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Autore: scifigrl47    30/12/2012    4 recensioni
Steve prende molto seriamente cose come la responsabilità personale e il rispetto. Tony paga qualcun altro per occuparsi di questo genere di cose e, ad ogni modo, è abbastanza sicuro di essere destinato a morire di qualche malattia esotica nel suo laboratorio, perché Dummy non ha ancora ben chiaro che cosa sia abbastanza 'pulito' da poter essere messo su una ferita aperta. Il resto dei Vendicatori è entrato in questa storia per guadagnarci qualcosa, tranne Clint, che si diverte semplicemente ad essere un infame.
E certe cose non dovrebbero essere un dovere.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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“C'era un torsolo di mela sul pavimento dell'atrio.”
Tony Stark alzò gli occhi dal suo ultimo progetto, il volto rischiarato dalla luce blu della proiezione olografica. Steve Rogers lo stava fissando dall'altro lato del tavolo, l'espressione intenta.
“D'aaaaccordo,” disse Tony, trascinando la parola per il tempo necessario a digerire l'informazione.
Steve lo stava fissando, e Tony si chiese che cosa diavolo si supponeva che lui facesse. Steve aveva questo suo modo di guardarlo con un'espressione piena di aspettative, aspettative che Tony era perfettamente consapevole di non essere in grado di soddisfare. “L'hai raccolto?” chiese, alla fine.
Steve aggrottò leggermente la fronte. “Sicuro,” disse, il tono un po' offeso. “Ma il problema, Tony, è perché fosse lì per terra, tanto per cominciare.”
Tony aprì la bocca. La chiuse. “Non l'ho lasciato lì io, io non-” Fece un gesto con una mano, cercando le parole e scansando una sezione di progetto allo stesso tempo. “Io non mangio.”
La fronte di Steve si corrugò. “Hai bisogno di mangiare.”
“Già, lo farò. Subito. Davvero, è una buona idea. Sono felice che tu abbia tirato fuori l'argomento, Cap. Ho intenzione di farlo di sicuro, abbiamo finito, adesso?” Sapeva che la sua voce suonava speranzosa, perché uno Steve Rogers dalla faccia preoccupata lo rendeva estremamente nervoso.
“No.” Steve inclinò la testa da una parte. “C'era un torsolo di mela nel mezzo dell'atrio, Tony. Sul pavimento. Qualcuno in questa casa ha semplicemente... lasciato cadere un torsolo di mela nel mezzo dell'atrio e se n'è andato. Perché qualcuno farebbe qualcosa del genere?”
C'era una domanda trabocchetto lì da qualche parte, e Tony non era sicuro di sapere come gestirla. “Perché non se ne sono accorti?” tentò alla fine. “Steve, stiamo facendo qualcosa, qui, non sono sicuro di cosa stia accadendo, perché sembra che sia qualcosa, ma non sono certo di come io possa ricavare qualcosa da un torsolo di mela abbandonato.”
“Non ti dà fastidio?” chiese Steve.
“Non così tanto, no. Prima di tutto, non l'ho visto io, e in secondo luogo, se anche l'avessi visto, probabilmente non l'avrei visto comunque, perché non presto attenzione a, sai, cose come questa.” Tony aggrottò la fronte, guardando l'ologramma. “E' un torsolo di mela, Steve. Non è un gran problema.” Tony picchiettò il progetto. “Jarvis, rimuovi i relè e fammi vedere com'è senza la rete elettrica.”
“E' un gran problema,” disse Steve, parlando più forte per coprire la risposta dell'A.I.. “Scusami, Jarvis,” aggiunse, la testa piegata indietro. “Ma la situazione sta andando fuori controllo. C'era un asciugamano bagnato sotto il tavolino del caffè nel salotto, stamattina, insieme ai resti di un paio di pasti e ad un cappello pieno di quella che sembrava essere salsa; una tazza di caffè con la muffa che germogliava nell'ingresso del bagno e altre sei sui banconi della cucina; ogni paio di scarpe che chiunque abbia indossato negli ultimi tre giorni in una pila vicino alla porta dell'ascensore principale. Più o meno venti penne erano abbandonate sul pavimento della cucina -”
“Quella potrebbe essere stata colpa mia,” disse Tony in un bofonchio affrettato, le parole praticamente perse nella tazza di caffè. A giudicare dall'occhiata estremamente delusa che Steve gli lanciò, il dannato Udito Superiore del Super Soldato aveva colto lo stesso. Maledettissimo siero.
“Perché.”
Non era una domanda, ma Tony rispose lo stesso. “Perché andavo di corsa e avevo bisogno di una penna che funzionasse, ed una volta che ne ho trovato una che funzionava ho più o meno scordato le altre?” disse, la voce che scivolava verso la fine in un tono di 'oops'. “Era solo un angolo della cucina, c'era un sacco di spazio che non era coperto da penne abbandonate.”
“Non ci dovrebbe essere nessuna parte di pavimento coperta da penne abbandonate,” spiegò Steve, lentamente e gentilmente come stesse parlando ad un bambino piccolo e umorale. Tony se ne sarebbe sentito maggiormente offeso se non gli fosse sembrato abbastanza appropriato.
“Va tutto bene, la squadra delle pulizie sarà qui oggi,” disse Tony. Il suo caffè era freddo. Facendo una smorfia, posò la coppa in cima ad una pila di fascicoli che che ondeggiò pericolosamente sotto il nuovo peso. Steve lo stava fissando, e Tony si interruppe. “Cosa?”
