Respiro a fondo. Uno, due, tre. Piroetta. Uno, due, tre. Mi sollevo sulle punte, faccio qualche passo. Salto. Le scarpette calpestano con un tonfo il legno della sala da ballo. Uno, due, tre. Faccio qualche piccolo passo aggraziato. Sono un cigno, una farfalla, un petalo di fiore.
-Più dritta, Cecilia-
Raddrizzo la schiena.
-Brava, così-
Non posso vedere la mia maestra, ma sento la sua voce calda, quella voce a cui obbedisco.
Uno, due, tre. Piroetta, salto. Sono al gran finale. Piroetta, salto. Piroetta, inchino.
Sara Castelli, la mia maestra, applaude.
-Brava, Cecilia. Niente male-
Sento il vociare delle mie compagne che abbandonano la sala. Cerco la sbarra per gli esercizi e trovo a tentoni la tuta, la indosso.
-Arrivederci- mormoro, mentre lascio la sala anch’io.
-Aspetta, Cecilia. Ti devo parlare-
Il cuore mi batte più forte, ho paura. Paura che il momento che ho temuto per anni sia arrivato: mi dirà che io non posso più ballare, che sono una povera handicappata, che devo lasciare spazio alle altre ragazze, ho paura che metta fine al mio sogno. E per quanto sappia che la mia paura è immotivata, non posso smettere di temere che mi dica così.
-Stai lavorando sodo in questo periodo-
-Grazie-
-Vorrei farti una proposta-
Vorrei urlare “Aiuto!”, ma mi trattengo.
-Quale?-
-C’è un concorso individuale di danza classica per le ragazze sotto i quattordici anni. La Clarini ha scelto te per partecipare-
Non posso credere a quello che mi sta dicendo.
-Un...concorso? Io? Solo io?-
La Castelli ride.
-Sì, Cecilia. Tu-
Sto per mettermi a piangere dall’emozione, lo sento. Non posso credere che lo stia chiedendo a me , proprio a me, che tra tutte le mie compagne sono quella meno adatta.
-Davvero? Ma io sono...-
-Cieca, certo. E anche un’ottima ballerina-
Rido.
-Sì! Assolutamente, maledettamente sì!-
La Castelli ride.
-Parlane coi tuoi genitori, allora-
-Grazie mille-
-Ciao, Cecilia-
Esco dalla sala e salgo le scale, apro la porta ed esco sulla strada. Inspiro a pieni polmoni l’aria che sa di pioggia, e mi sembra di scaldarla con la mia felicità.
-Ehi, piccola handicappata-
Mi volto nella direzione della voce, e non ho bisogno di vedere per capire chi ha parlato.
-Lasciami stare, Clarissa-
-Non ti meriti di avere un’occasione del genere, sei solo una povera menomata-
Sussulto. Come fa a sapere del concorso? Mi ha sentito mentre parlavo con la Castelli? Sento dei passi sul marciapiede, poco distante da me: Clarissa si sta avvicinando, e non è sola.
-Ti prego, lasciami stare-
Ma le mie proteste non servono a niente. Nel giro di pochi minuti sono a terra, fradicia, perché ha ricominciato a piovere. La gamba mi fa un male tremendo, e le mie lacrime amare si mischiano con la pioggia. Clarissa e le sue amiche si sono dileguate come ombre nella pioggia. Perché realizzare il mio sogno deve comportare così tanto dolore?

Angolo dell'autrice
Non so se questa storia terminerà un giorno o comunque non so dove andrà a finire. Forse scriverò altri tre capitoli che parlano di altre tre ragazze e poi smetterò lì...quindi (forse) sarà una specie di raccolta di one-shot. Per adesso non lo so, se qualcuno ha voglia recensisca per favore.
VittoriaBlueMoon