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Autore: chilometri    31/12/2012    36 recensioni
Forbidden love; larry stylinson; romance;
«Lo-lou» dice Harry, la voce acuta, le mani premute contro il muro.
«Non voglio niente» si rialza Louis, guardando i suoi occhi verdi, «e dico niente che non sia tu, okay?» morde le sue labbra, fino a sentire il sapore del sangue, quasi a volerlo punire per ciò che ha detto.
«Okay, Harold?» chiede, lo sguardo fiammante e addolorato.
«Ricevuto, Vostra Altezza» risponde quello, sfidandolo, il labbro gonfio e graffiato, così come le sue spalle che fanno male, ed il cuore che è un mix di emozioni.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Forbidden love.
Parte terza.


Harry ha perso la cognizione del tempo, non ha idea di quando sia notte o di quando sia giorno, non sa se aia ancora vivo o sta bruciando nelle fiamme dell’Inferno, perché l’unica cosa concreta che riesce a sentire è il dolore.
Ovunque.
Sulle braccia, sulle gambe, nella testa, sul petto, nel cuore. Sa di perdere sangue perché sente una sostanza liquida sul viso e sulle braccia ma non ha la forza nemmeno di aprire gli occhi, tanto che non ricorda l’aspetto della cella minuscola e angusta in cui è stato rinchiuso, non gli importa, è vero, ma crede che i suoi occhi siano rimasti chiusi per troppo tempo e se provasse ad aprirli, non vedrebbe più niente.
Solo buio, come è sempre stato tutto nella sua vita. Il processo, al patibolo, è stato stabilito per una settimana dopo.
Harold vuole solamente che tutto finisca, il dolore, le lacrime, i denti stretti e le urla gridate ad un Dio che ha smesso di ascoltarlo da tempo.
Non vede Louis da quel giorno, non sa cosa stia facendo, non sa se si sia già dimenticato di lui e pensare a questo gli fa stringere la morsa sul petto, come se un corsetto – lo stesso che aveva la principessa – lo stesse stringendo troppo forte, togliendogli l’aria e la forza ai polmoni.
Ecco perché vuole solamente che arrivi quel giorno, perché così la sua sofferenza avrà una fine e poco gli importa se finirà col Diavolo, il suo Inferno personale, lo sta vivendo in questo preciso istante, con gli occhi di Louis impressi nella sua mente che lo torturano.
Improvvisamente, si riscuote, quando il rumore di chiavistelli girati e catene tirate si fanno sempre più vicino a lui.
Geme, frustrato, sente altre lacrime bagnarli il viso: non vuole più sentire la frusta, le urla, i polsi legati, i calci, non vuole più.
E piange, si rannicchia su sé stesso, gli occhi ancora chiusi e le labbra che tremano in maniera disumana.
Sente anche l’ultima serratura aperta – quella della sua cella – e non gli importa di sapere chi è, perché sa che sarà l’ennesima persona che gli infliggerà dolore. «Harry, oh Dio, Harry».
E poi gli angeli cantano, al suono di quella voce, sta sognando? E’ davvero la voce del suo Louis? Non è possibile, starà sicuramente dormendo, per quel poco che gli viene concesso.
«Harry, apri gli occhi, ti prego, Harry». Un sussurro flebile, interrotto, una voce intrisa di dolore.
Il riccio non sa se ne valga la pena ma, con non poco sforzo, cerca di guardare chi gli sta parlando.
Appena solleva le palpebre, un dolore, come se qualcuno gliele avesse strappate a forza, lo percuote e tossisce, poi cerca di focalizzare la stanza. Vuota.
Solo una ciotola – che utilizzava poche volte – e il giaciglio di paglia dove era accovacciato, poi guarda di fronte a lui ed è come se il tempo si stia lentamente fermando.
Gli occhi celesti, pieni di ansia, incontrano i suoi verdi, pieni di dolore.
Il ragazzo di fronte a lui sta zitto per un secondo, poi qualcosa esce dai suoi occhi. Lacrime.
Harry vorrebbe solo richiudere gli occhi, perché vedere Louis soffrire equivale ad un tormento interiore più forte di quanto tutte le fruste, i graffi, i calci, possano essere.
«Boo» sussurra, la voce ruvida e graffiata, più sgraziata di quanto la ricordasse. «Boo, non piangere».
Fa uno sforzo per riuscire a pronunciare quelle poche parole e Louis se ne accorge, tanto che comincia a piangere ancora, più forte. I singhiozzi lo scuotono da testa a piedi, si inginocchia vicino a lui e si avvicina, piano, cauto, come se persino l’aria potesse ferirlo.
«Amore mio». Sussurra, non sa che fare, vorrebbe stringerlo a sé e baciarlo, amarlo, ma non sa quanto Harold possa sopportare, perciò, semplicemente, rimane fermo, le lacrime che gli bagnano il volto.
«Vieni qui». Sorride, piano, Harry, sentendo i muscoli della sua faccia protestare.
Apre le braccia e un gemito fuoriesce dalla sua bocca quando le vede piene di graffi ed ematomi.
Louis non se lo fa ripetere due volte e ci si tuffa in quelle braccia che tanto gli erano mancate, singhiozza, piange e si dimena, vorrebbe fare qualcosa e tutto ciò che riesce a fare è... niente.
Assolutamente niente. «Non piangere, ti prego, ti prego Lou».
La voce di Harry è impastata. «Come posso...come ti hanno ridotto, Harry. Li uccido, li uccido tutti».
Singhiozza, le mani strette intorno alla sua “maglia”.
«No, Louis, tu non farai niente. Sono uno schiavo, è giusto che succeda a me e non a te. Hai una vita, un futuro, lo sai. Voglio che tu sia felice» gli solleva il volto «Voglio che tu sia felice anche per me, anche quando sarà finita ed io sarò andato via, promettimi che tu sarai felice e che vivrai la t-».
«Come posso vivere se tu non sei qui con me?» Ringhia, scacciando le mani di Harry dal suo viso. Il riccio sussulta e gli occhi di Louis si chiudono, le labbra si contraggono.
«Perdonami» Sussurra, la voce tremante. Harry sorride perché preferirebbe mille volte quel tipo di dolore a quello che gli viene inflitto giornalmente.
«Ti prego» ricomincia, poi «voglio che tu vada avanti, ti chiedo solo questo».
Louis non risponde, abbassa lo sguardo, lo rialza e poi rimane in silenzio. «Tra quanto...» la voce si spezza, si incrina «tra quanti giorni...».
«Una settimana, piccolo». Lo interrompe Harry e Louis ricomincia a singhiozzare e per quanto gli è concesso dal dolore fisico, Harry, semplicemente, «andrà tutto bene».
Gli sussurra, lo stringe a sé e non può fare altro: solo respirare piano, cercando un po’ di aria all’interno di quella stanza che ormai è stata consumata dal dolore di due ragazzi e dal loro amore proibito.


