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Autore: Lady Francoise    02/01/2013    8 recensioni
Non scalare una montagna se sai che non avrai la forza di raggiungerne la cima;
Non lanciare il cavallo al galoppo se a pena sai andare al trotto;
Non puntare una pistola se sai che intanto ti mancherà il coraggio di sparare;
Non chiudere una porta se sai che prima o poi la riaprirai;
Non voler andare a tutti i costi avanti, non voler compiere sempre missioni impossibili, non voler fare sempre l’eroina…
perché se solo tu ti fermassi un istante a guardare dietro te vedresti un ruscelletto..
calmo e tranquillo, ma proprio per questo così potente e deciso nel suo scorrere..
..e capiresti che ti basterebbe quello per essere felice, per essere te stessa!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tornò in caserma, stanca, infreddolita e triste.
Oltrepassò le camerate dei suoi uomini senza far rumore, per non farsi sentire. Il silenzio che regnava sovrano era penetrante e quasi irreale; tutti composti, nessuno scherzava, nessuno fiatava, nessuno beveva, giocava a carte o provocava col solo scopo di movimentare la serata, tutti in caserma, nonostante già da tempo quella sera fosse stata loro concessa per festeggiare l’arrivo imminente del Natale, tutti così bravi e zitti.. non sembravano neanche i suoi soldati..
Passò oltre ed entrò nel suo ufficio e non si sorprese nel trovarlo anch’esso immerso in un’atmosfera che pareva distante. Era rimasto tutto come lei l’aveva lasciato, quello stesso pomeriggio; erano passate solo poche ore, poche ore che dento di lei sembravano un’eternità, poche ore che pesavano come un macigno impedendole quasi di respirare. Era rimasto tutto come quando Alain e André avevano fatto il loro ingresso, tutto apparentemente uguale, ma così cupo e diverso. I fogli sul tavolo, la punta della piuma ormai secca, il calamaio rovesciato, qualche goccia d’inchiostro caduta per terra, la sedia abbandonata, distante dalla scrivania, segno evidente che qualcosa era successo, qualcosa di grande, di dirompente, di importante.
Era tutto come prima, ma tutto irrimediabilmente diverso.
Nel suo ufficio, freddo come prima e disordinato come mai.
Nelle camerate, affollate come sempre, ma tranquille come mai.
Nel suo cuore, restio al naufragare nella marea di emozioni, ma inquieto e gonfio come mai.
Nella sua mente, intenta ad analizzare i fatti con lucida freddezza, ma persa come non mai nel dolore delle crude verità che le aveva rivelato Alain.
L’unica cosa che sembrava non essere mai cambiata era la sua incredibile cecità nel non accorgersi di cosa le capitava attorno.
I suoi soldati. I suoi soldati erano costretti a vendere armi e uniformi perché il compendio non bastava a sostentare le loro famiglie. I suoi uomini. I suoi uomini erano stremati dai turni, dalle riviste, ma spesso cedevano parte del rancio ai fratelli che dovevano crescere o alle madri malate che dovevano guarire. Quelli erano i suoi uomini. Faceva fatica ad ammetterlo a se stessa, ma si accorse che dentro di se li aveva sempre considerati rozzi, volgari, ignoranti e meschini perché profondamente diversi da lei e dal suo mondo, ma quelli erano uomini, uomini veri. Provati da una vita di stenti, ma fortificati dalla stessa miseria in cui erano cresciuti.
Quelli erano uomini, e se non fosse stato per Alain non se ne sarebbe mai accorta.
Per la terza volta nell’arco di così poco tempo si sorprese a pensare che era vero quello André prima e Alain poi avevano detto di lei. 
Era vero, così dannatamente e spietatamente vero.