Allungandosi, Steve raccolse la tazza insieme alle altre quattro che erano lì. “Non va bene,” disse, e la sua voce era così tanto STEVE in quel momento, così severa e preoccupata e giusta che Tony fece una smorfia. “Non sto dicendo che mi aspetto che facciamo le grosse pulizie, Tony, ma, quando assumi persone per prendersi cura di tutto, non c'è più senso di responsabilità personale.”
“Già, quello mi piace. Perché io sono veramente pessimo con la cosa della responsabilità personale.” Era pessimo con tutti i generi di responsabilità personale, ma odiava tirar fuori l'argomento. Steve aveva quell'espressione tirata e infelice, sulla faccia, che Tony non sapeva mai come gestire: la maggior parte delle volte o lanciava di fronte a Steve qualcosa di più rotto di sé o si offriva di nuovo di comprare i Dodgers. Nessuno dei due stratagemmi funzionava davvero, ma Tony non aveva altre idee.
Prese un respiro profondo e si buttò. “Steve, siamo impegnati a salvare il mondo metà del tempo, e, quando non lo siamo, abbiamo del lavoro da fare, importante lavoro. Io ho-” Posò gli occhi sul suo attuale progetto e, che Dio gli fosse testimone, non riusciva a ricordarsi che cosa fosse stato intento a costruire. Gli era sembrato molto, molto importante all'epoca, ma adesso non aveva idea di che cosa si supponesse che quell'intreccio di cavi e metallo e, uh, quello era materiale radioattivo?, fosse.
Probabilmente sarebbe stato meglio se fosse riuscito a capirlo. Prima di costruire accidentalmente un'altra bomba. O un'A.I.. Un'A.I. avrebbe causato più problemi, ma Coulson usciva di testa quando si trattava di bombe fatte in casa. Il tizio se ne andava in giro bofonchiando a proposito dei danni collaterali tutto il maledettissimo tempo, e Tony era stufo di essere minacciato con un taser senza una buona ragione.
“Siamo occupati. E' normale che le cose finiscano un po' in disordine.” Tirò i piani a sé e li esaminò. “Ehi, è un tostapane!”
“Cosa?” chiese Steve.
“Nulla, non ha importanza, nessun problema, perché diavolo ho pensato di aver bisogno di isotopi di plutonio in un tostapane, davvero, anche per me questo è troppo, sarebbe una soluzione molto più efficace procedere con un più stabile impulso ad elettroni ed il risultato è lo stesso e a nessuno piacciono i tostapane radioattivi.” Puntò un cacciavite in direzione di Steve. “A nessuno.”
“Questo è vero,” disse Steve, e i suoi occhi furono caldi e divertiti solo per un attimo, prima che quel che Tony aveva detto si facesse largo dentro di lui: “Aspetta, hai detto plutonio?”
“Non preoccuparti per questo, davvero, ho tutto sotto controllo.” Il guscio del tostapane gli rivolse un beep, un acuto, arrabbiato beep. “Oh, avanti, davvero? Jarvis, ho installato un'A.I. nel tostapane?”
“Sembra essere qualcosa che lei sarebbe capace di fare, signore,” disse Jarvis, sarcastico come sempre. “Mi aspetto di vederla un giorno o l'altro aggirarsi per il laboratorio ridacchiando mentre ripete 'è vivo'; ma, d'altronde, usualmente lei aspetta di avere un pubblico per i suoi momenti di teatralità veramente appassionata.”
“Jarvis, vuoi andare a vivere in un simpatico tostapane? Perché mi sembra una punizione appropriata, ora che sei diventato inspiegabilmente maligno,” gli disse Tony, sorridendo come il pazzo che era. “Non riesco ad immaginare da dove possano venire questi tuoi difetti di personalità.”
“Per parafrasare una citazione sul tema, ho imparato osservandola. Non preferirebbe rimuovere quel pannello in una maniera che non si concluda con un'esplosione ed una possibile perdita di arti?” chiese Jarvis, mentre Tony allentava un giunto.
“Maligno, maligno, maligno,” disse Tony. “Ehi, tostapane, sei vivo? Ero così avanti nel processo di installazione?” Lo punzecchiò sperimentalmente, e il tostapane emise una serie di piccoli, acuti suoni. “Fottutamente fantastico. Bene. Abbiamo un tostapane autoconsapevole, questa, questa sarà una gran cosa, giusto? Voglio dire, sicuro, il Baxter Building ha un portale per la Zona Negativa e tutto il resto, ma noi abbiamo un tostapane irritabile. Con la mia fortuna, sarà allergico al pane all'uvetta o qualcosa del genere, e finiremo per doverlo combattere con coltelli da burro ed una scatola di Pop Tarts andate a male.”
Alzò la testa e Steve aveva la testa tra le mani e le spalle che gli tremavano. Il che avrebbe potuto essere il sintomo di una risata, o di lacrime, o di un crollo nervoso in avvicinamento, certe volte era difficile stabilirlo: sembravano tutti la stessa cosa finché non cominciavano le urla. Stabilendo di aver rischiato la sorte sufficientemente a lungo, Tony mise giù gli strumenti, prudentemente, ignorando il tostapane che sembrò affrettarsi ad allontanarsi dal cacciavite.
Uh, gli aveva montato delle rotelle. Perché in nome di Dio avrebbe dovuto – Oh. Già. Per consegnare i toast.
Doveva smettere di progettare a quand'era a corto di sonno.
“Sì, dovresti,” disse Steve, alzando finalmente la testa e, sì, Tony stava facendo quella cosa dove non riusciva a differenziare il monologo interiore da quel che diceva ad alta voce, e questo era sempre imbarazzante. “Sì, lo è. Per entrambi.”
“Ora ho intenzione di concentrarmi sul progettare le frasi che ho intenzione di farti sentire,” disse Tony, facendosi passare entrambe le mani tra i capelli.
