Capitolo
3
“… Some say love it is a
hunger,
an
endless aching need…”
Il cottage
dell’Ammiraglio
Chegwidden era illuminato a giorno e dall’interno della casa proveniva
un
vociare allegro, accompagnato da un sottofondo musicale soft adatto
all’occasione.
La festa era
in pieno
svolgimento.
L’aria della
sera si stava
rinfrescando, eppure nessuno dei due sembrava accorgersene, presi
com’erano
dalla conversazione.
“Aveva
ragione”.
“Dicendo che
ero colpevole?”.
Harm esitò un
attimo. Sapeva
che ciò che stava per dirle avrebbe suscitato altre domande alle quali
non era
certo di voler rispondere. Tuttavia non riuscì ad evitare di dire
quello che
faticava ad ammettere anche con se stesso e di cui, soprattutto, si era
reso
conto solo da poco, in quell’ultima mezz’ora trascorsa a parlare con
lei,
rivangando numerosi momenti degli anni trascorsi insieme come amici e
colleghi.
Alla fine,
nonostante tutto,
amici lo erano diventati davvero.
“Dicendo… che
qualcuno era
innamorato di te”.
La osservò
trattenere per un
attimo il respiro, come se le sue parole avessero, per un interminabile
momento
sospeso nel tempo, bloccato le sue funzioni vitali.
Forse era
giunta l’ora di
rientrare, approfittando del momentaneo silenzio di Mac.
“Scusa, che
hai detto?”
La voce di
lei lo bloccò
mentre aveva già la mano sulla maniglia della porta d’ingresso.
Rassegnato si
voltò ad
affrontare l’incendio
che le sue stesse
parole avevano provveduto ad alimentare.
“Che Brumby
aveva ragione…”
“Sul fatto
che qualcuno era
innamorato di me?”
“Già…”
“Ma… qualcuno
chi?”
Non rispose.
Non poteva
risponderle che quel qualcuno era lui. Sarah si stava per sposare e
quella era
la sua festa di fidanzamento. Non poteva sconvolgerle così la vita.
“Qualcuno chi?” insistette
lei.
Si voltò a
guardarla,
rimpiangendo la propria stupidità. Avrebbe voluto baciarla… voleva di
nuovo
poterla avere tra le braccia, come in quella lontana notte che oramai
apparteneva solo ai ricordi… ma era troppo tardi. Sarebbe rimasto
soltanto un
suo sogno.
“Quando mi
guardi in quel
modo cosa vedi?”.
La voce di
Mac era un
sussurro e anche lei sembrava guardarlo con lo stesso rimpianto negli
occhi.
“Una donna
molto
desiderabile…” gli sfuggì dalle labbra.
“E io vedo un
uomo che non
vuole mai perdere il controllo.”.
“Ho
imparato che chi perde il controllo muore…”
“Non stai
pilotando un
caccia, ora. Non puoi vivere sempre così… lasciati andare, o ti
distruggerai…”
Lasciarsi
andare… Come poteva
farlo, ormai?
“Hai un’aria
triste…”
“Non ho
bisogno di
compassione”
“Vivresti
meglio se ti
rilassassi, ogni tanto”
“Tu, invece,
ti rilassi
troppo facilmente”
“Non stiamo
parlando di me…”
“E io ho
voglia di parlarne…
appena qualcuno ti fa gli occhi dolci tu cedi”
“Che fai?
Provi a cambiare
argomento? Guarda che conosco la tattica, faccio il tuo mestiere…”
“Non sto
usando nessuna
tattica, Mac… Ero presente quando Brumby ti ha chiesto il primo
appuntamento.
Te lo ricordi?”
Aveva odiato
quel momento.
Aveva odiato quell’uomo. E lo odiava tuttora, soprattutto quando la
immaginava
tra le sue braccia.
“Si è fatto
avanti. Sapeva
cosa voleva…”
“… e l’ha
ottenuta”
“Già…
comunque è riuscito a
scusarsi in una maniera deliziosa. Il tuo problema è che riesci a
rendere
complicate anche le cose più semplici”
“E tu,
invece, rendi troppo
semplici le cose complicate”.
Lo sapeva: si
stava
arrampicando sui vetri. Ma con lei era sempre stato come essere nel
mezzo di un
ciclone… le emozioni che provava, e che aveva sempre provato, fin dalla
prima
volta, lo rendevano una contraddizione unica.
“Tu, che cosa
vuoi?”
“Tante cose…”
In realtà era
solo una la
cosa che voleva: lei. Soltanto lei. Lei e tutto il milione di
sensazioni che
lei sola gli aveva sempre fatto provare.
“Ma quale di
più?”
Ecco la
risposta più
difficile.