Lei era come tutti gli altri. Lei era come tutti i nobili. Lei era una nobile in mezzo a tanti altri nobili. Era una dei tanti. Una di quei tanti che aveva spesso criticato senza mai accorgersi di essere come loro.  Lei era e pensava come i nobili, e se non fosse stata per l’inconsueta decisione di suo padre di allevarla come un maschio, avrebbe vissuto come tutte le nobili dell’epoca: avrebbe partecipato ai balli, avrebbe parlato di moda,vestiti, avrebbe vissuto di frivolezze e pettegolezzi, sarebbe arrossita di fronte ai complimenti dei pretendenti, sarebbe stata stretta da tante forti braccia per danzare al cospetto della Regina Maria Antonietta, passando di cavaliere in cavaliere finché non avesse incontrato mani abbastanza forti da incatenare le sue dita a quelle dell’altro con un anello nuziale che avrebbe fermato per sempre il vortice della sua vita, costringendola non al nuovo inizio che deriva dai matrimoni d’amore, ma alla lenta e triste discesa delle unioni combinate. E allora, moglie e madre, avrebbe vissuto con l’ansia di dimostrare il meritato valore della sua dote e col timore di non riuscire a fare altrettanto con la sua discendenza. Sarebbe diventata cinica e disillusa, avrebbe iniziato a considerare il popolo come una massa di inutili stolti che si lagnano per un po’ di fame, come un lurido insieme di gentaglia buana solo a mettere in discussione l’innegabile supremazia della sua classe e non si sarebbe mai accorta di quanta nobiltà ci fosse nei gesti di solidarietà e fratellanza che persone povere e affamate non smettono mai si scambiarsi semplicemente per aiutarsi, nella consapevolezza che tutti, prima o poi, avrebbero avuta bisogno di supporto. Se non fosse stato per suo padre non si sarebbe mai accorta di tutto ciò e sarebbe stata una tra le tante di cui sparlare amabilmente quando non c'era, ma da dimenticare appena la morte l’avesse accolta tra le sua braccia.
La morte.
Quella che forse l’avrebbe colta prima di quanto lei avesse mai immaginato.
Quella che avrebbe segnato la fine di una vita a suo dire spesa a battersi per la giustizia e conto i soprusi.
Quella che ora, con l’incombente avvicinarsi della fine, le aveva mostrato che quella vita in realtà si era svolta solo nella sua mente.
Ma non è mai troppo tardi per cambiare, per migliorare. E lei doveva farlo.
Ora che aveva capito di aver vissuto nell’illusione di essere diversa, doveva semplicemente trasformare il sogno in realtà.
In quell’anno tutte le sue certezze si erano ad una ad una sgretolate.
In quell’anno aveva sofferto e combattuto per i più svariati motivi, ma ora che aveva finalmente compreso come era realmente vissuta, doveva cambiare.
Aveva aperto gli occhi, la fase più difficile e dolorosa era quindi ormai passata, e ora le restava solo da agire.
In fondo, era solo una delle tante sfide che la vita le aveva serbato e, come tutte, l’avrebbe intrapresa con forza e con coraggio.
Non si sarebbe arresa, perché non era da lei, e perché la posta in gioco era troppo altra.
Prima di morire doveva cambiare. Doveva fare qualcosa per aiutare gli altri.
E doveva farlo in fretta, perché non sapeva quanto tempo ancora le restasse.
Aveva iniziato quel giorno, nel tentativo di salvare Lasalle.
Dopo Natale avrebbe continuato cercando di aiutare non solo lui, ma tutti i suoi uomini.
A Natale avrebbe invece parlato ad André.
André, che decise di non rivolgere parola ad Alain, chiudendosi nel suo solito in un mutismo, affiancando l’irreale silenzio che quella sera aveva deciso di calare in caserma e che nessuno, neanche lo sprezzante Alain, nemmeno i compagni arrabbiati per il destino funesto che attendeva Lasalle, neppure l’adirato André, ebbe il coraggio di spezzare.
Eppure avrebbe tanto voluto farlo André, forse quella sera lo desiderava più di tutti André.
