” strillò Sirius col volto deformato dalla rabbia.

 

Il fratello maggiore strinse la morsa e Regulus trasalì, al limite delle proprie forze “Ora sei tu… il… nuovo… Horcrux.”

 

“Maledetto! Maledetto! Non potevi morire e basta? Perché?”

 

Regulus gli sorrise lievemente di rimando “Perché… devi… devi provare… la Maledizione… dei Black.”

 

“No!” strepitò Sirius “Io non appartengo a quella stupida famiglia! L’ho abbandonata tanto tempo fa!”

 

“Eppure” singultò Regulus allo stremo “Hai… continuato… a… farti chiamare… SiriusBlack.”

 

“Questo non importa!” gridò Sirius “Io me ne sono andato da quell’orribile famiglia. Il mio nome, la mia esistenza è stata cancellata dall’arazzo di famiglia. Per me la Maledizione non esiste perché nessuno della Nobile e Antichissima Casata dei Black – sibilò Sirius con sprezzo – mi ha riconosciuto come un pari: voi vi siete dimenticati di me, sono sparito dalle vostre menti, non sono mai esistito per voi… ma così, meglio per me! Per me non c’è nessuna Maledizione perché nessuno di voi si è ricordato di me!” esclamò, infine, trionfante.

 

“Ti… ti… sbagli” esalò Regulus, le palpebre che cominciavano a calare sugli occhi stanchi e vuoti “Per… te… c’è… la Maled… - il volto si riversò su un lato e diede in un potente colpo di tosse, ma gli occhi quasi serrati tornarono sul volto del fratello - … già… tu sei… un… Black… ma è… colpa… mia… io… io…”

 

… non ti ho mai dimenticato. Sei sempre stato mio fratello.

 

Bisbigliò, o forse pensò. I suoi occhi profondi e scuri si spensero guardando il volto cupo di Sirius. Non seppe mai se suo fratello l’avesse sentito.

 

Sirius abbandonò il corpo morto di Regulus, osservando l’ombra scura che tingeva la sua pelle: un brivido istantaneo lo colse.

 

“Maledetto Regulus” sibilò a denti stretti.

 

Sirius” bisbigliò Harry alle sue spalle; il volto del padrino era adombrato da un’intensa oscurità.

 

Sirius si voltò verso il nipote e gli rivolse un sorriso amaro “A quanto pare il mio fratellino avrà presto compagnia nella tomba. Oggi finisce l’ultimo dei Black.”

 

Harry trattenne il fiato e poi esplose “No! Ora che ti ho ritrovato non penserai davvero di andartene, di morire?”

 

“Sono già morto, Harry” disse Sirius con rassegnata calma “Ma questo velo non mi permette di andarmene, mi ha bloccato in questa specie di limbo: ero legato sia al mondo dei morti che a quello dei vivi. Ovunque tu andassi, sentivo la tua presenza, ero vicino a te… lo specchio che hai custodito con tanta gelosia, Harry… quello era il nostro legame.”

 

Il giovane Potter osservò il vetro infranto dello specchio e agitò violentemente la testa “No! Se sei qui vuol dire che puoi tornare! Basta che riattraversi il velo… con me! Combatteremo Voldemort e lo sconfiggeremo… insieme!”

 

Un lieve sorriso si formò sulle labbra di Sirius.

 

“E’ la stessa cosa che mi disse James quando ci unimmo all’Ordine e continuava sempre a ripeterlo… insieme… anch’io lo volevo, Harry. Ma adesso basta rimuginare sul passato, sono sempre rimasto attaccato al passato, a quei ricordi felici perché era l’unica cosa che mi permetteva di sopravvivere ad Azkaban. Ma ora ne sono uscito” continuò Sirius con più energia e decisione, il volto stanco si faceva più superbo “Sono pronto a ricevere quello che mi spetta, sono pronto ad andarmene… non dimenticherò mai tuo padre, Harry, ma quei ricordi mi stanno accecando.”

 

Harry lo fissava sbalordito con una sgradevole sensazione di bassezza nelle viscere: non voleva che si separassero, non voleva lasciarlo andare… di nuovo.