“La cosa che
voglio di più è…
è non doverti perdere”
“Ti assicuro
che qualunque
cosa accada non mi perderai mai…”
Non era vero:
l’aveva già
perduta. Per sempre.
La guardò e
non riuscì a fare
a meno di domandarglielo.
“Perché ti
sei messa subito
con lui?”
“Mi avevi
respinta… che cosa
avrei dovuto fare?”
“Aspettare…”
“Aspettare
quanto?”
“Il tempo
necessario…”
Vide gli
occhi di Mac
riempirsi di lacrime e non riuscì a trattenere quel gesto che altre
volte aveva
fatto: con il pollice le sfiorò dolcemente il viso, asciugando una
lacrima che
le stava scivolando sulla guancia. Lei assecondò la carezza, con un
movimento
impercettibile del capo.
“Dovremmo
tornare dentro…” si
costrinse a dirle, benché fosse l’ultima cosa che desiderasse fare. In
quel
momento ciò che desiderava era prenderla tra le braccia e fuggire con
lei,
lontano da tutti…
“Lo
so…”
Se soltanto
lei gli avesse
fatto un piccolissimo cenno… un segno qualunque, per fargli capire che
lo
desiderava ancora.
“Mac,
ricordati che ti vorrò
sempre bene…”
“Anch’io ti
vorrò sempre
bene”.
E
all’improvviso,
inaspettato, quel piccolissimo segno.
La vide
avvicinarsi e
sfiorargli le labbra con un bacio leggero, appena accennato. Durò un
solo
istante e poi si ritrasse; ma per lui, a quel punto, fu assolutamente
impossibile resistere.
Le impedì di
allontanarsi,
trattenendola tra le braccia e catturandole le labbra in un bacio
disperato. La
baciò con tutto l’amore che sentiva per lei, nella mente le parole di
una
canzone… sempre quella canzone, il brano che avevano ballato una notte
di tanti
anni prima: “… Some
say love, it
is a hunger, an endless aching need.…
Alcuni
dicono che l’amore sia una brama, un bisogno doloroso e senza fine…”
Non ricordava
neppure il
titolo di quel pezzo, ma continuavano a tornargli alla mente, anche a
distanza
di anni, alcune parole, quasi che quel brano fosse destinato ad essere
la colonna
sonora della loro “non” storia. Ma era proprio un bisogno doloroso e
senza fine
quello che provava per lei, mentre la stringeva in un abbraccio
appassionato.
Il tempo
sembrò restare
sospeso in quell’interminabile, e al tempo stesso rapidissimo, attimo
in cui le
loro labbra furono unite. Finché lei non si ritrasse. Lo guardò, senza
dir
nulla, negli occhi una muta domanda che non gli avrebbe mai rivolto.
Si scostò da
lui, turbata.
Lentamente si tolse la sua giacca, che aveva ancora sulle spalle, e
gliela
diede, mentre sussurrava:
“Stiamo
diventando bravi a dirci addio…”
Quando si era
allontanata
dalle sue braccia, era rimasto immobile, voltandole le spalle, col
rimpianto
d’averla turbata col proprio comportamento. Ma sentirle dire quelle
parole fu
come se lei gli avesse sferrato un pugno dritto allo stomaco: non voleva affatto dirle
addio.
“No” disse,
all’improvviso.
Rapido si
voltò e le bloccò
un polso, mentre lei aveva già l’altra mano sulla maniglia della porta,
pronta
ad entrare.
Sorpresa dal
suo brusco
scatto tornò a guardarlo, proprio mentre Harm la tirava di nuovo a sé.
“Non voglio
dirti addio…”
sussurrò lui, cercandole di nuovo le labbra.
Il bacio fu,
se possibile,
ancora più disperato e, al tempo stesso, più intimo del precedente. Non
si
limitò a stringerla tra le braccia; le sue mani scivolarono su di lei,
lente e
possessive, quasi un dolce preliminare che precede il far l’amore. Le
sfiorarono il seno e la pelle nuda della schiena, per insinuarsi
dolcemente tra
i suoi capelli, in una carezza sensuale, che riportò alla mente ad
entrambi una
lontana notte in cui si erano amati senza riserve.
“Harm…” tentò
di fermarlo con
un sussurro, o forse era semplicemente un mormorio di desiderio.
La sentì
abbandonarsi al suo
abbraccio appassionato e si rese conto di volerla di nuovo, allo stesso
modo…
forse, se possibile, ancora più di allora.
“Vieni via
con me…” sussurrò
sulle sue labbra, senza lasciarla andare.
“Con
te?”domandò lei, il
respiro ancora affannato dopo il bacio, “dove?”