Avrebbe tanto voluto prendere a pugni Alain per il modo in cui aveva tradito la sua amicizia, parlando in quel modo a Oscar, vaneggiando sull’eventualità di un suo matrimonio con Diane, trattandola con disprezzo, sfidandola davanti a tutti, accusandola di una cosa che lei sicuramente non aveva fatto. Perché lei non era così, lui lo sapeva, e gli altri avrebbero dovuto ascoltarlo invece di farsi prendere dalla bramosia di vederla sconfitta da quel bestione che loro si ostinavano ad appellare “Capo”, senza volersi infilare in quella loro stupida testa che il loro capo non era Alain, che loro avevano un capo molto più valido di lui, che il loro capo era il Comandante Oscar, che era mille volte migliore di quell’energumeno capace solo a farsi bello e spuntare inutili sentenze in grado solamente di accendere lo spirito di rivolta nei suoi compagni ma non certo di farli ragionare, come invece sarebbe stata capace di fare Oscar se solo loro le avessero dato il tempo di spiegarsi, invece di attaccarla così impunemente sotto la pioggia. Erano solo dei vigliacchi che cercavano di avere la meglio su di lei facendo leva sulla loro forza bruta, ma non certo sulla loro intelligenza. Non capivano che avrebbero avuto solo da imparare, da lei, se solo avessero messo da parte quegli stupidi preconcetti che derivavano dal fatto che era nobile e che era donna. Che imbecilli!!!
E avrebbe tanto voluto correre da lei, per dirle che non era vero niente. Niente di quello che le aveva detto lui e niente di quello che le aveva detto Alain. Per dirle che credeva in lei, che sapeva che la sua nobiltà d’animo non l’avrebbe mai portata a dare Lasalle in pasto il Tribunale Militare solo perché aveva venduto uno stupido fucile. Per rassicurarla e svelarle che si, era successo che qualche suo compagno avesse venduto l’uniforme piuttosto che la spada per aiutare la sua famiglia, ma la situazione non era così tragica coma Alain l’aveva descritta. Avrebbe voluto correre da lei per sapere come stava, se aveva bisogno di essere medicata, se il braccio le doleva e per dirle che avrebbe voluto aiutarla quel pomeriggio, vedendola così sola, ad affrontare la forza di Alain e lo sdegno dei suoi soldati, e se non l’aveva fatto  era solo perché sapeva che per lei sarebbe stato un ulteriore affronto, ma se fosse dipeso da lui quello scontro non avrebbe avuto luogo. Più di tutto, avrebbe voluto dirle che lui non si voleva sposare, che non ci aveva mai neanche pensato, che era stata tutta una messa in scena di cattivo gusto, una recita che lui avrebbe impedito se solo avesse saputo cosa aveva in mente il suo amico, perché lui la amava e l’avrebbe sempre amata, sapeva di non essere ricambiato, ma sarebbe sempre restato al suo fianco per proteggerla, difenderla e aiutarla perché gli bastava questo per essere felice.
Avrebbe tanto voluto farlo André, ma non lo fece, paralizzato dall’irreale silenzio che quella sera del 22 Dicembre sì impadronì della caserma e della sua anima.
E così, restando immobile, si addormentò e lasciò ai sogni di entrare in lui, di scaldare il suo animo e indicare al suo cuore la via da seguire.

 

 

Le luci del giorno sostituirono presto il buio del suo agitato sonno, così decise di vestirsi e iniziare a far prendere una piega diversa al corso degli eventi, ma quando capì che lui non c’era un indefinito senso di vuoto si impadronì prepotentemente di lei, gettandola nell’ansia e nello sconforto.
Scese nelle scuderie per controllare che almeno ci fosse il suo cavallo, segno che non era andato distante, ma anche quella speranza svanì presto.
Si avvicinò a César restando per qualche istante indecisa sul da farsi. L’istinto la spronava ad andare  cercarlo, ma la ragione le suggeriva che non aveva la più pallida idea di dove potesse essere andato.
Un rumore attirò la sua attenzione, destandola dai suoi pensieri e facendola girare di scatto nella direzione del suono. Lo vide, bello e stanco, tenere per le briglie Remis, che come sempre lo seguiva, docile e assonnato, col muso ciondolante e il passo pesante.
Era tornato. E nell’istante stesso in cui lo vide, il suo cuore riprese a battere, un sorriso sincero distese le sue labbra rosee accendendole le guance e riempiendole gli occhi di felicità.
Ma nell’istante stesso i cui lo vide, capì quanta doveva essere stata la sua pena nel vederla improvvisamente sparire, nel saperla solo distante, lontana, ma senza sapere dove fosse, cosa facesse, se avesse bisogno di lui, perché se ne fosse andata.