Steve lo fissò. “Hai dell'olio di motore tra i capelli, adesso.”
“Sì, succede. Una sacco di volte, va tutto bene, non preoccuparti, c'è olio dappertutto, Steve, è una specie di abitudine per me.” Accanto a lui, Dummy gli offrì uno straccio più sporco delle sue mani. “Non capisco come mai ritieni che questo mi aiuterà,” disse al robot. Questo cercò di strofinare la faccia di Tony con lo straccio. “Sei – Fermo! No, non penso che -” Sospirando, Tony prese lo straccio, principalmente per far sì che Dummy smettesse di tentare di aiutarlo. “Grazie.” Il braccio robotico si afflosciò e Tony sospirò di nuovo. “No, no, è tutto a posto, davvero, grazie, grazie per aver aiutato, è stato gentile da parte tua, Gesù, nooon cercare di pulire Steve, Steve è area vietata! No, non ha bisogno-” Tony si spiaccicò una mano sulla faccia mentre Steve veniva spolverato con un panno sporco.
Steve, essendo Steve, rimase perfettamente fermo, sorridendo mentre il robot impazzito gli ruotava attorno, il braccio meccanico intento a strofinargli le braccia e la testa con uno straccio praticamente nero. “Grazie,” disse Steve a Dummy. “Visto, Tony? Dummy sa che dobbiamo prenderci cura delle nostre stanze.”
“Dummy è stato creato da un diciassettenne che aveva dormito mezz'ora, bevuto sei galloni di rum ed una tazza di caffè piena di numerosi agenti biologici contaminanti, perché continuavo a scordarmi della muffa e a berla lo stesso,” puntualizzò Tony. “Non c'è da sorprendersi che sia un po' speciale.” Dummy gli cinguettò e ronzò qualcosa, non si accorse del bordo del bancone e quasi si rovesciò per terra. “Già, Dummy, è tutto a posto, anch'io ho grossi problemi a calcolare le distanze, vuoi conoscere il nuovo tostapane?” Alzò il tostapane, che protestava, e lo posò sul bordo del tavolo da lavoro. “Dì 'ciao'.”
Le due macchine cominciarono immediatamente a ronzarsi l'un l'altro, ed era una cosa adorabile a vedersi; perciò Tony si rilassò e sorrise loro. Ricordandosi che Steve era nella stanza, alzò la testa in tempo per vedere che Capitan America, con addosso una delle sue orribili camice di tessuto scozzese con il colletto abbottonato e un paio di pantaloni color cachi con le pieghe lungo le gambe, ma non meno eroico per il suo pessimo gusto nel vestire, era occupato a mettere a posto il suo laboratorio.
“No. No, no, no,” disse Tony, correndogli dietro per riprendere dalle mani di Steve tazze di caffè e scatole di pizza e una delle frecce di Clint ed alcune richieste di brevetti che era stato troppo annoiato per compilare ed aveva usato invece per fare aeroplanini di carta e il frullatore, che era pieno di quella che forse era muffa, oppure solamente un po' di melma verde avanzata, ed un paio di riviste automobilistiche. “No.”
Steve gli sorrise, perché era Steve e perciò aveva interpretato la cosa come Aiuto, non Diniego, e stava ancora toccando cose, le cose di Tony, cose che avrebbero potuto essere potenzialmente letali o imbarazzanti o semplicemente segrete nella maniera in cui le cose di Tony erano sempre. Tony resisté all'impulso di raccogliere tutto quel che c'era nel laboratorio in una pila colossale e poi di appollaiarcisi in cima, sibilando e ringhiando come un drago frustrato sul suo piuttosto patetico tesoro.
“Steve, no,” disse, abbracciando le sue cose, la sua preziosa, preziosa roba premuta contro il petto. “So che cosa stai cercando di fare qui, davvero, ma no.”
Steve lo considerò per un lungo, silenzioso momento, poi sospirò. “Bene, Tony. questo è il tuo spazio, lo capisco. Ma le aree comuni, quelle no, non permetterò che le aree comuni siano trattate come una discarica. Se non ci prendiamo cura della nostra casa, questo si ripercuoterà sul modo in cui ci trattiamo l'un l'altro. E' una questione di rispetto, e non permetterò che ce ne dimentichiamo.”
“Tu dici cose come questa e io quasi riesco a vedere una bandiera che ti sventola alle spalle a mo' di sfondo,” disse Tony; Steve apparve ferito, per un attimo solo, e Tony si affrettò a proseguire prima che quell'espressione avesse la possibilità di sedimentare. “No, no, non ti sto prendendo in giro, è solo che sei così onesto quando parli di queste cose, ci credi veramente, ed è davvero disorientante.”
Lasciò cadere tutto sul tavolo da lavoro, attento ad evitare il tostapane. “Ascolta, Steve, sono uomini adulti, e supereroi, e hanno personalità molto diverse. Cos'hai intenzione di fare, indire una riunione di famiglia e spiegare che hai intenzione di istituire un elenco di lavori domestici, minacciando che altrimenti ci ridurrai la paghetta?” Per un attimo fu così occupato a separare un cumulo di cavi dai resti di una scatola di Fruit Loops da non realizzare che il silenzio si stava protraendo in una maniera estremamente preoccupante.
La testa di Tony schizzò verso l'alto, e lui si accorse che Steve gli stava sorridendo. Un sorriso pieno, con un sacco di denti di un bianco brillante, assolutamente raggiante. Lo stomaco di Tony si esibì in una picchiata. “No,” disse. “No. Assolutamente no, Steven Rogers, questa è casa mia ed io non ti permetterò di farlo, ti proibisco assolutamente di farlo, mi hai sentito?”