 

“E’ tutta colpa mia” borbottò Sirius “Aveva ragione la vecchia signora Weasley… tu sei James, per me almeno. Ti ho sempre visto come la copia di James, il mio caro vecchio amico fuori di testa. Siete identici, e io volevo che fossi identico a lui in tutto e per tutto, che fossi un mio pari, l’unico alla mia altezza… e non mi sono curato delle conseguenze. Ora spetta a te finirmi, Harry.”

 

S-sirius?” bofonchiò Harry, esterrefatto.

 

“Basta un semplice colpo di bacchetta, un incantesimo che quello stupido di mio fratello ti ha insegnato… così la mia anima potrà andarsene e non diventerò un fantasma.”

 

“Perché no!?” esclamò Harry disperato “Perché non potresti diventare un fantasma? Così potremo parlare comunque anche se tu… sei morto!”

 

“No, Harry” ribatté Sirius con dolcezza “Coloro che diventano dei fantasmi restano legati al mondo terreno, ma non perché sentono il bisogno di stare vicino ai propri cari… hanno un debito, c’è qualcosa che nella loro vita non hanno concluso, che è rimasta incompiuta. E io il mio debito lo saldo con te: libera la mia anima.”

 

“Perché?” eruppe Harry “Perché dovrei fare una cosa del genere?”

 

“Perché sono un Horcrux.”

 

Le parole di Sirius investirono Harry in tutta la loro sconvolgente rivelazione; gli occhi smeraldo del ragazzo saettarono ai tentacoli oscuri che adombravano la figura evanescente del padrino: una parte dell’anima di Lord Voldemort.

 

“Mio fratello ha pensato bene di farmi un regalino prima di andarsene” sogghignò Sirius, tuttavia privo di rancore “Devi liberare la mia anima perché questo è il destino dei Black.”

 

“Quando mai!” esplose Harry “Quando mai ti sei piegato al destino dei Black, Sirius!?”

 

“Mai!” ribatté Sirius con decisione “Sono sempre stato un cane sciolto, selvatico e ribelle, sempre scostante, sempre in bilico in qualunque situazione… il nome dei Black mi ha sempre perseguitato e io l’ho sempre scacciato via come la peste… ma adesso, Maledizione o no, per quanto io desideri rimanere con te… devo morire.”

 

“Se desideri davvero restare con me, allora rimani! Perché dovresti voler morire?”

 

“Harry” disse Sirius lievemente “Sono un Horcrux. E se non mi aiuti ad oltrepassare definitivamente il velo, se non liberi la mia anima, Lord Voldemort continuerà ad esistere… in eterno.”

 

“Ti libererò da quelle macchie oscure. Troveremo un modo!” sbraitò Harry.

 

Sirius scosse la testa “No. Cerca di capire: io non farò come Regulus, lui ha chinato il capo e si è lasciato morire perché la Maledizione dei Black lo ha conquistato… io decido di morire perché Lord Voldemort, un giorno, possa sparire… e sarai tu, Harry, a farlo, non è vero?”

 

Un muto rantolo di orrore uscì dalle labbra di Harry, una fastidiosa sensazione cominciava a pungergli gli occhi: come poteva chiedergli di diventare il suo carnefice? Possibile che scegliesse la morte e non la vita?

 

Ma Sirius gli sorrise con quel modo complice e paterno.

 

Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno… capisci, ora? Tu hai la tua Profezia e io la Maledizione dei Black… entrambi potremmo voltare le spalle a quello che è stato predetto essere il nostro destino e, se davvero lo facessimo, forse non accadrebbe nulla di quello predetto… ma noi lo affrontiamo il nostro destino, perché scegliamo di seguirlo, perché sappiamo che è il cammino giusto: così noi ci costruiremo il nostro destino. E il mio destino è di morire e voglio che sia la persona che più amo al mondo ad aiutarmi ad oltrepassare il velo: sei tu, Harry… e il fatto che io ti scelga perché sei il mio amato nipote non significa che io mi stia piegando alla Maledizione dei Black, al contrario, io scegliendo, la domino.”

 

La bacchetta tremava ancora tra le dita di Harry, lacrime calde minacciavano di cadere dai suoi occhi: due parole gli uscirono dalla gola: “Ho capito.”