 



«La prego, padre». Protesta ancora, Louis, stremato.
Sono passati tre giorni da quando ha visto le condizioni pietose in cui si trova Harry. Il padre, però, rimane impassibile di fronte all’evidente dolore del figlio e alle sue lacrime che, copiose, scendono lungo il viso candido, bagnandolo.
«Non ti rendi conto, forse, del dolore e dell’immensa indignazione che hai provocato in me, William. Non ti do la colpa, sei un ragazzo bellissimo, con un certo grado di potere, che tra solo qualche tempo raggiungerà l’apice, e quello sporco schiavo – Louis stringe i pugni – voleva mirare solo a questo. Il mondo è cru-»
«Voi lo siete, voi!, non il mondo!» Ringhia Louis, sbattendo il pugno sulla scrivania del Re.
Le labbra di quest’ultimo si stendono, gli occhi si assottigliano.
«Non ti ho educato per far si che davanti ai miei occhi si verificasse uno... scempio come quello. La principessa è il tuo destino, il potere, la magnificenza, lo sono, non un cane, un servo, come-»
Il ragazzo lo interrompe nuovamente. «Io lo amo, lo amo!» quasi urla, le lacrime non si fermano mentre il padre si alza dalla sua sedia furioso e raggira la scrivania.
«Fa’ silenzio, William. Non voglio sentire un’altra oscenità uscire dalla tua bocca».
Louis ringhia ancora, incapace di proferire l’ennesima parola.
«Voglio che tu sieda vicino a me, quando sarà giunto il giorno. Voglio vederti sorridere, fiero di quello che sta succedendo. Voglio che tu sia impeccabile nella recitazione, che la gente capisca che era lui lo sporco errore, che la gente sia finalmente fiera di te».
Louis reprime l’istinto di vomitare seduta stante.
«Sarebbe mai fiero, un popolo, di essere governato da una persona meschina, padre?» Chiede, sputa fuori quasi quelle parole, amareggiato. Il Re lo guarda, sprezzante.
«Non ammetto repliche, non un’altra parola, William. Sarai lì, di fronte a lui e riderai di lui, altrimenti...» Lascia in sospeso la frase, avviandosi a grandi passi verso quella che è la massiccia porta del suo studio; Louis si accascia al suolo.
Altrimenti cosa, padre? Vorrebbe chiedere Non è già abbastanza la sofferenza inflittami? Vorrebbe gridare, ma di voce, di forza, Louis, non ne ha più.

