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Autore: agnem    02/01/2013    1 recensioni
… come penso sia andata per lui, com’è andata per lei.
Non tutto capita per rendere la vita peggiore, a volte il caso è dalla nostra parte, solo che apparentemente ci sembra avverso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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‘It’s time to begin, isn’t it?’
 

La scuola stava per finire, i test e le interrogazioni si erano infittiti, tanto da non lasciare a Valerie il tempo per staccare la spina e rilassarsi. Non riusciva più neanche a ritagliarsi cinque minuti per ascoltare qualche cd o uscire a fare quattro passi. L’unica cosa che riusciva a portare avanti era la scrittura: amava inventare storie, scrivere delle sue giornate, appuntare pensieri sparsi. Il diario che custodiva tra il materasso e la rete del letto conteneva un racconto di quasi tutti i giorni, assieme a pensieri sulle cose che le erano successe, emozioni provate e quant’altro. Stranamente quel pomeriggio non aveva grandi compiti da fare, così, dopo aver ultimato gli esercizi di matematica, decise di uscire a fare una passeggiata. Cuffie nelle orecchie, occhiali da sole e via: il sole splendeva ancora, un leggero venticello faceva venir voglia di stendersi a prendere il sole. Giornate così erano perfette per camminare, rimanere soli con i propri pensieri e ascoltare buona musica. Solitamente Valerie preferiva percorrere strade poco frequentate piuttosto che il centro, non che fosse una persona solitaria, ma solamente voleva impiegare il suo tempo senza avere troppa gente attorno. Doveva riprendersi dopo tutti quei giorni di intenso studio.
Le ore che trascorreva fuori casa la rilassavano, la facevano riflettere, le chiarivano le idee. Ed era per questo che alle prime avvisaglie prendeva e usciva. Ormai i suoi genitori avevano imparato a conoscerla, così non facevano domande.
Così quel pomeriggio l’aveva trascorso in completo silenzio, con la sola compagnia della sua musica. Tornando a casa, circa due ore dopo, era passata dal padre in ufficio. Aveva un buon rapporto con Vin, erano molto simili caratterialmente, non litigavano mai, a differenza del rapporto che aveva con la madre, a volte molto distanti e in lite.
Il comando dello sceriffo si trovava sulla strada principale di Irving ovest, era un vecchio edificio risalente ai primi anni del ‘900 che prima degli uffici aveva ospitato la prima scuola di Irving. Da fuori sembrava un edificio relativamente nuovo, mentre all’interno le pareti di sasso e la grande scalinata che portava al piano superiore rendevano l’ambiente formale, ma allo stesso tempo abbastanza freddo. Passando davanti alle finestre aperte, Valerie vide il padre intento in una chiamata molto importante: l’espressione sul viso di lui era impassibile e la vena sulla sua fronte era più pronunciata del solito. Vedendo la figlia entrare nell’edificio la salutò con un breve sorriso facendole cenno di aspettare fuori dall’ufficio. La chiamata si concluse di lì a poco, così si affacciò dalla porta salutando la figlia con un bacio.
-Qual buon vento! Già finito i compiti?
-Affermativo.
-Eri a fare una passeggiata?
-Si, sono in giro da più di due ore. Volevo solo farti un saluto. Ora vado a fare una doccia prima che torni mamma. Vedi di non lavorare troppo!
-Va bene tesoro. Cuciniamo noi stasera?
Chiudendo la porta dietro di sé Valerie gli sorrise in risposta. Lo adorava.
 
La confusione che regnava nella testa di Rick gli impedì di continuare a lavorare. La sua vita stava cambiando radicalmente, e lui non poteva assolutamente fare nulla. Avrebbe dovuto lasciare la sua famiglia, i suoi amici e Beth, la sua ragazza.  Ultimamente le cose tra loro andavano meglio del solito, ma adesso ci sarebbero stati quasi 400 km di distanza, più i turni che avrebbe dovuto fare e tutto il resto. Sarebbe dovuto partito l’indomani molto presto, doveva tornare a casa e fare i bagagli, salutare tutti e cercare di dormire, per quanto fosse possibile, dato che avrebbe dovuto affrontare un viaggio infinito in macchina.
Uscito dall’ufficio, prese il primo taxi disponibile e si fece portare nella caffetteria in cui lavorava Beth, si sedettero ad un tavolo e parlarono. Beth rimase impassibile alle parole di Rick, quasi come se quella notizia fosse una liberazione per lei.
-Non durerà, tanto vale che la finiamo qui, senza tante sofferenze.
Le sue parole erano senza sentimento. Sembrava quasi che non le fosse mai importato di Rick, come se con lui avesse solo giocato.
Lasciò il locale senza dire una parola, troppo ferito per dirle qualsiasi cosa. Il passo più ‘doloroso’ era ormai fatto, non restava che dirlo ai suoi genitori.
Anche per loro fu una notizia devastante: Rick era figlio unico, e saperlo così lontano li rattristava molto, ma doveva andare, non era più un bambino. Doveva crescere e imparare a camminare da solo. Prima di salire in camera sua, li abbracciò forte, lasciando scendere qualche lacrima.
 
La cena in casa di Valerie aveva preso una piega piacevole, c’era dell’armonia tra i commensali quella sera: nessun litigio e nessun lamento, ma solo risate e vero spirito di famiglia. In casa sua capitava una volta all’anno, ma in un certo senso il fatto di trascorrere ogni giornata in modo differente dall’altra le piaceva: le famiglie troppo perfette non esistevano, era tutta apparenza, solamente soffocare il proprio essere. Così si fece l’ora per Valerie per andare a letto, animo leggero e pronto ad un’altra giornata faticosa.
 
Quella notte Rick non chiuse occhio. ‘Non posso andarmene, non possono farlo.’ Non riusciva a pensare ad altro, era come se l’avessero condannato all’esilio senza possibilità di ritorno. Quello di vice sceriffo non era un compito semplice, lui lo sapeva bene: suo nonno paterno, prima di trasferirsi a Dallas per sposare sua nonna, faceva lo sceriffo. Era un lavoro pieno di responsabilità, non era uno scherzo. ‘Si aspettano troppo da me. E se non ne fossi all’altezza? E se fallissi?’. Troppe domande affollavano la sua testa, domande a cui ovviamente non riusciva a trovare risposta, e appena riuscì a prendere sonno, suonò la sveglia.
Erano le quattro e mezzo di mercoledì mattina, fuori il cielo si stava leggermente rischiarando, ma faceva ancora freddo. Rick ancora con la testa sul cuscino caricò la macchina di valigie, sacche e buste. Apparentemente tutta la sua vita entrava dentro una macchina, ma la realtà era che riusciva a portar via solo la parte più piccola dei 23 anni passati a Dallas, quella fatta dalle cose materiali, vestiti, scarpe, fotografie..mentre la parte più grande sarebbe rimasta lì, nella sua città, tra la sua famiglia e tutte le persone che gli volevano bene. Tornò per l’ultima volta dentro quella casa per salutare i suoi genitori, chissà quando ci avrebbe rimesso piede…
Salì in macchina senza fiatare, l’agitazione per ciò che lo aspettava cominciò a farsi sentire, dapprima lieve poi sempre più marcata. Volendo evitare di pensare, accese la radio, così si mise a cantare una tra le sue canzoni preferite, Livin’ on a prayer di Bon Jovi.
Intanto, la strada per arrivare ad Irving diminuiva, lasciando dietro di sé una vecchia vita.
 
‘We've got to hold on to what we've got/'Cause it doesn't make a difference/If we make it or not /We've got each other and that's a lot /For love - we'll give it a shot’
  
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