 

Sirius gli rivolse un ampio accenno con orgoglio, gli occhi ancora luminosi e dolci.

 

“Ti va di diventare il mio gufo?” gli domandò con un sorriso incoraggiante “Ho dei messaggi da affidarti.”

 

Harry accennò vigorosamente con il capo “Certamente.”

 

Sirius gli sorrise di rimando e cominciò: “A tutto l’Ordine della Fenice: sono stati dei grandi compagni, tranne Malocchio Moody quando si ubriacava.”

 

Harry si lasciò sfuggire una risata che, tuttavia, sembrò incredibilmente priva di allegria: gli occhi ancora fissi sul volto evanescente del padrino.

 

“Ringrazia tutti i tuoi amici: Ron, Hermione e naturalmente Ginny” aggiunse Sirius con un’amicata che aveva del complice.

 

Lo sguardo di Sirius si fece più deciso e risoluto “Queste sono le mie ultime volontà: sconfiggi Voldemort, Harry, ma sopravvivi, sposati e cresci dei figli.”

 

“E’ quello che voglio anch’io e ti giuro che se avrò un figlio maschio…”

 

“Non ti azzardare a chiamare il primo dei tuoi figli maschi Sirius, è un nome sfortunato” lo interruppe il padrino con un sogghigno.

 

“D’accordo” disse Harry con una smorfia contrita, ma che si sforzò di far apparire allegra.

 

“Salutami Tonks e dille di darci dentro con Remus, ne ha proprio bisogno quel ragazzone.”

 

Harry rise con lui.

 

“E dì a Remus di tenere alto il nome dei Malandrini. Ricordagli di non lasciarsi seppellire dai sensi di colpa, anche se lo ricorderò sempre come il perno morale del gruppo” aggiunse piano con una smorfia ironica che fece sorridere Harry.

 

“E magari” borbottò Sirius col volto improvvisamente grave “Magari incontrerò Regulus, quello stupido… non sono riuscito a dirgli che è uno stupido, il mio fratellino stupido.”

 

Harry pensò di vedere un lampo di affetto negli occhi scuri dell’ultimo dei Black.

 

Sirius allentò l’espressione seria del viso in un sorriso di trionfo, tutto rivolto ad Harry.

 

“Addio, Harry. Se riuscirò a trovarlo, ti saluterò James… sai, lui è sempre stato un vero mago nell’arte della mimesi.”

 

Sirius gli fece cenno: il giovane Potter agitò la bacchetta, bisbigliando l’incantesimo.

 

Harry contemplò l’ultima speranza della Nobile e Antichissima Casata dei Black scomparire lentamente davanti a lui con un lieve sorriso.

 

*^*^*^*

[Indovina chi viene a cena?

La famiglia Tonks]

 

 

Remus tentò di deglutire, sentendo la gola arida, ma il gesto fu quasi inutile: sembrava che l’agitazione gli impedisse anche la salivazione. Merlino.

 

Si era rasato barba e sistemato i capelli, aveva indossato la giacca con meno toppe che aveva trovato nell’armadio, una camicia bianca semplice, aveva rinunciata alla cravatta (troppo rovinata), e un paio di pantaloni marroni abbinati con la giacca, anche se un po’ lisi sulle ginocchia.

 

Poi con un sospiro aveva raggiunto la semplice e modesta casa dei Tonks con la propria scopa, per non sporcarsi il vestito con la Metropolvere.

 

Aveva le mani sudate, costatò mentre aspettava che qualcuno venisse ad aprirgli la porta, ed era nervoso: aveva già conosciuto i genitori di Tonks – Andromeda era all’ultimo anno quando lui era entrato ad Hogwarts – e Ted era un simpatico uomo con sui aveva parlato piacevolmente in qualche occasionale cena organizzata dalla sua deliziosa fidanzata.

 

Ma non si era mai dovuto presentare come sposo. E se i genitori di Nimphadora non volevano che la figlia sposasse un Licantropo? Non li avrebbe biasimati. Lui era più vecchio di Tonks di almeno una decina d’anni buoni (non voleva ricordarsi il numero esatti o sarebbe andato di matto) e oltretutto non era ricco, per non parlare del ‘piccolo problema peloso’, come lo definivano James e Sirius ai tempi della scuola.