«Sposteremo il processo a domani, voglio che quel moccioso, lurido schiavo sparisca dalle mura di questo castello, per sempre» Dice, la bocca stesa in una linea rigida e la voce sottile, arrabbiata.
«Ma Sire...» prova a ribattere Oscar, ma il Re, che ha già sentito abbastanza e che è stanco di sentir vociferare sulla sua famiglia, lo interrompe.
«Domani, è tutto chiaro? In piazza, dinnanzi a tutti. Voglio che tu corra immediatamente da Millicent e le dica che sarà compito suo avvisare William» Proferisce. «Avvisa anche le guardie: fate soffrire quel cane schifoso, ma non uccidetelo. Lo voglio vivo, voglio assistere al suo dolore». Poi si allontana.

Louis ha gli occhi ancora gonfi e la gola raschiata quando, in piedi, nel giardino vicino alla stalla, incocca l’ennesima freccia, chiude l’occhio sinistro, impugna con forza l’arco e... tira. La freccia viaggia con velocità impressionante e, – ovviamente – pensa il ragazzo, colpisce il punto centrale, quello rosso. Come il sangue.
Il sangue di Harry.
Sente nuovamente gli occhi pungere e si morde le labbra con rabbia.
Il suo sangue.
Le braccia e la schiena piene di graffi, testimoni del suo passato e l’odore pungente dentro la cella angusta.
Le labbra affondando più in profondità, fa male ed il sapore metallico che bagna le sue labbra, scende velocemente giù per la lingua, la gola ed il cuore.
Louis tira un’altra freccia ed il dolore va via.
«Signorino Louis, signorino!» la voce squillante di Millicent gli arriva dritta alle orecchie, reprime uno sbuffa, leva la freccia dall’arco e si gira nella direzione della donna.
La vede correre affannata verso di lui, le guance rosse per lo sforzo ed il vestito leggermente sollevato.
«Cosa c’è, Millicent?» Chiede, duro.
Non crede di provare nessuna emozione, non più: lo hanno completamente svuotato di tutto.
Millicent rimane in silenzio, guarda a terra e per qualche secondo si sente solo il rumore del vento che muove le fronde degli alberi.
«Mi dispiace che abbiano dato proprio a me questo incarico, signorino Louis».
Il ragazzo sente nuovamente la rabbia montare dentro di sé: tutte quelle pagliacciate, tutto quel dispiacere falso gli fa venire il voltastomaco. Sono tutti amareggiati per lui, ma nessuno si è battuto in sua difesa.
«Cosa c’è, Millicent?» Domanda ancora, la voce arrabbiata, i pugni stretti, il volto privo di espressione «ne ho abbastanza di tutti voi, mi fate perdere già troppo tempo. Vai al sodo, Millicent». Sputa.
La donna lo guarda, sembra capirlo, sospira.
«Sua Maestà – Louis rotea gli occhi al cielo, poi li chiude e respira a fondo – ha esplicitamente detto che vi è concesso rivederlo un’ultima volta e...» Louis apre gli occhi di scatto.
«Vedere chi, per l’ultima volta?» Chiede, piatto.
«Signorino...»
«Chi Millicent, chi?» si ritrova ad alzare la voce.
«Harold, il servo». Dice in un soffio.
«Perché per l’ultima volta?» Domanda, temendo la risposta.
«Perché il processo è stato spostato a... domani».
Basta quello, a Louis, per far sì che tutte le emozioni che ha respinto fino a quel momento, gli ricadano addosso con un peso ancora più pesante.
Paura, dolore, voglia di urlare, smarrimento, è come se tutto fosse più vivido ed intenso e la morsa al petto non accenna a smettere.
Lascia che l’arco si sfanti al suolo e le sue gambe si muovono da sole, corrono, corrono da lui.