*

“Questa è una riunione di famiglia,” spiegò Steve a tutti, e Tony resisté all'impulso di sbattere la fronte sul tavolo della cucina.
Qualcuno, e si trattava probabilmente di Clint, a Tony piaceva incolpare Clint per questo genere di cosa, soffocò una risata. Anche Natasha, chiaramente, diede la colpa a Clint, perché ci fu il netto suono di una scarpa appuntita che si schiantava contro uno stinco, e subito dopo Clint sussultò. Natasha, l'espressione immutabile, annuì rivolgendosi a Steve. “A proposito di cosa?” chiese.
“A proposito del fatto che dobbiamo mostrare un po' più di rispetto per le condizioni delle nostre stanze,” disse Steve. “Tony ci permette di restare qui -”
“Vorrei soltanto dire che a me non importa niente delle condizioni delle nostre stanze,” disse Tony, alzando una mano. “Assolutamente niente.”
Steve gli lanciò un'occhiata: un'occhiata alla 'Mi aspetto che tu mi appoggi in questo, perché è importante'. Sospirando, Tony si afflosciò nella sedia. “Steve pensa che siamo degli zozzi animali che vivono come sciatti liceali,” spiegò.
“Ho visto il tuo laboratorio,” disse Coulson dall'angolo più lontano della tavolata, dov'era chino su una pila di moduli. “Perciò posso dire senza ombra di dubbio che questo è un insulto agli sciatti liceali.”
“Sentiti libero di tornare a quel cubicolo sterile dotato di letto che lo SHIELD chiama una stanza privata, se qui non ti piace,” disse Tony in tono zuccheroso.
“Non mi è più permesso di scegliere dove alloggiare,” disse Coulson, un sopracciglio inarcato. “Qualcosa a proposito di un ragazzo delle pizze, frecce esplosive, un incantesimo ed una bottiglia di liquore di contrabbando.”
“In mia difesa,” fu tutto quel che riuscì a dire Clint prima che Coulson gli assestasse una pacca sulla nuca. Clint sorrise, prendendolo come un segno d'affetto: il che, conoscendo Coulson, probabilmente era.
“In definitiva, io sono incastrato qui, e Steve ha ragione. Questo posto è andato solamente peggiorando nel corso delle settimane passate.”
“Invero, per quanto mi addolori grandemente, devo convenire che non siamo stati in grado di tenere in ordine la nostra casa,” intonò Thor. Stava lucidando Mjolnir, i piedi sulla tavola.
“Perciò, cosa avevi in mente? Un tabellone delle corvè?” chiese Bruce. Quando tutti si girarono verso di lui, confusi o curiosi, sospirò. “Oh, giusto, nessuno di voi è una persona normale che è andata ad un campo da bambino.”
“Sono profondamente offeso. I miei parenti erano più che felici di spedirmi al campo per mesi interi,” disse Tony, allegramente; Bruce alzò gli occhi al cielo e Steve assunse di nuovo quell'espressione tirata che rendeva Tony nervoso.
“Sei andato ad un campo per ragazzi ricchi, non è vero?” chiese Bruce.
“Duh,” rispose Tony.
“Cos'è un tabellone delle corvè?” chiese Clint. Stava facendosi rotolare una freccia in mano, le sue lunghe dita aggraziate che si flettevano in aria.
“Una lista di lavori domestici,” rispose Coulson. “Generalmente adoperata dai boy scout per sapere che cosa ciascuna squadriglia o scout sia incaricato di fare. E' organizzata così che i lavori possano essere scambiati di tanto in tanto, ma si mantenga un senso di dovere personale e responsabilità. Generalmente adoperata per i bambini di dieci anni.” Chiuse il fascicolo che aveva di fronte con un gesto secco. “Sembra perfetta per noi.”
“No,” disse Tony, la voce ferma. “No. Pago una ditta delle pulizie per venire qui e gestire questo genere di cose; limitatevi a raccogliere la biancheria sporca dal tavolo della cucina e smettetela di cacciare le scatole vuote dei biscotti sotto al divano quando c'è un secchio perfettamente funzionante a cinque passi di distanza e sì, Thor, so che sei stato tu e-”
“C'era della biancheria sulla tavola?” esclamò Steve, e la sua voce conteneva una dose generosa di 'che cosa diavolo c'è nella vostra testa che non funziona, gente?' che lui era troppo educato per tradurre in parole. “Chi è che mette la biancheria sul tavolo della cucina?”
“Non ho controllato se c'era un'etichetta, Steve,” sbottò Tony. “Non lo so e non mi interessa, sto solo dicendo che possiamo farcela senza doverci umiliare di fronte ai visitatori con un elenco sulla maledettissima parete, come se andassimo tutti in giro in calzoncini e cappelli con la scritta 'Campeggio dell'Allegro Tempo Fottutamente Felice per Tutti' davanti.”
“Non mi sembra un nome appropriato per un posto dove mandare i bambini,” disse Thor, la disapprovazione chiara sul suo viso, nello stesso momento in cui Steve disse: “Tony, il linguaggio, davvero, c'è una signora presente.” Natasha parve divertita e Tony perse la pazienza.
“Non è un posto vero!” Lo ululò, praticamente. “E' quello in cui state trasformando la mia torre! Non voglio vivere al 'Campeggio dell'Allegro Tempo Fottutamente Felice per Tutti', gente. Mi oppongo, maledizione! Pago una ditta di pulizie e non lascio i miei boxer sulla tavola della cucina."
“Oh, non erano neanche i miei, se è per questo,” disse Natasha, e tutti si fermarono per fissarla.