 

Aveva imparato ed era grato a Tonks per averlo accettato, per amarlo così com’era ma… alle volte non riusciva a non sentirsi in qualche modo sbagliato per lei. In fondo, si era sentito sbagliato per una vita intera, e solo poche persone come i suoi amici (ormai morti), Harry, Silente, la famiglia Weasley, Hermione, l’Ordine e Tonks non erano scappati via da lui.

 

I suoi pensieri furono interrotti da un cigolio di porta e dalla testolina rosa acceso di Tonks che spuntava dalla porta socchiusa e gli sorrideva.

 

“Pronto?” scherzò lei, vedendolo teso come una corda di violino.

 

Remus prese un bel respiro e annuì. Tonks sorrise divertita, aprendogli la porta. “Allora entra.”

 

Lupin impiegò qualche secondo per registrare le sue parole, paralizzato dall’abito semplice ma ad effetto indossato dalla sua promessa: il violetto le donava, decise, lasciando i suoi occhi indugiare sulla scollatura semplice ma incantevole dell’abito.

 

“Sei… uno splendore.”

 

Tonks arrossì. “G-grazie.” Balbettò, spostandosi di lato. “Dai, entra.” Ridacchiò per togliersi un po’ dall’imbarazzo che le era nato sotto l’esame approfondito di Remus.

 

Lui entrò timidamente, togliendosi il cappotto. “Dove lo posso appoggiare?” le domandò cortese.

 

Tonks gli rubò l’indumento dalle mani e chiuse dietro di sé l’uscio. “Ci penso io, tu entra in salotto ad aspettare: mamma sta finendo il brasato.”

 

Remus sobbalzò e l’espressione di Tonks si fece dubbiosa. “Non ti piace  il brasato? E per la cucina di mamma non ti preoccupare, l’ho aiutata io!” esclamò allegra, sistemandosi sul braccio il cappotto color grigio topo di Lupin.

 

“Allora si che mi preoccupo…” ironizzò, guadagnandosi un’occhiataccia. “E’ che… devo parlare con tuo padre da solo? Non potresti venire con me?”

 

Tonks sbarrò gli occhi, divertita. “Oh cielo, hai paura?” gli chiese incredula, facendolo grugnire.

 

La ragazza rise e gli posò un bacio sulla guancia. “Dai, torno subito, e poi papà non mangia. Ce la puoi fare, mio eroe.” Ridacchiò, rilassandolo un poco.

 

Remus annuì. “Allora vado.”

 

Nimphadora sorrise con dolcezza. “Vai.”

 

Remus entrò nel salotto con un lieve “Permesso” e la gola ancora terribilmente secca. Doveva calmarsi, prendere un respiro, diamine!

 

Ted Tonks alzò gli occhi dal quotidiano per fissarlo intensamente. “Lupin… benvenuto. Sono felice che tu sia qui.” Il tono del signor Tonks era diverso dal solito scherzoso e burlone, più calmo e… serio.

 

Remus annuì. “Grazie. Sono sempre grato della vostra ospitalità.”

 

“Ma ti prego, posso darti del tu vero?” Remus annuì nuovamente, torturandosi il lembo del vestito. “Vieni a sederti accanto a me, Remus.”

 

“Certamente, signor Tonks.” Rispose cordialmente Lupin, sedendosi come indicato su una poltrona accanto al suo prossimo ‘suocero’ (se fosse riuscito a fargli una buona impressione, naturalmente).

 

“Chiamami Ted.” Gli disse Tonks senior, facendolo nuovamente annuire. Si sentiva un alunno, rifletté vagamente Remus.

 

“Allora, Remus…” Ecco, qui comincia l’interrogatorio, pensò Lupin terrorizzato. “Ami mia figlia?”

 

Remus dovette sbattere gli occhi, intontito da un approccio così diretto, ben diverso da quello a cui si era preparato. “Scusi?”

 

Ted non mutò espressione. “Ami mia figlia?”