 




«Non possono, Harry. Fai che tutto questo... smetta. Voglio che vada via, tutto questo dolore, ti prego, fallo smettere». Singhiozza Louis tra le sue braccia, perché ormai è l’unica cosa che può fare, e vorrebbe smetterla di fare l’egoista, di mostrarsi così debole: dovrebbe essere forte anche per lui, ma proprio non ci riesce.
Ad Harry si stringe il cuore, ed è quello, adesso, l’unico dolore che sente.
«Anche io vorrei tanto che finisse, Loulou. E finirà, okay? Te lo prometto».
Louis piange lacrime amare, ed il corpo non smette di tremare mentre i due sono appoggiati al muro malmesso e scrostato.
«Non te ne andare, non te ne andare» sussurra. Harry gli accarezza i capelli, impotente.
Vorrebbe restare anche lui, lì, per sempre, per tutta la vita ed anche dopo con l’unica persona che abbia davvero mai amato, vorrebbe promettergli che non se ne andrà, che rimarrà con lui e che vivranno per sempre insieme, contenti. Che passeranno sopra a quello, ma non può, perché non è vero.
Così si aggrappa all’unica cosa che sa che rilassa Louis: parla.
«Due anni fa, – inizia Harry – sono tornato nella mia dimora dopo essere uscito a cavallo, ho riposto tutto nella piccola stalla e sono rientrato in casa, l’unica cosa nitida che ricordo sono i corpi mutilati dei miei genitori. Ho avuto così tanta paura, Lou, che sono rimasto lì, senza chiamare nessuno per due giorni. Fissando i loro volti, sperando che si risvegliassero. Ho sperato fino all’ultimo, ma loro non lo hanno mai fatto».
Harry sospira, si muove appena e la spalla chiede pietà.
«Poi, però, hanno scoperto tutto, sono venuti da me. Tutti sembravano così dispiaciuti, ma a nessuno importava davvero» sputa Harry, «quando hanno portato via i loro corpi, credo che qualcuno tra tutta quella gente, fosse persino felice».
Gli occhi fiammeggiano, ma continua, perché deve farlo per Louis. «I miei erano odiati da molte persone, conflitti economici e cose del genere, molti non vedevano l’ora di toglierseli davanti agli occhi. Qualche giorno dopo, in città, tutti sapevano di Harold Milward, figlio di una famiglia benestante, diventare improvvisamente Harry, il poveraccio».
Il riccio sospira e Louis stringe le mani nelle sue, come a dargli conforto, mentre le labbra lasciano una scia di baci lungo il suo collo.
«Sono arrivato qui senza voglia di vivere, non più. Ero destinato ad un’esistenza vuota. Poi sei arrivato tu, mi hai sorriso ed hai messo a tacere Oscar – un piccolo sorriso gli increspa le labbra –, me lo ricordo ancora, perché poi mi hai mostrato tutte le parti del castello, con una gentilezza... inaudita, ed ho capito che saresti diventato tu, la ragione del mio vivere. E’ solo grazie a te...» gli alza il volto e fissa i suoi occhi in quelli del maggiore «...se sono felice. Non mi importa se sono rimaste poche ore per me, perché tu hai reso la mia vita bellissima, mi hai salvato ed io non chiederei mai nulla di più. Perché sei stato mio e lo sarai, ed io ti ho amato e lo farò. Per sempre. Te lo ricordi? Per sempre». Mormora ed è la verità.
Lo ama. Lo amerà. Sempre. Per sempre.