Non lo stava
respingendo…
“In quel
cottage… sulla
nostra spiaggia…”
“E’ molto
lontano…”
“Guiderò
tutta la notte e
arriveremo all’alba, per vedere assieme il sorgere del sole… voglio
fare
l’amore con te sulla sabbia…”
“Oh, Harm…”
“Ti voglio,
Mac…”
“Non posso…
lo sai che non
posso…”
“Vieni con
me…”
“Oh, ti
prego… non chiedermi
una cosa simile. Non posso… mi sposo fra pochi giorni…” ribadì lei,
scostandosi
dalle sue braccia.
“Ti prego,
Mac… vieni via con
me…” la supplicò di nuovo lui, senza tuttavia trattenerla. Era un
ultimo,
disperato tentativo… la sentiva ormai già lontana.
All’improvviso
la porta si
aprì e Tiner si affacciò sul portico.
“Scusate,
l’Ammiraglio ha chiesto di voi…”
Senza
staccare gli occhi da lei, fu
lui a rispondere:
“Grazie,
Tiner, veniamo
subito”
“Oh, si gela
qua fuori…”
“Sì, fa
piuttosto freddino…
rientriamo subito, grazie…”
Lei si mosse
e fece per
seguire Tiner che nel frattempo era rientrato.
“Mac?”
Non era
neppure riuscito a
dirle che la voleva per sempre e non soltanto per una notte.
Lei si voltò
un attimo verso
di lui prima di rientrare, lo sguardo pieno di rimpianto per un
qualcosa che
ancora desiderava, ma che sapeva non sarebbe mai più potuto essere.
E lui
comprese che non c’era
più nulla che avrebbe potuto dire o fare per fermarla.
***
Non era
neppure rientrato nel
suo appartamento; quando la festa era terminata e l’aveva vista
allontanarsi
con Brumby, era salito in macchina e, senza nemmeno accompagnare a casa
Renèe
che avrebbe voluto finire la serata nel suo letto, aveva guidato per
tutta la
notte, macinando miglia su miglia, finché non era giunto in quel
piccolo
paesino lungo la costa dove tutto era iniziato.
Era arrivato
che era quasi
l’alba; aveva posteggiato lungo la strada e si era incamminato lungo la
spiaggia, nella direzione del cottage che li aveva ospitati tempo
addietro. Un
passo dopo l’altro, mentre il sole lentamente sorgeva all’orizzonte.
Non era così
che aveva
immaginato di tornare in quel luogo; nel suo sogno lei sarebbe dovuta
essere
con lui.
Giunto
davanti alla piccola
costruzione, si stese sulla spiaggia, le braccia incrociate sotto la
testa e lo
sguardo al cielo.
Per tutti
quegli anni, da
quella notte, si era sforzato di dimenticare quello che c’era stato tra
loro,
per riuscire a mantenere il loro rapporto sul piano dell’amicizia e
poter
lavorare assieme a lei; in quel momento, invece, lasciò che ogni
ricordo, ogni
singola emozione vissuta allora, lo invadesse completamente.
Ricordò ogni
cosa: l’attimo
in cui i loro sguardi si erano incrociati al pub; la prima sensazione
del
contatto con la sua pelle, quando l’aveva stretta a sé, in maniera
forse fin
troppo audace, per ballare. Risentì il suo profumo, una delicata
essenza di
fiori, la stessa che aveva risentito in quegli anni ogni volta che lei
gli si
era avvicinata. Rivisse l’emozione del primo bacio, che le aveva dato
proprio
su quella spiaggia; riassaporò il sapore delle sue labbra, i vecchi
ricordi che
si mescolavano ai recenti…
E poi le ore
di passione
vissute tra le sue braccia, il suo corpo caldo premuto contro il
proprio, le
sensazioni che gli avevano procurato le sue mani sulla pelle; i gemiti,
i
sospiri, le parole appena sussurrate…
Lei, ora,
avrebbe vissuto tutte
quelle cose con un altro uomo e non
sarebbe mai stata più sua. Non l’avrebbe
più avuta tra le braccia.
Quella
consapevolezza fu come
una doccia ghiacciata e gli procurò una violenta stretta alla gola,
come se una
mano, dall’interno, cercasse di soffocarlo. Il cuore prese a battergli
rapido
nel petto e sentì gli occhi inumidirsi di lacrime.
Le emozioni
lo travolsero,
violente.
Si sentiva
infinitamente
solo. Come se la sua parte migliore se ne fosse andata assieme a lei e
all’amore che provava per quella donna che lo aveva conquistato fin dal
primo
sguardo.
“Solo
per una notte…”
le aveva detto quella volta.
In quel
momento avrebbe
barattato dieci anni di vita per almeno ancora una sola notte tra le
sue
braccia. Ma lei, ormai, era di un altro e a lui sarebbe rimasto sempre
e solo
il rimpianto e quel bisogno doloroso e senza fine.