 

“Sì.” Rispose d’impulso Remus. “Con tutto il mio cuore.”

 

I piccoli occhi svegli di Ted Tonks lo studiarono per qualche secondo, poi le sue labbra si tirarono in un sorriso. “Bene, allora puoi sposarla.”

 

Remus era senza parole. “Eh? Ma non mi pone nessuna domanda? Non ha obiezioni?”

 

Ted rise forte, una risata gioiosa e vigorosa molto simile a quella della figlia. “Andiamo Remus, ci conosciamo da un po’ ormai, so che sei una brava persona e so che mia figlia ti ama e la rendi felice. Questo ti basta per accaparrarti il diritto di sposarla, non credi?” esclamò giulivo, facendogli l’occhiolino.

 

Remus riuscì finalmente a deglutire e sorridere spontaneamente. “Grazie… Ted. Davvero.”

 

L’uomo rise ancora e gli diede qualche pacca sulla schiena.

 

“Ehi è pronto.”

 

Gli occhi di Remus si spostarono su Tonks, appoggiata con una spalla sullo stipite di casa con un grande sorriso stampato in faccia e gli occhi che brillavano.

 

“Andiamo Remus!” esclamò Ted, passando accanto alla figlia e dandole un tenero bacio sulla guancia prima di raggiungere la moglie con un: “Chissà se ti è venuto bene stavolta, Andromeda!”

 

“TED!”

 

Remus raggiunse Tonks ancora sorridente. “Scusali, fanno sempre così.”

 

Lupin scosse la testa, accarezzandole la guancia. “Sono fantastici, come la figlia.” Lei ridacchiò e gli diede un bacio a stampo sulle labbra.

 

“Muoviamoci.”

 

La serata volò in un clima di allegria e giocosità. Il brasato era uscito commestibile, benché un po’ insipido, e Andromeda non aveva fatto altro che piagnucolare accompagnata dalle risate del marito, dagli sbuffi imbarazzati di Tonks e il sorriso genuino di Remus, che aveva trovato il coraggio dopo il primo dialogo con Ted e ora discuteva e scherzava con la famiglia di lei.

 

Niente senso di disagio: i Tonks l’avevano accolto come parte della famiglia.

 

*^*^*^*

Grimmauld Place numero 12

[La Fine dei Black]

 

 

Fu come un sogno: riattraversare il velo fluttuante, combattendo il desiderio di restare in quel luogo incantato e bianco, uscire dalla tomba, immergersi nella nebbia, volare via dai resti fumanti di Hogwarts.

 

Fu la Firebolt a guidare Harry attraverso i cieli nebulosi d’Inghilterra… voleva tornare a casa, ma dov’era? Non più la Tana, messa al rogo come la stessa Hogwarts, non il rifugio di macerie a Godric’s Hollow, non il nascondiglio di Regulus

 

La Firebolt atterrò in uno spiazzo debolmente illuminato da un lampione; era arrivato, forse quella poteva essere una casa… una volta aveva sentito qualcuno chiamarla casa: Grimmaul Place numero dodici.

 

Varcò la sogli magicamente apparsa: tutto immobile, vecchio e smorto, nessun segno di vita, nemmeno il gracchiare di Kreacher. Dov’era quel dannato Elfo Domestico?

 

Kreacher” lo chiamò Harry con voce strozzata e roca.

 

Aspettò invano il famigliare schiocco che preannunciava l’apparizione dell’elfo.

 

Doveva vederlo, per annunciargli che la sua preziosa famiglia si era spenta, che non restava più nessuno che avrebbe portato avanti il nome dei Black.

 

Vagò a lungo per la casa deserta come uno spettro, chiamando occasionalmente il nome dell’elfo; il silenzio era immobile e inquietante.

 

Giunse, infine, nella stanza del grande arazzo di famiglia; una figura scomposta giaceva a terra al tenue lume di candela.

 

Harry si avvicinò, inginocchiandosi al suo fianco: ecco dov’era finito Kreacher. Non poteva certo rispondergli in quelle condizioni, Harry non l’avrebbe rimproverato: l’elfo si era suicidato, strozzandosi con la sciarpa che Regulus gli aveva regalato prima della partenza.