 


C’è odore di piscio* e di morte nella piazza e nei vicoli che si affacciano ad essa. Ci sono bambini che corrono, alcuni spaventati da quello che sta per accadere e chi, invece, è eccitato.
Louis sente il rumore della gente che parla e che non sta più nella pelle: l’ultima impiccagione pubblica risale a mesi prima e il ragazzo trova disgustoso il modo in cui la gente si diverta. Sono davvero così sadici?
Ma, in ogni caso, a Louis non importa più. Louis non prova più dolore: sa esattamente cosa farà.
Tutti si inchinano appena lui, al fianco di “Sua Maestà”, passa e li guarda sprezzante, guarda con sdegno tutte quelle persone che hanno un animo così nero e sporco.
«Da questa parte, William. Ci hanno riservato i posti in prima fila, come ti avevo promesso, figliolo» sorride, e, con sorpresa, anche Louis lo fa, mentre la lama fredda, nascosta dai vestiti, sfrega contro la sua carne.
Arrivano qualche secondo dopo, scortati, a quella che è la prima delle numerose file che si sono formate. Il patibolo è posto al centro, la corda spessa che pende ed uno sgabello dove Harry verrà esposto, davanti agli occhi di tutti quei diavoli – perché Louis non trova altre parole per definirli.
Sente un conato di vomito premere sul suo stomaco ed arrivare fino alla sua gola, ma reprime, butta giù e sorride, ancora. “Finirà tutto, non soffrirai più” si dice.
Poi, improvvisamente, tutto tace, non si sente nient’altro che il respiro affannato dei presenti, persino il Re trattiene il fiato.
Da poco lontano, si ode il rumore strascicante di alcune catene, pensanti, a quanto sembra.
Qualche secondo ancora e Louis può vedere la fila frontale fare spazio a qualcosa, a qualcuno.
Un ragazzo, i capelli ricci che gli incorniciano il volto, è coperto solo da uno straccio sulla parte delle gambe, ma per il resto è scoperto, in modo che tutti vedano, capiscano, grazie a quei segni, che cosa significhi tradire la fiducia del Re.
Il ragazzo si trascina, il volto trasformato in una smorfia di dolore, le gambe piegate sotto il peso di ciò che tira con sé.
La sua spalla è completamente ricoperta da segni rossi, slabbrature fresche segnano anche i suoi polpacci, le braccia, persino il viso, ed il resto del corpo.
Louis non lo vede stare sulle sue gambe dal giorno in cui sono stati scoperti e non può credere al fatto che, nonostante quel giorno Harry sapesse cosa stava per succedere, era rimasto lì con lui, per lui.
Tanti aghi sembrano penetrargli il cuore, un dolore mille volte più potente di ciò che ha sentito in tutti quei giorni. Percepisce lo sguardo del riccio addosso e i mormorii concitati di tutti gli altri presenti, Louis giura che li potrebbe uccidere seduta stante.
Cerca di sorridergli, ma con vani e scarsi risultati, poiché il suo polso viene, improvvisamente strattonato e sa che è suo padre, colui che lo sta portando – seppur contro la sua volontà – al centro della piazza.
Lo posiziona di fronte alla struttura di legno ed inizia a parlare, ma Louis non lo ascolta, coglie solo qualche parola come “rispetto”, “onore”, “indignazione”.
Ma a Louis non importa nemmeno quello, tutto ciò che riesce a vedere è il suo riccio, che viene strattonato da due guardie di suo padre e che viene costretto a salire sul piccolo sgabello posto sopra al patibolo, con poca grazia.
Ciò che riesce a capire Louis, è che negli occhi di Harry – un tempo così splendenti – adesso c’è il dolore e la vergogna di essere esposto in quel modo. «Andrà tutto bene, ricordi?» gli mima il maggiore con le labbra, senza produrre però alcun suono.
Giurerebbe di aver visto un piccolo sorriso nascere sulle sue labbra, ma esso viene subito spento dal movimento della corda affianco a lui.
Una delle due guardie reali, la più massiccia, infatti, traffica con quella, fa un nodo ed un altro ancora ed il cappio è sempre più stretto.
«Voglio solamente che questo atto – la voce di suo padre, ormai fattasi più forte, lo distrae – sia da lezione a tutti voi. Tutti quanti». Dice, autoritario e minaccioso.