“Mentre il cervello di Tony è occupato a resettarsi,” disse Coulson, perché Steve era diventato rosso ed aveva cominciato a balbettare, e Clint stava sorridendo a Natasha in una maniera che faceva presagire auspici deleteri per lui per la prossima volta in cui si fossero allenati insieme, e Thor stava chiaramente cercando di ricordare se i boxer in questione fossero i suoi, e Bruce li stava ignorando tutti. “Qualcun altro ha qualcosa da dire prima che io installi una lista dei lavori?”
Tony scosse la testa energicamente, sapendo che sarebbe andato tutto bene. Tutto bene, perché sicuramente gli altri non avrebbero acconsentito a quest'assurdità, ed era certo che non avrebbe dovuto avere a che fare con questi stupidi esercizi di cameratismo per la squadra, e avrebbe potuto tornarsene nel suo sporco laboratorio e prendersi la peste da qualche straccio sporco e aspettare che i professionisti pagati gestissero le cose.
Si appoggiò con il dorso allo schienale della sedia, le braccia intrecciate sul petto, ghignando a Steve, che lo guardò deluso. Tony si fece forza per resistere alla fitta di senso di colpa che lo attraversò da qualche parte in prossimità del suo reattore Arc. Odiava sentirsi in colpa. Specialmente il genere di senso di colpa ispirato da Steve. Era una cosa particolarmente dolorosa.
Cercando di distrarsi, spostò lo sguardo e commise l'errore di incontrare gli occhi di Clint. Occhio di Falco lo stava fissando con le palpebre assottigliate e la sua espressione brevettata da cecchino a mille iarde. Tony sentì un lampo di preoccupazione quando un sorriso si allargò sul viso di Clint: scosse la testa, 'no', e il sorriso di Clint si fece semplicemente ancora più grosso.
“Sembra un'idea geniale,” disse, e Tony gli lanciò un'occhiataccia. Traditore. Bastardo. Leccapiedi. A giudicare dall'espressione maliziosa di Clint, il cecchino gli avrebbe fatto la linguaccia non appena avessero lasciato la stanza.
“Ti ucciderò, Barton,” bisbigliò, e Clint gli lanciò un bacio, chiaramente poco preoccupato malgrado Tony sapesse dove dormiva.
In realtà, ora che ci pensava, era possibile che non sapesse dove Barton dormiva. Il tizio sembrava muoversi in giro per la torre molto tardi la notte e molto presto al mattino. Si stava nuovamente comportando in maniera subdola, ed un cecchino subdolo rendeva Tony nervoso.
“Grazie, Clint,” disse Steve, ignorando Tony senza difficoltà. “Natasha?”
Natasha era al telefono, intenta a parlare a bassa voce a qualcuno: ma incontrò lo sguardo di Steve con un unico sopracciglio sollevato ed un breve cenno d'assenso.
“Anche per me va bene,” disse Bruce. “Preferisco che il mio lavoro sia incontaminato e, a differenza delle tue macchine pazze,” aggiunse, rivolgendosi a Tony, “il mio lavoro può essere danneggiato irreparabilmente da una ciambella in decomposizione che qualcuno ha deciso di nascondere nei condotti di ventilazione.”
Tony resisté all'impulso di andare in cucina ed abbracciare il suo nuovo tostapane. “Le mie macchine non sono pazze,” disse, lievemente offeso al posto dei suoi robot. “Certo, non sono particolarmente stabili, ma, davvero, chi lo è in questa torre?”
“Hai costruito un tostapane che detesta le ciambelle,” puntualizzò Clint. “Il che è una specie di difetto. Sai. PER UN TOSTAPANE.”
“Le ciambelle sono difficili da scaldare,” spiegò Tony. “Anche tu le detesteresti.”
“La tua ostinazione nel costruirti amici sta diventando lievemente inquietante, Stark,” disse Natasha, e Tony non riuscì a reprimere un sussulto di fronte a quello. Lei lo ignorò, allungando il telefono a Thor. “Ecco. E' Jane.”
Thor si illuminò in viso, il sorriso enorme e gli occhi enormi e facendo praticamente tutto tranne che scodinzolare: la sua rassomiglianza ad un golden retriever adolescente e il fatto che non prendesse in giro il nuovo tostapane di Tony erano le prime tra le ragioni per le quali era il preferito di Tony. “Jane!” esclamò, e tutti intorno alla tavola sussultarono, perché, quando Thor esclamava, era in grado di produrre parecchio rumore.
Thor ascoltò qualunque cose Jane gli stesse dicendo con un'espressione estremamente concentrata sul viso. Annuendo, emise un paio di rumori sul genere di 'uh-huh', e poi i suoi occhi blu si spalancarono ancor più. “Invero,” disse, sbattendo una mano enorme sulla tavola. “Capisco. Perciò, dovrei farlo. Grazie, carissima Jane.” Restituì il telefono a Natasha. “Sono stato informato che contribuire a simili imprese domestiche è considerato il marchio di un eccellente compagno, qui su Midgard. Di conseguenza, è importante che io faccia del mio meglio.”
“Questo è un colpo basso,” disse Clint a Natasha.
“Mi ha offerto una ricompensa se riesco a infilarlo in un qualunque grembiule a pieghe e a fargli delle foto,” disse Natasha, le labbra incurvate solo agli angoli. “E' il genere di denaro che preferisco. Facile.”
“E come mai pensi che sarà facile?” disse Clint, mentre lo sguardo di Thor si spostava dall'uno all'altra ad ogni scambio di battute.
“Perché tu gli farai da esempio.”
“Posso farlo. Per metà del guadagno.”