 

Harry levò gli occhi, scrutando l’arazzo. Ecco perché Kreacher l’aveva fatto: a fianco della data di nascita di Regulus Black era comparso, nero e marcato, il giorno della sua morte… quella notte la famiglia Black era stata annientata.

 

Si accasciò, strisciando contro l’arazzo. Pianse a lungo… per Sirius, per Regulus, per Kreacher, per la Maledizione dei Black.

 

~ [ Fine Capitolo 12] ~

 

=*=*=*=*=

 

E anche questo capitolo è concluso! xD

 

Kya, manca poco all’uscita del vero HP7! *___*

Samy è già febbricitante, mentre Kaho è un (bel) po’ più rilassata… se caso la fine del settimo non ci piace, ci consoleremo con la nostra versione! XD

*Kukuku* Ormai, manca poco. *___* Meno tre capitoli e via con la seconda parte! Yay! Almeno Kaho ci mette più di impegno nello scrivere! XD (Ehm… ndKaho Umhf…! ndSamyLievementeAdirata).

Per ora ci siamo guardate il quinto film con accanto un collega di stage di Samy che faceva il tifo per Piton (orrore! Nonostante abbia fatto delle considerazioni sul personaggio parecchio intriganti…) e Lucius Malfoy! Le risate che non abbiamo fatto… XD

Certo in alcuni punti si stacca completamente dal libro, ma tutto sommato questo film non ha deluso Kaho come il terzo. Forse perché le avevano detto che faceva schifo… mah…

Inoltre, c’è stato un accenno di Harry/Ginny, o forse è solo la nostra fantasia ad avercelo fatto vedere, non diciamo in che punto per non spoilerare. XD

Tra parentesi, è certificato che chi vede i film si mette a tifare per la Harry/Hermione. Mah, dannata Emma Watson! >:(

Ci consoliamo con la nostra fic, dove ci sono coppie canon e quelle nuove che si preannunciano molto divertente (esempio: Giulie/Marshall – in questo capitolo Kaho si è divertita un casino con quei due X3)… poi è tornato Sirius anche solo per un po’. *____*

 

Samy fa i suoi più vivi complimenti a Kaho che ha saputo realizzare magistralmente la scena Remus/Tonks, un po’ fluff (si scrive così?) ma adattissima per quei due… sono così pucciosi! Invece Giulie/Marshall è davvero molto piccante… ottimo lavoro Kaho!!!

 

 

~ [ Prossimamente… Past Legacy II - III ] ~

 

Nouvelles - Seconda Parte:

- Tonks e Remus avranno una bella sorpresina in una notte di Luna Piena;

- (forse già annunciato) la nostra etica di *happy ending* per i buoni ci impedisce di uccidere i beniamini eroi, quindi ci sarà tutto il Magico Trio;

- Ron dovrà vedersela ancora con Marshall;

- vi immaginate un mago Purosangue alle prese con aggeggi babbani di alta tecnologia?

- un genio di quoziente intellettivo 210 può dedicare la sua vita al gioco d’azzardo?

 

Nouvelles - Terza Parte:

- ci sarà qualche triangolo-love, più di uno intrecciato… ovviamente tra i figli dei nostri characters, anche quelli originali;

- ci saranno dei gemelli;

- ci sarà un personaggio che, a parere delle autrici, ha la morale *se ce l’ha* di un ferocissimo e fedelissimo cane da guardia (è uno dei personaggi preferiti di Samy^_^);

- i geni sono sempre infelici e soli?

 

 

[Prox. Chap. 13]: Ad Harry verrà il dubbio di essere l’Erede di Grifondoro (ma vah!! ndSamy&Kaho); si scoprirà il mistero che circonda Petunia Dursley (è davvero una Magonò?), cosa ha visto Dudley durante l’attacco del Dissennatore nel quinto libro, il perché il colore verde degli occhi di Harry è così importante… E, non può mancare, un’intensa Hermione/Ron che in questo capitolo non c’è… poi un ending sorprendente tra Ginny/Harry… forse ci vedremo tra una settima e qualche giorno… forse (dipende tutto dalla *velocità* di Kaho ndSamy; ^_^ ndKaho)

 

 

Grazie per le recensioni, vi adoriamo, lo sapete, nevvero? *___*

Sono queste che ci fanno andare avanti! <3 E, ora, rispondiamo!

