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Autore: Delthur    18/07/2007    4 recensioni
Sette ragazzi che lottano per avere un futuro in un mondo dilaniato da guerre e tiranni senza scrupoli --- Sette leggende più vere che mai --- Sette armi che saranno la salvezza per il mondo e la rinascita della leggenda
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 0 - Prologo

I CAVALIERI DEI DRAGHI

Capitolo 0 - Prologo

- Koragg’! Okmai è quazi ora, - gridò una voce afona e stridula - è quazi ora di parktire! Preparaktevi!

         A queste parole decine di figure incappucciate gridarono - A zuoi ordini, Kapo - e cominciarono a seguire colui che aveva gridato; tutte osservavano il cielo, come se fossero in attesa di qualcosa. Il bosco aveva qualcosa di innaturale: tutti gli alberi erano secchi, ma davano l’impressione di essere morti in un modo violento; tutti i rami erano contorti come se qualcosa o qualcuno avesse risucchiato loro via la vita improvvisamente. Molto probabilmente il bosco era morto da più tempo ma da cento anni non vi cresceva più nulla; il terreno era celato da una fitta nebbia, che alla vista pareva essere particolarmente “pesante”, come se non fosse nebbia d’acqua ma di qualcosa di più denso. Al passaggio delle figure, la nebbia rimaneva immobile e non subiva nessun tipo di deformazione, sembrava che una forza oscura la costringesse a rimanere bloccata in una posizione. Dopo aver camminato non poco nel bosco, gli “incappucciati” arrivarono al cospetto di una losca figura, avvolta dall’oscurità e seduta su un trono d’ossa. A questo punto colui che veniva chiamato “Kapo” urlò:

- Inkinatevi a cozpekto del noztro potente padrone e abazkatevi i capputtci in zegno di zotkomizzione!

In un orrido scricchiolio d’ossa tutte le figure si inginocchiarono e abbassarono i cappucci rivelandosi per quello che erano: scheletri.

Nelle loro orbite vuote bruciavano due puntini rosso fuoco; sui loro corpi non erano rimasti che pochi brandelli di carne in putrefazione e qualche straccio di vestiario di quando erano ancora in vita. Il mantello che indossavano era la pelliccia di qualche animale ucciso moltissimo tempo prima: aveva perso tutta la sua lucentezza ed era diventato opaco, come se, essendo indossati da degli scheletri, avessero risentito di influssi negativi provenienti dalle malvagie creature. Quasi tutti erano scheletri di orchi ma ve ne erano anche di umani e troll. Dopo qualche istante la figura seduta sul trono disse, con una voce rauca e profonda:

- Alzatevi miei servitori, non è il momento di convenevoli - dopo una pausa, in cui tutti gli scheletri si alzarono, riprese - Domani… il nostro destino si compirà e regione di Aconbot cadrà ai nostri piedi, come questo bosco cadde, sotto il mio sortilegio, molti anni or sono - a queste parole, tutti i suoi servitori alzarono al cielo, quelle che un tempo erano braccia, esultando come se avessero vinto una guerra.

A questo punto colui che era seduto sul trono riprese a parlare quando improvvisamente si interruppe cominciando a ridere; dopo qualche istante esclamò in tono sarcastico:

- Voi laggiù, nella boscaglia, venite fuori e mostratevi, non abbiate timore, non vi faremo nulla…

A queste parole vicino al gruppo di scheletri si sentì qualcuno fuggire sulle foglie secche, in tutta fretta; quando il Capo degli scheletri stava per dare l’ordine di seguirli, stanarli e ucciderli, il “Padrone” disse:

- Fermo! Lasciali andare tanto ormai, nessuno ci può più fermare! - Dopo una pausa riprese - Ti nomino mio diretto subordinato ed esecutore, d’ora in poi sarai chiamato Spank…

A questo punto Spank, chiese: - P…Pa…Padrone, noi umiliki zerviktori come poktere kiamarala?