“Affare fatto.” Lei allungò una mano e Clint la strinse.
“Clint ha appena acconsentito a indossare un grembiule a pieghe?” chiese Tony, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
“L'ha fatto,” disse Coulson, tornando ad occuparsi delle sue pratiche. “Natasha, cerchiamo di tenere la cosa sul dignitoso, che ne pensi?”
Lei si esibì in una delicata scrollata di spalle. “Io posso solo scegliere il costume. Non posso controllare quel che ne faranno.”
Coulson si strofinò la fronte con una mano. “Natasha, le foto.”
“Saranno l'essenza della discrezione,” acconsentì lei.
Steve si schiarì la voce. “Perciò, dal momento che siamo tutti d'accordo -”
“No, non lo siamo,” squittì Tony. “Io sono decisamente non in accordo.”
“Ho fiducia che cambierai idea,” disse Steve, e le sue parole suonarono decise. “Grazie a tutti.”
Tony si afflosciò nella sedia mentre tutti gli altri si alzavano e cominciavano a defilarsi dalla cucina. Bene, d'accordo, pensò. Davvero, non poteva essere così terribile. Steve non sarebbe mai riuscito a trovare compiti a sufficienza da mettere in funzione quest'idea imbecille.

*

Fedele alla parola data, Coulson fece recapitare il giorno dopo una grande lavagna lucida con una griglia prestampata. Fedele alla parola data, Steve trascorse gran parte del giorno compilandola con quasi due dozzine di lavori semplici e chiari che uno qualunque di loro avrebbe potuto fare. Tony fissò le righe nella grafia netta e precisa di Steve, sentendo che un'emicrania era imminente.
Innaffiare le piante, far partire la lavastoviglie, riempire le mangiatoie per gli uccellini, spazzare il pavimento della cucina, preparare i popcorn per la Notte dei Film, preparare la colazione la domenica, raccogliere i piatti sporchi dalle sale comuni, portare gli asciugamani al camioncino della lavanderia, chiamare Pepper, preparare la lista della spesa, pulire la macchina del caffè, la lista dell'idiozia era lunga.
“Domanda,” disse Tony mentre gli altri consideravano la lista. “Abbiamo una mangiatoia per gli uccellini?”
“Sul balcone accanto al tavolino della colazione,” disse Bruce.
“Stiamo... nutrendo gli uccelli. Perché dovremmo farlo? Le uniche cose che arrivano quassù sono i piccioni. Perché dovremmo nutrire quei ratti con le ali?”
“A me piacciono i piccioni,” disse Steve con un sorriso luminoso. “Sono sopravvissuti. Intelligenti ed adattabili.”
“E ovviamente ti piacciono,” sospirò Tony. “E perché c'è 'chiamare Pepper' sulla lista?”
“Qualcuno la chiama tutte le settimane. Giacché ci siamo, possiamo rendere la cosa ufficiale,” spiegò Coulson. Suonava fin troppo divertito da tutto ciò.
“Perché la gente sta chiamando Pepper?” chiese Tony. Tutti lo fissarono come fosse un bambino duro di comprendonio, e la tentazione di battere i piedi per terra e rubare la loro stupidissima lavagna fu veramente forte. Aveva accesso a sostanze altamente esplosive e lanciafiamme. Quella cosa sarebbe morta. Sarebbe morta di una morte orribile.
Approfittando della sua distrazione, Clint stava scrivendo 'Nutrire Occhio di Falco' su uno spazio vuoto, e Natasha gli tolse il pennarello di mano. Lui cercò di afferrarlo, ma lei lo conosceva troppo bene; con il rapido movimento di una gamba gli colpì entrambe le caviglie. Lui barcollò all'indietro e Thor lo acchiappò, ridendo. Natasha scrisse 'Problema di Coulson' sulla riga accanto al suggerimento di Clint.
“Non sono più il suo responsabile,” obiettò Coulson, mentre Clint rideva. Thor rimise Clint in piedi e Clint, ghignando, si rifiutò di stare dritto per conto suo. “Per amor del cielo, non rompere il tiratore scelto,” disse Coulson quando Thor afferrò Clint sotto le braccia, le sue mani enormi sulla cassa toracica di Clint mentre rimetteva l'uomo più basso in piedi come fosse un bambino. “Non avete idea dei moduli che devo compilare ogni volta che finisce in infermeria.”
“Succede abbastanza spesso,” disse Clint, cercando di assestare un calcio alla testa di Thor e fallendo. Il semidio schivò con un enorme sorriso.
“Hanno creato dei moduli apposta per te, Clint,” disse Coulson. “Mettilo giù.”
“Possiamo restare in argomento?” chiese Steve, battendo l'indice sulla tabella con un sorriso. Thor rimise Clint a terra e Clint riuscì a stare in piedi per conto suo ed entrambi cercarono di sembrare innocenti. Nessuno dei due ne era capace, ma entrambi fecero apparire il tentativo adorabile.
“Grande,” disse Steve. “Signori e signora, scegliete il vostro lavoro.”