Nell’istante stesso in cui lo vide lo capì, perché provò la stessa cupa sensazione di inutilità che doveva averlo oppresso nei giorni del suo viaggio a Tours.
E nell’istante stesso in cui lo vide, il sangue iniziò a ribollirle nelle vene e l’istinto le gridò forte di comportarsi come lui stesso aveva fatto quando a tornare era stata lei, la sua indole focosa le urlò di chiedergli dove fosse stato, senza dire niente a nessuno, perché fosse uscito così presto, come un ladro, che cosa avesse di così urgente da fare, perché stesse tornando in silenzio, quasi non volesse farsi scoprire.
L’istinto glielo urlò forte, ma la mente riuscì ad avere il controllo sulle sue emozioni.
Respirò forte, riempiendo i polmoni della tipica aria fresca e frizzante che solo le prime ore del mattino regalano, respirò profondamente, e si calmò.
“ André, buongiorno! Sei mattiniero oggi!” disse per prendere tempo
“Oh, Oscar, ehm, ciao! Ecco io, si, si beh in fondo, a volte anch’io mi sveglio presto, già, ma, ma anche tu lo sei, insomma, anche tu ti sei svegliata presto oggi!!” farfugliò confusamente André, sorpreso dal vederla lì, imbarazzato dagli avvenimenti della giornata precedente.
Decise che non aveva senso tirarla per le lunghe, inspirò nuovamente quell’aria fresca, questa volta per prendere coraggio, e si mosse per andargli in contro.
Faccia a faccia, questa volta fu lei a ristabilire l’antico contatto tra i loro occhi, per chiedergli l’unica cosa che realmente le interessava sapere in quel momento: “André, è quasi Natale, io stasera torno a casa. Perché non vieni con me?”
“Oscar, veramente io..”
Una mano solitaria si mosse senza che la mente la potesse controllare, si mosse spontanea verso quella dell’amico, per afferrarla; e appena si instaurò quel lieve e inaspettato contatto, anche l’altra le venne naturalmente in aiuto, per trattenere quella dell’altro e vincere l’istintiva resistenza dell’altro.
Con la mano nelle mani, il volto le si riempì di dolcezza egli occhi di speranza, mentre insisteva nel tentativo di convincerlo a seguirla.
“Vieni con me André. È da un po’ ormai che non torniamo a casa. Nanny sarebbe felice di vederci, io, io non l’ho nemmeno salutata prima di andarmene e tu anche non la vedi da un po’. Le faremmo un bel regalo di Natale se tornassimo insieme, un giorno prima del previsto. E poi tu dovresti riposarti, il dottore si è raccomandato di non sforzare la vista, e da quando sei tornato non ti sei fermato un attimo. E poi, André, io, ecco io..io vorrei parlarti André..”
E così, con la mano stretta nelle mani morbide e leggermente tramanti di lei, André cedette e acconsentì felice.
“Soldati, riposo, tranquilli, anzi, scusate se irrompo così nelle vostre camerate. Volevo comunicarvi che la rivista prevista per oggi pomeriggio è annullata. Tornate a casa, dalle vostre famiglie. Come regalo di Natale concedo a tutti una licenza di quindici giorni. Festeggiate coi vostri cari e riposatevi, ci vediamo il 7 Gennaio!”
“Comandante, vi ringrazio a nome di tutti e mi scuso per come mi sono permesso di comportarmi ieri, ero accecato dalla rabbia e non sono riuscito a controllarmi.”
“Non importa Alain. Lo so, eri arrabbiato e ne avevi tutto il diritto. Scusami, anzi, scusatemi tutti se in questi ultimi giorni sono stata troppo severa con voi. Siete dei bravi soldati e degli uomini valorosi e io ho molto da imparare da voi. Lo dico onestamente e con franchezza, non per comprarvi con le mie parole e farvi dimenticare, concedendovi un periodo di riposo, ciò che è successo al nostro compagno Lasalle, bensì perché lo penso veramente. Siete il miglior gruppo di soldati che un Comandante possa desiderare. Vi prometto che farò di tutto per aiutare Lasalle e per favore, la prossima volta, invece di vendere le vostre armi, la vostra uniforme o di rinunciare a parte del rancio, venite da me per aiutare le vostre famiglie. Io ci sono, sono il vostro Comandante e un Comandante non serve solo a dare ordini, ma anche ad aiutare i suoi soldati. Per questo mese rinuncio al mio compenso e lo do a voi. Dividetevelo equamente o fate quello che ritenete meglio. Ma dal nostro rientro a Gennaio le cose cambieranno, per tutti. È un ordine e una promessa. Buon Natale.”