Il Re si volta verso William, il suo sguardo è freddo come il ghiaccio.
«Mio figlio – dice, fiero – sarà lieto concludere quest’inchiesta con le giuste parole, spero».
Gli invia un messaggio silenzioso, così Louis si schiarisce la voce ed inizia a parlare.
«Spero che un giorno il popolo, il nostro, il mio popolo, riuscirà a trovare il giusto equilibrio e voglio pensare, sperare, che non avrete più il bisogno di dimostrazioni pubbliche – dice, avvicinandosi definitivamente al patibolo dove Harry rimane inerme, e lo fissa – per capire come si rispetta, chi è più grande di voi, chi ha il potere. Dura lex, sed lex – recita “La legge è dura, ma è legge”, poi prende un respiro e – che giustizia sia fatta».
Proferisce, in un soffio. Il Re sorride, forse per una volta finalmente felice.
Louis punta ancora una volta i suoi occhi in quelli di Harry, poi osserva minaccioso la guardia.
Quest’ultima, si avvicina, lega la corda attorno al collo d Harry, il quale volto ormai è straziato da una maschera di paura. «Andrà tutto bene». Gli mima, nuovamente, ed Harry si fida, Harry non ha paura perché Louis è lì con lui, adesso.
Prima che tutto possa succedere, Louis passa una mano sotto la camicia del suo abito migliore, più elegante e la sente. Sente la lama fredda del coltello sulle sue dita, sorride.
«Che giustizia sia fatta, Sire» ripete, con una punta di strafottenza.
Poi le azioni ed i momenti, i minuti, secondi, si succedono con velocità. Il piede di una delle due guardie va a colpire lo sgabello di Harry, che cade.
Ed ora c’è solo Harry, che scalcia, in cerca di ara. Il suo volto cambia colore.
«Sorridi» Dice Louis a voce alta. «Sorridi per me». Chiede un’ultima volta.
E per quello che gli è concesso, Harry lo fa. Harry si apre in un sorriso, piccolo, ma pur sempre un sorriso, il suo sorriso che sarebbe capace di illuminare l’intera città.
La folla rimane incantata: è la prima volta che un condannato esegua un ordine del genere, in punto di morte, in fin di vita.
«Che giustizia sia fatta a voi».
Esclama ancora Louis, e la gente non capisce, ed è giusto così.
Poi, prima che qualcuno possa allontanarlo o dirgli qualcosa, afferra fulmineo la mano di Harry, che annaspa ancora – ancora per poco – ed estrae la lama. «Che giustizia sia fatta a voi, popolo». Ripete, poi estrae la lama e mira al suo cuore. «Ti amo, mio Re» sussurra, senza fiato, invaso dal dolore ed Harry sorride mentre chiude gli occhi per sempre.
Louis sente delle voci dietro di sé, voci confuse, tutto è offuscato e la sua mente non percepisce altro che il nero.
Pochi secondi dopo, la mano ancora stretta a quella di Harry, Louis chiude gli occhi, sorride.
Harry e Louis hanno chiuso gli occhi insieme e per sempre.
Louis ed Harry, sono pronti a consumare la felicità in un altro mondo, sicuramente migliore.
E tutti, nessuno escluso, li ricorderà per sempre come William il principe, ed Harold il servo, i sorrisi sui volti, consumati da un amore proibito, le mani intrecciate, pronti a partire insieme per un nuovo viaggio.





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Io mi dovrei scusare, però non lo faccio perché è stato un dolore assurdo scrivere questo capitolo, non è uscito fuori come speravo uscisse, infatti non ne sono soddisfatta, però spero vi piaccia, perché..
beh, perché ci tengo particolarmente.
Sono emozionata, diciamo, perché è la prima cosa di più di un capitolo che finisco, e questo beh, mi rende
veramente alskjidjh
Devo un grazie particolare a tutte quelle che hanno messo la storia nelle seguite/preferite/ricordate, e che hanno recensito, davvero, grazie. Grazie, grazie mille.
Io non so nemmeno che dire, scusate se è così cupo, io vi ringrazio tantissimo per tutto e boh, lasciatemi un parere, perché vi giuro, ci tengo tanto.
Non so nemmeno che dire, spero che... oddio, sono emozionata çwç
Io evaporo, scusate se sto postando a quest'ora, ma sono stata un po' incasinata e nulla,

Bacioni, abbracci aslkdfijg e vi amo tanto,
geigei.

  
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