E Tony non poteva credere che stessero acconsentendo a tutto ciò. Davvero non poteva CREDERE che Coulson stesse scrivendo il proprio nome accanto alla casella della pulizia della macchina del caffè e della lavanderia e della pianificazione del pasto del martedì. Natasha ghignava mentre prometteva di annaffiare le piante, di potare la piccola aiuola di fiori e vegetali nella serra che Tony aveva installato principalmente per potersi abbronzare, e di nutrire Occhio di Falco insieme a Coulson. Steve si sarebbe occupato di chiamare Pepper questa settimana e del pranzo della domenica e di fare la lista della spesa, cosa che tutti avrebbero rimpianto di avergli permesso di fare, perché a Steve non piacevano i cibi precotti e voleva che tutti mangiassero in maniera salutare. Thor firmò con uno svolazzò per le cene del giovedì (sempre pasta, prima della Notte dei Film, Dio, Tony amava i giovedì, pasta e film e il divano mentre tutti bevevano cioccolata e mangiavano popcorn e litigavano sulle assurdità scientifiche nelle trame e sulla pessima recitazione e su quale attore si sarebbero portati a letto) e per raccogliere gli asciugamani. Bruce, con un piccolo sorriso, scelse di riempire le mangiatoie degli uccelli, di preparare il caffè la mattina e di mettere in ordine dopo la Notte dei Film. Clint, che era effettivamente in grado di cucinare ed era anche piuttosto bravo, con un passato di viaggiatore con la necessità di rendere saporite le cose avendo praticamente nessun ingrediente con il quale lavorare, scelse le cene del fine settimana e di occuparsi dei robot se Tony avesse dovuto lasciare New York, perché amava Dummy e Butterfingers anche se Jarvis non voleva permettergli di insegnare loro altri trucchi di giocoleria.
E ora tutti stavano guardando Tony, chi con un'aria di aspettativa, chi compassionevole, chi annoiata e chi costernata, e Steve aveva una tale speranza sul viso che Tony si ritrasse fisicamente, con un sobbalzo. “E' un'idea stupida,” sbottò, sapendo di suonare infantile, ma senza essere in grado di fermarsi.
Clint alzò gli occhi al cielo e si sporse verso la tabella. “Sto aggiungendo all'elenco 'Abbracciare Stark', perché qualcuno è stato di cattivo umore per giorni.”
“Progetto le tue armi,” disse Tony, con tutta la rabbia di un Dio vendicativo nella voce. “Ti suggerirei di tenere questo fatto nella dovuta considerazione prima di farmi irritare, Barton.”
Compiaciuto, Clint sorrise e lanciò il pennarello nel cestino. “Lo S.H.I.E.L.D. mi farà avere un arco.”
“Pensi davvero di poter ritornare alle armi standard dello S.H.I.E.L.D. dopo aver provato i miei lavori personalizzati?” chiese Tony con un ghigno. “O di poter aspettare dalle sei alle otto settimane prima che ti permettano di toccare qualunque cosa abbiano progettato? Perché devono testarla come gli incapaci che sono?”
“Gli stai dando armi non testate?” chiese Steve, la voce piena di orrore. D'accordo, quello forse era stato un errore. “Noooooooo,” disse Tony dopo un attimo, trascinando la parola nella speranza che, per quando l'avesse terminata, Steve si sarebbe dimenticato nel frattempo qual era stata la domanda. Non si aspettava di essere così fortunato, ma, ehi, doveva provarci.
“Stai accettando armi non testate da Stark, tra tutti?” chiese Coulson a Clint, che parve pronto a tentare la fuga.
“No, certo che no, assolutamente,” disse Clint.
“Aspetta, cosa intendi dire con 'Stark, tra tutti'?” chiese Tony, un po' offeso.
“Tu ti fai saltare in aria. Spesso,” disse Bruce.”
“Questo è vero,” assentì Thor, incrociando le braccia sul suo massiccio torace.
“Sì, ma sono più attento quando si tratta di Clint,” spiegò Tony.
“Sei più attento quando si tratta di Clint?” ripeté Steve, ed eccola lì, quell'orribile, orribile nota nella sua voce che Tony non sapeva decifrare, ma Steve gli stava rivolgendo un'espressione estremamente addolorata; Tony decise di smettere di parlare prima di peggiorare le cose. “Tu non sei attento quando si tratta di te?”
Sì, questa era una conversazione alla quale Tony NON VOLEVA PRENDERE PARTE. Afferrò il pennarello e scribacchiò le sue iniziali accanto a qualcosa, era abbastanza certo che si trattasse di spazzare il pavimento della cucina, ma avrebbe potuto trattarsi di adottare orfani di guerra per quanto ne sapeva e, oltretutto, non gliene importava. Qualunque fosse il compito in questione, non ne valeva sicuramente la pena di starsene lì e discutere su cosa Tony considerava praticità e Steve una grave mancanza d'istinto d'autoconservazione.
Davvero, quello era un tizio che combatteva colpendo le persone con uno scudo. Tony non era certo che avesse il diritto di lanciare in giro frasi come 'tendenze latenti al suicidio'; a meno che non gli venissero da esperienza personale.
“Ecco, bene, adesso ho del lavoro vero da fare,” disse Tony, e suonò un po' troppo forte e un po' troppo tagliente; e, prima che potesse rimettere giù il pennarello, Steve glielo stava togliendo di mano.
Mentre Tony guardava, pieno di orrore, Steve scrisse il proprio nome accanto allo stramaledettissimo ABBRACCIARE TONY e poi si sporse ed avvolse le braccia attorno a Tony.
Il cervello di Tony, generalmente capace e affidabile, si limitò a spegnersi. Era come quando il visore dell'armatura diventava uno schermo nero, esaurendo il potere o il tempo o lo spazio, semplicemente si ammutoliva, e Tony si sentì come se stesse precipitando di nuovo verso la Terra. Solo, non era quel che stava accadendo, proprio no, perché Steve Rogers lo stava abbracciando, braccia enormi e petto e spalle e mani, il solido, muscoloso, caldo corpo premuto contro quello di Tony, le braccia che lo tenevano stretto, e la pressione avrebbe dovuto essere dolorosa, Steve lo stava tenendo così stretto, ma questo era Steve, Steve non faceva errori con la propria forza, non se ne dimenticava mai e non faceva mai male a nessuno se non voleva fargliene.