Uscì lasciando lo sgomento dipinto sulle facce di tutti.
Uscì lasciandoli increduli, perplessi, felici e silenziosi. Ma questa volta il silenzio fece presto a svanire per lascare posto a grida di festa, urla di felicità, concitati schiamazzi. Decisero di andare a brindare per festeggiare il Natale, le feste, il loro Comandante. André, con un sorriso trionfante e lo sguardo fiero per quanto aveva appena dimostrato loro la sua Oscar, denigrò l’invito di unirsi nei festeggiamenti.
“Come vuoi tu André. Buon Natale!!” disse a gran voce Alain, il quale poi si avvicinò all’orecchio dell’amico e, facendo in modo che lo sentisse solo lui, aggiunse “ avevi ragione tu, lei non è come l’ho descritta ieri. È nobile d’animo, più che di rango e l’ha appena dimostrato. Continuo a pensare che il tuo sia un amore impossibile, che lei sia una donna da ammirare e non da amare, ma al cuor non si comanda, giusto soldato Grandier?? Vai da lei e passa un buon Natale amico, te lo auguro di cuore!!”
“Grazie soldato Alain, e buon Natale anche a te, amico mio!!”

 

 

“Se ne sono andati tutti Oscar. Sono andati a brindare al Natale e a te. Sei stata molto generosa, come sempre del resto!”
“Grazie André, ma non vorrei che pensassero che mi sia comportata così solo per dare loro un contentino nel tentativo di fargli dimenticare quello che è successo, perché non è mia intenzione. Il mio discorso era serio!”
“Stai tranquilla Oscar, ti ho sentita. Il tuo discorso conteneva in se l’impegno reale di portare a termine ciò che oggi hai promesso, e nessuno di loro ha letto la tua generosità come un bieco tentativo oscurare ciò che è successo.”
“Ne sono sollevata! Ma tu perché non sei andato a festeggiare con loro? La licenza vale anche per te!!” lo canzonò divertita
“Pensavo che saremmo potuti tornare a casa ancora prima Oscar e non volevo che andandomene con gli altri tu pensassi che io non mantenessi fede alla mia promessa di andare a casa con te, come ma hai chiesto poco fa! Ma se hai da fare dillo tranquillamente, infondo possiamo sempre partire nel pomeriggio” sorrise dolce
“No no André, va bene! Andiamo!! Sella i cavalli, io ti raggiungo tra un istante, giusto il tempo di sistemare due fogli e di prendere una cosa…”
“Certo Oscar, vado!” rispose felice senza dare troppo peso alle ultime parole della sua amata Oscar.
Il viaggiò fu più breve di quanto immaginassero, non perché non si ricordassero la via di casa, ma perché l’ansia, la gioia, la felicità di tornare finalmente a casa ebbe lo strano effetto di far volare il tempo, e in men che non si dica, si trovarono di fronte a Palazzo Jarjayes.
“Nanny!!!! Che bello rivederti!! Come stai?” disse felice la sua bambina appena la scorse, mentre con l’aria imbronciata andava verso di loro in gran carriera.
“Oscar, André, ma, quando la smetterete di comparire e scomparire all’improvviso come vi pare e piace?!” fu l’iniziale e perentoria risposta della governate, arrabbiata con loro per come si erano comportati, andandosene senza salutarla e ricomparendo senza avvertire. Ma le bastò un secondo, giusto il tempo di realizzare che i suoi bambini erano di nuovo a casa, insieme, per tramutare il duro risentimento in calde e festose lacrime di gioia.
“Ahah, André, non cambierà proprio mai la nostra Nanny eh??”
“Già Oscar, non cambierà mai!!”, ammisero divertiti e sereni nelle scuderie, dove riposero i cavalli, prima di fare il loro spensierato ingresso in casa.  
