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Autore: Aine Walsh    02/01/2013    5 recensioni
[IN REVISIONE]
È da poco più di due anni che non ci vediamo e so di non essermi comportato nel migliore dei modi nei suoi confronti, ma nonostante ciò lei non ha esitato a corrermi incontro alla prima chiamata. Non mi trovo affatto in una bella situazione, insomma.
* * *
NdA, spiegazioni e altre avvertenze all'interno.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una tempesta di stelle

 
1. Prima parte
 

31/12/2015
 

 
La stazione non è particolarmente gremita di gente oggi e noi pochi presenti possiamo benissimo contarci sulle dita di una sola mano; ci siamo solamente io, un vecchio sonnacchioso seduto su una panca e una madre con un irrequieto bambino sugli otto anni. Del resto è da folli decidere di passare la vigilia di Capodanno in un cittadina piccola e quasi monotona nella sua tranquillità come High Wycombe. Io sono qui perché disperato e bisognoso di starmene per conto mio, anche se, in effetti, non starò da solo per tutto il tempo.
Mi volto e guardo fuori dalla finestra per un po’: nevica ancora, va avanti così da due giorni e il meteo afferma che inizieremo l’anno nuovo sepolti sotto uno spesso strato di neve. A essere sincero non mi importa più di tanto perché ho intenzione di barricarmi in casa e non uscire per nessuna ragione al mondo. Non sono tornato perché in vacanza, sono tornato perché necessito di riflettere e schiarirmi le idee. Resto così, ad osservare i fiocchi scendere e addensarsi al suolo fino a quando lo stridere delle ruote del treno non mi fa girare dalla parte opposta. Anche all’interno i passeggeri sembrano davvero pochi.
Il cuore inizia a martellarmi velocemente nel petto e non riesco più a stare fermo, tanto che prendo a dondolare avanti e indietro come un emerito idiota. È da poco più di due anni che non ci vediamo e so di non essermi comportato nel migliore dei modi nei suoi confronti, ma nonostante ciò lei non ha esitato a corrermi incontro alla prima telefonata. Non mi trovo affatto in una bella situazione, insomma.
Avanzo e mi capita  per caso di vederla seduta nel suo scompartimento. Si guarda intorno e, quando i suoi occhi incontrano i miei, alza una mano e mi saluta timidamente. Poi si alza, afferra la valigia e si immette nel corridoio; pochi istanti e me la ritrovo davanti. Sorrido e la abbraccio, sono eccitato come un bambino e felice già alla sola idea di poter trascorrere due giorni insieme. Ricambia la stretta con lo stesso affetto di sempre e il suo respiro caldo sul mio collo mi provoca un brivido lungo la schiena.
«Sei un idiota.» Dice con convinzione.
«Lo so.»
«E me la pagherai.»
«Lo sospettavo.»
«Sto morendo di freddo.»
«Lo sento, sei gelata. Andiamo a casa.» Rispondo prendendo la sua valigia e incamminandomi verso l’uscita. «Hai fatto un buon viaggio?»
«Più o meno. Odio i ritardi e odio ancora di più i treni, ma per fortuna ero sola e quindi ho potuto leggere in santa pace.»
«Ti riempi ancora la testa di cazzate?» La prendo in giro.
«E tu fingi ancora di essere coglione? Oh, scusa, lo sei davvero.»
«Mi sei mancata.» Ridacchio mentre le tengo aperta la porta a vetri per farla passare. Non immagina nemmeno quanto abbia risentito della sua assenza, forse anche più di quanto io stesso avessi pensato e me ne rendo conto solo adesso che cammina al mio fianco, come ai vecchi tempi.
«Tu no. – ride anche lei, ma poi si blocca – Quanta neve è caduta?»
«Tanta e pare che ne avremo ancora per un po’. È da due giorni che va avanti così e non smette se non per due o tre ore al massimo.»
«È bellissima.» Commenta.
Mi volto a guardare il suo profilo: è anche più bella di quanto ricordassi, come ho fatto ad essere così cieco negli ultimi anni? Ha tagliato i capelli rispetto all’ultima volta che ci siamo visti e adesso i boccoli color sabbia le ricadono morbidamente sulle spalle, come il giorno in cui ci siamo conosciuti. Ha le guance arrossate per il freddo e gli occhi ambrati scintillano felici per lo spettacolo che si trovano davanti.