 

~ [ Angolo delle Recensioni ] ~

 

Saty: Cirius? *risata scrosciante di Samy in sottofondo, faccina basita di Kaho* Oh beh, questione di gusti. Però è tornato, per tua disgrazia (più o meno)! X3 Certo, qualche personaggio che sta sulle palle ci deve essere in ogni storia che si rispetti, altrimenti ci si annoia se è tutto bello e perfetto, no? X3 Per tutte le trame e gli intrighi, bisogna ringraziare Samy. Lei sì che le pensa di notte e le scrive di giorno, Kaho da solo una mano, è Samy che bisogna elogiare, in pratica questa storia viene su grazie a lei! Kaho… beh, Kaho ascolta (con pazienza) tutti gli intrighi e i collegamenti, inoltre lei pensa alle cose demenziali, una parte mooolto importante XD *ironia*. Già, Samantha è intrigante e poi… cattiva, suvvia… se hai letto bene questo capitolo avrai capito che non è proprio tutto quel come sembra! X3 *risatine sataniche* Ron è Ron, e sì, lui è rimane un Weasley geloso! XD Chissà se anche il nuovo Weasleyno sarà come lui o sarà più simile ad un Delacour… *attimi di terrore* Giulie, sì, lei viene dal Reparto Psichiatrico del San Mungo! XD Speriamo che ti sia piaciuto anche questo capitolo… ci fanno sempre tanto piacere le tue recensioni, lunghe e così entusiasmanti! *____* E’ un piacere rileggerle, danno la carica! X3 Un bacio, e un grazie davvero gigante! K&S

EDVIGE86: In realtà ci divertiamo ad usare Marshall come bastardo della situazione, magari è il nostro spirito sadico che ci invita a trattare male i personaggi… comunque, credici, c’è mancato poco e anche Ginny gli sputava in un occhio! XD Per quanto riguarda Bellatrix, sostanzialmente non la amiamo, tranne in qualche fic. Di certo, con Rodulphus almeno, affascina, non sappiamo perché! X3 Anche a te è piaciuto il pezzo con Krum? Eppure non è stato il pezzo migliore del capitolo… uhm… Grazie dei complimenti e delle parole dolcissime! Un bacio, K&S

Nana92: Graziegraziegrazie, troppo buona! X3 Siamo felici di averti appassionato, e speriamo che continuerai a leggere e recensire, guarda che ci contiamo, eh? XD Addirittura nei preferiti?? Noi molto, molto contente! *__* facci sapere di questo capitolo, mi raccomando! X3 Bacio, K&S

Apple: Tesoro! *____* Ma noi andiamo in adorazione non appena leggiamo la tua recensione, riesci davvero a farci contente con tutte le tue congetture perché, accidenti!, sei acuta, hai osservato un sacco di cose che sono vere… certo, non diciamo quali! :P Oh sì, Harry lo figuriamo sempre come il solito egocentrico che non sa ascoltare Regulus, perchè così lo dipinge anche la Rowling: per fortuna di solito c’è Hermione ad aiutarlo, altrimenti… oddio, non vogliamo nemmeno pensarci!  XD La maledizione dei Black ritornerà, e sì, è molto, molto intrigante, anche perché molto crudele. Che triste destino! I complimenti a Samantha? *Samantha ringrazia e ammicca verso Draco, che tenta di fare l’indifferente* Oh sì, Samantha è una forza! XD E’ riuscita a far staccare Pansy da Draco, è un’impresa quasi epica! XD E GiulieGiulie è Giulie. Interessante a modo suo, come ogni personaggio, d’altronde. X3 Speriamo di ritrovarti anche in questo capitolo con una bella recensione! *___* Grazie ancora! Tu non hai idea delle soddisfazioni che ci dai, davvero! X3 Un bacio, K&S P.S = Grazie anche per il commentino a Regret! *Kaho give you a bear hug*

 

  
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