Certo, Steve probabilmente non aveva idea di quanto tutto ciò stesse ferendo Tony.
Il cuore gli batteva un po' troppo in fretta, un po' troppo forte, il reattore Arc che quasi cantava, caldo e piagnucolante nella cavità del petto, il suo intero corpo che si era fatto rigido e gelato e immobile, il panico crescente nella sua testa che precedeva di parecchio il vero processo cognitivo. Diviso tra la tentazione di dibattersi per liberarsi e quella di avvolgere le braccia attorno a Steve e singhiozzare, si limitò a collassare nell'immobilità.
E, tanto semplicemente come aveva cominciato, Steve lo lasciò andare e si ritrasse.
Per un attimo, Tony barcollò, prima di rivolgere un'occhiata scioccata e al limite dell'orrore verso Steve. Steve, le guance rosate, si limitò a sorridergli. “Che cosa diavolo era quello?” disse Tony, la voce strozzata.
“Un abbraccio,” disse Steve, recuperando il pennarello da dove gli era caduto sul pavimento. Fece un segno sulla tabella dei doveri, il mento alto, cercando di non dare l'impressione di essere sul punto di sciogliersi in una pozzanghera di imbarazzo. Non era molto bravo in questo.
“Sì, grazie, grande, rifallo e io-” Tony gli puntò un dito contro e non riuscì a produrre una minaccia sufficientemente terribile. “Non rifarlo.”
“Non ha molta scelta,” disse Clint, l'espressione anche troppo divertita. “Ha scelto il lavoro. E' suo, adesso. Deve farlo tutti i giorni.”
“Puoi chiudere il becco, adesso,” gli disse Tony. “E cancellare quell'assurdità.”
“E' possibile che io l'abbia scritto con un pennarello indelebile mentre eri distratto,” gli disse Clint. “Oops.”
Tony li fissò tutti, evitando lo sguardo di Steve. Invece, cercò semplicemente di dimenticare quanto BENE l'avesse fatto sentire, e questo non era semplice perché lui era dotato di una stramaledettissima memoria eidetica. Imprecando a bassa voce, uscì dalla stanza sbattendo i piedi. Si disse che non aveva sentito nessuno ridere alle sue spalle mentre attraversava il corridoio a passo di corsa.
“Jarvis,” sbottò Tony, scendendo le scale verso il laboratorio, “per che cosa ho firmato?”
“Spazzare la cucina.”
“Al diavolo, non ho tempo di cominciare da zero, ordinami 50 Roomba, consegna notturna, voglio quelle maledette cose sul gradino di casa entro le nove di domani mattina, o cadranno delle teste.” Sbudellare le maledette cose sarebbe stato meravigliosamente catartico. Per adesso, si sarebbe accontentato di nascondersi nel laboratorio e di pregare che il mondo non avesse bisogno di essere salvato proprio oggi.
Perché non era sicuro che ne sarebbe stato in grado. Aveva il brutto presentimento che avrebbe trascorso il resto della giornata cercando di convincersi che essere abbracciato da Steve non era esattamente il modo in cui avrebbe voluto trascorrere il resto della sua vita.





Note della traduttrice: Qui è Elos in sala motori, pronta a partire con una nuova traduzione. Questa volta si tratta della magnifica serie in lingua inglese In Which Tony Stark Builds Himself Some Friends (But His Family Was Assigned by Nick Fury), ad opera della meravigliosa scifigrl47, che ha gentilmente (e coraggiosamente, aggiungerei) acconsentito a lasciarmela tradurre tutta... assieme alla serie sorella Phil Coulson's Case Files of the Toasterverse, la prima storia della quale vedrà la luce quanto prima. Della prima storia di questa serie, invece, Some Things Shouldn't Be a Chore, avete in mano il primo capitolo: e i restanti tre sono già stati tradotti e betati. L'aggiornamento avverrà, presumibilmente, ogni domenica fino ad esaurimento capitoli. Il betaggio è opera dei fenomenali e mai troppo ringraziati dierrevi e duedicoppe.

Il titolo della storia può essere tradotto con Certe cose non dovrebbero essere un dovere.

A proposito di Dummy: ... d'accordo, lo so anche io che Dummy (o Dum-E, neanche la sitografia ufficiale mi sa aiutare a questo proposito) è il nome originale e che ha una traduzione in italiano. Lo so. Davvero. So che Butterfingers ha una traduzione, che You ne ha un'altra... lo so. Giuro.
Ma sono orribili. Piango a sentirle, giuro, mi si spezza il cuore. Perciò ho deciso di dare un calcio a tutti i miei (scarni) valori morali di traduttrice e tenerli così come sono in inglese, sono così carini, ci piacciono tanto, gli vogliamo bene. Tutto il resto è stato tradotto, perciò abbiamo una Torre Stark, una Torre dei Vendicatori, un Dottor Destino... e via discorrendo.
Per chi fosse curioso: Dummy (Un dummy è una persona non molto capace, un dilettante, a volte anche un po' goffo) è diventato in italiano Ferrovecchio; Butterfingers è Mani di Pastafrolla e You è Tu (che è il più simile tra i tre, incredibile). In realtà nel film non si capisce neanche bene se ci sono tre robot o solo due o di più... qualcuno sa segnalarmi fonti certe?

Poiché le note mi paiono sufficientemente lunghe anche solo così, altre note, aggiunte, segnalazioni e quant'altro appariranno alla fine del prossimo capitolo.

Date tanto entusiasmo ad autrice e traduttrice, gente, è Natale.
  
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