- Chiamatemi semplicemente… Demolich.

A questo punto si alzò rivelando la sua vera natura: un cadavere camminante di un uomo la cui carne era in putrefazione; occhi, di un rosso cremisi, occupavano le orbite di una testa, che ormai aveva ben poco di umano. Indosso aveva i brandelli di quelli un tempo erano abiti sfarzosi ed alcuni gioielli rovinati dal tempo. Probabilmente quando era in vita, il Demolich, era un mago amato e rispettato da molta gente e proprio per questo, forse, dopo la morte si trasformò in un lich: a causa del suo attaccamento alla vita non accettava la morte e questo desiderio lo spinto ad usare i suo poteri magici per rimanere in vita sotto le sembianze di un lich. Molto probabilmente, poi, volendo ottenere sempre più potere, fece un patto con una divinità malvagia che lo trasformò in un Demolich: un lich la cui potenza magica si avvicinava a quella di una semi-divinità e la cui malvagità, non conosceva limiti.

        

 

Nel frattempo in un vicino accampamento umano, un soldato porta brutte notizie al suo comandante:

- Signore, alcuni osservatori riferiscono di un gruppo di scheletri a nord, si pensa si stiano preparando ad attaccarci alle spalle!

- Chi li comandava?

- Per il tempo in cui gli osservatori sono rimasti a spiare è sempre rimasto in ombra e non si sa chi o cosa sia!

- Capisco. Organizzate due plotoni pesanti armati di armi contundenti, come mazze o bastoni ferrati, niente spade sono molto meno efficaci contro delle ossa che camminano, e metteteli a difendere il fronte a nord.

- Sissignore!

         - Non possiamo farci sconfiggere da scheletri, dobbiamo difendere questa postazione ad ogni costo non deve passare nessuno, né da nord né da qualunque altra parte!

         - Arrivanooo… - urlò un soldato in preda al panico - arrivano dei mostri da nord!

         - Sono scheletri? - chiese il comandante

         - Si, e non solo, ci sono delle specie di cadavere ed un mostro rosso al comando!

         - Un cadavere?!? Quello è un lich! Idiota! E’ quel che rimane di un mago morto chissà quanto tempo fa! Mentre l’altro… No! Non può essere… com’è potuto… dimmi, l’altro al comando degli scheletri, ha delle armi che sembrano in fiamme?

         - Si comandante!

         - Oddio! Quello è un demone! Che Hidron ci aiuti! Sbarrate tutti i cancelli non devono riuscire a passare o sarebbe la fine per noi e per tutti! Forza! Muoversi, muoversi!

         - Sissignore, agl’ordini - risposero i soldati all’unisono

         Tutto l’accampamento cominciò ad andare in fibrillazione, dopo aver sbarrato le porte i soldati si disposero in ranghi serrati in attesa del nemico, che non tardò ad arrivare. In pochi secondi le colline circostanti erano diventate bianche: gli scheletri erano talmente tanti da ricoprire ogni spazio verde. Erano capeggiati dai lich e da un demone: quest’ultimo impugnava due armi, una frusta e una spada, entrambe avvolte dalle fiamme; possedeva inoltre due ali che si aprivano sulla schiena, simili a quelle di un pipistrello, di un colore rosso sangue. Dopo pochi minuti che, per l’esercito umano, sembrarono un’eternità, i lich si lanciarono alla carica seguiti dall’orda di scheletri. A quella vista, le balliste, posizionate sulle torri, e i trabocchi, all’interno dell’accampamento, cominciarono a lanciare dardi proiettili infuocati, nel tentativo di mietere più vittime possibile nello schieramento nemico. I dardi furono meno efficaci dei proiettili, in quanto una volta raggiunta la terra si conficcavano nel terreno; i proiettili invece arrivati a terra, continuavano a rotolare per qualche metro, schiacciando parecchi scheletri. Si decise allora di caricare le baliste, con dei proiettili esplosivi: creati dall’alchimista, erano stati riempiti di una strana polvere, che prendeva fuoco facilmente; se invece veniva compressa, in poco spazio, una grande quantità di polvere, questa, al contatto con una fiamma, esplodeva violentemente. La polvere era stata soprannominata dall’alchimista, polvere nera, per il colore che aveva. Grazie a queste capacità della polvere, l’alchimista, aveva creato dei dardi esplosivi: dopo aver creato una cavità all’interno dei dardi per ballista, essa veniva riempita da questa polvere, dopodichè veniva accesa la punta del dardo; quando esso veniva lanciato, poco prima di raggiunge terra, il fuoco raggiungeva la polvere all’interno, causando, così, una forte esplosione. Tutte le balliste furono caricate e proiettili esplosivi e in poche decine di secondi furono pronte a fare fuoco; al segnale de comandante, una ventina di proiettili infiammati partirono, in volo, dall’accampamento; i soldati osservavano la traiettoria dei proiettili, con uno sguardo colmo di speranza, perdendo la cognizione del luogo in cui si trovavano; soltanto il grido del comandante richiamò la loro attenzione:

         - Mi spiegate che state facendo?!? Non addormentatevi! Ricaricate le balliste! Dobbiamo uccidere quei mostri! …se si possono uccidere…

Mentre i soldati stavano ricaricando le armi, i proiettili arrivarono a terra: tremende esplosioni, stavano ora devastando le linee nemiche; in quei pochi secondi, furono distrutti più scheletri di quanti se ne erano eliminati dall’inizio dello scontro. I soldati avevano ora ricaricato le armi e si prepararono a lanciare i proiettili al segnale del comandante; questo non si fece attendere e per la seconda volte delle traiettorie infuocate, solcarono il cielo in direzione dei nemici, ma qualcosa andò storto: alcuni proiettili, circa cinque o sei, esplosero in aria, altri invece, arrivano a terra senza esplodere. I soldati si resero conto, che i lich avevano messo la loro magia a difesa delle truppe scheletriche. Questo, però, non fece perdere loro d’animo e in pochi istanti erano nuovamente pronti per lanciare altri proiettili. Pochi secondi dopo, il comandante diede il segnale e il cielo fu nuovamente solcato da proiettili infuocati. Questo attacco sembrò segnare la sconfitta degli umani: la magia difensiva dei lich era, ora, alla massima potenza. Le traiettorie dei proiettili, improvvisamente, cambiarono direzione e si diressero verso l’accampamento; in un solo istante, tutti gli sforzi degli umani risultarono vani: i colpi, che avrebbero dovuto aiutare l’esercito umano, si ripercossero contro di loro e le porte dell’accampamento vennero distrutte dalle esplosioni lanciando in aria, frammenti e polvere. Quando dopo alcuni minuti, la polvere si era finalmente posata e gli umani si resero conto della gravità della situazione: davanti a loro ora si parava uno spettacolo terrificante: tra loro e l’esercito di scheletri non vi era più nulla: le porte erano totalmente distrutte. Lentamente, i nemici avanzavano sempre più determinati, diffondendo il panico tra i soldati. Dopo poco, il demone e alcuni reggimenti di scheletri, si lanciarono verso gli umani. Quest’ultimi, sotto gli ordini del comandante, organizzarono un fronte, con alcuni reggimenti di fanteria pesante per tentare di bloccare l’avanzata dei nemici. In pochi secondi, però, il demone, con un incredibile facilità, aveva sfondato il presidio degli umani ed in poco tempo l’accampamento era pieno di scheletri. I soldati, rimasti, gridando in un impeto di coraggio, si lanciarono alla carica, e causarono molte perdite tra le linee nemiche ma questo non fermò l’avanzata nemica; i lich, ora, erano entrati con il resto dell’esercito, e insieme al demone, cominciarono a mietere vittime con una facilità sorprendente: il demone sembrava invulnerabile, qualunque cosa lo toccava, andava in fiamme. In meno di dieci minuti, l’esercito di umani era stato dimezzato mentre quello nemico, non aveva subito molte perdite, grazie alla abilità sopranaturale dei lich di poter ricomporre gli scheletri se venivano distrutti. Il comandante vedendo, ormai, la situazione sfuggirgli di mano, ordinò la ritirata sussurrando una supplica al suo dio, Hidron. I minuti passavano e l’esercito umano continuava ad indietreggiare; per parecchio tempo il demone e i lich non si fermarono uccidendo e distruggendo qualsiasi cosa fosse lungo la loro strada; poi, improvvisamente, il demone guardò verso sud, poi alzò gli occhi al cielo ed