La giornata proseguì serena e movimentata. Mille cose da fare, il palazzo ancora da addobbare a festa, i piatti ancora da definire, l’argenteria da lustrare, la tavola da imbandire, la torta per il compleanno di Oscar da preparare, i regali per i nipoti del Generale da fasciare.
Una giornata allegra e movimentata, in cui tutti ebbero qualcosa da fare, impedendo così ai due amici di parlare.
Ma nessuno si perse d’animo e per la prima volta, Oscar decise di godersi il clima di festa che si respirava nell’aria aiutando, per la prima volta in vita sua, Nanny e André.
E fu così che, vincendo le iniziali ritrosie della Governante e il timore della servitù, ripulì le posate d’argento insieme alla nuova cameriera, guadagnandosi la sua simpatia.
Poi spalleggiò André nell’ingrato compito che gli era stato affidato di adornare la sala da pranzo e fu così che, con tante risate e un po’ di fatica, le arcate del salone il tavolo dove avrebbero pranzato il 25 furono riccamente abbelliti con magnifiche e innovative ghirlande natalizie!
“Chi l’avrebbe mai detto che il Comandante Oscar avesse così tanto senso artistico!!” la canzonò André
“Eh André, dopo tutto, sono pur sempre una donna!!” rispose spontanea, spiazzando entrambi e facendo un bellissimo regalo a Françoise.
Non contenta, collaborò coi piccolini, ovvero i figli minori delle domestiche, nell’importane compito di fare il Presepe, incombenza data per tradizione ai più piccoli del palazzo, per farli entrare nel vero spirito natalizio. Non si lasciò scoraggiare dai loro iniziali occhioni intimoriti e organizzò una vera squadra, in cui ognuno aveva un compito preciso e tutti avevano l’obbligo di divertirsi. Rispose pazientemente alle loro domande, sorretta dalla loro fervida fantasia, inventò storie su ognuno dei personaggi, dando loro nomi e origine antiche, che sapevano un magico passato; li corresse gentilmente quando, ancora incerti nell’uso della lingua, sbagliavano qualche parola. Non si spazientì neppure quando a uno dei bambini più piccoli cadde, rompendosi in mille pezzi, una delle sue statuette preferite, ma anzi gli sorrise amorevolmente e, per convincerlo de fatto che la padrona, come la vedevano loro, non era arrabbiata, lo prese in braccio e, seguita a ruota da tutti gli altri, andò in cucina dove, sotto gli occhi straniti di Nanny, quelli incerti delle madri e quelli addolciti di André, iniziò a dispensare alla ciurma abbondanti pezzi del suo tanto prezioso cioccolato, che solitamente veniva gelosamente conservato e tenuto solo per lei.
Quando solo Gesù Bambino mancava all’appello, li radunò intorno a se per raccontare loro la storia di quel poverello, nato in una grotta, al freddo e al gelo, nella miseria e negli stenti. Un bambino come ce n’erano tanti all’epoca, ma che non si perse d’animo e affrontò le avversità della vita con coraggio. Un bambino che avrebbe potuto morire di fame ai primi mesi della sua vita, ma che trovò la forza di resistere e di salvare l’umanità dal male. Un bambino la cui esistenza avrebbe potuto perdersi nell’oblio del tempo, assieme a quella di tanti altri, ma che aveva invece avuto la forza  e il coraggio di cambiare il corso della storia, facendo parlare di se per sempre.
“Cari bambini, dipende tutto da voi. Non contano le origini, ma ciò che farete da grandi, i principi di solidarietà e uguaglianza che potreste decidere di abbracciare. Prendete spunto da Gesù Bambino e vedrete che tutto sarà possibile.”
Furono queste le dolci parole che segnarono la fine del suo bel racconto.
Racconto che, in disparte, senza che nessuno si accorgesse della sua presenza, sentì anche André, che si commosse nel vedere la sua Oscar così dolce, così improvvisamente diversa, così amorevolmente materna.
“Saresti stata una madre perfetta, Amore mio” sussurrò piano prima di scomparire nell’ombra di una stanza non illuminata, per tornare alle sue mansioni.

  
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