«La neve a Glasgow non è la stessa cosa, vero?»
«No, direi proprio di no. Qui è sempre più bella.»
«Questo è uno dei motivi per cui dovresti restare.» Mormoro senza nemmeno rendermene conto.
Heaven alza un sopracciglio e mi guarda. «E gli altri quali sarebbero?» Incalza con la sua tipica curiosità.
Merda, ci sono dentro fino al collo e ho fatto tutto da solo in meno di quindici secondi. Questo è uno di quei momenti in cui fare il mio mestiere può essere davvero utile, anche se non mi piace per niente recitare nella vita di tutti i giorni.
«Beh, – inizio agitando la mano libera – qui ci sono tutte le persone che conosci e che ti vogliono bene, ci sono le Chilterns, c’è la cioccolata calda con i marshmallows di zia Rose nei giorni di pioggia… mi sembrano motivi molto più che validi, no?»
Mi prende la valigia dalla mano e aspetta che io abbia aperto il cofano prima di sistemarcela dentro. Sospira lievemente, condensando appena l’aria intorno al suo viso, poi sale in macchina e allaccia la cintura. «Non posso credere che tu stia facendo atti di convincimento usando le colline, sul serio.»
Accendo il motore e faccio spallucce. «Hai sempre adorato quel posto.»
«Sì, ma non è una motivazione sufficiente, quindi non provare a giustificarti. E gli amici… ormai sono andati via tutti, lo sai.»
«Tutti tranne uno: – sghignazzo – Peter è ancora qui e ti aspetta a braccia aperte. L’ho incontrato l’altro giorno e mi ha chiesto di te.»
«Dio, Peter Hewitt no! È da quando ho messo piede qui per la prima volta che mi corre dietro!» Piagnucola esasperata.
«Ma perché non cedi alle sue avances? Ti ama alla follia e non è neppure così male… se escludi la faccia da scemo che si ritrova, la colonia di pustole sulla fronte e la ciccetta che gli protegge gli addominali scolpiti…»
«Aaron, sei simpatico come uno spillo conficcato nella pianta del piede.» Ride, subito dopo avermi mollato una gomitata tra le costole, però. «Cazzo, no…» Sussurra flebilmente.
«Che è successo?»
«Non gli avrai mica detto che sono qui, vero?»
Approfitto del semaforo rosso per guardarla bene in viso: è improvvisamente sbiancata come un lenzuolo. Meglio non scherzarci sopra visto che ho già tanto da farmi perdonare. «Ti sembro uno che fa queste cose?»
«Hai fatto tante scemenze in questi venticinque anni, chi sa più dove puoi arrivare?»
«La ringrazio infinitamente, signorina McCarthy. È bello sapere che i tuoi amici hanno una gran considerazione di te»
«Non provare a fare l’offeso con me, sai? – dice scombinandomi i capelli – Qui se c’è qualcuno che può offendersi sono io, non ti pare? Ma non lo sto facendo e non ne ho intenzione, quindi non ti autorizzo a comportarti così.»
«Mi ero dimenticato che fossi tanto autoritaria.» Ammetto.
«Non per niente a Glasgow mi chiamano Capitano. – uno sbadiglio la interrompe – Quanto manca? Sono esausta.»
«Non molto, anche se a questo punto dovrei avvisare zia Rose e dirle che non passiamo dalla caffetteria…» La informo, fingendo indifferenza.
«Perché conosci tutti i miei punti deboli, Johnson, perché?»

 You're the Origin of Love!

Uhm, cos'è questa storia?
E' un piccolo sclero nato la scorsa notte mentre osservavo il fuoco scoppiettare nel camino, sì. In effetti, era già da parecchi mesi che cercavo idee per scrivere qualcosina su Aaron...
Comunque sia, ho alcune cose da dire e credo sia meglio che le elenchi per cercare di non dimenticarle (vecchiaia portami via! LoL)...
  1. Questa non sarà una fan fiction molto lunga: saranno sei capitoli di lunghezza variabile, ma non credo che supererò le venti pagine
  2. Avete fatto caso alla data? Questo capitolo è ambientato nel 2015...
  3. Mmm, e penso sia tutto. Vedrò di aggiornare presto, possibilmente questa stessa settimana, e spero che qualcuno apprezzi questo sclero-lampo...
    Augurandovi un buon 2O13 e ringraziandovi per essere passati di qui,

    A.





     
  
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