un ruggito scaturì dalle sue fauci. Da sud, stavo arrivando sette draghi, ma questi non erano soli: in sella ad essi c’erano delle persone. Quando i sette draghi atterrarono, i pochi soldati si rincuorarono vedendo quello spettacolo: il drago centrale brillava di una luce calda e morbida che alleviava il dolore; il “Salvatore”, così chiamato in seguito colui che era in sella al drago centrale, impugnava una spada splendente. Anche gli altri draghi brillavano di una fievole luce ma i loro “cavalieri” non impugnavano una spada splendente. Il “Salvatore” avanzò verso il demone e i lich in sella al suo drago, li fissò per qualche minuto, che sembrarono interminabili, e poi tornò dai suoi compagni, lì guardò e diedero, insieme, un colpetto al loro drago. Immediatamente questi si scagliarono verso gli avversari e cominciò una battaglia, senza esclusione di colpi, che durò per due giorni e due notti, senza che nessuno dei due schieramenti mostrasse segni di affaticamento o sconfitta. Molto scheletri non riuscirono a resistere alla forza dirompente dei sette draghi, e furono spazzati via in modo davvero sorprendente: quando la spada splendente mandava a segno un colpo su uno di essi, questi evaporava in un fumo bianco, come se la spada fosse in grado di purificare ciò che era malvagio. Alla vista di quella forza dirompente i soldati riamasti si lanciarono alla carica contro l’esercito nemico. I lich e il demone erano impegnati nel combattimento contro i sette cavalieri e non badavano al loro seguito; questo giocò a favore degli umani in quanto gli scheletri senza l’incantesimo dei lich non potevano ricomporsi, e quest’ultimi erano troppo impegnati nel combattimento per prestare attenzione a cosa capitava all’esercito. All’alba dei terzo giorno il “Salvatore”, gridò al comandante di andarsi a nascondersi e lasciare perdere i pochi scheletri rimasti. Questi non se lo fece ripetere due volte e portò i suoi soldati in un luogo sicuro da dove però potevano osservare lo scontro. Quando il “Salvatore” vide che tutti i soldati erano al riparo, alzò la sua spada splendente verso il sole e sussurrò delle parole magiche: la spada cominciò a vibrare ed ad illuminarsi fino a che il suono divenne insopportabile e la luce accecante; in un lampo di luce tutti gli scheletri riamasti e il loro capi erano scomparsi. I sette eroi, che avevano salvato moltissime persone da una morte certa, scomparirono all’orizzonte: la sola cosa che rimase di loro fu lo spadone impugnato dal “Salvatore” che però aveva perso la sua capacità di brillare; l’unica cosa particolare rimasta erano delle parole incise lungo la lama che non furono mai decifrate. Con il passare del tempo, anche se tutti promisero di tramandare questa storia di padre in figlio, i sette eroi finirono per diventare una leggenda e la loro spada venne dimenticata in qualche luogo sconosciuto.

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Ecco... questo è il prologo della mia storia... non so se vi è piaciuto ma spero di si... ho già pronti altri capitoli dove inizierà la vera storia con il protagonista ecc... ho deciso di pubblicare un capitolo a settimana... spero arrivino molte recensioni... magari dite cosa secondo voi c'è che non va bene o che va bene... così posso migliorare i prossimi capitoli...

  
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